BastaBugie n�706 del 03 marzo 2021

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1 VON DER LEYEN: ''LE PANDEMIE NON AVRANNO FINE''
Comanda chi è capace di terrorizzare le masse: per la presidente dell'UE anche dopo il Covid il rischio resterà alto (eppure le pandemie ci sono sempre state, ma non hanno stravolto l'esistenza come oggi)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 FARE SCUOLA AI PROPRI FIGLI E' BELLO E POSSIBILE
Michele ed Elena: ''La classe dei nostri 6 figli è a casa nostra e gli insegnanti siamo noi'' (VIDEO: Fare scuola ai figli)
Autore: Laura Badaracchi - Fonte: Noi famiglia & vita
3 LA DITTATURA DEL RELATIVISMO ALL'ATTACCO DEL GIULIO CESARE
Cosa è successo davvero nel prestigioso liceo romano riguardo ai corsi su aborto e gender
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
4 IL PROBLEMA DEI TRANS IN CARCERI FEMMINILI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): un gruppo queer a Sanremo, Zan chiede sostegno al suo Ddl, Governo Draghi contro la famiglia
Autore: Luca Volontè - Fonte: Provita & Famiglia
5 NELL'ANNO DI SAN GIUSEPPE SCOPRIAMO TUTTO SU DI LUI
San Giuseppe non era un semplice uomo buono del popolo, quasi una comparsa nel Vangelo, ma era un principe nelle cui vene scorreva purissimo sangue reale (VIDEO: San Giuseppe e il Diavolo)
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
6 LA MACCHINA PER MORIRE: PREMI ''MUORI'' E ADDIO
Eutanasia per tutti: la morte in pochi minuti senza dolore attivabile con un codice anche da disabili (c'è anche il pulsante ''Stop'' se ci ripensi all'ultimo secondo)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA III DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 2,13-25)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - VON DER LEYEN: ''LE PANDEMIE NON AVRANNO FINE''
Comanda chi è capace di terrorizzare le masse: per la presidente dell'UE anche dopo il Covid il rischio resterà alto (eppure le pandemie ci sono sempre state, ma non hanno stravolto l'esistenza come oggi)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-03-2021

Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse. Ed ora aggiungiamo anche le pandemie. A dirlo al Financial Times è stata la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: «Stiamo entrando in un'era delle pandemie. Se si guarda a quanto è accaduto negli ultimi anni, con Hiv, Ebola, Mers e Sars, quelle erano epidemie che potevano essere contenute, ma non possiamo pensare che sia tutto finito una volta superato il Covid-19. Il rischio resta».
La von der Leyen dichiara che «stiamo entrando in un'era delle pandemie», ma in realtà non ne siamo mai usciti. Ricordiamo, tra quelle più letali, la Spagnola (1918-1920) con 50 milioni di vittime, l'influenza Asiatica (1957) con due milioni di morti, la pandemia del 1968 che provocò oltre un milione di vittime, l'HIV, virus non ancor scomparso dal nostro pianeta, con 25 milioni di morti, così come l'Ebola (il computo dei morti fino al 2016 si aggira intorno agli 11 mila). Insomma, i virus letali hanno sempre accompagnato la nostra esistenza, senza però stravolgerla come sta accadendo da un anno a questa parte, anche oggi lo fanno, pur avendo noi molti più strumenti rispetto al passato per combatterli, e lo faranno anche in futuro. Quindi, niente panico.
Invece, il signor Rossi che ascolta le parole della presidente della Commissione europea è colto, comprensibilmente, da un attacco di puro terrore: entreremo in un'era di durata geologica delle pandemie, dopo il Covid non si tornerà mai più alla normalità, «il rischio resta». Insomma, l'incubo virale rimarrà per generazioni. Perché la von der Leyen ha fatto questa uscita? Non certo, come ha dichiarato, per motivare l'implementazione della ricerca in Europa. In realtà il suo intento pare proprio quello di seminare il panico.

PER QUALE MOTIVO DISSEMINARE IL PANICO?
Dopo un anno di stress emotivo per mezzo pianeta (il Sud del mondo ha altri guai a cui pensare rispetto al Covid) quale persona assennata potrebbe ritenere ragionevole aumentare ancor più il tasso di ansia di qualche miliardo di persone? Nessuna, eppure la figura apicale targata UE su uno dei più autorevoli giornali del mondo decide coscientemente di scrivere un remake di Profondo rosso in cui tutti noi figuriamo come comparse.
Ma per quale motivo disseminare il panico? La tesi, che inizialmente sapeva di complotto e che vede la paura come strumento di controllo delle masse, appare sempre più convincente. La fobocrazia è il nuovo scenario che ci aspetta: comanda chi è capace di terrorizzare le masse. Il virus della paura sarà la vera pandemia del futuro, un virus ben più contagioso del Covid perché si trasmette con parole e immagini, le sue vittime possono essere giovani e anziani, persone semplici e colte.
Il Covid finirà, forse sua sponte o per i vaccini o per l'immunità naturale acquisita o per tutte queste tre cause, ma non deve finire la paura e il ricatto ad essa legato. Ecco allora tirare fuori la sfera di cristallo e predire un'apocalisse a tempo indeterminato. E i buonsensisti a domandarsi: ma come è possibile che fino ad un anno fa le varie pandemie che ci sono state non ci avevano mai sconvolto la vita ed ora, di punto in bianco, quelle future saranno così devastanti da obbligarci a mascherarci e rinchiuderci in casa per sempre? Qualcosa non torna, appare evidente.

MA NON IMPORTA
Chi è nel panico non ragiona, ma obbedisce pur di salvarsi la pelle. E non chiamiamola «responsabilità civile» l'osservanza prona delle misure di sicurezza personali, perché, nella maggioranza dei casi, chi si maschera, chi si disinfetta e tiene le distanze, lo fa per sé, non per gli altri. Se fosse così diffusa questa tanto celebrata «responsabilità civile» tutti pagherebbero le tasse, alla guida non tenteremmo di emulare Lewis Hamilton, non parcheggeremmo in divieto di sosta, non butteremmo il nostro materasso nel boschetto dietro casa e molto, molto altro.
No, è la fifa che ci guida perché l'Io è la persona a noi più cara. La von der Leyen e non solo lei l'hanno capito bene e quindi, dato che ora qualche anelito di speranza viene iniettato nei cuori delle persone insieme ai vaccini, si corre subito ai ripari per spegnere sul nascere tanta improvvida fiducia, avvertendo che le pandemie seguono un moto perpetuo. Occorre allora applicare una strategia di controllo della coscienza di massa tramite la diffusione, in modo ciclico e ininterrotto, di due stati d'animo collettivi: l'ansia a cui segue la speranza. Minacciare e poi tranquillizzare, minacciare e poi tranquillizzare. È indispensabile quindi tenere il signor Rossi come Mr Smith sempre sulla corda, ma facendo attenzione che la corda non si spezzi. Chi possiede l'antidoto contro la paura è lo stesso che l'ha generata.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-03-2021

