BastaBugie n�813 del 22 marzo 2023

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1 L'INCRIMINAZIONE DI PUTIN IMPEDISCE UN NEGOZIATO PER LA PACE
L'entusiasmo di Biden per l'ordine d'arresto da parte della Corte Penale Internazionale è incomprensibile visto che gli Stati Uniti non ne hanno mai firmato lo Statuto (l'Ucraina stessa non ha ratificato la sua adesione)
Autore: Gianandrea Gaiani - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 CON IL LOCKDOWN DILAGANO BULIMIA E ANORESSIA
Uno studio condotto in Italia conferma un aumento del 36% di disturbi alimentari, ma per Mattarella i lockdown sono un ''patrimonio di valori fondamentali da preservare'' (VIDEO: Il sacrificio degli innocenti)
Autore: Claudio Romiti - Fonte: Blog di Nicola Porro
3 BOB DYLAN VIETA I CELLULARI AL SUO CONCERTO PER GODERE LO SPETTACOLO SENZA DISTRAZIONI
In Italia poche scuole hanno preso sul serio l'invito del ministro dell'istruzione Valditara il quale non ha avuto il coraggio di imporlo, come invece ha fatto l'anziano cantante ai suoi fans
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone
4 UN ASILO ABOLISCE LA FESTA DEL PAPA'... PER NON DISCRIMINARE
La festa di san Giuseppe divenne festività civile nel 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita dalla DC al governo (!?), poi fu tolto anche il precetto religioso per cui non è più obbligatorio andare alla Messa quel giorno
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 VUOI ABOLIRE NOZZE GAY E ABORTO? NON PUOI FARE LA PREMIER IN SCOZIA (E NEMMENO IN ITALIA)
Il ministro delle Finanze trentaduenne Kate Forbes è protestante e non si impegnerà (come non si è impegnata la Meloni) per eliminare le leggi ingiuste, ma il solo fatto che le creda ingiuste fa gridare i mass-media
Autore: Corrado Ocone - Fonte: Blog di Nicola Porro
6 MADRE DI SETTE FIGLI PARTORISCE CINQUE GEMELLI
Grande festa per una coppia che sognava l'ottavo figlio e adesso si trova con la famiglia composta da 14 persone
Autore: Caterina Belloni - Fonte: Corriere della Sera
7 FESTA DELLA DONNA, LA MOGLIE DI BIDEN PREMIA UN TRANSESSUALE, CIOE' UN UOMO
Non stupisce che i democratici non sappiano nemmeno dire cos'è una donna visto che usano le loro energie per promuovere l'agenda LGBT
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone
8 OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO A (Gv 11, 1-45)
Chi crede in me, anche se muore, vivrà
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - L'INCRIMINAZIONE DI PUTIN IMPEDISCE UN NEGOZIATO PER LA PACE
L'entusiasmo di Biden per l'ordine d'arresto da parte della Corte Penale Internazionale è incomprensibile visto che gli Stati Uniti non ne hanno mai firmato lo Statuto (l'Ucraina stessa non ha ratificato la sua adesione)
Autore: Gianandrea Gaiani - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-03-2023

L'ordine d'arresto per Vladimir Putin per crimini di guerra emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) è stato definito "giustificato" dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden ed è stato accolto con favore e persino con entusiasmo in diverse nazioni europee.
Resta il dubbio però se i diversi leader e ministri che si sono espressi in tal senso in Occidente abbiano la reale percezione del significato e delle possibili conseguenze di una iniziativa giuridica che rischia di allontanare definitivamente ogni ipotesi di negoziato per far cessare la guerra in Ucraina, allarga il fossato che separa la Russia dall'Occidente e avvicina ulteriormente la possibile escalation del conflitto.
Trattare il leader di una grande potenza nucleare, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite quale è la Russia, alla stregua di un criminale avrà conseguenze gravi, specie per l'Europa, anche perché buon senso vorrebbe di non cercare con insistenza di alzare il livello del confronto con la Russia se non si ha quanto meno la certezza di essere pronti ad affrontarlo magari anche con una ragionevole possibilità di vincerlo.
Sul piano giuridico il mandato d'arresto della Corte Penale Internazionale appare per certi versi grottesco. Non solo perché i processi di Norimberga si fanno eventualmente (anche per prudenza) ai nemici già vinti, a guerra finita. A meno che non si voglia considerare Vladimir Putin alla stessa stregua del sudanese Bashir o del libico Gheddafi, leader di nazioni certo meno influenti della Russia, incriminati dalla Corte Penale Internazionale solo quando gli Stati Uniti avevano deciso di toglierli di mezzo e il cui destino appariva segnato, mentre la sconfitta e la "liquidazione" di Putin oggi non può certo venir data per scontata.
Non a caso la stessa Corte non ha mai dato seguito con indagini e incriminazioni alle pur circostanziate accuse di cumini di guerra di cui vennero accusati gli anglo-americani in Iraq e Afghanistan. Se la pretesa della Corte Penale Internazionale dell'Aja è esercitare una giustizia internazionale sui crimini di guerra allora deve valere per tutti e non può essere solo strumento dei vincitori sui vinti o utile a esercitare pressioni a favore di un belligerante sull'altro.

