BastaBugie n�712 del 14 aprile 2021

Stampa ArticoloStampa


1 IL FALLIMENTO DELLO SMART WORKING
Google, Amazon, Twitter e Microsoft annunciano lo stop al lavoro da remoto perché è impossibile farlo in modo efficace, soprattutto nel campo delle idee
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
2 MOSCATI: ''IL MIO POSTO E' ACCANTO AL MALATO''
San Giuseppe Moscati era uno dei medici più conosciuti della Napoli d'inizio Novecento e sapeva coniugare scienza e fede (scrisse infatti: ''Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo'')
Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Santi e Beati
3 BUONE NOTIZIE DA ITALIA, INGHILTERRA E SPAGNA
Capita di rado, ma capita: in Europa due sentenze hanno ridato diritto di parola ai cattolici... e intanto il Senato italiano impegna il Governo ad aggiornare i protocolli per le cure domiciliari dei pazienti da coronavirus
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
4 LE MASCHERINE FANNO MALE ALLA SALUTE
Genitori in protesta contro il Governo che non ha tiene conto di una sentenza del TAR: problemi immediati come il mal di testa, di lungo periodo per la continua respirazione di anidride carbonica e poi c'è il danno educativo e mentale prodotto dall'ossessione igienista
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 ZAIA PROMUOVE L'AGENDA OMOSESSUALISTA
Il Governatore del Veneto, a sorpresa, si lancia in una ambigua apertura al Ddl Zan-Scalfarotto, nonostante la sua stessa ammissione di non averne nemmeno letto il testo (VIDEO: Don Lillo contro il reato di omofobia)
Autore: Filippo Savarese - Fonte: Provita & Famiglia
6 LA SVIZZERA DICE NO AL BURQA
La maggioranza dei cittadini ha votato per il divieto di nascondere il volto con il velo integrale: un segnale forte contro l'islamizzazione che vede la donna come proprietà dell'uomo (islamico)
Autore: Lorenza Formicola - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 L'INSEGNAMENTO DI GESU' DOPO LA RISURREZIONE
Gerarchia, dottrina, sacramenti sono i fondamenti della Chiesa fondata da Gesù Cristo (VIDEO: Sacra Tradizione e Sacra Scrittura)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
8 OMELIA III DOM. DI PASQUA - ANNO B (Lc 24, 35-48)
Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL FALLIMENTO DELLO SMART WORKING
Google, Amazon, Twitter e Microsoft annunciano lo stop al lavoro da remoto perché è impossibile farlo in modo efficace, soprattutto nel campo delle idee
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 6 aprile 2021

Contrordine compagni: lo smart working va bene, ma senza esagerare. I colossi della Silicon Valley, dopo averci propinato per un anno il sogno di un futuro senza uffici né orari, popolato da donne sempre connesse che lavorano sorridenti in casa mentre i figli a fianco fanno i compiti e da uomini che gestiscono gli affari sdraiati su un lettino in spiaggia con in mano un cocktail, hanno cambiato idea.

GOOGLE E TWITTER TORNANO IN UFFICIO
L’angloitaliana Fiona Cicconi, incaricata di gestire il ritorno in sede dei dipendenti di Google, ha dichiarato che da settembre chi vorrà lavorare da casa più di 14 giorni dovrà richiedere un permesso speciale e dovrà comunque abitare a una distanza accettabile dall’ufficio.
Le prospettive aperte dalle famose parole del creatore di Twitter, Jack Dorsey («i nostri dipendenti possono lavorare da casa per sempre»), sono già finite nel dimenticatoio. Twitter ha comunicato che si aspetta che «la maggior parte» dello staff torni a lavorare in ufficio, con la possibilità di passare «parte» della settimana a casa. Una bella differenza.

LA SILICON VALLEY CAMBIA IDEA
A Microsoft lo smart working sarà accessibile solo per alcune posizioni e solo per ricoprire «meno del 50% dell’orario di lavoro». Amazon dal canto suo ha ribadito il «ritorno a una cultura ufficiocentrica», mentre IBM richiederà ad almeno l’80% dei dipendenti di lavorare almeno tre giorni su cinque in ufficio.
La sbornia per lo smart working, insomma, sembra passata persino nella Silicon Valley. Secondo Amazon, solo la presenza fisica dei dipendenti nello stesso luogo permette di «inventare, collaborare e imparare insieme in modo efficace». Il capo esecutivo di IBM, Arvind Krishna, ha spiegato: «Se un dipendente ambisce a gestire un gruppo, se vuole avere più responsabilità o promuovere un certo tipo di cultura nel suo team, come può farlo da remoto?». Quando parte del personale tornerà in ufficio e ricomincerà a sviluppare rapporti personali, continua, chi lavora da remoto comincerà presto a sentirsi «svantaggiato».
Pare insomma che neanche i colossi del web nella ultratecnologica e futuristica Silicon Valley possano fare a meno dei rapporti umani "fisici" per promuovere il loro mondo digitale, wireless e senza legami.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Tempi, 6 aprile 2021

2 - MOSCATI: ''IL MIO POSTO E' ACCANTO AL MALATO''
San Giuseppe Moscati era uno dei medici più conosciuti della Napoli d'inizio Novecento e sapeva coniugare scienza e fede (scrisse infatti: ''Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo'')
Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Santi e Beati

Giuseppe Moscati fu uno dei medici più conosciuti della Napoli d'inizio Novecento. Per la sua capacità di coniugare scienza e fede, è riconosciuto come Santo dalla Chiesa Cattolica. [...]
Contrariamente a quanto si possa credere, non nacque a Napoli, ma a Benevento, il 25 luglio 1890, da Francesco Moscati, magistrato, e Rosa de Luca; fu il settimo dei loro nove figli. Si trasferì nel capoluogo campano quando aveva quattro anni, dopo una breva permanenza ad Ancona, per via del lavoro del padre.
L'8 dicembre 1888 ricevette la Prima Comunione da monsignor Enrico Marano nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore, fondate da santa Caterina Volpicelli. Studiò presso il liceo «Vittorio Emanuele»; dopo il conseguimento del diploma di maturità classica, nel 1897, iniziò gli studi universitari presso la facoltà di Medicina. Il motivo di quella scelta, di rottura rispetto alla tradizione familiare (oltre al padre, anche suo nonno paterno e due fratelli avevano studiato Giurisprudenza), è forse dovuto al fatto che, dalla finestra della nuova abitazione, poteva osservare l'Ospedale degli Incurabili, che suo padre gl'indicava suggerendogli sentimenti di pietà per i pazienti ricoverati.
Il primo ammalato con cui ebbe a che fare suo fratello Alberto, il quale, caduto da cavallo, subì un trauma cranico, che gli produsse una forma di epilessia. Quest'evento persuase il giovane da una parte della brevità della vita umana, dall'altra di doversi dedicare interamente alla professione medica. Nel frattempo, il 2 marzo 1898, fu cresimato da monsignor Pasquale de Siena, vescovo ausiliare del cardinal Sanfelice, arcivescovo di Napoli.
All'epoca la facoltà di Medicina, insieme a quella di Filosofia, era quella più influenzata dalle dottrine del materialismo. Tuttavia Giuseppe se ne tenne a distanza, concentrandosi sulla preparazione degli esami. Concluse gli studi il 4 agosto 1903 con una tesi sull'urogenesi epatica, laureandosi col massimo dei voti.

