BastaBugie n�754 del 02 febbraio 2022

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1 LA SHOAH NON INIZIO' CON LE CAMERE A GAS
Primo Levi ricorda che tutto iniziò con i politici che dividevano le persone tra ''noi'' e ''loro'', con i discorsi di odio e di intolleranza, con la propaganda dei mezzi di comunicazione, la schedatura e la ghettizzazione, i bambini espulsi da scuola... vi ricorda qualcosa?
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IL GREEN PASS E' UN'ARMA LETALE DEL REGIME COMUNISTA CINESE
Pechino impone a chi va in farmacia a fare un tampone pena la revoca del green pass (e intanto trapela che le vittime di covid in Cina non sono 4.636, come sosteneva il governo, ma 1,7 milioni)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
3 ANCORA MINACCE ALL'AUTRICE DI HARRY POTTER
Clamorosamente la polizia britannica non perseguirà i trans che hanno minacciato di morte e violenze la Rowling e la sua famiglia
Autore: Luca Volontè - Fonte: Provita & Famiglia
4 IL MATTARELLA BIS ERA IL PEGGIOR SCENARIO
Mattarella al Quirinale, Draghi premier, Giuliano Amato presidente della Corte Costituzionale: senza una vera opposizione, è scontata l'approvazione la legge sull'eutanasia, il ddl Zan bis, ecc.
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 BIANCANEVE E I SETTE NANI... SENZA I NANI (!?)
Dopo la censura a Dumbo, Peter Pan e Lilli il Vagabondo, la Disney, per non offenderli, elimina i nani dalla fiaba di Biancaneve (al loro posto ci saranno creature magiche)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
6 NUOVI DELITTI NELLA CAMERA CHIUSA, IL NUOVO LIBRO DI RINO CAMMILLERI
Dopo il successo del primo libro giallo, ecco altri 14 delitti impossibili, da gustare con egoismo e lentezza come cioccolatini assortiti di altissima qualità
Autore: Fiorenza Cirillo - Fonte: Blog di Nicola Porro
7 IN 50 ANNI IL DIVORZIO IN ITALIA HA DISTRUTTO LA FAMIGLIA E L'INTERA SOCIETA'
Per mantenersi al governo la Democrazia Cristiana lasciò approvare il divorzio e l'aborto eppure, anziché deprecare i cattolici ''utili idioti'', c'è ancora chi li difende
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 OMELIA V DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO C (Lc 5,1-11)
D'ora in poi sarai pescatore di uomini
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA SHOAH NON INIZIO' CON LE CAMERE A GAS
Primo Levi ricorda che tutto iniziò con i politici che dividevano le persone tra ''noi'' e ''loro'', con i discorsi di odio e di intolleranza, con la propaganda dei mezzi di comunicazione, la schedatura e la ghettizzazione, i bambini espulsi da scuola... vi ricorda qualcosa?
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-01-2022

Il Giorno della Memoria, anche quest'anno, non manca di suscitare polemiche. C'è chi usa la memoria della Shoah per mostrare come anche ai giorni nostri vi siano categorie perseguitate e come il rischio dello sterminio fisico totale sia sempre dietro l'angolo. Dall'altra parte, le comunità ebraiche, che la Shoah l'hanno vissuta realmente, si oppongono a quel che vedono come una strumentalizzazione politica di un genocidio unico nella storia. In mezzo, ci sono mille e più paragoni impropri che pure vengono accettati pacificamente dal mondo della politica e della cultura. Per evitare strumentalizzazioni e paragoni forzati, è bene ricordare che cosa realmente precedette la "Soluzione Finale". Perché allo sterminio ci si arrivò per gradi e pochi se ne resero conto.
Primo Levi, in un brano divenuto celeberrimo, ci ricorda che «Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali». Levi spiega, in sintesi, veramente tutto l'essenziale: «Iniziò con i politici che dividevano le persone tra "noi" e "loro". Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all'aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla "razza" e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un'altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione». Ma soprattutto, sottolinea lo scrittore sopravvissuto: «Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse "normale"».

IL PROCESSO CHE PORTÒ ALLA SOLUZIONE FINALE
Questo pezzo celeberrimo di letteratura dà l'idea di quanto subdolo sia stato il processo che portò, in meno di un decennio, dalle prime leggi razziali locali fino alla macchina dello sterminio "industriale". «Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione»: i nazisti non fecero mai mistero del loro antisemitismo. Anzi, ottennero il voto di un terzo dei tedeschi, nelle elezioni del 1932 e 1933, promettendo di separare gli ebrei dagli "ariani" e di privarli di tutti i diritti. La tesi della "pugnalata alla schiena" era diffusa sin dal 1918: non accettando la sconfitta improvvisa e per molti ancora inspiegabile della Grande Guerra, si diffuse, soprattutto fra gli ufficiali, la tesi che l'esercito fosse rimasto vittima di una grande congiura di imboscati, profittatori, industriali e spie, tutti ebrei. Rudolph Hess, prima ancora di Hitler, tornato folle e collerico dal fronte mediorientale, fu uno dei primi a cadere vittima della fascinazione di questa tesi e ne divenne uno dei maggiori diffusori. Hitler, anch'egli reduce, deluso e ferito al fronte occidentale ne rimase subito conquistato. Perché gli ebrei, che avevano perso circa 12mila uomini in guerra (su 100mila arruolati), nei ranghi dell'esercito tedesco, vennero accusati della sconfitta? Perché, secondo il nazionalismo, dal romanticismo in avanti, la nazione si fonda sul sangue e la terra. Dunque gli ebrei erano "corpo estraneo", perché non avevano lo stesso sangue dei tedeschi e "cosmopoliti", perché le loro famiglie non risiedevano solo in terra tedesca. La Rivoluzione Russa, oltre alla sconfitta tedesca, venne considerata come una macchinazione ebraica. Un bel paradosso, considerando che furono i tedeschi ad innescarla, trasportando Lenin in Russia e finanziando la sua attività sovversiva. Ma gli intellettuali tedeschi di allora, e non solo loro, videro nel comunismo, in Karl Marx, una emanazione diretta del giudaismo. Dal 1918 in poi, tutti gli orrori della Russia bolscevica vennero imputati agli ebrei.
«Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla "razza" e al colore della pelle»: il nazismo era dichiaratamente razzista. Non era l'unico, nel mondo della scienza e della politica di allora, che prendeva molto sul serio il darwinismo sociale, dunque una teoria dell'evoluzione in cui si considerava normale che gli uomini fossero divisi in "razze" e che la razza superiore potesse e dovesse prevalere su quelle inferiori, come nella selezione naturale delle specie animali. Il nazionalsocialismo fu comunque l'unica ideologia che portò questa idea alle sue estreme conseguenze. Il nazismo identificava nella "razza ebraica" una stirpe inferiore che, prevalendo da usurpatrice nel mondo della cultura, della scienza e della morale, impediva alla razza ariana superiore di prevalere e ottenere il suo giusto primato. Essendo razzista, la dottrina nazista non distingueva fra ebrei amici o nemici: identificava la razza nel suo insieme come nemica.

MILLENNI DI PERSECUZIONI
Gli ebrei avevano subito millenni di persecuzioni in passato, ma, per la prima volta venivano identificati come "razza", non più come comunità religiosa. Quindi anche l'ebreo non praticante, quello convertito al cristianesimo, o anche l'ebreo convinto nazionalista tedesco e l'eroe di guerra, o quello appena nato o troppo piccolo per saper leggere, scrivere e parlare erano tutti indistintamente perseguibili in quanto membri di una "razza". Le Leggi di Norimberga del 1935 identificavano l'ebreo come l'individuo con almeno tre nonni ebrei. I legislatori tedeschi misero dunque mano agli alberi genealogici e tracciarono un confine invalicabile fra ebrei e ariani, oltre ad una zona grigia di "misti", cioè coloro che avevano uno o due nonni ebrei. Si veniva discriminati (poi uccisi) per quel che si era e non per quel che si pensava o faceva. L'Urss aveva fornito, almeno in parte, un modello simile, discriminando o uccidendo, sin dal 1918, gli appartenenti ad una "classe" sociale, identificata e giudicata dal Partito come nemica del popolo. Ma dalla accusa classista era ancora possibile una via di salvezza, aderendo al Partito e collaborando con esso (magari anche contro i propri stessi parenti). Dall'accusa razzista, non c'era salvezza alcuna.
«Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca». La normalizzazione della persecuzione fu data dalla sua graduale legalizzazione. I nazisti non si mossero come un partito rivoluzionario che viola la legge dello Stato, al contrario usarono lo Stato per emettere una nuova legge positiva che permettesse di mettere in pratica la loro ideologia. Per un tedesco di allora, discriminare o cacciare un ebreo, era un dovere. Per una cultura abituata a pensare allo Stato come all'unica fonte del diritto e di conseguenza anche della morale, obbedire era la maggior virtù. La prima legge fu un banale ordinamento locale: la città di Berlino, il 31 marzo 1933, sospese i medici ebrei da tutte le attività di volontariato svolte nella capitale. Una settimana dopo, una prima normativa nazionale, quella del Ripristino del Servizio Civile, ordinava il licenziamento degli ebrei da tutti gli enti pubblici. Il giorno stesso, un'altra legge nazionale vietava agli ebrei di diventare avvocati. A far chiarezza sull'attività normativa antisemita furono soprattutto le Leggi di Norimberga del 1935, che chiarirono definitivamente chi si potesse definire ebreo, quali fossero i requisiti per essere "cittadini" e cosa si dovesse fare per "proteggere l'onore e il sangue" dei tedeschi. L'attività legislativa, sulla falsariga delle Leggi di Norimberga, divenne frenetica soprattutto nel 1938 (l'anno in cui vennero adottate le leggi razziali anche in Italia).