CORTE PENALE INTERNAZIONALE NON ACCETTATA DA USA E UCRAINA
In ogni guerra tutti i belligeranti sono esposti al rischio di simili accuse e proprio per mettersi al riparo da ogni rischio di incriminazione molte nazioni non hanno sottoscritto lo Statuto di Roma con cui nel 2002 è stata istituita la Corte Penale Internazionale (che non è un organismo delle Nazioni Unite), riconosciuta da 123 stati ma non da molti altri inclusi Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, mentre l'Ucraina aveva aderito ma poi non ha mai ratificato la sua adesione.
Grottesco quindi che in USA e Ucraina si esulti per un mandato emesso da una corte che questi stessi stati si guardano bene dal riconoscere, ma ancora più grottesco è che a chiedere l'arresto di Putin sia stato il capo procuratore della Corte Penale Internazionale, il britannico Karim Khan, e a concederlo il presidente della Corte Penale Internazionale, il magistrato polacco Piotr Hofmansky. Entrambe figure la cui nazionalità è in cima alla classifica dell'ostilità nei confronti della Russia e di Putin. Che si tratti quindi di un mandato d'arresto dal valore squisitamente politico non vi è alcun dubbio come dimostra anche il tenore delle accuse.
Quanto ai crimini di guerra non c'è dubbio che nel conflitto in corso da 13 mesi (e da nove anni) ne siano stati compiuti dai russi come dagli ucraini. Come accade del resto in tutte le guerre e specie in quelle civili che dividono in due lo stesso popolo come è accaduto nella ex Jugoslavia e come accade dal 2014 in Ucraina.
Lo scorso anno Amnesty International documentò con un report dettagliato un numero consistente di crimini di guerra compiuti dalle truppe di Kiev in Donbass ma nessuna corte internazionale indagò né emise mandati d'arresto per Zelensky o esponenti politici e militari ucraini. Anzi, politica e media imbastirono su due piedi un "processo" contro Amnesty International che aveva osato criticare l'uso dei civili del Donbass come scudo per gli schieramenti di truppe e artiglieria ucraini in mezzo a case e scuole.
Nessuna reazione dai soloni del diritto internazionale neppure di fronte alle immagini di prigionieri russi feriti a colpi di kalashnikov dopo la resa o a quelli dei soldati di Mosca feriti sul campo di battaglia e giustiziati con raffiche alla testa dai militari di Kiev, mentre in Europa da mesi si invocano (lo fa con cadenza regolare il presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen) processi contro Putin e gli esponenti del governo russo.