O MORTE SARÒ LA TUA MORTE
Nemmeno tre anni dopo, iniziò a emergere la sua capacità di agire tempestivamente: dopo aver assistito alle prime fasi dell'eruzione del Vesuvio dell'8 aprile 1906, si precipitò a Torre del Greco, dove gli Ospedali Riuniti di Napoli avevano una sede distaccata, e trasmise l'ordine di sgombero, caricando personalmente i pazienti, molti dei quali paralitici, sugli automezzi che li avrebbero condotti in salvo. Appena l'ultimo paziente fu sistemato, il tetto dell'ospedale crollò. Per sé il giovane medico non volle encomi, ringraziando invece il resto del personale, a suo dire più meritevole. Nell'epidemia di colera del 1911 fu invece incaricato di effettuare ricerche sull'origine dell'epidemia: i suoi consigli su come contenerla contribuirono a limitarne i danni.
Tra gli elogi che arrivavano da parte del mondo accademico, gli giunse anche la vittoria in un importante concorso, che lo inserì a pieno titolo nell'attività dell'Ospedale degli Incurabili. Portava avanti in parallelo l'esercizio della professione e la libera docenza universitaria. Furono numerose anche le sue pubblicazioni su riviste di settore e le partecipazioni a congressi medici internazionali.
Un insegnamento di rilievo gli veniva dalle autopsie, nelle quali era tanto abile che, nel 1925, accettò di dirigere l'Istituto di anatomia patologica. Un giorno convocò i suoi assistenti nella sala delle autopsie per mostrare loro non un caso clinico, ma la vittoria della vita sulla morte: «Ero mors tua, o mors», come diceva un cartello sovrastato da un crocifisso, fatto sistemare da lui su una delle pareti. In altri casi, mentre esaminava i cadaveri, fu udito affermare che la morte aveva qualcosa d'istruttivo.
Non che fosse un personaggio cupo, tutt'altro. I suoi parenti e colleghi testimoniarono che dalla sua persona promanava un fascino distinto, che lo rendeva di buona compagnia. Era anche molto attento alla natura, all'arte e alla storia antica, come si evince dal racconto di un viaggio in Sicilia. Non si concedeva altri svaghi come andare a teatro o al cinema e non aveva neppure un'automobile sua, preferendo spostarsi a piedi o coi mezzi pubblici, anche sulla lunga distanza.
Erano tutti modi con cui si esercitava a conservarsi sobrio e povero, come gli ammalati che prediligeva visitare. Numerosi sono i racconti di pazienti che si videro recapitare indietro la somma con cui l'avevano pagato, anche se ne aveva diritto essendo venuto da lontano. I poveri, per lui, erano «le figure di Gesù Cristo, anime immortali, divine, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi». [...] Il dottor Moscati insegnava a trattare questa manifestazione «non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un'anima, a cui un altro fratello, il medico, accorre con l'ardenza dell'amore, la carità».

MARIA E L'EUCARISTIA
E proprio la carità era, secondo lui, la vera forza capace di cambiare il mondo, come scrisse nel 1922 al dottor Antonio Guerricchio, un tempo suo assistente: «Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell'eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene».
Nel dottor Moscati la scienza era compenetrata da un'acuta capacità diagnostica, tanto più sorprendente se si pensa che, alla sua epoca, erano sicuramente noti i raggi X, ma non le tecniche con le quali oggi s'indaga l'interno degli organi, come la TAC o altre. I sintomi che altri riconducevano a malattie di un certo tipo erano da lui riferiti a cause di natura diversa, per le quali disponeva terapie il più delle volte benefiche. Oltre ai suoi prediletti, ebbe due pazienti celebri: il tenore Enrico Caruso, a cui rivelò - dopo essere stato tardivamente consultato - la vera natura del male che lo condusse alla morte, e il fondatore del santuario della Madonna del Rosario di Pompei, il Beato Bartolo Longo.
Tutte queste doti traevano la propria sorgente dall'Eucaristia, che riceveva quotidianamente, in particolare nella chiesa del Gesù Nuovo, non molto lontana dalla sua abitazione, in via Cisterna dell'Olio 10, dove viveva con la sorella Anna, detta Nina. Grande era anche la sua devozione alla Vergine Maria, sul cui esempio decise, nel pieno della maturità, di rimanere celibe, ma senza farsi religioso come san Riccardo Pampuri né diventare sacerdote, scelta che invece compì, a quarantacinque anni, il Servo di Dio Eustachio Montemurro. Qualcuno ha sospettato che fosse, per usare un eufemismo, incapace alla riproduzione o che avesse qualche tratto di misoginia. In realtà non si riteneva incline al matrimonio, che invece esortava ad abbracciare ai suoi giovani allievi: inoltre, se avesse preso moglie, non sarebbe più stato libero di visitare i suoi poveri.