2 - FARE SCUOLA AI PROPRI FIGLI E' BELLO E POSSIBILE
Michele ed Elena: ''La classe dei nostri 6 figli è a casa nostra e gli insegnanti siamo noi'' (VIDEO: Fare scuola ai figli)
Autore: Laura Badaracchi - Fonte: Noi famiglia & vita, febbraio 2021

In tempo di Covid-19, con le scuole spesso chiuse a motivo delle restrizioni imposte dal lockdown e la didattica a distanza che ha innescato non poche difficoltà, è aumentato il numero di genitori che hanno interpellato famiglie ormai navigate in homeschooling per chiedere informazioni: «Da marzo a oggi ho ricevuto più di un migliaio di mail, oltre alle videochiamate in cui mamme e papà mi chiedevano consigli», sintetizza Elena Tinti, 34 anni, sposata dal 2010 con Michele e madre di sei figli da 1 a 9 anni, in attesa del settimo che verrà alla luce a fine agosto; vivono in provincia di Bologna e si raccontano nel blog Imparoinfamiglia.it, «aperto proprio per dare una testimonianza come credenti sulla nostra scelta di educazione parentale», spiega Elena.
«Ci siamo conosciuti durante un pellegrinaggio a Medjugorie - ricorda Michele, 31 anni, docente in vari Centri di formazione professionale -. Dopo il matrimonio, quando il nostro primogenito Gregorio aveva quattro mesi, Elena ha deciso di lasciare il suo lavoro di infermiera per dedicarsi a tempo pieno alla nostra famiglia. Di comune accordo abbiamo deciso, non senza fatiche, di rinunciare a uno stipendio. Ci siamo chiesti cosa significava educare e il nostro percorso di crescita, personale e di coppia, ci ha portato piano piano a optare per l'educazione parentale: non è solo una scelta educativa, ma uno stile di vita, la risposta adeguata a come vogliamo vivere e far crescere noi e i nostri figli. Prendendoci insieme la piena responsabilità della loro istruzione, educazione e crescita. Non perché io sia il migliore in questi ambiti, anzi sono certo che moltissimi professori, educatori e genitori siano molto più bravi. Ma chi più di me o di mia moglie può metterci cuore, tempo e dedizione nell'aiutare i nostri figli a crescere, imparando con loro?».

LA FAMIGLIA MERLI
Tutto è cominciato con Gregorio, che ha compiuto 9 anni, mentre la piccola Anna ha poco più di un anno. In mezzo ci sono Benedetta di 8 anni, Maria Marta di 6, Massimo ed Emanuele, gemelli di 3.
Imparano in un ambiente pieno di stimoli, a seconda della loro età; seguiamo i programmi ministeriali e al tempo stesso assecondiamo le loro passioni e le loro curiosità, che spaziano dalla musica alla matematica, dalla lettura all'inglese.
Mio marito e io siamo entrambi laureati, lui in ingegneria dell'automazione e io in infermieristica, ma spesso siamo "costretti" a riprendere in mano contenuti in cui ci scopriamo un po' arrugginiti: una continua sfida e un perenne apprendimento anche per noi», ammette Elena.
La scelta della sua famiglia è condivisa da migliaia di altre e le adesioni sono in aumento, anche se i dati del Ministero dell'istruzione sulla homeschooling sono aggiornati all'anno scolastico 2018-2019: allora ne usufruivano 5.126 minori, mentre quattro anni prima erano 945. Quindi la tendenza al rialzo risulta evidente, anche se nel nostro Paese siamo ancora lontani dalle adesioni in Canada (70 mila ragazzi), Inghilterra (circa 80 mila) e Stati Uniti (oltre 2 milioni).
Al di là dei numeri, quello che ha mosso Elena e Michele è il bisogno di superare «il modello premi-punizioni o promozione-bocciatura, l'associare l'errore alla persona con i voti, la rigidità degli orari. Tra delle lezioni, rientri, compiti, il tempo per la famiglia è troppo poco per conoscersi, ascoltarsi, raccontare chi siamo, cosa ci piace. Per imparare a volersi bene ci vuole tempo e la scuola ne ruba sempre troppo. Lottiamo invece affinché il tempo insieme sia tanto e di qualità, lungo e lento: serve ai bambini più piccoli ma anche ai più grandi, molte ricerche ce lo hanno confermato - afferma Michele -. Le nostre giornate non sono piene di attività, sport e varie ma sono ricche di tempo, di cui possiamo decidere il ritmo e le occupazioni: s'impara a ogni ora e ogni giorno, estate compresa. Pensiamo che l'apprendimento debba essere libero e rispettoso dell'individualità di ognuno: invece ormai al centro della scuola ci sono i programmi, i dirigenti, gli insegnanti, i sindacati e, forse per ultimi, i bambini».

LA PEDAGOGIA DI DON BOSCO
«Vogliamo invece crescere i nostri figli coerentemente ai valori che vivono in casa: rispetto, vicinanza, correttezza, bellezza, cura, fede. La pedagogia di san Giovanni Bosco ci aiuta molto», racconta Elena. Il metodo educativo ideato dal santo piemontese, infatti, si chiama «sistema preventivo e sviluppa tutta la persona: corpo, cuore, mente e spirito, mettendo il bambino al centro, creando un clima di incoraggiamento e fiducia. Per lui l'educatore è chiamato a essere una presenza costante e a camminare con i ragazzi verso la santità, proprio nello spirito di famiglia, senza trascurare il gioco e lo svago oltre alla formazione». Da don Bosco la coppia ha mutuato tre massime: «Ragione, per insegnare a pensare con la loro testa, senza i paraocchi imposti dalla cultura dominante; religione, per imparare a orientare a Dio ogni nostro desiderio e azione; amorevolezza, per compiere ogni azione in una logica di amore e dono di sé, esercitando le virtù della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza».
Così i figli di questa coppia di sposi bolognesi imparano «nella semplicità della giornata: uno dei gemelli, per esempio, anche se ha poco più di 3 anni è stimolato a leggere ascoltando i fratelli; Gregorio è appassionato di circuiti elettrici e ha studiato quello della nostra casa. E tutti sono "esposti" alla musica perché il babbo è anche musicista e insegna loro l'inglese. Vivono in un ambiente pieno di stimoli adeguati alla loro età, che suscitano la loro curiosità: così gli obiettivi didattici sono più facili da raggiungere, si appassionano. Ma la cosa più difficile, la vera fatica, è crescere persone all'altezza delle gioie e avversità, capaci di stare in questo mondo e affrontare quello che viene. Ragazzi consapevoli di chi sono, che hanno desideri e sanno come raggiungerli». [...]
In questo itinerario esistenziale, affascinante e impervio, i figli chiedono ai genitori di pregare con loro; insieme, la scorsa estate, hanno macinato a piedi in 16 giorni circa 230 chilometri del Cammino di Santiago, per celebrare i primi dieci anni di matrimonio. «Nel percorso che vogliamo compiere con i nostri figli al centro c'è Dio e tutti camminiamo nella crescita di un rapporto con Lui, che è la meta, il vero obiettivo - conclude Michele -. Vogliamo imparare ad amarlo, onorarlo, servirlo: tutto il resto gira attorno a questo, che sia una gita al mare o scoprire le addizioni».