UN ASSEDIO SEMPRE PIÙ STRETTO
All'inizio del 1939, per legge, un ebreo (o una ebrea) non era già più cittadino, ma suddito, non poteva più: essere naturalizzato tedesco, avere rapporti sessuali con ariani, sposare ariani, esercitare la professione del consulente fiscale, esercitare la professione del veterinario, cambiare il suo nome, commerciare armi, cambiare il nome alla sua azienda, recarsi alle terme, possedere un'azienda, possedere più di 5mila marchi, trasferire liberamente beni a non ebrei, frequentare una scuola pubblica, uscire liberamente dai confini nazionali, possedere piccioni viaggiatori, far valere contratti stipulati con lo Stato, esercitare la professione di ostetrico, possedere oro, argento, diamanti e altri oggetti preziosi, comprare un biglietto alla lotteria. Queste sono le leggi principali, in ordine cronologico, che dal 1935 al 1939 limitarono sempre di più le attività consentite agli ebrei. Fu un assedio, sempre più stretto, effettuato a colpi di leggi e decreti, locali e nazionali. Agli ebrei venne imposto di identificarsi in pubblico, aggiungendo la J (di Jude) al passaporto e aggiungendo il nome Israel (per i maschi) e Sara (per le femmine) al proprio nome.
Quando scoppiò la guerra il terreno (politico e giuridico) era già pronto per lo sterminio, anche se la "soluzione finale" venne proclamata solo nel 1942.

Nota di BastaBugie: Paolo Panucci nell'articolo seguente dal titolo "Diritti inviolabili soppressi: non finirà" spiega che tante persone accettano da mesi restrizioni a diritti costituzionali con l'illusione che prima o poi cesseranno. Ma questo non accadrà: il pass è un formidabile strumento di controllo sociale e sarà esteso ad altri campi. Forse Primo Levi ci ha avvertiti invano. Perché la storia è una maestra di vita, ma è la più inascoltata maestra che ci sia. Chi si sentisse urtato da queste affermazioni dovrebbe chiedersi se sono questi discorsi a urtarlo oppure la sua coscienza.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 gennaio 2022:

Da mesi si accettano restrizioni a diritti inviolabili costituzionali con l'illusione che prima o poi cesseranno. Ciò non accadrà perché sono stati investiti 50 miliardi per l'innovazione tecnologica (e solo 6 per la sanità). Dopo i lockdown imposti che, come i banchi con rotelle, non hanno impedito al virus di diffondersi ma hanno impedito di vivere e causato depressione e impoverimento in famiglie e imprese, è in vigore l'obbligo di esibire un lasciapassare, di lugubre memoria, senza il quale è vietato esercitare quei diritti (a lavoro, studio, circolazione etc.) prima intoccabili.
Tale strumento sarebbe giustificato dalla presunta necessità di proteggere la salute da un'ipotetica emergenza sanitaria provocata da un virus dal quale il 99% dei contagiati è guarito. In realtà, il pass non tutela affatto la salute - visto che i vaccinati, anche se passmuniti, possono comunque contrarre e diffondere il virus - e discrimina ingiustamente cittadini della stessa categoria (ad es. tra professori vaccinati ma inconsapevolmente positivi che possono lavorare e quelli sani e negativi al virus ma non vaccinati cui è vietato l'accesso) e tra categorie diverse, essendo previsto solo per alcune di esse (ad es. avvocati e giudici sì, testimoni e parti no) senza alcuna logica, come se il virus distinguesse le categorie.
In realtà, una volta imposto a tutta la popolazione sotto le spoglie di documento di identità digitale omnicomprensivo, il pass servirà per imporre il controllo sociale totale, anche attraverso l'attribuzione di crediti sociali (come per la patente), in modo da consentire solo a chi obbedisce la possibilità di vivere: solo coloro che rispetteranno le ulteriori condizioni dettate per il rilascio (quali, ad esempio quella di non essersi sottratti a nuove vaccinazioni, non aver consumato troppa CO2, non avere case non-ecologiche, non essere omosessuali/omofobi, abortisti/antiabortisti, cattolici/musulmani etc. o non avere debiti con lo Stato etc.) potranno circolare, accedere a negozi/farmacie o ai servizi (anche ospedalieri), ai luoghi di lavoro, ai mezzi pubblici o prelevare al bancomat etc...
Gli altri saranno spenti/disattivati dall'alto e privati di tutto. Brunetta ha affermato che il pass sarebbe una "patente di libertà", dimenticando che la libertà esiste in quanto tale e non perché un altro la concede, perché, altrimenti, diventa libertà condizionata, che è il suo opposto.

DOSSIER "CORONAVIRUS"
Sì alla prudenza, no al panico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-01-2022

2 - IL GREEN PASS E' UN'ARMA LETALE DEL REGIME COMUNISTA CINESE
Pechino impone a chi va in farmacia a fare un tampone pena la revoca del green pass (e intanto trapela che le vittime di covid in Cina non sono 4.636, come sosteneva il governo, ma 1,7 milioni)
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 27 gennaio 2022

Ieri mattina milioni di cinesi a Pechino si sono svegliati e sono stati assaliti dal panico scoprendo che il loro green pass era bloccato. Né Wechat, né Beijing Tong, né Alipay riportavano traccia del risultato dei tamponi effettuati o dell'avvenuta vaccinazione. Risultato? Impossibile andare al lavoro, prendere i mezzi pubblici, entrare in un negozio o in un bar. Le autorità hanno parlato di un guasto tecnico dovuto al sovraccarico di utilizzo, ma secondo molti residenti si è trattato di un trucco per costringere milioni di persone a sottoporsi a un nuovo tampone.
Il 4 febbraio nella capitale cinese cominciano le Olimpiadi invernali e il governo sta facendo di tutto per mantenere la promessa di organizzare dei Giochi "Covid free". Dal 15 gennaio, sono stati individuati a Pechino 71 contagi e per quanto possano sembrare ininfluenti in una città di 22 milioni di persone, sono un'enormità se rapportati alla strategia "zero Covid" del governo.
L'incidente di stamattina ha in realtà rivelato quanto il Covid abbia fornito il pretesto al regime comunista per assumere un controllo ancora più capillare sulla popolazione. Nelle mani di un governo come quello cinese, infatti, il green pass è uno strumento letale. E a Pechino il Partito comunista ha deciso di sperimentarne tutte le potenzialità.
Da tempo infatti le autorità hanno stabilito che chiunque acquisti in farmacia medicine per tosse, raffreddore, febbre, mal di gola e mal di testa debba essere schedato. Nessuna di queste viene più venduta senza prescrizione del medico curante, necessaria ormai anche per le semplici vitamine. In alcune città, è sufficiente entrare in farmacia per essere tracciato. Gli acquisti e gli ingressi vengono poi associati al green pass dei cittadini attraverso un'app.
A che cosa serve questo sistema di controllo? Lo si è compreso martedì, quando tutti coloro che sono entrati in farmacia nelle precedenti due settimane hanno ricevuto un messaggio sul telefono che imponeva di effettuare «entro 72 ore» un tampone. Chi si fosse rifiutato, avrebbe subito il blocco del green pass «che potrebbe impedirvi di uscire e di vivere normalmente», si poteva leggere nel messaggio.
Il governo di Pechino ha anche messo in lockdown senza alcun preavviso e senza fornire alcuna spiegazione sanitaria intere unità residenziali, specialmente quelle vicine al Villaggio olimpico, obbligando i residenti a restare in casa per giorni e a effettuare numerosi tamponi in quelli successivi. «Se vogliono testare tutti coloro che vivono vicini al Villaggio olimpico prima dei Giochi, posso capire, non mi preoccupa ma vorrei più trasparenza», dichiara un anziano ritrovatosi da un momento all'altro in lockdown all'Associated Press. «Però la nostra comunità è stata chiusa e non ci hanno detto nulla».
Attualmente sei quartieri a Pechino sono in lockdown e ai due milioni di residenti del distretto di Fengtai è stato imposto di sottoporsi a un'altra serie di tamponi di massa. Basterà a far sparire il Covid da Pechino entro febbraio? Difficile, nel frattempo la misura è utilissima per tenere sott'occhio la popolazione in Cina.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Leone Grotti, nell'articolo seguente dal titolo "Le vittime di covid in Cina non sono 4.636 ma 1,7 milioni" spiega perché il conteggio dei morti per Covid dichiarato ufficialmente dalla Cina è impossibile dal punto di vista medico, statistico, biologico, politico ed economico.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 18 gennaio 2022:

Ufficialmente in Cina il Covid ha fatto 4.636 vittime, ma secondo George Calhoun, direttore del programma di Finanza quantitativa presso l'Istituto di tecnologia Stevens, questa cifra è «sottostimata del 17 mila per cento». Il dato reale, o comunque più realistico delle vittime, sarebbe circa 1,7 milioni.
Secondo l'esperto i numeri offerti da Pechino sono «impossibili da un punto di vista medico e statistico». Non solo perché negli ultimi due anni circa, dall'aprile 2020, sarebbero morte appena due persone. Ma anche perché nel 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili, la Cina avrebbe riportato più di 22 mila casi e neanche un decesso.
Se il tasso di mortalità del Covid negli Stati Uniti, per fare un paragone, è di 248 morti per 100 mila abitanti, in Cina è di 0,321, circa 800 volte inferiore. Il Partito comunista attribuisce l'enorme differenza alla sua strategia "zero Covid", che avrebbe messo al sicuro la popolazione dalla recrudescenza del virus. Ma secondo Calhoun, i nuovi approcci statistici per scoprire il reale ammontare di vittime da Covid in tutto il mondo dicono altro.
L'Economist, al pari della Johns Hopkins University degli Stati Uniti e del New York Times, ha infatti sviluppato un modello matematico per calcolare le vittime in eccesso negli ultimi anni rispetto alla media attesa, attribuendo questo «surplus di morti» a casi Covid mai riportati.
Questo metodo non può ovviamente offrire certezze sul reale numero di vittime dovute alla pandemia, ma sicuramente può aiutare ad avere un quadro più realistico, per quanto basato su una stima. Applicando il modello agli Stati Uniti, secondo l'Economist, ne deriva che le vittime sono state sottostimate del 30% circa. Ma se lo stesso modello viene utilizzato con i dati cinesi, ne deriva un errore del 17 mila per cento. A essere cadute vittime del Covid in Cina non sarebbero dunque 4.636 persone, ma «un numero che si avvicina a 1,7 milioni». In Cina, dunque, «sarebbero morte all'incirca il doppio delle persone rispetto agli Stati Uniti».
Secondo l'autore, nel caso della Cina l'errore non è casuale o fisiologico, come per altri paesi, ma «chiaramente intenzionale. I dati sono stati manipolati dalle autorità». La tendenza della Cina a falsificare i dati è nota soprattutto in economia, per quanto riguarda la crescita annuale del Pil. Ma anche i precedenti studi effettuati su Wuhan, l'epicentro della pandemia, portano a pensare che qualcosa non quadra.
Nel febbraio 2021 il British Medical Journal ha analizzato le statistiche sulla mortalità a Wuhan, evidenziando la presenza di 5.954 morti in più in città rispetto allo stesso periodo del 2019, derivanti da «un numero di decessi da polmonite otto volte più alto della media». Essendo la cifra ufficiale delle vittime a Wuhan pari a 3869, si tratta di una differenza del 54%. Ma secondo l'Economist, solo tra gennaio e marzo del 2020 le morti in eccesso sarebbero state 13.400, più del triplo della stima ufficiale per un tasso di mortalità (solo a Wuhan) di 121 decessi per 100 mila abitanti.
I dati ufficiali della Cina vorrebbero anche far credere che dallo scoppio della pandemia, al di fuori di Wuhan e della provincia dell'Hubei, il tasso di mortalità è di 124 mila volte inferiore a quello degli Stati Uniti. «Come si può credere inoltre che le vittime si siano fermate improvvisamente l'1 aprile?». Come può il virus essere stato confinato a Wuhan se, come dichiarato dalle stesse autorità cinesi, milioni di persone prima del lockdown se ne sono andate dalla città per raggiungere ogni angolo della Cina? Ecco perché la mortalità cinese dal punto di vista «medico, statistico, biologico, politico ed economico è impossibile».
L'argomentazione di Calhoun, basata sul modello matematico sviluppato dall'Economist, è interessante e verosimile, anche se il numero esatto di vittime resta e resterà sempre un mistero. Soprattutto perché la Cina non ha mai smesso di fornire informazioni fuorvianti sulla pandemia.
Dopo aver accusato l'Italia e gli Stati Uniti di aver dato origine alla pandemia - nonostante la presenza a Wuhan di un mercato dove si faceva commercio di animali potenzialmente pericolosi e di un laboratorio dove venivano condotti esperimenti su pipistrelli e coronavirus - le autorità hanno imposto severissimi lockdown a milioni di persone (20 attualmente) a fronte di una manciata di casi.
Un atteggiamento tanto inspiegabile quanto improbabile è la spiegazione ufficiale del primo caso di variante Omicron individuato a Pechino. Il contagio non sarebbe stato portato dalla vicina Tianjin (dove decine di migliaia di persone sono attualmente in lockdown per il diffondersi di Omicron), città collegata per direttissima a Pechino via treno superveloce, tanto che milioni di cinesi ogni giorno fanno i pendolari per lavorare nella capitale.
No, la pericolosa e contagiosissima variante sarebbe arrivata dal Canada via posta. La persona contagiata, l'unica nella città di 22 milioni di abitanti, avrebbe ricevuto una lettera il 7 gennaio dal Canada ed è sulla busta che si sarebbe annidato il Covid, riscontrato il 14 gennaio. Possibile? Per le autorità sanitarie cinesi è l'unica spiegazione, per il Canada è una assurdità visto che secondo diversi studi il virus non resiste a lungo sulle superfici.
Menzogne, mezze verità, assurdità. Il romanzo del Covid in Cina è costellato di capitoli che non tornano, a partire ovviamente dal primo. Se il conteggio delle vittime effettuato da Calhoun fosse realistico, si comprenderebbe almeno perché il regime è così spaventato da pochi casi (che, evidentemente, pochi non sono) tanto da imporre durissimi lockdown come quello di Xi'an, definito «disumano» da un membro stesso del Partito comunista. Si tratterebbe in ogni caso del fallimento della strategia "zero Covid". Tema ipersensibile nel Dragone, visto che il 4 febbraio nella capitale iniziano le Olimpiadi invernali. Le quali, a detta del regime, sarebbero state Covid free. Ma chi può più fidarsi dei comunicati di Pechino?