LA MORTE
La morte lo colse per infarto al culmine di una giornata come tante, verso le 15 del 12 aprile 1927. La poltrona dove si sedette, poco dopo aver applicato a se stesso la capacità diagnostica che aveva salvato tanti, è conservata ancora oggi, come tanti altri suoi oggetti, nella chiesa del Gesù Nuovo, grazie all'intervento della sorella Nina.
I padri Gesuiti, a cui è tuttora affidato il Gesù Nuovo, non raccolsero solo la sua eredità materiale, ma si fecero custodi del suo ricordo e seguirono l'aumento della sua fama di santità. La sua causa di beatificazione si è quindi svolta nella diocesi di Napoli a partire dal 1931. Dichiarato Venerabile il 10 maggio 1973, è stato beatificato a Roma dal Beato Paolo VI il 16 novembre 1975.
A seguito del riconoscimento di un ulteriore miracolo per sua intercessione, dopo i due necessari per farlo Beato secondo la legislazione dell'epoca, è stato canonizzato da san Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1987. [...]
Il 16 novembre del 1930 i suoi resti vennero trasferiti dalla cappella dei Pellegrini nel cimitero di Poggioreale alla chiesa del Gesù Nuovo e collocati nel lato destro della cappella di san Francesco Saverio. Sempre il 16 novembre, ma del 1977, quindi due anni dopo la beatificazione, vennero posti sotto l'altare della cappella della Visitazione, a seguito della ricognizione canonica.
La memoria liturgica di san Giuseppe Moscati nel Martyrologium Romanum è il 12 aprile ma localmente, dato che il giorno della nascita al Cielo può cadere nei giorni tra la fine della Quaresima e l'Ottava di Pasqua, è stata fissata al 16 novembre.

Fonte: Santi e Beati

3 - BUONE NOTIZIE DA ITALIA, INGHILTERRA E SPAGNA
Capita di rado, ma capita: in Europa due sentenze hanno ridato diritto di parola ai cattolici... e intanto il Senato italiano impegna il Governo ad aggiornare i protocolli per le cure domiciliari dei pazienti da coronavirus
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 12 Aprile 2021

Capita di rado, purtroppo. Ma capita. In poco tempo ben due sentenze han ridato diritto di cittadinanza ai cattolici ed a ciò in cui credono.
La prima è stata emanata la scorsa settimana da un tribunale britannico, che ha detto una cosa molto semplice, benché violentemente osteggiata dai politically correct: i cristiani possono tranquillamente definire in pubblico la pratica omosessuale come peccato e proclamarlo a voce alta. È un loro diritto, sia dal punto di vista della libertà di pensiero, di parola e di espressione, sia perché questo è ciò che afferma la Sacra Bibbia ovvero il loro testo fondamentale di riferimento. Il giudice, a tal proposito, ha anzi condannato il consiglio comunale di Blackpool, per aver censurato e discriminato i cristiani in merito. Che ciò sia di monito. Anche in Italia, Alessandro Zan e compagni se ne facciano una ragione.
Seconda sentenza: nelle scorse settimane il tribunale penale di Malaga ha condannato ad un'ammenda da 2.700 euro per crimini contro la sensibilità religiosa la promotrice di una "processione" ferocemente blasfema, svoltasi nel 2013. Quell'anno, in occasione della "festa della donna", l'imputata portò per le vie cittadine una raffigurazione dell'organo riproduttivo femminile, agghindato come la Madonna, recitando una sorta di "Credo", modificando tuttavia il testo originale in modo inqualificabile. Vittoria, dunque, per l'Associazione degli Avvocati Cristiani, che sporse denuncia e che portò così all'attenzione dell'opinione pubblica il caso, ma vittoria soprattutto del buon senso.
Si tratta di due importanti episodi, che rappresentano un chiaro invito rivolto ai cristiani, affinché non si nascondano, non divengano vittime di falsi timori ed annuncino anzi con coraggio e con dignità la propria fede e la propria identità, senza esitazioni. Del resto, oggi la sinistra è ossessionata dal discorso identitario, come è emerso con chiarezza anche da una recente intervista rilasciata al settimanale L'Express dallo scrittore Édouard Louis, icona della Sinistra radicale francese, fan convinto dei Black Lives Matter, iperfemminista, omosessuale dichiarato ed, in quanto tale, anti-sessista ed anti-omofobo: «Chiunque parli di lotte per l'identità non è di sinistra», ha sentenziato, senza astenersi tuttavia dal rivolgere una dura critica alla Sinistra marxista, a suo avviso troppo "conservatrice": «La Sinistra ha progressivamente abbandonato le classi lavoratrici», ha detto, precisando come, a suo parere, sia rimasta in parte «dentro cornici di pensiero vecchie di cinquant'anni, senza mai parlare delle nuove questioni». [...]

Nota di BastaBugie: Gianfranco Amato nell'articolo seguente dal titolo "Cure domiciliari, un primo passo del Parlamento" informa che il Senato ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo ad aggiornare i protocolli per le cure domiciliari dei pazienti con Covid-19. Si chiede di superare la logica della "vigile attesa" e tenere conto dell'esperienza sul campo dei medici con l'uso di farmaci già esistenti. Un primo passo che va oltre il vaccino come unico modo per uscire dalla situazione.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 aprile 2021:

Ogni tanto ci è concessa la grazia anche di qualche buona notizia. È stato approvato dal Senato, con 212 voti favorevoli, 2 contrari e 2 astensioni, un ordine del giorno, a prima firma Massimiliano Romeo, presidente del gruppo della Lega a Palazzo Madama, che impegna il Governo ad aggiornare i protocolli e le linee guida per le cure domiciliari dei pazienti Covid-19, tenendo conto di tutte le esperienze dei professionisti impegnati sul campo.
Finalmente si comincia a parlare in modo serio di cure e non solo di prevenzione vaccinale. Finalmente la politica è giunta alla conclusione - come si legge nel documento approvato - «per cui una corretta gestione dei pazienti affetti da Covid-19 presuppone, da un lato, l'immediata adozione delle cure maggiormente idonee e specifiche per il singolo individuo, dall'altro, l'esigenza di non affollare in maniera non giustificata gli ospedali e soprattutto le strutture di pronto soccorso». Per questo, secondo il documento approvato in Senato, «appare necessario, alla luce delle esperienze sul territorio, superare la previsione della "vigile attesa" prevedendo l'aggiornamento dei protocolli e delle linee guida dando la possibilità̀ per i medici di prescrivere i farmaci ritenuti più̀ opportuni tenuto conto del singolo caso, nel quadro delle indicazioni della comunità̀ scientifica validate dagli organi preposti».
Interessante anche il fatto che nel citato documento si riconosca espressamente «un ruolo cruciale ai membri della famiglia o ai conviventi del paziente», e si identifichi «la casa come luogo primario di cura» e quale «punto cardine di una nuova visione della medicina di prossimità̀ che attenua il senso di allontanamento e di perdita delle relazioni quotidiane e apporta una dimensione non solo farmacologica ma anche relazionale al trattamento sanitario».
L'ordine del giorno approvato al Senato ha anche il merito di rimediare all'assenza di linee guida aggiornate e univoche volte a fornire protocolli generali di cura domiciliare dei pazienti Covid-19, circostanza che ha fatto registrare «sul territorio nazionale rilevanti diversificazioni tra i protocolli sanitari regionali».
Il Senato ha quindi impegnato il Governo ad attuare un'azione articolata in cinque punti.
PRIMO
«Aggiornare, per il tramite dell'Istituto Superiore di Sanità, Agenas ed AIFA, i protocolli e linee guida per la presa in carico domiciliare da parte di MMG, PLS e medici del territorio, dei pazienti COVID-19 tenuto conto di tutte le esperienze dei professionisti impegnati sul campo».
SECONDO
«Istituire un Tavolo di monitoraggio ministeriale, in cui siano rappresentate tutte le professionalità̀ coinvolte nei percorsi di assistenza territoriale, vista la crescente complessità̀ gestionale e la necessità di armonizzare e sistematizzare tutte le azioni in campo».
TERZO
«Attivare, per una efficace gestione del decorso, fin dalla diagnosi, interventi che coinvolgano tutto il personale presente sul territorio in grado di fornire assistenza sanitaria, accompagnamento socio-sanitario e sostegno familiare».
QUARTO
«Attivarsi affinché́ le diverse esperienze e dati clinici raccolti dai Servizi Sanitari Regionali confluiscano in un protocollo unico nazionale di gestione domiciliare del paziente Covid-19».
QUINTO e ultimo punto
«Affiancare all'implementazione del protocollo nazionale per la presa in carico domiciliare dei pazienti Covid-19 un piano di potenziamento delle forniture di dispositivi di telemedicina idonei ad assicurare un adeguato e costante monitoraggio dei parametri clinici dei pazienti».
Si sta finalmente andando verso quella direzione più volte coraggiosamente indicata da alcuni medici, e formalizzata in un interessante documento intitolato La gestione dei pazienti COVID-19 in ambito domiciliare, redatto l'1 aprile 2021 e contenente alcuni indirizzi operativi proposti dal gruppo di lavoro promosso da Luca Coletto, capo del dipartimento Sanità della Lega. Finalmente si può parlare di cure. Si può parlare di farmaci. Si può parlare di vitamina D, di prebiotici, di N-acetilcisteina, di ASA, di idrossiclorochina, di corticosteroidi, di antibiotici, di eparine a basso peso molecolare, senza essere tacciati di negazionismo.
Forse la medicina, ovvero l'antica τέχνη (téchne) istituita da Ippocrate nel V secolo a.C., ha ritrovato la propria originaria e fondamentale finalità: quella della θεραπεία (therapèia), della cura. Piuttosto che pensare ad un'eventuale prevenzione attraverso controversi vaccini sperimentali, dalle incalcolabili prospettive di guadagno per le case produttrici. Si tratta, infatti, del maggior business di tutta la storia dell'umanità. Questa è l'unica cosa su cui tutti, negazionisti e non, concordano.

TOP TEN 2021
Gli articoli più letti dell'anno

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Radio Roma Libera, 12 Aprile 2021

4 - LE MASCHERINE FANNO MALE ALLA SALUTE
Genitori in protesta contro il Governo che non ha tiene conto di una sentenza del TAR: problemi immediati come il mal di testa, di lungo periodo per la continua respirazione di anidride carbonica e poi c'è il danno educativo e mentale prodotto dall'ossessione igienista
Autore: Luca Marcolivio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22-03-2021

Sono stati poco più di un migliaio in tutta Italia, i genitori che hanno firmato petizioni per la limitazione dell'uso delle mascherine a scuola. Dalle loro sottoscrizioni si è arrivati ai ricorsi al TAR e, successivamente, al Consiglio di Stato, accolti dai tribunali amministrativi ma non adempiuti dal governo.
Al di là degli esiti strettamente giudiziari, questa vicenda desta interesse per i suoi numeri e per il modo in cui è stata recepita tra le famiglie e negli ambienti scolastici. Un migliaio di genitori in tutto il Paese è una percentuale davvero irrisoria in rapporto alla popolazione. A conferma di quanto, in tempo di Covid, dissentire sulle decisioni governative o ministeriali sia diventato un vero e proprio atto di coraggio. Ora che quasi tutte le scuole italiane sono in DAD, la situazione rimane comunque aperta, è costantemente in divenire e, se la si osserva alla lente d'ingrandimento, i risvolti sono particolarmente interessanti.
Le motivazioni che hanno spinto questi genitori a raccogliere firme o a ricorrere alle vie legali sono molteplici ma, di fondo, la ragione prevalente è proprio la salute dei propri figli. Anche le dirigenze scolastiche affermano di avere a cuore la salute dei propri alunni ma, a quanto pare, i metodi e le conclusioni sono diametralmente opposte. I commenti raccolti dalla Nuova Bussola Quotidiana provengono tutti da Venezia e Provincia, il territorio da cui è partita una delle petizioni più partecipate per la rimozione dell'obbligo a determinate condizioni.