Nota di BastaBugie
: nel seguente video (durata: 6 minuti) dal titolo "Il vero problema di chi fa HomeSchooling" Michele smonta tutte le presunte difficoltà nel fare scuola ai figli, dimostrando invece come sia vincente la scelta di non mandare a scuola i figli.


https://www.youtube.com/watch?v=W4NJFPpRSIY

FAMIGLIA CON SEI FIGLI FA IL CAMMINO DI SANTIAGO
Michele ed Elena per festeggiare i 10 anni di matrimonio hanno deciso di percorrere 230 chilometri a piedi: una follia per figli così piccoli o un atto di eroismo?
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6236

DOSSIER "EDUCAZIONE PARENTALE"
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Fonte: Noi famiglia & vita, febbraio 2021

3 - LA DITTATURA DEL RELATIVISMO ALL'ATTACCO DEL GIULIO CESARE
Cosa è successo davvero nel prestigioso liceo romano riguardo ai corsi su aborto e gender
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 22 Febbraio 2021

L'incresciosa vicenda ingiustamente patita nei giorni scorsi dalla professoressa Paola Senesi, preside del prestigioso liceo classico «Giulio Cesare» di Roma, ha avuto almeno un merito: quello di chiarire le posizioni e di mostrare in modo paradigmatico quanto ideologico e strumentale fosse - e sia ancora - l'attacco sferrato contro di lei.
Partiamo dai fatti. Alla vigilia della «Settimana dello Studente», svoltasi dal 9 al 12 febbraio scorsi, i rappresentanti di lista hanno presentato alla dirigenza scolastica del «Giulio Cesare» le proprie proposte in vista dell'evento. Tra queste, in prima stesura, figuravano anche due idee del "collettivo" «Zero Alibi», ovviamente di sinistra: una «Lezione informativa con una ginecologa specializzata nell'interruzione di gravidanza» (e nella «lotta contro l'obiezione di coscienza», quindi non certo super partes, come ha svelato la giornalista Costanza Miriano sul suo blog), e l'altra su «Che cos'è l'identità di genere-Corso di educazione sessuale con uno psichiatra specializzato».
Su entrambe la preside ha chiesto un ripensamento: nel primo caso, in quanto un tema complesso come quello dell'aborto non poteva esser ridotto a mera tecnica socio-sanitaria, implicando una multidisciplinarietà di aspetti, a partire da quello bioetico, non previsti dall'iniziativa; nel secondo caso, in quanto la nota del Miur n. 1972 del 15 settembre 2015 ribadisce a chiare lettere come «tra i diritti e i doveri e le conoscenze da trasmettere non rientrino in nessun modo né "ideologie gender", né l'insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo», dovendosi prevedere - in base all'art. 30 della Costituzione italiana, alle Linee-guida del Miur in ordine all'art. 1 comma 16 della legge 107, nonché della circolare ministeriale 19534/18 - che tutte le attività non rientranti nel curricolo obbligatorio debbano avere il consenso dei genitori, prima di essere varate. Nella versione finale, il programma elaborato dagli studenti ed approvato dal collegio docenti, non prevedeva più i due incontri "della discordia".
Pareva che tutto fosse a posto, che le valutazioni della preside fossero state «condivise dai rappresentanti degli studenti», non essendo state riportate, neppure nella bozza finale, «specifiche obiezioni in merito», come precisato dalla stessa dirigenza scolastica in un proprio comunicato. Invece no, qualcuno, nell'ombra, dietro le quinte, stava già tramando, preferendo al confronto schietto l'attacco a sorpresa e vile alle spalle.

E QUI INIZIANO LE EVIDENZE
A partire dall'orchestrazione di una protesta "ad orologeria" smaccatamente ideologica e strumentale, protesta che, infischiandosene di temi alti quali educazione, formazione, didattica, mondo giovanile, si è rivelata, come riportato dal quotidiano Avvenire, «un fronte aggressivo, che imbraccia slogan e pregiudizi per muovere all'assalto di chi non si riconosca nell'applicazione di una libertà ritenuta insindacabile». Ed è questa una convinzione degli stessi studenti, come hanno evidenziato quelli aderenti alla lista Factotum, che hanno espresso pubblicamente il proprio «sdegno in merito alle strumentalizzazioni politiche e giornalistiche. L'unica conseguenza di questo ridicolo teatrino è stata quella di mettere in cattiva luce il buon nome del "Giulio Cesare", distorcendo la realtà dei fatti per fini ben lontani dal bene degli studenti. Ci auguriamo che certa gente smetta di usare gli studenti come pedine nei propri giochi di potere». Più chiaro di così...
Altra evidenza, il ruolo giocato da "certa" stampa, cui subito i ragazzi del "collettivo" si sono rivolti, contando su di un'azione di sponda: nello specifico il quotidiano Repubblica ha strumentalmente trasformato l'invito della preside ad un ripensamento in una censura. Il che non è vero, pur assicurando il titolone ad effetto: «Le modifiche apportate al programma iniziale non sono certo frutto di un atteggiamento "censorio", ma dell'esercizio della funzione di indirizzo e valutazione delle proposte degli studenti sul piano formativo», ha specificato la preside, Paola Senesi, in un proprio comunicato, in cui precisa come le iniziative dei ragazzi debbano inserirsi «in un contesto coerente con i programmi scolastici e dunque in accordo anche con le famiglie, il cui ruolo educativo è richiamato nel Patto di corresponsabilità sottoscritto ogni anno».