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Fonte: Tempi, 27 gennaio 2022

3 - ANCORA MINACCE ALL'AUTRICE DI HARRY POTTER
Clamorosamente la polizia britannica non perseguirà i trans che hanno minacciato di morte e violenze la Rowling e la sua famiglia
Autore: Luca Volontè - Fonte: Provita & Famiglia, 28 agosto 2021

Nelle scorse settimane la creatrice e autrice di Harry Potter, J.K. Rowling, ha risposto a un molestatore transgender che l'ha minacciata su Twitter di farla esplodere con una "bomba".
La Rowling ha dichiarato che siccome gli haters non possono farla licenziare o distruggere la sua carriera, l'unico cosa che rimane loro di fare è minacciarla di farla esplodere e ucciderla. Nella sua risposta, la Rowling ha notato che ha sempre segnalato tali minacce ed attacchi a Twitter, ma sinora il gigante social ha fatto ben poco per tutelarla.
"Per essere giusti, quando non si può far licenziare, arrestare o abbandonare una donna dal suo editore e cancellarla per il solo fatto di far salire le vendite del suo libro, c'è davvero solo un posto dove andare...", ha scherzato la Rowling. Sono anni che l'autrice di Harry Potter è minacciata dalla cultura di sinistra e dai paladini della dottrina LGBTI, dentro e fuori Hollywood, per le sue dichiarazioni che il transgenderismo è una minaccia per le donne e per aver più volte ribadito che il sesso biologico è immutabile e non è un "costrutto sociale".
Nel dicembre scorso, dopo un anno di attacchi e censure ricevute dalla Rowling, la BBC aveva coraggiosamente deciso di premiarla come autrice di successo, aveva perciò ricevuto attacchi indecenti e gratuiti per la sua scelta e si era dovuta difendere. L'emittente pubblica britannica aveva dichiarato che l'offesa è il "prezzo della libertà di parola". Il Premio Russell 2020 della BBC, intitolato allo scrittore britannico Bertrand Russell, ha attirato l'attenzione del pubblico perché si assegnava alla Rowling il riconoscimento per il suo saggio sul sesso e il genere che aveva scatenato un furore pubblico quando era stato pubblicato a giugno.
Nei suoi commenti la Rowling aveva detto che l'ascesa dell'attivismo trans avrebbe cancellato il concetto di sesso che definisce la vita di molte donne. Dopo la polemica scatenatasi dalle dichiarazioni del giugno scorso e in reazione alla censura che aveva minacciato la Rowling per le sue affermazioni contro il transgenderismo e la sessualità biologica maschile e femminile, alcuni dei più noti scrittori e attori britannici, tra cui il famoso autore Ian McEwan e l'attore Griff Rhys Jones, avevano firmato una lettera aperta nel mese di settembre 2020. Un anno intero di censure, offese, insulti e minacce anche di morte che continuano a colpire come una vera e propria fatwa l'autrice di Harry Potter. Non è l'Isis che minaccia di far esplodere e cancellare per sempre la Rowling, sono i paladini della ideologia LGBTI che si comportano esattamente come facevano i terroristi sul web.
Perché? Per aver scritto nel suo saggio: "Mi rifiuto di piegarmi a un movimento che credo stia facendo un danno dimostrabile nel cercare di erodere la 'donna' come classe politica e biologica e offrendo copertura ai predatori. Sono al fianco delle donne e degli uomini coraggiosi, gay, etero e trans, che si battono per la libertà di parola e di pensiero, e per i diritti e la sicurezza di alcuni dei più vulnerabili nella nostra società: giovani ragazzi gay, adolescenti fragili, e donne che dipendono e desiderano mantenere i loro spazi monosessuali".
La Rowling è stata infatti sottoposta a un assalto di odio e violenze verbali che evidenziano una tendenza insidiosa, autoritaria e persino misogina di mass media e comunità LGBTI. Se è vero che il caso della Rowling è quello più eclatante, è anche vero che questo stesso caso (come decine e centinaia di altri in tutto il mondo) ci conferma che la dottrina LGBTI e i suoi sacerdoti non possono tollerare alcuna diversità di opinione né concedere alcuna libertà a coloro che non si adeguano alle loro dottrine.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Luca Volontè, nell'articolo seguente dal titolo "La polizia non perseguirà chi ha minacciato J.K. Rowling" parla dell'omertà che regna quando le minacce vengono dal mondo LGBT.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Provita & Famiglia il 31 gennaio 2022:

La polizia britannica non perseguirà gli attivisti trans che hanno minacciato di morte e violenze J.K. Rowling e la sua famiglia. Ennesima ingiustizia che discrimina in base all'ideologia gender e transgender.
I tre attivisti trans che hanno organizzato una protesta fuori dalla casa di J.K. Rowling, la "mamma" di Harry Potter, non saranno perseguiti, nonostante un'immagine che il gruppo ha postato sui social media che ha rivelato l'indirizzo della casa della Rowling e incitato alla violenza nei suoi confronti e della sua famiglia.
La Rowling, che è stata critica nei confronti dell'attivismo trans nel Regno Unito e non solo, aveva precedentemente criticato gli attivisti al momento dell'incidente, sostenendo che i tre coinvolti "pensavano che fare una minaccia che avrebbe intimidito [lei] dal parlare dei diritti sessuali delle donne". Ebbene, secondo un rapporto del Telegraph, la polizia ha confermato nei giorni scorsi che nessun crimine è stata stabilito nei confronti del trio di attivisti trans promotori delle minacce.
"L'indirizzo della mia famiglia è stato pubblicato su Twitter da tre attivisti che si sono fotografati davanti alla nostra casa, posizionandosi attentamente per assicurarsi che il nostro indirizzo fosse visibile", ha scritto la Rowling sui social media lo scorso novembre. "Imploro le persone che hanno ritwittato l'immagine con l'indirizzo ancora visibile, anche se lo hanno fatto per condannare le azioni di queste persone, di cancellarla". La Rowling aveva proseguito scrivendo: "Ora ho ricevuto così tante minacce di morte che potrei tappezzare la casa con esse, e non ho smesso di parlare", ha continuato la Rowling. "Forse il modo migliore per dimostrare che il vostro movimento non è una minaccia per le donne, è smettere di perseguitarci, molestarci e minacciarci".
E' solo l'ennesima ingiustizia subita dalla Rowling, dopo che una scuola in Inghilterra ha eliminato il nome dell'autrice da uno dei suoi edifici, dopo che gli studenti si sono lamentati delle posizioni dell'autrice, mentre uno speciale della catena televisiva a pagamento HBO su Harry Potter l'ha effettivamente rimossa dallo spettacolo che celebrava la saga di Harry Potter, con la creatrice che aveva ottenuto solo circa 30 secondi di tempo di trasmissione, durante la trasmissione di quasi due ore.
Ora anche polizia e magistratura, di fatto, de-classificano le minacce alla Rowling e alla sua famiglia e, contemporaneamente, con la decisione di non perseguire i tre autori delle minacce, favoriscono minacce e violenze nei confronti dell'intera famiglia dell'autrice di Harry Potter. Una vergogna inaccettabile, che si consuma con la discriminazione in nome del nuovo dogma transessuale.

Fonte: Provita & Famiglia, 28 agosto 2021

4 - IL MATTARELLA BIS ERA IL PEGGIOR SCENARIO
Mattarella al Quirinale, Draghi premier, Giuliano Amato presidente della Corte Costituzionale: senza una vera opposizione, è scontata l'approvazione la legge sull'eutanasia, il ddl Zan bis, ecc.
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31-01-2022

Una valutazione semplice ma realistica del significato politico della ri-elezione al Quirinale del Presidente Sergio Mattarella può essere la seguente: hanno vinto i fautori dello status quo, hanno perso i sostenitori del cambiamento. Mi riferisco qui agli italiani e non alle forze politiche. La nuova società palliativa, come dice il filosofo germano-coreano Byung-Chul Han, rifugge la sofferenza, è priva di eroismo, si accomoda nella tranquillità garantita della sopravvivenza. Gli italiani che sono stanchi dei lunghi e difficili sedici anni dell'era Napolitano-Mattarella e temono il nuovo accentramento di potere hanno avuto la porta in faccia. Coloro che in questi sedici anni si sono accomodati a tavola e sul divano hanno avuto la loro porta aperta per un nuovo periodo.
Il voto ha confermato l'Asse Draghi-Mattarella. Il progetto era già nel programma della sinistra di sistema (o del sistema della sinistra) quando Mattarella aveva chiamato Draghi a Palazzo Chigi, ma le pedine non erano ancora tutte collocate al loro posto: ora lo sono. Quest'Asse Governo-Presidenza della Repubblica - inquietante solo ad enunciarlo - è ora in grado di controllare e dominare l'Italia a lungo. Veniamo da molti anni di presidenzialismo, ossia di intervento del Quirinale nella politica, da due anni il Parlamento è in naftalina, l'emergenza perenne per il Covid ha motivato una maggioranza di solidarietà nazionale di cui fa parte perfino la Lega, dalla cultura politica opposta a quella di Draghi, un'opposizione non c'è come si è visto in aula in questi giorni ma come era già molto evidente nei due anni di pandemia appena trascorsi.
In questa situazione, l'Asse Draghi-Mattarella avrà un potere politico enorme, nessuno disturberà né fuori dell'Italia, dove i grandi poteri saranno contenti della continuità italiana, né dentro il Paese, nonostante la posizione di Fratelli d'Italia, che almeno ha salvato la faccia ma non di più.