ESPERIENZE NEGATIVE
S.T., madre di una bambina di otto anni, iscritta alla seconda elementare, racconta di come, nella scuola di sua figlia, gli alunni siano costantemente indotti a tenere le mascherine rigorosamente strette al viso e, in particolare, "sul naso" per tutto il tempo quotidiano di permanenza a scuola, quindi fino a nove ore. Inoltre, il dirigente scolastico ha vietato l'uso delle mascherine di stoffa, che pure è consentito dai DPCM e, adesso, dall'ultimo decreto legge.
Molti bambini tornavano a casa "con la faccia arrossata e irritata". S.T. aveva dotato la figlia di saturimetro e la bambina, a cavallo delle vacanze di Natale, aveva iniziato a misurarsi la saturazione da sé poco prima della ricreazione e della pausa pranzo, registrando valori particolarmente bassi: 94, 91 e 90. "La cosa che più mi irritava era quella saturazione del sangue e il fatto che mi figlia tornasse spesso a casa col mal di testa e la voce rauca".
Una ragione in più per sostenere il ricorso dell'avvocato Antonella Stefani. All'indomani della sentenza del 19 febbraio (favorevole ai ricorrenti), "il dirigente scolastico ha mandato una mail a tutti i genitori, continuando a imporre le mascherine chirurgiche o FFP2 e rifiutando i certificati medici per l'esenzione dalla mascherina: anche gli alunni con patologie incompatibili con la mascherina saranno costretti quindi ad usarla. Una cosa gravissima - commenta la signora T. - tanto più che non si tiene conto dei pareri del CTS e dei DPCM. A questo punto il dirigente scolastico deve prendersi ogni responsabilità di quanto può accadere agli studenti".
G.M., anche lei madre di un bambino di otto anni, si domanda: "Al ristorante, in un locale pieno di gente estranea, posso stare a tavola senza mascherina. A scuola, i bambini diventano quasi un nucleo familiare, passano insieme 8-9 ore al giorno e non possono stare senza?". La signora M. osserva anche che, per un bambino, "è troppo spontaneo mettersi le mani sul viso, anche se sono sporche": questo vanifica l'uso della mascherina. Poi c'è il discorso della mimica facciale: "Quando la maestra ti riprende ma lo fa con un sorriso, puoi vedere che non è arrabbiata…. Ma se il bambino vede solo una maschera?". Nella scuola del figlio di G.M., la mascherina viene fatta usare anche durante l'ora di educazione fisica. "Ne ho parlato col preside, per tutti i dirigenti scolastici il DPCM è difficile da interpretare e, alla fine, optano per l'uso indiscriminato e continuo della mascherina".

INFLESSIBILITÀ E SCARSA COMPRENSIONE DA PARTE DEGLI INSEGNANTI
L'atteggiamento generale degli insegnanti sulle norme igienico-sanitarie è quindi di inflessibilità e scarsa comprensione e, quasi sempre, i genitori li spalleggiano o li assecondano. Non tutti però. È sempre la signora M. ad affermare: "Questi bambini non possono più abbracciarsi, né scambiarsi materiale, né avere un compagno di banco. Hanno persino tolto loro il pallone perché ritenuto ‘veicolo di contagio'".
Non necessariamente tutti i genitori ricorrenti o ‘dissidenti' hanno figli con particolari disagi rispetto ai dispositivi di protezione. N., padre di una bambina in seconda elementare è contrario alla mascherina per principio. "Trovo sia un travaglio per i bambini - dice -. E comunque è una pura decisione politica, non avallata dal CTS che con sentenza del TAR ha consentito il non uso della mascherina con garanzia di distanziamento dei banchi. L'idea che mia figlia stia otto ore di seguito imbavagliata mi terrorizza. Le maestre dicono: ‘i bambini sono bravi, rispettano le regole, si adattano'. Per me il fatto stesso che si adattino è una violenza. Respirare otto ore la propria anidride carbonica è nocivo e non è naturale".
Anche nella scuola della figlia di N. era stata inizialmente imposta l'educazione fisica con la mascherina. "Abbiamo fatto notare al preside che la circolare del MIUR permette di fare ginnastica a scuola senza mascherina, mantenendo due metri di distanza. Lui ci ha risposto che, essendo difficile mantenere la distanza, l'avrebbero dovuta tenere. Gli abbiamo fatto notare che lo spazio a scuola non mancava, allora si è adeguato". E i genitori? "Ho chiesto a una mamma: ‘Ma tu fai ginnastica con la mascherina'. E lei mi ha risposto: ‘No, ma i miei figli non riescono a mantenere la distanza'. Se un genitore la mette su questo piano, è inutile stare a discutere…", dice N.
Che presidi e insegnanti siano "più realisti del re", lo confermano anche altri genitori. "I bambini non la possono abbassare mai, solo per mangiare e bere, nemmeno durante le interrogazioni seppur distanziati - racconta la madre di una bambina in quarta elementare -. Credo che gli insegnanti, chiamati inevitabilmente a fare gli esecutori, e in alcuni casi impauriti dal virus, perdano a volte il buon senso. Questi bambini soffrono non solo per la mancanza d'aria ma anche per la mancata socializzazione dovuta al distanziamento. Non solo la salute fisica ma anche quella mentale è un bene irrinunciabile dell'individuo, e dovremmo tenerlo tutti bene a mente".
Se alle elementari si piange, alla materna non si ride. Sotto i 6 anni, la mascherina non è obbligatoria, in compenso, vi è molta fiscalità sull'igienizzazione delle mani. C.G. ha due bambini di 3 e 4 anni, uno dei quali si è preso la dermatite da contatto. "A casa venivano con le mani piene di tagli - racconta la madre -. I protocolli, però, costringevano a disinfettarli perché ‘c'è il Covid'. Alla fine, ho dovuto prendere in farmacia, a mie spese, un sapone specifico ad uso personale al posto del gel e ho parzialmente risolto: i bambini ora hanno le mani secchissime per i continui lavaggi ma almeno non hanno più tagli".

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22-03-2021

5 - ZAIA PROMUOVE L'AGENDA OMOSESSUALISTA
Il Governatore del Veneto, a sorpresa, si lancia in una ambigua apertura al Ddl Zan-Scalfarotto, nonostante la sua stessa ammissione di non averne nemmeno letto il testo (VIDEO: Don Lillo contro il reato di omofobia)
Autore: Filippo Savarese - Fonte: Provita & Famiglia, 8 aprile 2021