NIENTE DI PIÙ FALSO
Terza evidenza, il ruolo giocato da chi, tra i docenti del «Giulio Cesare», gioca alla "guerriglia" e lancia il sasso nascondendo la mano, con una lettera non firmata, pervenuta sempre nella redazione di Repubblica a nome di 40 insegnanti dell'istituto (non si sa però chi), che avrebbero preso le distanze dalla preside, accusandola anzi di aver esautorato il collegio docenti, vietando quei due incontri. Niente di più falso, come spiegato in una propria nota da Alberto Gambino, giurista e presidente dell'associazione «Scienza&Vita», e Alessandro Benedetti, presidente del Comitato Civico per Roma: «Non appartiene al corpo docente il potere di decidere a colpi di maggioranza temi che, proprio per la loro sensibilità, riguardano le famiglie, finendosi altrimenti per sindacalizzare in modo ideologico le decisioni sulla formazione dei figli con l'estromissione dei principali protagonisti di tale proposta educativa che, per dettato costituzionale, sono innanzi tutto le famiglie e i genitori». Ma, a sbugiardare ulteriormente quella lettera non firmata, ha provveduto niente meno che il collegio docenti tenutosi lo scorso 17 febbraio, collegio che ha votato a larghissima maggioranza la versione dei fatti fornita dalla preside: dove sono spariti, dunque, quei 40 sedicenti insegnanti contestatari (ammesso che siano mai esistiti)?
Quarta evidenza, i facinorosi infiltratisi nella scuola per battaglie ad essa estranee, come avevano già dimostrato nei giorni scorsi le occupazioni compiute a Roma da striminzite minoranze presso il liceo «Socrate» alla Garbatella (con tanto di condanna forte ed unanime da parte del dirigente scolastico, del corpo docente e del personale Ata) e presso il liceo «Kant» in zona Torpignattara. Ma in questa categoria rientrano a pieno titolo anche le prese di posizione del sedicente collettivo transfemminista «Non una di meno», sigla che rispunta sempre dall'oblio in occasioni come queste.
Quinta evidenza, chi mesta nel torbido con provocazioni gratuite, come ha dimostrato il camion vela col manifesto firmato UAAR-Unione Atei ed Agnostici Razionalisti, pensato per promuovere l'aborto farmacologico, presentato come «una conquista da difendere», tacendone però i rischi per la salute (secondo il New England Journal of Medicine, il tasso di mortalità dovuto all'aborto chimico sarebbe dieci volte superiore a quello chirurgico). Ebbene, tale camion è stato piazzato proprio davanti al liceo classico «Giulio Cesare» di Roma nei giorni della bufera: un gesto servito solo a gettar benzina sul fuoco. In questo caso nessun Sindaco ha firmato un'ordinanza immediatamente esecutiva, per togliere dalla vista il cartellone, come capitato invece solo pochi mesi fa ad alcuni manifesti pro-life. Come al solito, due pesi e due misure, chissà perché sempre a favore di una sola parte...

LA POLITICA IN CAMPO
V'è da dire che, in tutta questa faccenda, ha preso comunque forma e consistenza anche il fronte della solidarietà, innanzi tutto tradottosi nelle lettere inviate da molti genitori alla preside, ringraziandola di cuore. Sul versante istituzionale, certo, v'è una nota stonata, ma una sola, vale a dire l'interpellanza parlamentare presentata dall'on. Nicola Fratoianni. Chi è? È il segretario nazionale di Sinistra Italiana (partito che alle ultime europee ha raccolto nulla più dell'1,7% dei voti), dichiaratamente pro-eutanasia, pro-Lgbt, pro-legalizzazione della cannabis e pro-ius soli. Ha chiesto spudoratamente di censurare la condotta della preside del «Giulio Cesare». Ma, a fronte di questo caso isolato, non sono mancate le reazioni opposte, anche nel mondo della politica. La senatrice Isabella Rauti di Fratelli d'Italia ha condannato gli «attacchi hater» lanciati contro la dirigente scolastica sui social. I senatori Maurizio Gasparri ed Enrico Aimi di Forza Italia hanno chiesto chiarezza con un'interrogazione al ministro dell'Istruzione. Simone Pillon, capogruppo della Lega in Commissione Giustizia, con un'altra interrogazione parlamentare ha chiesto quali misure il ministro intenda assumere «per garantire ai dirigenti scolastici di svolgere il proprio dovere nell'osservanza delle leggi». Anche i senatori Lucio Malan, vicecapogruppo vicario di Forza Italia, e Paola Binetti dell'Udc si sono riservati eventuali indagini ispettive parlamentari a tutela della preside. Piena e totale solidarietà anche dall'on. Paola Frassinetti, vicepresidente della Commissione Cultura della Camera, e dall'on. Carmela Ella Bucalo, entrambe di Fratelli d'Italia.
Insomma, i mestatori d'odio, questa volta, han fatto una pessima figura, ma va dato atto alla preside, Paola Senesi, di una fermezza coraggiosa, di un'attenta applicazione delle leggi vigenti e di una pazienza davvero invincibile.

Fonte: Radio Roma Libera, 22 Febbraio 2021

4 - IL PROBLEMA DEI TRANS IN CARCERI FEMMINILI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): un gruppo queer a Sanremo, Zan chiede sostegno al suo Ddl, Governo Draghi contro la famiglia
Autore: Luca Volontè - Fonte: Provita & Famiglia, 1° marzo 2021

Nell'ormai lontano dicembre 2017, nella fredda Dublino, Sean Kavanagh prendeva a pugni un barista e lanciava una bottiglia ad un altro organizzatore di un evento musicale del Pub Malt House Bar dove si trovava. Kavanagh si è dichiarato colpevole di un'accusa di aggressione con danno e altre due accuse di aggressione. In tribunale, lo scorso 19 febbraio, l'avvocato Noctor che difende Kavanagh ha dichiarato che il suo cliente aveva precedentemente vissuto a Londra come una donna, ma dopo il ritorno a Dublino stava "sopprimendo il suo genere". Un rapporto psicologico ha poi sostenuto che la "rabbia di Kavanagh" di quella notte è probabile sia stata causata dalla frustrazione su come "la sua vita stava procedendo... compreso il genere soppresso". Tre anni prima, dopo le aggressioni, Kavanagh aveva iniziato a identificarsi come una donna chiamata Shauna, mentre ora ha un certificato di riconoscimento di genere femminile, che le è stato fornito alla corte. Noctor ha sostenuto in tribunale che Kavanagh è "vulnerabile" e avrebbe trovato la prigione particolarmente difficile, facendo riferimento ad uno studio internazionale che afferma come "le donne transgender siano un gruppo vulnerabile in prigione".
Noctor ha fatto riferimento a due maschi attualmente detenuti nelle carceri femminili in Irlanda, che devono essere tenuti separati dal resto della popolazione carceraria.
I due maschi nelle prigioni femminili di Limerick sono: Barbie Kardashian, che ha dimostrato un modello di estrema violenza fisica e sessuale verso le donne, ed un pedofilo senza nome, che è stato condannato per 10 accuse di violenza sessuale e un'accusa di crudeltà contro un bambino.
Il problema di detenuti transgenders nelle prigioni maschili e femminili è diffuso in ogni paese ed incidenti anche gravi sono registrati anche negli ultimi anni soprattutto nel Regno Unito dove si sono moltiplicate le richieste di riassegnare gli uomini (trans) alle prigioni maschili e toglierli dalle prigioni femminili. Lo scorso fine gennaio, lo stesso The Economist ha commentato la situazione USA con preoccupazione: "Mettere le donne transgender nelle prigioni maschili può essere crudele. È anche, in un ambiente già difficile, pericoloso: una ricerca suggerisce che i detenuti transgender hanno molte più probabilità degli altri di essere aggrediti.
Una crescente consapevolezza di questi pericoli, unita alla richiesta degli attivisti che le persone transgender siano riconosciute come membri del genere con cui si identificano, sta portando a cambiamenti nel modo in cui i detenuti trans sono ospitati. Nella maggior parte dei casi, questi detenuti (la maggior parte dei quali è costituita da donne trans) sono incarcerati con membri del loro sesso biologico". Tuttavia, c'è da attendersi che verranno costruite carceri destinate alle sole persone transessuali, magari separate in sezioni transessuali maschili e femminili, la sola misura che eviterebbe violenze ed incidenti ma, allo stesso tempo e paradossalmente, segregherebbe ancor più le stesse persone LGBT.