UNA EVIDENTE FORZATURA
Nella mattinata di sabato scorso è accaduta una cosa molto irrituale che i Grandi Commentatori istituzionalizzati hanno esaltato mentre a noi sembra una evidente forzatura. Diversi grandi elettori avevano iniziato a votare (spontaneamente?) Mattarella. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, per evitare che ciò mettesse in pericolo il rientro in gioco di Mattarella che non poteva certo reggersi su questa insubordinazione da peones, ha espressamente fatto da mediazione, invitando il presidente Mattarella a rispondere alla chiamata. È stato così che il Governo del Presidente si è definitamente interfacciato con il Presidente del Governo e le due cose sono diventate una cosa sola. Non c'è dubbio che Mattarella sia oggi uomo di Draghi, come Draghi era ed è uomo di Mattarella. Vorrei ripeterlo per evitare di non essere capito: si tratta di un Asse di potere che molto preoccupa, soprattutto per la debolezza del contorno.
L'Italia è sotto la cappa di un sistema politico bloccato, dominato e controllato in tutti i suoi aspetti. Sembra non poter accadere niente di nuovo, ogni spiraglio viene subito chiuso. Tutto si lega e tutto è tenuto in mano dallo stesso ceto politico-sociale. Questo fa sì che i grandi direttori dei quotidiani, come è successo anche nei commenti alla rielezione di Mattarella, si muovano all'unisono ad un cenno della regia; che siano stabilmente al governo partiti che hanno perso tutte le elezioni degli ultimi dieci anni; che il ministero della Sanità sia in mano all'esponente di un partito dello zero virgola e che lo rimanga anche quando cambiano i governi; che a Palazzo Chigi finiscano ormai stabilmente persone cooptate e mai elette; che alla Corte costituzionale finiscano sempre uomini garanti del sistema, come accaduto in questi giorni con la presidenza di Giuliano Amato che trasforma l'Asse Draghi-Mattarella nella Triplice Intesa: Draghi-Mattarella-Amato.

UN QUADRO PREOCCUPANTE
L'opposizione non ha saputo far coagulare nessuna seppur minima minaccia politica a questo quadro preoccupante e rimane almeno strana la posizione della Lega. Ammettiamo che qualche candidato proposto da Salvini avesse ottenuto la maggioranza, cosa sarebbe successo? La caduta del governo, data l'emergenza di una nuova maggioranza politica in un punto chiave per la vita istituzionale. Caduta del governo di cui però fa parte anche Salvini. L'opposizione sembra avere poche idee, ancora meno coraggio ma soprattutto non ha la prospettiva dei tempi medi e lunghi. L'opposizione non si improvvisa.
Consegnandosi all'Asse Draghi-Mattarella, il Parlamento e la politica hanno dichiarato la loro languida sfinitezza. Una grande fetta di italiani che sperava di uscire dal tunnel ora è profondamente delusa: chi potrà opporsi al prolungamento sine die della perenne emergenza sanitaria? Chi metterà dito nelle discriminazioni governative con la scusa del Covid? Chi potrà dire qualcosa sull'emergenza dei "nuovi diritti" (la proposta di legge Zan verrà riproposta e approvata insieme con il suicidio assistito nel silenzio di ogni opposizione)?
La democrazia liberal della sinistra di sistema ha prodotto la sua democrazia palliativa che ti cura anche se non è necessario, che ti dice che l'eroismo non serve perché il sistema istituzionale provvede già di suo alla tua sopravvivenza, che pretende per questo continuità per se stessa sicché è perfettamente logico che ad un settennato passato al Quirinale segua un altro settennato passato al Quirinale.

DOSSIER "SERGIO MATTARELLA"
Il presidente catto-comunista

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31-01-2022

5 - BIANCANEVE E I SETTE NANI... SENZA I NANI (!?)
Dopo la censura a Dumbo, Peter Pan e Lilli il Vagabondo, la Disney, per non offenderli, elimina i nani dalla fiaba di Biancaneve (al loro posto ci saranno creature magiche)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 30 gennaio 2022

Rifare Biancaneve senza sette nani per non offendere i nani, la domanda è: ma chi ve lo fa fare? Appena ha saputo che la Disney aveva lanciato un casting per il live-action sulla storia dei Fratelli Grimm, Peter Dinklage è uscito di testa: «Da un lato siete progressisti, dall'altro continuate a raccontare quella storia fottutamente arretrata su sette nani che vivono in una caverna tutti insieme... ma che cavolo state facendo, ragazzi? Non ho fatto abbastanza per la nostra causa? Immagino di no, di non aver urlato abbastanza».
Chi è Peter Dinklage? Un attore e produttore americano affetto da acondroplasia che, nel ruolo di Tyrion Lannister, cioè di un nano che usa il suo ingegno per superare i pregiudizi sui nani nella serie Game of Thrones, ha fatto incetta di Emmy Awards. Affrontare il tema della derisione e dell'emarginazione dei nani è sempre stata la cifra della sua recitazione, di tutti i suoi ruoli, in tutti i suoi film, il riscatto dei nani la sua missione e la chiave del suo successo. Per dirla alla Tyrion Lannister: «Sono colpevole di un crimine ben più mostruoso: sono colpevole di essere un nano! La mia colpa è questa. Sono sotto processo per questo dal mio primo vagito». Insomma, una carriera spesa per la causa dei nani e la Disney che fa? Li riporta in una caverna a picconare diamanti e condividere una casetta nel bosco?

BIANCANEVE LATINA
Non contenti che Amazon avesse già inflitto al mondo quella "cagata pazzesca" di Cenerentola, una corazzata Kotiomkin dell'inclusività tutta fatina genderless, quote etniche, principesse ambientaliste e principi contro il patriarcato, talmente grottesca da sembrare scritta da un nemico della generazione woke, la Disney ha deciso infatti di infilare nella programmazione sterminata dei suoi prossimi live-action anche Biancaneve. Con un'ovvia e scontatissima premessa nell'era del woke che si sbrana Hollywood e l'industria del cinema: non sarà la solita Biancaneve. Sì, perché la più bella del reame e della fiaba popolare europea (secondo gli storici ispirata alle vicende di una contessa tedesca o di una nobildonna bavarese) sarà interpretata dalla peperina attrice latina di origine colombiana Rachel Zegler, star di West Side Story.
 "Grazia, graziella...", ha commentato in pratica Peter Dinklage: «C'è moltissima ipocrisia», ha tuonato l'attore durante il podcast WTF di Marc Maron dicendo di essere stato «sorpreso quando hanno annunciato, orgogliosi, di aver scelto un'attrice latina come Biancaneve». Per Dinklage sarebbe stupendo se la fiaba venisse reinventata in modo «folle, figo o progressista», ma scegliere di raccontare la «solita vecchia storia», cioè una storia in cui ci sono sette nani, è assolutamente sconcertante.
Tuttavia, più sconcertante della presenza di sette nani nella fiaba di Biancaneve e i sette nani, dovrebbe suonare la risposta della Disney, che in seguito alle lamentazioni del nano più famoso del cinema ci ha tenuto a "chiarire la sua posizione" all'Hollywood Reporter: «Per evitare di rinforzare gli stereotipi dell'animazione originale, ci siamo approcciati in modo diverso ai sette personaggi e abbiamo consultato persone affette da nanismo. Non vediamo l'ora di condividere maggiori informazioni».
Che significa "approccio diverso" ai nani? Ma naturalmente cancellare i nani. Pare che per non offenderli non ci saranno, o meglio, che al posto dei tradizionali nani ci saranno delle «creature magiche». Lo assicura The Wrap dopo aver visionato le griglie per i casting (stanno cercando doppiatori per dare "personalità" queste creature). «Non è chiaro se avranno gli stessi ruoli dei nani - cercheranno diamanti? Si chiameranno Pisolo, Brontolo e Mammolo? -, quello che è certo è che queste creature magiche saranno i sostituti dei sette nani originali».