Quando prendi oltre il 75% delle preferenze devi rappresentare l'ampio spettro di sensibilità politiche con cui sei stato eletto, ed è comprensibile. Ma sarebbe un tragico errore di calcolo trascurare i valori di riferimento degli elettori che ti fanno vincere per compiacere la piccola frangia che ti fa togliere l'inebriante sfizio di stravincere.
È il rischio che sta correndo il Governatore del Veneto Luca Zaia, di cui non ci è piaciuta la recente, ambigua apertura al Ddl Zan, aggravata dall'ammissione di non averne nemmeno letto il testo. Interpellato sull'argomento, Zaia ha dichiarato che "nessuno si oppone in linea di principio", perché "le libertà devono essere garantite a tutti", e quindi "il provvedimento verrà prima o poi realizzato" al netto di "sfumature giuridiche che verranno valutate".
È grave che uno dei principali esponenti del primo partito di centrodestra apra una linea di credito alla lobby LGBT solamente, sembrerebbe, per apparire un po' più chic. Il popolo veneto è un popolo che ama la libertà e l'autonomia amministrativa non meno della libertà e dell'autonomia di pensiero, di opinione, di espressione, di educazione e di religione. Un popolo che ama dire pane al pane e vino al vino, senza giri di parole ‘politicamente corrette'.
Sani princìpi di cui il Ddl Zan fa tabula rasa, con la scusa di arginare una ‘emergenza omofobia' che non solo, dati alla mano, è inesistente in Italia (a meno che Zaia non voglia accusare il suo Veneto di essere omofobo oltre la media nazionale, e non ci risulta) ma che, in ogni caso, troverebbe comunque già un pieno rimedio nel Codice Penale. Zaia si riferisce retoricamente a fantomatiche "libertà" da riconoscere a tutti. Non si capisce come un simile argomento possa essere utilizzato a favore del Ddl Zan, quando il rischio conclamato di tale progetto di legge è, al contrario, quello di una repressiva restrizione delle più elementari libertà costituzionali dei cittadini. Il Ddl Zan toglie libertà, non le aumenta.
Speriamo davvero che il Governatore voglia approfondire seriamente il contenuto del provvedimento, che mira a stabilire un vero e proprio regime di pensiero unico su temi essenziali come la sessualità, la famiglia, il matrimonio, le adozioni, l'utero in affitto, la libertà educativa dei genitori. Tutti temi su cui, se non la si pensa come la lobby LGBT, grazie alla Legge Zan si potrà esser denunciati per istigazione alla discriminazione omofobica rischiando la galera.
È specialmente sulla libertà educativa che interpelliamo Luca Zaia. È d'accordo con l'istituzione di una giornata annuale per celebrare l'omosessualità, la transessualità e la bisessualità nelle scuole di ogni ordine e grado, a cominciare dalle scuole materne (art. 7 del Ddl Zan)? È d'accordo con la trasformazione delle scuole venete in campi di rieducazione ideologica di massa? Veramente le mamme e i papà del Veneto non avranno il Presidente della Regione dalla loro parte, nell'arginare quella che lo stesso Papa Francesco ha definito, testualmente, la "colonizzazione ideologica del Gender"? Ci auguriamo vivamente che non sarà così.
Il Ddl Zan immagina una società degna del peggior statalismo totalitario, e qualsiasi popolo che aspiri alla libertà e all'autonomia non può che rispedirlo al mittente con le buone vecchie maniere. Altro che ‘sfumature giuridiche'.

Nota di BastaBugie:
riproponiamo il video (durata: 7 minuti) del luglio 2020 con l'omelia Don Calogero D'Ugo, coraggioso e preparato sacerdote della diocesi di Palermo, che commentando il Vangelo della zizzania nel campo ricorda cosa sta per produrre in Italia il Ddl Zan-Scalfarotto nel caso sia approvato.


https://www.youtube.com/watch?v=6aXxoSxnsbI

LA RISPOSTA DI DON CALOGERO A CHI LO ATTACCA
Per vedere il video dove Don Calogero risponde ai gravi attacchi alla sua persona e alla sua famiglia, clicca qui!

IL CORAGGIOSO SACERDOTE CHE NON HA PAURA DI DIRE LA VERITA' SUL REATO DI OMOFOBIA
Prima che sia approvata la legge Zan-Scalfarotto (che prevede il carcere per chi dice queste cose) scatta la gogna mediatica per Don Calogero D'Ugo
di Andrea Zambrano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6222

Fonte: Provita & Famiglia, 8 aprile 2021

6 - LA SVIZZERA DICE NO AL BURQA
La maggioranza dei cittadini ha votato per il divieto di nascondere il volto con il velo integrale: un segnale forte contro l'islamizzazione che vede la donna come proprietà dell'uomo (islamico)
Autore: Lorenza Formicola - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-03-2021

Domenica gli svizzeri hanno votato a maggioranza ristretta a favore del divieto di nascondere il volto. Un segnale forte contro l'islam e l'islamizzazione d'Europa, per chi lo ha proposto; iniziativa xenofoba e sessista per gli altri.
Votando contro l'uso del velo integrale nella sfera pubblica, la Svizzera si unisce a Francia, Austria, Bulgaria, Belgio e Danimarca, dopo anni di dibattiti. Le Courrier si domanda se la Svizzera abbia "paura del burqa o dell'islam", Liberation sul confine della xenofobia e islamofobia.
Il testo, proposto dal partito di destra Udc, ha ottenuto il 51,21% dei voti e la maggioranza dei cantoni, come raccontano i risultati ufficiali pubblicati dal governo federale. Il referendum non faceva riferimento a burqa o niqab esplicitamente, motivo per cui da oggi in Svizzera sarà vietato coprirsi integralmente il viso in pubblico in qualsiasi occasione. Il che vale anche per i manifestanti incappucciati, ma sono previste eccezioni per i luoghi di culto. Dalle urne elvetiche sono usciti, domenica 7 marzo 2021, così, contemporaneamente un ‘sì' all'iniziativa popolare per il divieto di velarsi e un ‘no' alla legge sull'identità elettronica, che prevedeva un sistema misto, pubblico-privato, per la gestione dell'identità digitale per gli acquisti online.

SCONFITTE IPOCRISIA E RETORICA
Per entrambi i quesiti identitari, il Comitato di Egerkingen, animato dall'Udc, destra moderata e primo partito svizzero, ottiene una vittoria. Il quesito sull'identità digitale era stato promosso da ecologisti e socialisti. E in questo caso la vittoria del fronte referendario è andata addirittura al di là dei sondaggi, oltrepassando ampiamente il 60% dei no. In 18 Cantoni su 23 hanno sostenuto, e quindi approvato, l'iniziativa referendaria. In testa il Giura (60,7% di sì), seguito dal Ticino e da Svitto. Interessanti i risultati del Vallese (58,3% di sì) e di Friburgo (55,9% di sì). "Significativo che i cinque cantoni citati siano rispettivamente francofono, italofono, tedescofono e gli ultimi due bilingui francese-tedesco", scrive Giuseppe Rusconi sul sito Rossoporpora.org.
Alla vigilia della festa della donna, la Svizzera mette così di fatto al bando il burqa nei luoghi pubblici. E stende un velo su ipocrisia e retorica. Anche se già quando si annunciò il referendum si parlava di "razzismo". Oggi la querelle è solo più esasperata. In Italia, nel 2009, fu Souad Sbai a proporre l'abolizione del velo islamico con una proposta di legge presentata in Parlamento. Inutile scrivere che quella legge non vide mai la luce. Nel commentare il risultato del referendum la Sbai dichiara, "È una bellissima notizia. La mia proposta di legge del 2009 fu fermata da una richiesta mandata all'allora Presidente della Repubblica, Ciampi. Tra i firmatari di questa petizione c'erano alcuni personaggi che, a distanza di qualche anno, si recarono in Siria per combattere con l'Isis. In ogni caso, è un bell' 8 marzo. Spero che l'Occidente apra gli occhi su questo, perché non è vero che danneggia la libertà della donna. Sì, qualcuna non uscirà di casa, ma tante avranno la libertà e non saranno sottomesse, come forse vorrebbero alcune donne di sinistra. Oggi saranno arrabbiati radicali e estremisti che vedono la donna come loro proprietà". E aggiunge, "forse questa legge darà fastidio anche agli esponenti di una certa sinistra. A questo punto, speriamo che in tanti prendano esempio e abbiano il coraggio di dire ‘no' all'estremismo islamista che avanza, e rallentarne il processo. Questa legge - conclude Souad Sbai - è più che altro rivolta alla sicurezza. Quante persone possono nascondersi dietro a quel burqa e niqab e passare inosservate, magari per compiere un atto terroristico?".