Nota di BastaBugie
: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.

UN GRUPPO QUEER A SANREMO
A Sanremo si esibirà anche il gruppo La rappresentante di Lista che si autodefinisce una «queer pop band». In un'intervista a Rolling Stones, Dario, un membro del gruppo dichiara: «siamo pure in un'epoca di transizione, specie sulle questioni di genere. Le minoranze (omosessuali, transessuali) stanno finalmente ricevendo attenzione mediatica, culturale, filosofica. E ora cerchiamo di capire come stravolgere la società, da qui. Cosa succederà al maschio? Non lo so, è una bella questione. Ma non parlo di me, che so scivolare da un sesso all'altro senza sbattere la testa, sono un artista e intorno ho l'intellighenzia che discute di questi temi su Instagram. [...] Una soluzione può essere quella di normalizzare la diversità, che è una cosa che stiamo facendo anche noi come artisti. Non abbiamo mai giocato troppo con la nostra identità fluida, per dire. Anzi, cerchiamo proprio di normalizzarla».
Insomma questi rivoluzionari con la chitarra in mano cantano la solita canzone stereotipata. Ma è proprio questo il lasciapassare che ti permette di calcare palcoscenici famosi come quello dell'Ariston.
(Gender Watch News, 25 febbraio 2021)

ZAN CHIEDE A DRAGHI SOSTEGNO AL SUO DDL
Dopo il discorso di Mario Draghi al Senato, l'on. Alessandro Zan ha rilasciato un commento di cui riportiamo solo una parte: «Mi auguro […] che, nonostante l'assenza [nel discorso di Draghi] di un riferimento specifico su questi temi [ossia le rivendicazioni del mondo LGBT], il governo lavori in modo serio ed efficace per far uscire l'Italia dalle ultime posizioni in Europa per inclusione della comunità lgbt+, riconoscendone la piena cittadinanza. Lavoro che deve continuare dal sostegno all'approvazione definitiva al Senato della legge contro l'omotransfobia, la misoginia e l'abilismo, già approvata alla Camera lo scorso 4 novembre. È tempo di fare questo ulteriore passo verso l'Europa».
Alla fine Draghi appoggerà seppur implicitamente il Ddl Zan, perché norma molto in sintonia con l'orientamento dell'UE, nonostante non sia una sua priorità. E poi, comunque, il premier potrà anche disinteressarsi di questo disegno di legge, dato che è questione che interessa il Parlamento.
(Gender Watch News, 19 febbraio 2021)

GOVERNO DRAGHI CONTRO LA FAMIGLIA
Tutti ricordiamo che nel discorso programmatico di Mario Draghi in parlamento non si parlava minimamente di famiglia. E invece, con un gioco di prestigio, il ministro Elena Bonetti annuncia in una intervista di ieri a La Stampa che sta preparando un Family Act con numerosi interventi per la famiglia: progetti antiviolenza sulle donne, parità salariale di genere, fiscalità agevolata, imprenditoria femminile, assegno unico per il figlio. Ma cosa intende il ministro Bonetti per famiglia?
Il ministero presieduto dalla renziana Bonetti non si chiama "ministero per la famiglia", ma "ministero per le pari opportunità e la famiglia". La chiave di interpretazione della famiglia sono quindi le pari opportunità di genere. Le quali non condurranno mai alla famiglia, o condurranno ad una famiglia deformata, non più famiglia. Il motivo è molto semplice. I diritti che stanno alla base delle pari opportunità sono diritti soggettivi e individuali, non presuppongono la coppia, ma pretendono di essere essi i presupposti della coppia. Questa nasce dal patto - di fatto o giuridico è oggi considerato lo stesso - tra due individui che, nel patto, vantano una parità da individuo a individuo. Partendo dalla parità di genere si arriva alla somma 1 + 1 ma non alla famiglia, perché la famiglia precede gli individui che la compongono. Non sono essi, sommandosi, a costituire la famiglia sulla base delle loro relazioni individuali - compresa quella della parità di genere - ma è la famiglia a costituirli. La prova è che se si parte dalla famiglia fondata sul matrimonio e solo in seguito si considera la problematica della parità di genere tra moglie e marito, questa verrà vista in modo completamente diverso: non più un rapporto rivendicativo tra due individui, ma relativo all'essere cellule diverse e complementari di un organismo. È tutto un altro mondo.
Sulla base della sua (errata) visione della famiglia, il ministro Bonetti imposta malamente anche la cosiddetta questione del "femminicidio", tra le principali preoccupazioni dell'annunciato Family Act. Il problema della cosiddetta violenza sulle donne non si risolve con la parità di genere impostata come vorrebbe il ministro, ma con il recupero della famiglia quale essa deve essere. Invece, capita oggi che la violenza sulle donne viene attribuita alla mancanza di parità di genere a causa proprio della persistenza della famiglia tradizionale che sarebbe maschilista. Si usa il femminicidio contro la famiglia. Se si considerano uomo e donna come marito e moglie alla luce della famiglia fondata sul matrimonio, si risolve anche la parità di genere perché viene inserita in un contesto familiare indisponibile agli stessi due sposi e non frutto di rivendicazioni individuali. La parità di genere non fonderà mai i due in qualcosa di superiore a loro stessi, ossia nella famiglia della cui logica vivere, ma li lascerà sempre e solo al livello di due individui che combattono per i loro diritti individuali, avendo talvolta la meglio e talaltra la peggio.
Questi due individui possono essere indifferentemente dello stesso genere o di genere diverso e in ogni caso si parlerà di parità di genere, perché essi non sono che individui che si autodeterminano nei loro diritti, e possono farlo in un modo come in un altro. Quindi sulla base della parità di genere tutte le unioni sono famiglia e tutte possono avere figli. Nella intervista a La Stampa richiamata sopra, Il ministro Bonetti ha anticipato che il suo Family Act conterrà anche un assegno per il figlio, indipendentemente dalla tipologia della coppia a cui è assegnato e indipendentemente dalla modalità tecnica in cui è stato  concepito. Del resto, perché stupirsi? Sappiamo tutti - lo sapevano anche i cattolici che l'hanno votata - che, dopo la legge Cirinnà, per l'ordinamento italiano tutte le unioni sono famiglia e quindi ogni Family Act riguarda automaticamente, senza che sia necessario specificarlo, ogni tipo di unione.
Tutti i bambini sono uguali, ha detto il ministro con l'appoggio, su questo punto, anche del senatore Pillon nello stesso numero de La Sampa. Anche un battagliero attore dei Family Day come Pillon oggi accetta che l'assegno per il figlio sia dato a qualsiasi unione. Ben vanga l'aiuto ai bambini, ma non tramite le unioni civili che non sono famiglia. Con la Cirinnà in campo, però, così è: ogni intervento fatto per la cosiddetta famiglia va anche contro la vera famiglia, ogni presunto bene fa necessariamente anche del male, ogni provvedimento costruttivo è anche decostruttivo. Il senatore Pillon annuncia da parte sua proposte di fisco a misura di famiglia e contributi a giovani coppie... ma quali famiglie e quali giovani coppie? Egli parla di famiglia, ma cosa intende? Se da un lato fa proposte per la famiglia e dall'altro è d'accordo con l'assegno unico per tutte le unioni, comprese quelle lgbt, di cosa sta parlando? La Cirinnà ci ha messo tutti in gabbia, compreso Pillon. La differenza è che alcuni vogliono rompere la gabbia e altri no.
(Gender Watch News, 24 febbraio 2021)