C'ERA UNA VOLTA IL WOKE
Non è meraviglioso? Puoi infilare una Cenerentola di origine cubana nel regno del woke, dove vengono rispettate tutte le folli regole dell'Academy (cioè dove vivono cantando e ballando tra regine della parità e progetti di pale eoliche neri, asiatici, ispanici, neri non americani, afroamericani, nativi americani, bianchi, rappresentanti dell'Alaska e delle isole del Pacifico di ogni età, genere e dimensione). Puoi disseminare di pecette e disclaimer i vecchi film di Dumbo, Peter Pan e Lilli il Vagabondo («Il film che state per vedere si presenta così come era stato creato in origine. Può contenere rappresentazioni culturali obsolete») e cancellare dai live-action a loro dedicati il corvo Jim Crow (dal nome delle leggi sulla segregazione razziale) che fuma il sigaro, gli indiani che fanno "augh!", i gatti siamesi che canticchiano con parlata asiatica disinvolta.
Puoi levare a Minnie il vestito rosso a pois e i tacchi gialli e infilarla in un tailleur a pantalone blu "di provenienza eticamente sostenibile" disegnato da Stella McCartney e scarpe basse nere, puoi perfino sopravvivere alla polemica surreale sul bacio non consensuale stampato dal principe sulle labbra di Biancaneve. Ma ci sarà sempre qualcuno più "svegliato" di te che ti darà dello stolto arretrato infliggi-stereotipi. Convinti che il copione della polemica un anno prima dell'uscita di un film alla lunga non paghi più al botteghino, la domanda resta: perché diavolo fare un film a base di sette nani cancellando i nani per non offenderli?

DOSSIER "WALT DISNEY"
Indottrinamento per piccoli e grandi

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Fonte: Tempi, 30 gennaio 2022

6 - NUOVI DELITTI NELLA CAMERA CHIUSA, IL NUOVO LIBRO DI RINO CAMMILLERI
Dopo il successo del primo libro giallo, ecco altri 14 delitti impossibili, da gustare con egoismo e lentezza come cioccolatini assortiti di altissima qualità
Autore: Fiorenza Cirillo - Fonte: Blog di Nicola Porro, 9 gennaio 2022

Hai una scatola di cioccolatini assortiti di altissima qualità, la apri, li ammiri e uno a uno li gusti con egoismo e lentezza. Ecco cos'è il giallo Nuovi delitti nella camera chiusa di Rino Cammilleri.
Si sceglie un cioccolatino alla volta, un racconto, senza fretta. Sono quattordici e cesellati come gioielli preziosi, in sé conclusi e tuttavia sì stuzzicanti da volerne provare ancora uno e poi un altro ancora. Perché questi racconti gialli sono l'uno diverso dall'altro e ti portano ovunque, anche se sei accoccolato sulla tua poltrona preferita. A Bensalem, per esempio. Un mondo futuristico e quasi perfetto che incarna le più importanti teorie utopistiche, un paradiso artificiale in cui è stata bandita la proprietà privata "delle cose e dei corpi" considerata l'origine di tutti i mali. E se ci scappa un omicidio? Forse è il segnale della "fine del sogno di una comunità perfetta e libera dal male".

BUSSARE FORTE ALLA PORTA DELL'INQUISITORE
Qualche racconto più in là ci troviamo nel monastero benedettino di Vallescura, nel XIII secolo, a bussare forte alla porta della cella dell'inquisitore Corrado da Tours, per cercare di capire che tipo di morte ha colto il suo amico abate; studiando ogni centimetro di quella cella chiusa dall'interno fino ad analizzare il pitale stracolmo e nauseabondo sotto il letto. "Corrado, che si era chinato per estrarlo, dovette storcere la faccia per il disgusto. Piscio, vomito, diarrea, il tutto di colore innaturale, giallo-verdastro e ributtante". Una puntualità descrittiva che ci fa sentire lezzi e profumi tra le parole, ma soprattutto una cura storica, propria dell'autore, documentata, precisa e mai pesante. Come quando ci racconta di Margaret Ward, la «Perla del Tyburn», donna cattolica di nobile famiglia inglese, impiccata sotto il regno di Elisabetta I per aver aiutato un sacerdote a evadere dal carcere. "La Ward, con una nobiltà che commosse tutti, dichiarò che la sua fedeltà alla Regina non era mai venuta meno, tuttavia nessuno poteva chiederle di rinunciare alla sua religione. La Regina avrebbe potuto garantirle, certo, una vita comoda su questa terra, ma non la salvezza della sua anima. Se era costretta a scegliere, optava per quest'ultima. Piuttosto che rinnegare il vero Dio e la vera Chiesa preferiva sacrificare la vita".
Il Nostro sa trattare il vero storico e l'invenzione con la stessa duttilità fino a convincerci dell'esistenza di una conchiglia preziosissima e delicatissima, dalla forma simile a una locomotiva, un vero vezzo per i collezionisti come Victor Humperdinck, la Meganoblaster locomotensis; tuttavia, solo dopo averla "googolata", scopri la nota dell'autore che, quasi prevedendo la curiosità del lettore, se la ride sotto i baffi e, dopo una tirata di sigaro, sornione, ti dice che non esiste.

LE NEW ENTRY
Alcuni protagonisti erano già presenti nel primo giallo Mondadori dall'omonimo titolo, altri sono delle new entry, come l'ispettore Shylock Homer, di Scotland Yard che, piccato, ancor prima di ascoltare il quesito, anticipa l'interlocutore: "Sì, lo so, assomiglio a Sherlock Holmes, anche se, in verità, è piuttosto difficile assomigliare a un personaggio di totale invenzione e descritto solo sulla carta [...] Ora, prima che si decida a farmi entrare, mi corre l'obbligo di chiudere questa fastidiosa parte, fastidiosa perché si ripete ogni volta io sia chiamato per servizio presso un domicilio privato, anticipandole che del mio guardaroba non fanno parte berretti da cacciatore di cervi né pastrani a scacchi scozzesi. Infine, al mio fianco, come può vedere dalla divisa, non c'è il dottor John Watson ma il sergente Sean O'Malley. Adesso, cortesemente, possiamo entrare?" Dannatamente solo e acuto, costringe amorevolmente O'Malley ad ascoltare le sue deduzioni argute che si rivelano ogni volta puntualmente esatte, come nel caso della molletta.
Il vero quid accattivante sta tuttavia nell'elemento ricorrente in ogni narrazione: tutti i delitti si consumano in un luogo chiuso dall'interno, ma come è possibile? A seconda dell'ambientazione, l'omicidio avviene infatti in una camera, una sala riunioni, una cella, una prigione zulu o nella stanza di un ragazzo adolescente, ma pur sempre in ambienti fisicamente circoscritti di cui si percepiscono quasi visivamente, e a volte claustrofobicamente, i limiti spaziali.
E i limiti della stanza sono proprio quelli che gli hikikomori cercano, come una corazza protettiva; si tratta di persone, perlopiù ragazzi, colpiti da una sindrome che induce a chiudersi nella propria stanza senza mai uscirne, passando i giorni davanti al computer, senza frequentare nessuno, neanche la scuola. Ci sentiamo coinvolti da questo fenomeno giovanile una volta così lontano e ora, ahimè, troppo familiare. "Dove stava andando il Giappone?" si chiede l'ispettore Matsudaira Hiroshi della prefettura di Osaka. E noi? Dove stiamo andando?
Cammilleri stimola la nostra curiosità con dettagli originali che diventano chiavi importanti per il plot come il «Verde di Scheele», un arsenico di rame usato per dipingere stucchi e quadri o il fiore di Kadupul, che fiorisce una volta l'anno solo di notte e appassisce con le prime luci dell'alba.
Ci lascia immaginare le soluzioni, sempre diverse e ci si può sbizzarrire nel tentativo risolvere il caso prima di lui, il tempo di scartare un cioccolatino e Cammilleri ci stupisce con dovizia scientifica verso una soluzione arguta e mai scontata.

Nota di BastaBugie: per acquistare i libri di Rino Cammilleri in formato Kindle clicca sui link seguenti.