IL VELO RAPPRESENTA LA CHIUSURA CONTRO LA CULTURA EUROPEA
Certamente il tema della sicurezza è al centro delle istanze che hanno spinto anche gli altri Paesi europei a muoversi nella stessa direzione. Ma la verità è che il dibattito ossessionato dal razzismo denuncia un'ignoranza di fondo sul velo e sul suo significato per giornalisti, analisti e politici. È piuttosto insignificante l'idea per cui, presi singolarmente gli elementi dell'islam, possano risultare innocui. Compongono l'ampiezza del sistema politico che è l'islam.
Lo hijab, il burqa e il niqab non hanno mai rappresentato un dogma della religione islamica, e non sono un simbolo religioso. Il primo ad utilizzare la parola "velo" fu il giurista Ibn Taymiyya nel XIV Secolo. E lo fece prendendo spunto dal versetto 31 della sura 24 del Corano. Dal velarsi al velo. Da azione ad oggetto, fu questo il passaggio. Nasce per creare un confine che separi, che respinga gli sguardi. Nel mondo islamico, infatti, è ovunque sottolineato come la donna non debba guardare e soprattutto non debba farsi guardare. Per l'islam la femminilità è associata alla concupiscenza e il sesso femminile è associato al disordine. Il velo è allora lo strumento per conseguire l'obiettivo della purezza.
Ma non solo. Nel mutamento linguistico s'inserisce anche quello di carattere sociale. Il credente si trova costretto a scontrarsi con l'essere musulmani in una società a maggioranza non musulmana, l'Occidente. E allora il velo rappresenta la chiusura contro la cultura europea. Nega la libertà come fattore di "occidentalizzazione", e inventa regole giuridiche per tenere sotto controllo la propria gente e l'islam stesso.
Oggi più che mai il velo non è un look islamico, ma la differenza che corre tra un donna di Allah e tutte le altre donne. È, quello sì, razzismo puro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09-03-2021

7 - L'INSEGNAMENTO DI GESU' DOPO LA RISURREZIONE
Gerarchia, dottrina, sacramenti sono i fondamenti della Chiesa fondata da Gesù Cristo (VIDEO: Sacra Tradizione e Sacra Scrittura)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 12 Aprile 2021

Nella seconda settimana dopo Pasqua contempliamo Gesù che, dopo essere apparso agli Apostoli, rimane ancora visibilmente con loro, prima di ascendere al Cielo, non solo per confortarli e incoraggiarli ad affrontare le prove future, ma per spiegare loro quell'insegnamento di cui essi non avevano ancora compreso il significato profondo.
Nei quaranta giorni che intercorrono tra la Risurrezione e l'Ascensione, Gesù non scrive, ma comunica a voce agli Apostoli la sua parola. Il suo è un insegnamento orale. La Rivelazione di Cristo è comunicata verbalmente e i primi a goderne come suoi testimoni furono i Dodici, che dopo la sua Morte e Risurrezione si erano ridotti ad undici.
Ad essi Cristo comunicò la sua Rivelazione perché ad altri la comunicassero. E' un "altri" illimitato, come nota mons. Gherardini, che non si limita ai vicini, agli immediati interlocutori, ma si estende a tutte le genti, a tutte le generazioni, in ogni angolo della terra: "Andate e predicate il Vangelo a tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo".
Gesù cioè istituisce la Tradizione come predicazione e ammaestramento per ogni popolo, in ogni dove e in ogni tempo, mediante la trasmissione orale della sua Rivelazione.

GERARCHIA, DOTTRINA, SACRAMENTI
Gesù però non trasmette solo una dottrina. La Chiesa infatti non è una scuola di pensiero, ma è una società visibile, e il Signore dà ai suoi apostoli tutte le indicazioni per organizzare l'istituzione che avrebbe garantito, nel corso dei secoli, la trasmissione di questo insegnamento.
Gesù inoltre, dopo aver spiegato agli Apostoli il significato profondo del Divin Sacrificio che essi avrebbero dovuto perpetuare, ne indica loro anche le modalità dell'esecuzione. La prima Messa, celebrata da san Pietro, seguì meticolosamente le indicazioni di Cristo.
Dom Guéranger ricorda che tre cose sono necessarie alla Chiesa per l'esercizio della sua missione:
1) la gerarchia, cioè una costituzione preparata dalla stessa mano del Figlio di Dio, e per mezzo della quale diventerà una società visibile e permanente;
2) la dottrina, cioè il deposito lasciato nelle sue mani di tutte quelle verità che il suo celeste Sposo è venuto a rivelare o confermare quaggiù, ciò che comprende il diritto di insegnare e di farlo con infallibilità;
3) finalmente, i sacramenti, mezzi efficaci per i quali i fedeli di Cristo saranno ammessi a partecipare alle grazie di salvezza e di santificazione che sono il frutto del Sacrificio offerto sulla croce.