Fonte: Provita & Famiglia, 1° marzo 2021

5 - NELL'ANNO DI SAN GIUSEPPE SCOPRIAMO TUTTO SU DI LUI
San Giuseppe non era un semplice uomo buono del popolo, quasi una comparsa nel Vangelo, ma era un principe nelle cui vene scorreva purissimo sangue reale (VIDEO: San Giuseppe e il Diavolo)
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 1° Marzo 2021

Il mese di marzo è tradizionalmente dedicato a san Giuseppe e quest'anno, il 2021 è stato dedicato dal Papa a san Giuseppe, con preziose indulgenze. Ma chi è san Giuseppe?
San Giuseppe non fu un semplice uomo del popolo, buono e lavoratore, la cui semplicità sarebbe riassunta dalla professione di falegname. In ultima analisi, quasi una comparsa sullo sfondo grandioso della vita di Nostro Signore.
San Giuseppe fu un principe nelle cui vene scorreva purissimo sangue reale. Egli fu il discendente della gloriosa stirpe di David, e trasmise a suo Figlio l'eredità di un trono davanti al quale si sarebbero piegati tutti i re della terra. Visse in un povero villaggio ed esercitò l'umile mestiere di falegname. Ma questo dimostra come non c'è contraddizione tra la grandezza dei natali ed una vita povera e umiliata. Anche Maria fu povera, ma principessa, di un altro ramo della stessa stirpe di David, e questi illustri natali convennero a Nostro Signore, che nacque in una mangiatoia, ma volle riassumere nel suo purissimo Sangue tutto lo splendore dei re e dei patriarchi che lo avevano preceduto.
Quale fu l'aspetto di san Giuseppe? «L'uomo - dice l'Ecclesiaste - si riconosce dal suo figliuolo» (Eccl. X, 30). Per avere un'idea dell'aspetto fisico di san Giuseppe bisogna pensare al suo Divin Figlio, cioè, alla Bellezza stessa incarnata, così come bisogna pensare alla bellezza della sua sposa, Maria, formata a sua volta ab aeterno, sul tipo perfetto di Gesù.
Dopo Maria nessuno, come san Giuseppe rispecchiò più fedelmente la bellezza di Gesù perché nessuno ne. rispecchiò più perfettamente lo splendore dei doni naturali e soprannaturali. Così, san Giuseppe fu tutt'altro che un uomo di intelligenza semplice e ordinaria. Egli era destinato a conversare con Gesù e con Maria e questo solo pensiero ci fa intravedere gli abissi di profondità della sua intelligenza e della sua scienza teologica. Che dire inoltre dei doni soprannaturali che ricevette? San Tommaso insegna che, quanto più si è vicini alla fonte della santità, tanto più si riceve con abbondanza la grazia (Summa Theologiae, 3, q. 25, a. 5). Ma san Giuseppe visse fisicamente, a contatto con Gesù fonte stessa della Grazia, e con Maria attraverso la quale tutte le grazie vengono agli uomini. Egli attinse cioè le grazie alle sorgenti stesse di ogni grazia! I doni soprannaturali che ordinariamente da Gesù, attraverso la Madonna, giungono agli uomini, a lui giungevano in modo diretto e straordinario. Per comprendere la straordinaria grandezza delle grazie di cui fu insignito, occorre soprattutto pensare all'altezza incommensurabile della sua missione. Se infatti, come afferma il Dottore Angelico, le grazie che si ricevono sono proporzionali alla propria vocazione (Summa Theologiae, 3, q. 27, a. 4) quali grazie sarebbero mancate all'uomo destinato a compiere la più eccelsa missione della storia: la protezione e il servizio di Gesù e di Maria?

SPOSO DI MARIA E DI PADRE PUTATIVO DI GESÙ
San Giuseppe fu predestinato dall'eternità a cooperare nella sua qualità di Sposo di Maria e di padre putativo di Gesù, al mistero dell'Incarnazione, cioè al più grande avvenimento della storia. Quale missione più alta si potrebbe immaginare? Quale santo o quale angelo ebbe mai vocazione così sublime? A nessuna creatura, dopo Maria, furono concesse grazie così grandi e così numerose e nessuno corrispose ad esse come san Giuseppe. Per questo la Chiesa, nella sua saggezza, tributa a san Giuseppe il culto di «protodulia», cioè una venerazione inferiore a quella spettante alla Madonna («iperdulia»), ma superiore a quella riservata a tutti gli altri santi (semplice «dulia »). Dio, scelse come sposo di Maria e Padre putativo di Gesù, l'uomo più perfetto mai nato sulla terra, il santo più grande di tutti i santi. Se vi fosse stato un santo maggiore sarebbe stato conveniente che Dio lo avesse riservato a Maria e a Gesù. Sposo di Maria, padre putativo di Gesù! « È da qui - scrive Leone XIII - che deriva tutta la sua grandezza, la sua grazia, la sua santità e la sua gloria» (Enciclica Quamquam pluries del 15.8.1889).
Pur restando castissimo, san Giuseppe fu vero sposo di Maria. L'essenza del matrimonio, infatti, secondo quanto ancora insegna san Tommaso, consiste nell'indivisibile unione delle anime, in virtù della quale gli sposi sono obbligati a conservare vicendevolmente la fedeltà (Summa Theologiae, q. 29, a. 2). Ora, mai matrimonio fu così intimamente unito e così perfettamente fedele di quello virgineo di Giuseppe e di Maria. Matrimonio perfettamente virginale, ma anche meravigliosamente fecondo. Esso ebbe il suo frutto sublime in Gesù Cristo l'Unigenito Figlio di Dio. San Giuseppe fu padre virgineo, e non carnale, ma vero padre di Gesù. Tanto più padre, possiamo dire con sant'Agostino, quanto più castamente padre (Serm. 51, in Patrologia Latina, vol. 38, col. 351). Con questo nome di «Padre» fu chiamato da Gesù: ricevette dunque infallibilmente dal Divin Redentore, il nome più glorioso dopo quello della Madre di Dio.