I delitti nella camera chiusa - ‎Mondadori - anno 2016 - 164 pagine - € 3,99

Nuovi delitti nella camera chiusa - ‎Mondadori - anno 2021 - 250 pagine - € 3,99

Fonte: Blog di Nicola Porro, 9 gennaio 2022

7 - IN 50 ANNI IL DIVORZIO IN ITALIA HA DISTRUTTO LA FAMIGLIA E L'INTERA SOCIETA'
Per mantenersi al governo la Democrazia Cristiana lasciò approvare il divorzio e l'aborto eppure, anziché deprecare i cattolici ''utili idioti'', c'è ancora chi li difende
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-12-2020

Poco prima del sorgere dell'alba dell'1 dicembre 1970, al termine di una tra le sedute notturne più lunghe nella storia del Parlamento italiano, l'allora presidente della Camera dei deputati, il socialista Sandro Pertini, annunciò l'approvazione definitiva della contrastata proposta di legge "Fortuna-Baslini" (dal nome dei due deputati che l'avevano promossa), la quale prevedeva l'introduzione dell'istituto del divorzio in Italia. Esattamente cinquant'anni fa la Legge 1 dicembre 1970, n.898, legalizzava lo scioglimento del matrimonio.
In realtà, quell'evento costituì il primo passo della rivoluzione antropologica che stiamo tuttora vivendo. L'indissolubilità del matrimonio, infatti, rappresentava la linea Maginot di quella società che era ancora in grado di mantenere e garantire una certa solidità. Prima di ridursi nell'attuale forma liquida ben descritta da Zygmunt Bauman.
Lo aveva capito anche un toscanaccio come Amintore Fanfani, che il 26 aprile 1974 a Caltanissetta, durante un comizio, lo spiegò alla sua maniera e a prova di popolo: «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l'aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!». Non ci volevano particolari doti divinatorie per comprendere come sarebbe andata a finire, e come, purtroppo, è poi andata a finire.
Anche per il divorzio, come successivamente per l'aborto e le altre "conquiste" della modernità, si utilizzò la logica del male minore e il falso presupposto di dover affrontare situazioni eccezionali e transitorie. Il caso francese, da questo punto di vista, è emblematico. In Francia, infatti, il divorzio fu introdotto per legge nel 1884, nonostante gli ammonimenti che Papa Leone XIII lanciò nella sua enciclica Arcanum Divinae del 10 febbraio 1880, nella quale evidenziava lucidamente le prevedibili conseguenze di quella legge. I sostenitori del divorzio dicevano il contrario: il divorzio avrebbe sciolto i matrimoni male assortiti che attendevano una soluzione, poi si sarebbe rientrati nella normalità. I fatti dimostrarono, invece, l'esatto contrario. Mentre nel 1883 si aveva in Francia una media annua di circa 700 separazioni legali, che sembrava potessero rappresentare la somma dei matrimoni infelici in cui la convivenza appariva impossibile, nell'anno seguente, con la nuova legge, si ebbero subito 1.675 divorzi, e questi, con una continua corsa ascendente, arrivarono nel 1921, quindi dopo trentasette anni, al numero di 32.557, mentre la natalità diminuiva spaventosamente.

LA DIGNITÀ DELLA DONNA NECESSITA DELL'INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO
Resta oggettivo il fatto che, in tutto il mondo, il divorzio abbia reso le relazioni umane e la società molto più liquide e che la solubilità del matrimonio abbia incrinato la stessa stabilità della convivenza civile. Questo lo si deve onestamente ammettere, prescindendo da qualunque valutazione di carattere religioso, sacramentale, teologico. È possibile, infatti, parlare di matrimonio indissolubile anche da un punto di vista squisitamente laico. Pure un laico, per esempio, può comprendere che l'indissolubilità del matrimonio difende innanzitutto la dignità della donna, la parte più debole in caso di abbandono, che dopo aver dato al marito il meglio di sé, dopo aver sacrificato la propria vita per la famiglia, non merita certo di essere sostituita quasi fosse un prodotto scaduto. E tutti possono comprendere la necessità del matrimonio indissolubile per il destino dei figli, il loro sostentamento e la loro educazione. Abbiamo sotto gli occhi quotidianamente gli effetti devastanti del divorzio su intere generazioni di giovani.
Come sosteneva il grande filosofo-contadino Gustave Thibon «gli sposi non si impegnano soltanto l'uno verso l'altro, ma anche l'uno e l'altro verso una realtà di cui fanno parte e che li supera: la famiglia innanzi tutto, di cui sono la sorgente e il sostegno, e in seguito la Nazione e la Chiesa, corpi viventi di cui le famiglie sono le cellule». Ecco perché un'istituzione così importante come il matrimonio ha bisogno d'essere protetta contro le mille vicissitudini dell'istinto e dell'interesse personale, perché proprio il matrimonio costituisce il fondamento della comunità umana; se quello si spezza, questa si sfascia.
Ha proprio ragione Thibon: oggi noi assistiamo al sorgere, per reazione, di una specie di mistica del matrimonio, che si preoccupa più della qualità del vincolo personale tra gli sposi che delle sue conseguenze sociali. Viviamo in un'epoca in cui pare dilagare e dominare una sorta d‘iperestesia dell'io e di ugualitarismo grossolano, che considera la felicità dell'individuo un diritto «assoluto». Ma non è così. Se uno nella vita fa una scelta sbagliata sulla persona che ha deciso di sposare, non può presentare il conto alla collettività. Paga privatamente. Come paga privatamente l'imprenditore che fallisce. Tra il sacrificio individuale per un'errata decisione della sfera privata e l'interesse collettivo della società alla sua tenuta complessiva, è quest'ultimo che deve prevalere. Una persona adulta si assume la responsabilità delle proprie azioni e se sbaglia ne deve accettare le conseguenze. Una scelta, del resto, è davvero libera solo quando è responsabile.

GLI UTILI IDIOTI
Non vale neppure l'obiezione che l'indissolubilità del matrimonio si opponga all'amore. Anzi, è vero il contrario. Lo spiega bene lo stesso Thibon distinguendo la fase antecedente e quella successiva del matrimonio. Prima di sposarsi, infatti, l'individuo consapevole dell'irrevocabilità del matrimonio è «indotto a non avventurarsi alla leggera in quel vicolo cieco che ha il muro di chiusura alle spalle; come il conquistatore che brucia i suoi vascelli per togliersi prima della battaglia ogni possibilità di ritirata, i fidanzati che acconsentono a legarsi l'uno all'altro fino alla morte attingono a questa "idea-forza" una garanzia preliminare contro tutti gli eventi del destino che minacceranno il loro amore». Al contrario, «la sola idea del divorzio possibile prende dimora tacitamente nel profondo dell'anima, come un verme deposto da una mosca in un frutto in formazione e che ne divorerà un giorno la sostanza».
L'esperienza ha più volte dimostrato, infatti, che in alcune circostanze, specie quando si tratta di grandi prove, è sufficiente considerare una cosa come possibile perché essa divenga necessaria. Si tratta di un dato psicologico elementare che da solo basta a sfatare, tra l'altro, il mito del cosiddetto "matrimonio di prova". Dopo il matrimonio vero, invece, «il patto nuziale, situando una volta per sempre la sostanza dell'amore al di là delle contingenze, contribuisce necessariamente a decantare, a purificare l'amore; così come una diga non solo contiene il corso del fiume, ma rende le sue acque più limpide e più profonde; la necessità di subire e di superare la prova del tempo agisce sull'affetto degli sposi come vaglio che separa la pula dal chicco del frumento; essa lo spoglia a poco a poco dei suoi elementi accidentali e illusori e ne conserva solo il nocciolo incorruttibile, trasformando la passione in vero amore».
In questa triste ricorrenza del cinquantesimo anniversario dall'approvazione della legge sul divorzio, appaiono ancor più vere le parole del grande scrittore cattolico Igino Giordani: «Salvare la famiglia è salvare la civiltà. Lo Stato è fatto di famiglie; se queste decadono, anche quello vacilla».
Se lo ricordino bene i politici che si definiscono "cattolici", e che magari si sentono pure "adulti". La Storia ci ha mostrato, infatti, i danni che costoro sanno infliggere ad una nazione: fu proprio il governo guidato dal cattolico Emilio Colombo che introdusse in Italia il divorzio (1970), il governo del cattolico Giulio Andreotti che promulgò l'aborto (1978), e il governo del cattolico Matteo Renzi che approvò le unioni civili omosessuali (2016). [...]
Non c'è nulla da fare, servono sempre gli "utili idioti" per realizzare la rivoluzione antropologica della sinistra radicale e anticristiana.