VALUTAZIONE DI PARTE
L'accusa di rapimento di minori e deportazione della popolazione ucraina in Russia mostra una volta di più come la Corte Penale Internazionale abbia recepito sulla vicenda esclusivamente le valutazioni di Kiev (che ha fornito prove unilaterali di 600 casi di deportazione di bambini), che comprensibilmente ha sempre negato vi sia una parte della popolazione ucraina schierata con i russi per non dover ammettere che questo conflitto è anche, fin dal suo scoppio nel 2014, una guerra civile. Termine il cui utilizzo non a caso viene punito col carcere dalle leggi di Kiev.
I russi sostengono invece di aver evacuato civili e soprattutto minori per sottrarli alla guerra e del resto moltissimi bambini, donne e anziani vennero portati in Russia, soprattutto a Rostov e in altre regioni di confine, fin dall'inizio del conflitto in Donbass, nel 2014. Strano che per nove anni nessuna corte internazionale abbia rilevato gli estremi di reato per contestare a Putin deportazioni di massa e rapimenti di minori.
Innegabile che in questa guerra, proprio per la sua natura anche "civile", il controllo e il consenso della popolazione rientrino tra gli obiettivi dei due belligeranti ma non si può neppure negare che la Russia sia oggi la nazione che ospita il maggior numero di profughi ucraini ed è difficile ritenere che milioni di ucraini che hanno trovato rifugio in Russia siano stati deportati.
I più recenti dati dell'Alto commissariato dell'ONU per i Rifugiati (UNHCR) riferiscono che la Russia ospita il numero più alto di rifugiati ucraini, quasi 3 milioni, cioè quasi il doppio di quanti ne ospiti la Polonia, nazione al secondo posto nella classifica dell'accoglienza ai profughi ucraini.
Eppure, ci piaccia o meno, non è difficile notare che nei territori ucraini in mano ai russi e ai loro alleati vivono molti ucraini fedeli a Mosca, come a Mariupol dove sabato Putin ha visitato le nuove aree residenziali costruite dopo la lunga battaglia dello scorso anno, o che al fianco delle truppe di Mosca combattono almeno 80 mila ucraini delle regioni orientali.

QUELLO CHE LA TV NON DICE
Ancora più difficile non fare caso (anche se i media da noi ne parlano poco) che migliaia di civili preferiscono restare nelle cittadine contese lungo la prima linea degli 800 chilometri di fronte nella guerra in Ucraina.
Persone che rischiano la vita tra bombardamenti e combattimenti, che sopravvivono in scantinati e che rifiutano l'evacuazione, in parte per non lasciare le proprie case ma in parte anche perché attendono l'arrivo delle truppe russe. A Bakhmut, come in altre aree del fronte dove i russi sono all'offensiva, la polizia ucraina sta attuando evacuazioni forzate di civili, trasferiti a ovest contro la loro volontà. Eppure nessuna corte sembra pronta a definirle deportazioni.
Molti negli USA evidenziano l'errore dell'Amministrazione Biden nel sostenere l'iniziativa di una corte non riconosciuta da Washington e che potrebbe domani puntare il dito contro gli Stati Uniti, altri sottolineano che il mandato di arresto viene annunciato alla vigilia della visita a Mosca del leader cinese Xi Jinping con il chiaro obiettivo di indebolire il presidente russo nel vertice bilaterale.
Non si può escludere che tra gli obiettivi politici del mandato di arresto vi sia proprio quello di isolare Putin e di indurre i vertici di Mosca a rimuoverlo dal Cremlino trasformandolo nel capro espiatorio del conflitto in Ucraina.
Una scommessa rischiosa per almeno due ragioni. Innanzitutto il mandato di arresto potrebbe rafforzare i consensi intorno a Putin confermando ulteriormente, dopo i massicci aiuti militari dei paesi NATO a Kiev, la narrazione del Cremlino che dipinge questo conflitto come una "nuova guerra patriottica" necessaria per rispondere alla minaccia dell'Occidente che intende isolare e sconfiggere la Russia.
Una valutazione che allontanerà ogni ipotesi di soluzione negoziata della guerra. Inoltre, considerando quali esponenti di spicco siano emersi in seguito al conflitto in Ucraina, non vi sono indizi utili a ritenere che un eventuale successore di Putin sia più moderato o più incline ad accettare una ritirata dai fronti ucraini che a Mosca avrebbe l'amaro sapore della sconfitta. Semmai è vero il contrario.