LA SUCCESSIONE APOSTOLICA E LA VALIDITÀ DEI SACRAMENTI
"Gerarchia, dottrina, sacramenti: tali sono i punti essenziali e gravi, sui quali Gesù, durante quaranta giorni, dà le sue ultime e solenni istruzioni".
La dottrina che Gesù Cristo insegnò ai suoi Apostoli per trasmetterla non si può separare dalla gerarchia che la trasmette. La successione apostolica è infatti la garanzia della retta trasmissione della dottrina. Ma la successione apostolica è a sua volta garantita dalla validità dei sacramenti, che sono i canali attraverso cui si trasmette la grazia santificante nella Chiesa e la Chiesa è santa per i suoi princìpi, per la sua costituzione gerarchica e per i suoi sacramenti.
La fedeltà alla Chiesa, alla sua fede, alla sua gerarchia, ai suoi sacramenti. Ecco quello che il Signore chiede ancora ad ognuno di noi. Nessuno di questi elementi si può separare dall'altro. Non ci può essere la fede della Chiesa senza la sua autorità, né la sua autorità senza la sua fede. E per essere fedeli alla autorità e alla fede della Chiesa occorre l'aiuto soprannaturale che si ottiene attraverso i suoi sacramenti.
Il Signore non abbandona chi si sforza di essergli integralmente fedele. Fu proprio nei giorni che intercorrono tra la Resurrezione e l'Ascensione che Gesù apparendo agli Apostoli sul lago di Tiberiade, promise di assistere i suoi discepoli ogni giorno, fino alla fine del mondo. Sono le parole con cui si conclude il Vangelo di san Matteo: "Ecco, Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt, 28, 20).
Queste parole consolanti devono risuonare ogni giorno nel nostro cuore.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 53 minuti) dal titolo "Sacra Tradizione e Sacra Scrittura" Don Stefano Bimbi, parroco a Staggia Senese, leggendo il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiega il rapporto che c'è tra la Parola di Dio trasmessa oralmente e la Parola di Dio scritta. Il video è tratto dal corso "Il Credo parola per parola" con decine di interessanti lezioni.


https://www.youtube.com/watch?v=lDe8FTxF8_U

Fonte: Radio Roma Libera, 12 Aprile 2021

8 - OMELIA III DOM. DI PASQUA - ANNO B (Lc 24, 35-48)
Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua prosegue il racconto dei discepoli di Emmaus. Questi due discepoli raccontarono agli Undici e a tutti quelli che erano con loro «ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Mentre stavano narrando la loro straordinaria esperienza, ecco che Gesù comparve loro e disse: «Pace a voi» (Lc 24,36). Il Signore diede prova della sua Risurrezione mostrando loro le mani e i piedi: era proprio Lui, e i segni gloriosi delle ferite lo testimoniavano in modo molto chiaro. Poi domandò loro qualcosa da mangiare, ed essi gli diedero una porzione di pesce arrostito: non si trattava certamente di un fantasma. Alla fine, Gesù spiegò agli Apostoli il senso delle Scritture, le quali parlavano della sua Morte e Risurrezione, e del compito che Gesù affidava loro: il compito di predicare a tutti i popoli «la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47).
Gli Apostoli presero alla lettera queste parole e, dopo la Pentecoste, si misero a predicare la Buona Novella. Così, nella prima lettura di oggi, abbiamo ascoltato il discorso che san Pietro rivolse al popolo. Al termine di questo discorso, Pietro disse: «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19).
Se veramente vogliamo vivere anche noi da risorti, dobbiamo cambiare vita ed eliminare energicamente il peccato. Con questo testimonieremo di amare davvero il Signore. San Giovanni lo afferma chiaramente nella seconda lettura di oggi: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto» (1Gv 2,3-5).
L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi Comandamenti, non può essere diversamente. Quando si ama Dio, allora sarà una gioia per noi metter in pratica ciò che Egli insegna, ed evitare risolutamente il peccato. Quando si ama, si fa volentieri la volontà della persona amata. Se io so che Gesù non vuole una cosa, farò di tutto per non farla, costi quel che costi.
Tante volte non si pensa che il peccato è la più grande disgrazia che possa colpirci. I Santi avrebbero preferito mille e mille volte la morte piuttosto che commettere un solo peccato. Pensiamo a tanti Martiri, ai quali i persecutori, per non torturarli e metterli a morte, avevano ingiunto di rinnegare la fede in Cristo e di bestemmiare. Ma loro rimasero fedeli a Dio e andarono incontro lieti alle più grandi sofferenze e alla morte.
Abbiamo un criterio infallibile per sapere se una cosa è bene o male, si può fare o è peccato: questo criterio è l'obbedienza al Papa e al suo Magistero. Se il cristiano sa, ad esempio, e lo sa con certezza perché ce lo insegna la Chiesa, che non si può rubare, che non si può imbrogliare il prossimo, che non si possono commettere atti impuri, che il Matrimonio non può essere profanato dall'infedeltà o dall'uso di anticoncezionali, ecc., egli deve evitare tutto questo, anche se ciò comporta sacrificio, confidando nell'aiuto onnipotente di Dio e nella preghiera.
Se il cristiano sa che Dio vuole che si santifichino le feste, che si preghi ogni giorno, che si facciano le opere di bene, egli deve fare tutto questo con gioia. In questo modo, egli testimonierà il suo amore a Dio non a parole, ma con i fatti.
All'inizio della sua conversione, san Francesco chiese con fiducia che Dio gli indicasse il cammino da seguire. Egli comprese benissimo che la nostra gioia non consiste nel fare la nostra volontà, ma la Volontà del nostro Creatore. Per essere sicuro di stare nella Volontà di Dio, egli non si fidò di quanto sentiva in cuore, ma volle andare dal Papa: solo da lui poteva avere la certezza di essere sul retto sentiero.
Impariamo da san Francesco questa docilità all'insegnamento del Papa. Ai giorni d'oggi molti si sentono illuminati; ma, a conti fatti, dimostrano di mancare della cosa più importante: di questa docilità al Magistero della Chiesa. Se anche noi obbediremo a questo insegnamento, saremo certi di fare la Volontà di Dio e godremo di una grande pace nel cuore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

Stampa ArticoloStampa


BastaBugie è una selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi! I titoli di tutti gli articoli sono redazionali, cioè ideati dalla redazione di BastaBugie per rendere più semplice e immediata la comprensione dell'argomento trattato. Possono essere copiati, ma è necessario citare BastaBugie come fonte. Il materiale che si trova in questo sito è pubblicato senza fini di lucro e a solo scopo di studio, commento didattico e ricerca. Eventuali violazioni di copyright segnalate dagli aventi diritto saranno celermente rimosse.