Nota di BastaBugie: l'on. Carlo Giovanardi ha contestato l'espressione "utili idioti" usata nel precedente articolo per riferirsi ai leader DC che firmarono le leggi su divorzio e aborto. Gli risponde per le rime il direttore della Bussola, Riccardo Cascioli, facendo notare che l'ex democristiano dimentica che quella battaglia non fu veramente combattuta fino in fondo.
Ecco il botta e risposta pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22-12-2020:


Caro direttore,
mi dispiace dover contraddire Gianfranco Amato ma l'aver definito i Democratici Cristiani "utili idioti" (clicca qui), in quanto supposti responsabili dell'introduzione nel nostro ordinamento di divorzio e aborto, è un falso politico, storico e culturale.
In Parlamento infatti la DC fu compatta nel contrastare la legge Fortuna Baslini, non contando nelle sue file neppure un dissidente, finendo poi per soccombere nel 1970 di strettissima misura (52,7% contro 47,7%).
Al referendum del 1974 quel 47,7% di no al divorzio si ridusse nel paese al 40.7% grazie anche alla massiccia mobilitazione dei cosidetti "cattolici per il no", in prima linea nel contestare la generosa campagna per l'abrogazione della legge da parte dell'allora Segretario della Dc Amintore Fanfani, che lo stesso Amato non può non riconoscere.
Lo stesso copione si è ripetuto per l'aborto che venne approvato alla Camera nel 1978 con il 51,1% dei voti favorevoli ed il 48,9% contrari, trasformatisi poi nel successivo referendum popolare in un umiliante 67,9% a favore della legge contro uno striminzito 32,1% contrario.
In ambedue i casi la DC si trovò contro in Parlamento non soltanto il Partito comunista e i radicali ma anche tutti i tradizionali alleati liberali, socialdemocratici, repubblicani e socialisti, essendo schierato per contrastare la legge, oltre alla DC, soltanto il Movimento Sociale Italiano.
Ancora più stravagante è l'accusa a Colombo ed Andreotti di aver controfirmato, come Presidenti del Consiglio, ai sensi dell'art 89 della Costituzione, la promulgazione di queste leggi già approvate dal Parlamento e firmate dal Capo dello Stato.
Si tratta di un atto dovuto in ossequio alla volontà popolare e alla sottoscrizione del Capo dello Stato: la sia pur rispettabile e sofferta decisione di Re Baldovino dei Belgi, che abdicò per due giorni nel 1990, perché fosse un altro a firmare la legge che legalizzava l'aborto in quel paese, per poi riprendere pienamente le sue funzioni, non sembra proprio si possa applicare nell'Italia Repubblicana nella quale, secondo l'art 1 della Costituzione, la sovranità appartiene al popolo.
Carlo Giovanardi

Caro Giovanardi,
la ringrazio della sua lettera. Le concedo che l'espressione usata da Amato possa essere un po' troppo semplicistica nel sintetizzare quanto avvenne per le leggi sul divorzio e l'aborto, ma credo che anche la sua ricostruzione cada in una eccessiva semplificazione quando - a proposito dei presidenti del Consiglio del tempo - se la cava con un assolutorio "non potevano fare altro".
Intanto, se è giusto ricordare la strenua battaglia dell'allora segretario DC Fanfani contro la legge sul divorzio, bisogna anche ammettere che per l'aborto non andò allo stesso identico modo (e non solo per il contemporaneo sequestro Moro). Ma soprattutto nessuno avrebbe impedito, davanti ai numeri del Parlamento, la decisione di aprire una crisi di governo. L'esperienza dice che a volte basta la minaccia per provocare ripensamenti, ma anche se non ci fossero stati era certamente preferibile la crisi di governo all'approvazione di leggi distruttive della società. Perché di questo stiamo parlando: non di leggi che non piacciono ai cattolici, ma leggi che - la realtà odierna lo dimostra - sono il motivo principale dei disastri sociali ed economici che sono seguiti.
Peraltro nella Prima Repubblica i governi avevano notoriamente breve durata e difficilmente le legislature arrivavano a compimento. Si aprivano crisi di governo per motivi ben meno importanti. Nel 1978, di fronte alla legge sull'aborto, la DC preferì non rischiare il governo, ma altri provocarono comunque la crisi poco dopo e nel 1979 si andò ad elezioni anticipate.
Tutto dipende da quanto riteniamo importante una questione.
Riccardo Cascioli

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02-12-2020

8 - OMELIA V DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO C (Lc 5,1-11)
D'ora in poi sarai pescatore di uomini
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Le letture di questa domenica ci fanno meditare sul dono delle vocazioni. Che cos'è la vocazione? Si può dire che è una chiamata particolare a seguire Gesù più da vicino nella vita religiosa o sacerdotale. Il Signore sceglie delle creature e dona loro la grazia più grande dopo quella del santo Battesimo. La vita consacrata è, infatti, un anticipo già su questa terra della vita angelica che si condurrà un giorno in Paradiso. Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della vocazione del profeta Isaia. La risposta del Profeta è stata pronta e generosa: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8). E nel Vangelo abbiamo sentito come Gesù chiamò i suoi primi Discepoli e come loro, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. Gesù inoltre dice a Pietro: «D'ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10), ovvero collaboratore di Dio nella salvezza dei fratelli.
Certamente il Signore chiama molti giovani alla vita consacrata o sacerdotale, dal momento che immensi sono i bisogni delle anime da salvare in ogni angolo della terra. Purtroppo sono sempre troppo pochi quelli che rispondono generosamente lasciando tutto per seguire il Signore. In proposito si racconta un episodio della vita di san Francesco Saverio.
Una volta questo Santo, dopo aver predicato ai giapponesi sull'immenso amore di Dio nel donarci il suo Unigenito Figlio, sentì farsi questa grave obiezione: «Come mai Iddio, se è così buono come tu dici, ha aspettato tanto a farci conoscere i misteri del Cristianesimo?». A questa domanda, san Francesco Saverio si rattristò, poi si fece coraggio e rispose: «Volete saperlo?... Ecco: Dio aveva incaricato molti cristiani di venire ad annunziarvi il Vangelo; ma molti di essi non hanno voluto obbedire...».
San Francesco Saverio fece un appello ai giovani che perdevano il loro tempo più bello in cose inutili: «Come vorrei... far conoscere a tanti uomini, più ricchi di scienza che di amore, il grande numero di anime che, per loro negligenza, sono prive della grazia e forse vanno all'inferno. Sono milioni di infedeli che forse si farebbero cristiani, se ci fossero missionari».
Il missionario è veramente un pescatore di uomini, che non bada a sacrifici pur di guadagnare anime a Gesù Cristo. La vocazione missionaria è una vocazione eroica; santa Teresina del Bambin Gesù, paragonava il missionario al martire che perde la sua vita per amor di Dio. Dio chiama, chiama molti giovani. San Giovanni Bosco, in base alla sua esperienza di educatore della gioventù, diceva che un giovane su tre ha il dono della vocazione. Pensiamo a quante chiamate e a quante poche risposte...
Bisogna pregare molto per ottenere il dono di numerose e sante vocazioni. Questo è il dono più grande, più necessario alla Chiesa e al mondo intero. A nulla varrebbero le più grandi opere se mancassero gli operai della messe. Diceva san Giovanni Maria Vianney: «Lasciate un paese per vent'anni senza sacerdote e gli uomini vi adoreranno le bestie». Pensiamo a quanti paesi sono senza sacerdote, a quante anime sono senza pastore. Bisogna molto pregare per implorare un dono così grande! Nella vita di mons. Ketteler, vescovo di Magonza in Germania, si legge un episodio molto bello, che ci fa capire quanto valga la preghiera umile e nascosta.
Celebrando la Santa Messa in un monastero, mons. Ketteler rimase stranamente colpito, nel distribuire la Santa Comunione, alla vista di una suora. Quel volto lo aveva già visto in un'altra occasione. Finita la Messa espresse il desiderio di parlare alla Comunità: tutte le religiose si radunarono, ma il Vescovo non vi trovò quella che tanto l'aveva impressionato. Chiese se tutte fossero presenti e seppe che mancava una suora, che era già al lavoro. Venne chiamata e interrogata su quello che faceva, su quelle che erano le sue preghiere nel corso della giornata. Ella rispose che fin da bambina pregava molto il Sacro Cuore di Gesù e che di notte dedicava un'ora di preghiera per la conversione di quei giovani intelligenti, chiamati al sacerdozio, ma che trascurano la loro vocazione. Ancora più impressionato il Vescovo disse alla Superiora: «Io debbo la mia conversione da una vita frivola a questa suora. Una notte, nella foga della danza, vidi improvvisamente davanti a me un volto che mi fissava intensamente. Ne rimasi sbalordito, meditai su quella strana apparizione, compresi la leggerezza del mio operare e cambiai vita, entrando in Seminario. Oggi, nel distribuire la Comunione, ho riconosciuto quel volto, apparsomi nella notte».
Ogni vocazione è un miracolo e solo la preghiera lo può ottenere.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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