DOSSIER "GUERRA RUSSIA-UCRAINA"
L'offensiva di Putin nel 2022

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DOSSIER "VLADIMIR PUTIN"
Presidente della Russia

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-03-2023

2 - CON IL LOCKDOWN DILAGANO BULIMIA E ANORESSIA
Uno studio condotto in Italia conferma un aumento del 36% di disturbi alimentari, ma per Mattarella i lockdown sono un ''patrimonio di valori fondamentali da preservare'' (VIDEO: Il sacrificio degli innocenti)
Autore: Claudio Romiti - Fonte: Blog di Nicola Porro, 19 marzo 2023

Il 18 marzo il presidente Mattarella ha celebrato la terza giornata delle vittime dell'epidemia di coronavirus, ricordando che ciò tre anni fa abbiamo vissuto "uno dei momenti più drammatici della storia della Repubblica". "In questa giornata - ha tenuto a sottolineare il Capo dello Stato - rinnovo sentimenti di partecipazione al dolore dei familiari delle vittime e nello stesso tempo esprimo riconoscenza a quanti hanno contribuito a contenere un pericolo così grave, improvviso e pervasivo, tale da mettere a repentaglio la salute pubblica globale. L'impegno profuso nello scongiurare le conseguenze della pandemia - non ancora pienamente debellata - costituisce un patrimonio di valori fondamentali da preservare per esser in condizione di far fronte a ogni sfida di portata internazionale."
Ora, al di là dell'opinabile interpretazione catastrofista di un virus che non ha mai rappresentato un serio problema per le persone sane, il nostro massimo garante della Costituzione sembra dimenticare che, oltre alle vittime del Sars-Cov-2, ovvero una platea di poveretti molto anziani e affetti da alcune gravi patologie pregresse, vi è un gran numero di persone anche molto giovani che ancora oggi soffrono le conseguenze delle insensate chiusure che hanno paralizzato per molto tempo la vita sociale ed economica del Paese.
Tant'è che quasi in concomitanza con la triste ricorrenza delle vittime del Covid-19, il 15 marzo si è celebrata la "Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi alimentari." Disturbi alimentari, soprattutto legati ai fenomeni di anoressia e bulimia, che durante una pandemia gestita con metodo cinese sono cresciuti in modo esponenziale soprattutto tra i più giovani.

LO STUDIO SUI DISTURBI ALIMENTARI
Secondo uno studio condotto in Italia su un campione di 36.000 soggetti, e pubblicato alcuni mesi addietro dall'International Journal of Eating Disorder, è emerso che durante la pandemia si è registrato un aumento del 36% dei sintomi associati a disturbi alimentari provocando un vero e proprio boom di ricoveri, cresciuti del 48% in pochi mesi. In un articolo pubblicato sul tema da Matteo Balestrieri, professore ordinario di psichiatria all'Università di Udine, e da Claudio Mencacci, direttore emerito di neuro-scienze e salute mentale all'ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano, si punta il dito proprio contro gli effetti devastanti delle restrizioni sulla salute psichica di tante, troppe persone.
 "Questo rapporto alterato con il cibo - si legge in particolare nell'interessante commento -, il disagio psichico, la limitazione di accesso alle cure sono stati e sono tuttora un "trinomio" drammatico per i pazienti con disturbi alimentari. Lo vedevamo ogni giorno nella "real life", oggi è confermato dagli studi: il contesto pandemico, l'isolamento, la perdita di punti fermi, l'incertezza del futuro hanno acuito le fragilità di questa classe di pazienti che nel quotidiano si sono tradotte nella ricerca di più cibo, quale atto compensatorio e premiante dell'incapacità di accettare e gestire il cambiamento repentino della routine e le conseguenze che Covid ha generato".