LO POSE SIGNORE DELLA SUA CASA
Come sposo di Maria e padre legale di Gesù, esercitò la sua autorità sulla Sacra Famiglia e fu il capo incontrastato della sua casa, nella quale tutto gli fu sottomesso: «Lo pose signore della sua casa, capo di tutti i suoi averi» (Sal, 104, 20).
Quale autorità si potrebbe esercitare più alta? Non c'è società umana o angelica che potrebbe essere paragonata alla Sacra Famiglia. Esercitare l'autorità sull'Unigenito Figlio di Dio, sullo stesso Verbo Incarnato! Per san Giuseppe questo fu certamente un peso lancinante e se egli osò comandare a Colui che adorava come suo Signore, fu per espressa volontà di Dio.
San Giuseppe esercitò la massima autorità esercitata da un uomo, ma adorò in Gesù colui che ha potestà su tutte le creature e venerò in Maria la Regina del Cielo e della Terra. Per le mani di Maria si consacrò perfettamente a Gesù Cristo Sapienza Incarnata e di Gesù e di. Maria volle essere discepolo, imitatore e schiavo.
La Sacra Famiglia fu l'immagine terrestre della Santissima Trinità ed è contemporaneamente il modello non solo di ogni famiglia, ma di ogni società temporale e della stessa Chiesa, che nella casa di Nazareth ebbe la sua culla. Anche per questo, il beato Pio IX, 1'8 dicembre 1870, proclamò solennemente san Giuseppe Patrono della Chiesa universale. Nei nostri giorni di dolorosa crisi e autodemolizione della Chiesa, l'intercessione di san Giuseppe, legata alla sua sublime missione, è dunque sempre più attuale. Quale sarà inoltre il profondo significato della visione della Sacra Famiglia, con San Giuseppe benedicente, nell'ultima e più grandiosa apparizione di Fatima, quella del 13 ottobre 1917? Come dimenticare che il nome di Fatima è legato all'espansione del comunismo nel mondo e alla sua finale sconfitta e che a questa sconfitta il ruolo di San Giuseppe è intimamente legato? È noto infatti che Pio XI pubblicò la sua enciclica Divini Redemptoris contro il comunismo proprio il 19 marzo 1937, nel giorno della festa del santo, e, a conclusione del suo documento, volle porre «la grande azione della Chiesa cattolica contro il comunismo ateo e mondiale sotto l'egida del potente protettore della Chiesa, san Giuseppe».
In questi giorni angosciosi in cui il marxismo culturale e il comunismo cinese minacciano il mondo, ci rivolgiamo con fiducia e fervore a san Giuseppe e gli chiediamo di intercedere perché si affretti il compimento della promessa di Fatima e giunga l'ora attesa del trionfo di Gesù e di Maria sulle anime e su tutta la terra. Sancte Joseph, Ora pro nobis!

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 50 minuti) dal titolo "La potenza di san Giuseppe" si può ascoltare la conferenza di Padre Serafino Tognetti che fa il confronto tra San Giuseppe e il Diavolo.


https://www.youtube.com/watch?v=zk9yGksYr4c

DOSSIER "SAN GIUSEPPE"
Patrono della Chiesa Universale

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Fonte: Radio Roma Libera, 1° Marzo 2021

6 - LA MACCHINA PER MORIRE: PREMI ''MUORI'' E ADDIO
Eutanasia per tutti: la morte in pochi minuti senza dolore attivabile con un codice anche da disabili (c'è anche il pulsante ''Stop'' se ci ripensi all'ultimo secondo)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05-06-2019

Tutti a bordo di "Sarco", una navicella spaziale che ti porta nell'Aldilà attraverso un viaggio bello da morire. "Sarco" sta per sarcofago e si tratta di una specie di capsula, che ricorda gli aspirapolvere di ultimo modello, dove tu entri e non esci più. Almeno da vivo. Infatti è una macchina per uccidere le persone, un novello forno crematorio, una versione aggiornata delle camere a gas naziste, ovviamente - tengono a sottolineare i suoi ideatori - con la differenza che nessuno è obbligato a entrarci. Forse non è obbligato a entrarci, aggiungiamo noi, dato che ormai non sono pochi i casi di eutanasia su persone non consenzienti (vi ricordate Charlie Gard e Alfie Evans?).

UNA MORTE PIENA DI PACE IN POCHI MINUTI
L'inventore di questa sedia elettrica senza scossa [...] è l'australiano Philip Nitschke, il fondatore di Exit International, un'organizzazione pro eutanasia. Un video promozionale spiega come funziona Sarco: "È un dispositivo di eutanasia che utilizza azoto liquido per abbassare il livello di ossigeno, offrendo una morte piena di pace in pochi minuti". Basta entrare, chiudere il portello, premere un pulsante e la morte è servita. È come la macchinetta del caffè espresso: schiacci un pulsante e via, ma a posto del caffè c'è la morte, espressa pure lei. Naturalmente al primo posto c'è la sicurezza per il futuro de cuius. Infatti Alexander Bannink, il designer che ha progettato questo aspirapolvere di vite umane disponibile in diversi colori, ha affermato: "Abbiamo un pulsante 'Muori' e anche un pulsante 'Stop', perché è indispensabile che ci sia. C'è dunque anche una via di fuga. Quindi lo rendiamo un prodotto 'sicuro' perché è quello che deve fare un buon designer".
La mente vacilla: si qualifica questa ghigliottina 2.0 un prodotto "sicuro". Ci si industria per facilitare la morte delle persone, ma in modo "sicuro", cioè per evitare proprio lo scopo per cui hai comprato questo baccello mortifero. La sicurezza è aumentata dal fatto che per morire devi inserire un codice, una sorta di Pin come se tu fossi al bancomat, così si evita che tuo figlio giocando ad Avengers e credendosi sull'astronave Infinity Wars si infili nel Sarco e ci rimanga secco. Oltre ad inconvenienti domestici come questo, gli ideatori vogliono che si utilizzi Sarco solo se si è capaci di intendere e volere: il codice non ti viene dato se non sei sano di mente, ma forse un (apparente) sano di mente potrà decidere della tua sorte anche se sei un disabile mentale.