LA FOLLIA DEI LOCKDOWN
Ebbene, tornando a bomba, viste le dimensioni del fenomeno e considerata la gran massa di coloro i quali, sempre a causa della paralisi determinata dai lockdown e dalle più rigide restrizioni imposte in Occidente, non hanno potuto accedere con tempestività alle cure per tante altre malattie gravi, perdendo in molti casi la vita, forse sarebbe il caso di commemorare, a fianco delle vittime della pandemia di coronavirus, anche le vittime innocenti delle medesime restrizioni, in gran parte rivelatesi inutili e controproducenti.
A tale proposito, forse è il caso di segnalare al nostro illustre presidente della Repubblica che in più parti del mondo, alla spicciolata, è in atto un profondo ripensamento sulle stesse misure anti-Covid, con tanto di pubbliche scuse rivolte alla popolazione. L'ultimo della serie è stato il ministro della Salute Tedesco, Karl Lauterbach, il quale alla fine di febbraio ha espresso una clamorosa autocritica, dichiarando che "il lockdown era una misura sbagliata", dopo esserne stato un strenuo sostenitore. E lo ha fatto proprio osservando le gravi conseguenze psichiche che le stesse misure hanno determinato sugli individui in formazione. Consapevole dei gravi errori commessi, Lauterbach ha affermato che "nel futuro, la difesa del benessere dei bambini deve venire per prima".
La speranza, quella seria, è che pure nell'ambito delle nostre più alte istituzioni inizi si manifesti un processo di autocritica in merito ai danni, evitabilissimi, prodotti dalle misure imposte per contenere un malattia non mortale per il 99,9% della popolazione, dipinta come la peste del terzo millennio.

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 4 minuti) dal titolo "Il sacrificio degli innocenti" Silver Nervuti spiega come mai, con la svolta totalitaria dell'Italia, lo Stato si è impossessato dei nostri figli e li immola al profitto delle multinazionali. Video utile per non dimenticare.


https://www.youtube.com/watch?v=Ft1OsSEppSs

Fonte: Blog di Nicola Porro, 19 marzo 2023

3 - BOB DYLAN VIETA I CELLULARI AL SUO CONCERTO PER GODERE LO SPETTACOLO SENZA DISTRAZIONI
In Italia poche scuole hanno preso sul serio l'invito del ministro dell'istruzione Valditara il quale non ha avuto il coraggio di imporlo, come invece ha fatto l'anziano cantante ai suoi fans
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone, 18 marzo 2023

A luglio Bob Dylan tornerà in Italia per cinque concerti (due a Milano, uno al Lucca Summer Festival, poi a Perugia per l'Umbria Jazz e infine a Roma), appuntamenti preziosissimi per i suo i tanti fan ma scanditi da un patto non negoziabile: sarà vietato l'uso dei telefonini. Non solo non si potranno fare foto né riprese video, ma gli eventi saranno «phone free», ovvero sarà necessario riporre gli smartphone in una custodia chiusa e assistita da personale dedicato.
Una condizione obbligatoria che il premio Nobel spiega con un comunicato elegante e convincente: «Avendo sperimentato questa modalità senza telefono durante i tour recenti, crediamo che essa crei un'esperienza migliore per tutti i presenti. I nostri occhi si aprono un po' di più e i nostri sensi sono leggermente più acuti quando perdiamo la stampella tecnologica a cui ci siamo abituati». Una consapevolezza che oggi si fa compassata e sapienziale, ma che è maturata attraverso momenti decisamente più tonici. Come quando, in un concerto a Vienna, indispettito dai flash e dal mare di telefonini alzati, interruppe di colpo Blowin' in the wind, bloccò con sguardo severo i suoi musicisti e interpellò la platea così: «Possiamo cantare o dobbiamo metterci in posa?».

SE DYLAN "FA SCUOLA" SOLO FUORI DALLA SCUOLA
Ma se Dylan reclama più rispetto per la sua musica, cosa dire delle scuole, luoghi in cui il deficit di autorevolezza è da tempo autoevidente? Ebbene, nei sacri luoghi di formazione, dove ben più che in uno stadio il rispetto e l'educazione dovrebbero regnare sovrani, il divieto degli smartphone in classe è considerato dalla maggior parte dei presidi assolutamente impraticabile. E che gli insegnanti si arrangino. E ciò malgrado la circolare emanata dal Ministro dell'Istruzione Valditara lo scorso 20 dicembre, la quale altro non faceva che ribadire quanto scriveva nel 2007 l'allora ministro del Pd Giuseppe Fioroni: niente telefonini in aula. Le parole di Valditara, cadute nel vuoto, appaiono quasi banali nella loro inconfutabilità: «Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza».
Tranne lodevoli eccezioni, pochi dirigenti scolastici hanno preso sul serio l'input del ministro. Per pavidità, certo, ma anche per un problema di fondo. Con la sua circolare, infatti, l'allora neo eletto Valditara - probabilmente per non dare l'impressione di pronunciare diktat (il "pericolo fascismo" in Italia è sempre dietro l'angolo, specie in ambiente scolastico) - non ha introdotto sanzioni disciplinari per chi disobbedisce. Richiamando tutti ad un generico «senso di responsabilità» e invitando le scuole a scrivere regolamenti in autonomia - cosa che nella maggior parte dei casi non è avvenuta - il non prevedere sanzioni si è rivelato un grosso errore. Una mancanza di coraggio che i ragazzi pagano a caro prezzo.
Eppure, se i fan italiani di Bob Dylan vorranno ascoltare Like a Rolling Stone e altre perle, sapranno che qualcuno che non conoscono, a luglio, all'ingresso del Teatro degli Arcimboldi come nell'Arena Santa Giuliana di Perugia, sigillerà il loro sacro smartphone. Ma lo accetteranno di buon grado, sapendo che ciò avverrà per «godersi lo spettacolo a pieno, senza distrazioni di sorta». Insomma, il menestrello 81enne non fa sconti eppure "fa scuola" (ma purtroppo solo fuori dalla scuola).