ECCENTRICO E INNOVATIVO
Nitschke & Bannink hanno pensato di venire incontro a tutti coloro che vogliono morire e così, imitando i grandi della medicina che non brevettarono le loro scoperte per renderle disponibili a tutti immediatamente, ecco che hanno pensato di rendere disponibile online il progetto da scaricare e da riprodurre con una stampante in 3D. C'è chi si dà all'automodellismo alla sera tornando a casa dal lavoro e chi si costruisce la bara. Sono gusti.
Bannink assicura poi che il suo funzionamento è intuitivo, a prova di tonto, anche perché è consapevole che in quei momenti si può perdere lucidità, mai tanto quanto è stata persa a freddo da Nitschke & Bannink, c'è da aggiungere. Quest'ultimo, in puro spirito inclusivo, ha voluto che la sua bara fosse accessibile a tutti e quindi tiene a ricordare che "l'attivazione tramite movimento oculare o voce è prevista per consentire l'uso della capsula da parte dei disabili".
Commovente tanta sensibilità e attenzione agli ultimi, che molto probabilmente saranno i primi a testare il letale baccello, dato che i disabili, a livello mondiale, sono sempre stati i migliori candidati alla "dolce morte". "Cosa potrebbe esserci di meglio che avere la tua famiglia e gli amici intimi a pranzo, un bicchiere di champagne, saltare nel Sarco e partire per un volo immaginario pieno di pace, veloce e sicuro verso il paradiso?", ha dichiarato l'attivista Sally Curlewis, certa poi che i piani inferiori al paradiso non possano esistere. Morire diventa un happening e lasciare le proprie spoglie mortali può essere glamour perché eccentrico e innovativo.
Il suicidio diventa così un gesto estetico, il macabro assume profili invitanti: c'è anche un design della morte e uccidersi può rappresentare un'esperienza suadente. Da eutanasia a euforia il passo può essere breve. Insomma una strategia di marketing di diffusione del pensiero eutanasico davvero luciferina che ammanta di bellezza - Sarco è un prodotto di design realmente di ottima fattura - ciò che rimane orrendo. D'altronde, ci dice la Genesi, il frutto proibito colto da Eva era "gradito agli occhi".

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 05-06-2019

7 - OMELIA III DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 2,13-25)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Siamo ormai giunti alla terza domenica di Quaresima e, nel Vangelo di oggi, abbiamo un chiaro annuncio della morte e risurrezione di Gesù. Ai Giudei che lo interrogavano, Gesù disse: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2,19). Gesù intendeva parlare del tempio del suo Corpo, che è il vero tempio della divinità, di cui la costruzione di pietra era solo una immagine.
Gesù parla della sua prossima passione e morte, ma i farisei non comprendono questo linguaggio. Anche noi tante volte non comprendiamo il linguaggio della croce e cerchiamo di allontanare quanto più è possibile questo mistero dalla nostra vita. San Paolo, invece, nella seconda lettura ci vuole far comprendere che la Croce «è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,24).
Anche noi, come i Giudei, chiediamo dei segni, o, come i pagani, cerchiamo solo una sapienza umana; ma Gesù ci offre un solo segno: la sua Croce; e ci insegna una sola sapienza: quella che lo condusse a offrire la sua vita in sacrificio per noi. Il cristiano deve comprendere bene questa lezione e saper riconoscere nella croce che porta un dono che lo rende ancora più simile al nostro Maestro Divino.
Il brano del Vangelo di oggi deve essere compreso bene. Il gesto di Gesù non deve essere inteso come un atto di impazienza di fronte ai venditori di animali e ai cambiavalute. Dobbiamo infatti ricordare che il Tempio di Gerusalemme aveva dei locali che si utilizzavano appositamente per la vendita degli animali destinati al sacrificio, e per il cambio delle monete. Infatti, questi animali dovevano essere comprati con una moneta speciale, di qui la necessità dei cambiavalute.
Gesù non era contrario a questo culto esterno: Egli stesso si recava al Tempio per adempiere queste prescrizioni. Il vero significato del suo gesto è un richiamo all'interiorità. Se questa mancasse, la cerimonia esterna diverrebbe un gesto inutile, buono solo ad ingannare la coscienza, facendo credere di essere a posto con Dio, quando invece non lo si è.
La Quaresima è il tempo adatto per penetrare anche noi in questa interiorità, per scrollarci di dosso la nostra superficialità nel culto divino. Il nostro culto esteriore, le nostre preghiere, la penitenza e i digiuni devono essere un'espressione d'amore, altrimenti varranno ben poco. Queste pratiche dovranno essere accompagnate dalla misericordia verso il nostro prossimo. Se con la preghiera chiediamo, sarà sempre con la misericordia che otterremo. Le più grandi penitenze non serviranno a nulla se saremo dominati dalla durezza del cuore.
Comunque, il gesto di Gesù è di grande insegnamento anche per il rispetto esteriore che dobbiamo avere per la Casa di Dio. Per questo motivo valgono le severe parole di Gesù: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Gv 2,16). Anche noi rischiamo di rendere la chiesa non solo un mercato, ma addirittura un teatro e un luogo di divertimento, profanato spesso da mode indecenti e scandalose.
Gesù stesso, un giorno, si lamentò con santa Gemma Galgani in questo modo: «Il mio Cuore è sempre contristato, me ne rimango quasi sempre solo nelle chiese e se molti si radunano hanno ben altri motivi e devo soffrire di vedere la mia chiesa, la mia casa ridotta in un teatro di divertimento...». E, a santa Margherita Maria, così diceva: «Io ho una sete ardente d'essere onorato dagli uomini nel Santissimo Sacramento e non trovo quasi nessuno che, secondo il mio desiderio, si sforzi di dissetarmi, usando verso di me qualche contraccambio».
In questa Quaresima dobbiamo fare un proposito molto importante: quello di venire spesso in chiesa, non soltanto per la Messa domenicale, ma anche per delle brevi visite a Gesù Sacramentato. Il pensiero che Gesù rimane notte e giorno nelle nostre chiese, nei nostri tabernacoli, non ci deve lasciare indifferenti. Dobbiamo sentire il dovere di venire ad adorare Gesù, di metterci ai suoi piedi e di donargli un po' del nostro tempo. Sarà il tempo meglio speso, e il Signore ci ricolmerà delle sue benedizioni.
La prima lettura di oggi ci richiama, invece, alla fedeltà alla Legge di Dio, ovvero ai dieci Comandamenti. I dieci Comandamenti tracciano quello che deve essere il nostro cammino, il cammino di ogni uomo che vuole raggiungere la felicità non solo su questa terra, ma, soprattutto, in Paradiso. Solo dall'osservanza di questa legge potrà scaturire la vera gioia, una gioia che nessuno potrà toglierci. Ad un certo punto della sua vita, san Leonardo da Porto Maurizio così diceva: «Ho settantadue anni e non sono stato neppure un giorno triste». Questo lo poteva dire perché egli visse sempre nell'amicizia con Dio, nell'osservanza dei suoi Comandamenti. Così potremo dire anche noi se faremo di questa legge di vita la luce per il nostro cammino.

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Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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