NULLA DI DIVERSO DALLA COCAINA
Ma c'è di più. L'elemento sconcertante e non a molti noto che aggrava l'atteggiamento pilatesco dei presidi italiani, è quello relativo a ciò che è stato allegato alla circolare arrivata ai dirigenti scolastici di ogni ordine e grado. E cioè un'accurata relazione effettuata dalla VII Commissione permanente del Senato in cui vengono evidenziati gli effetti dannosi - fisici e psicologici - che l'uso eccessivo degli smartphone può provocare. L'elenco è lungo.
Si va dalla miopia al diabete, dall'ipertensione all'aggressività, dall'alienazione alla dipendenza, dalla diminuzione della capacità di concentrazione ai deficit di memoria. «A preoccupare di più», scrivono i senatori sulla base dello studio commissionato ad équipe di esperti, «è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali [...]: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l'adattabilità, la capacità dialettica». Sugli effetti dell'abuso di smartphone e videogiochi, nell'indagine-shock del Senato si legge che non c'è «nulla di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche».
Siamo di fronte alla più profonda rivoluzione antropologica del secolo, che andrebbe governata - come specifica il documento allegato alla circolare ministeriale - attraverso divieti inderogabili per scuola e famiglie. Qualche esempio di obblighi citati ma colpevolmente lasciati cadere nel vuoto: «Scoraggiare l'uso di smartphone e videogiochi per i minori di quattordici anni; rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici anni; prevedere l'inibizione all'accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori; favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web; vietare l'accesso degli smartphone nelle classi; educare gli studenti ai rischi alla navigazione sul web; [...] incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l'esercizio della memoria».
Nulla di tutto questo è stato fatto. Oltretutto - ed è la beffa finale - dal documento ministeriale si legge che «dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite dal Senato non sono emerse evidenze scientifiche sull'efficacia del digitale applicato all'insegnamento». La chiusa finale della Commissione del Senato ha dell'incredibile: «Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri». Un necrologio alla scuola digital (almeno per com'è concepita ora).
In ogni caso, in barba agli esperti, alle circolari ministeriali e ai loro scottanti (e sottaciuti) allegati, molto prosaicamente va registrato che ogni mattina che Dio manda in terra un insegnante deve vigilare (e a volte sgolarsi) affinché gli studenti ripongano i cellulari nello zaino. Cosa che poi accade, sì, ma appena per quella manciata di minuti che servono per allungare di nuovo la mano e ricontrollare il proprio smartphone (si chiama "nomofobia", termine entrato nei vocabolari, e sta per stato ansia collegato alla paura di non essere connessi). Una giostra perenne, un ping pong frustrante che la scuola non merita.
Eppure la piccola-grande lezione di Bob Dylan ci dice che volere è potere. Se si vuole, si può. La risposta (al deficit d'attenzione e di rispetto) sembrerebbe allora non soffiare più nel vento, ma in regole semplici e chiare. Via il cellulare, via la dipendenza, via le nevrosi da disconnessione. Per poi domandarsi: «How does it feel?».

Nota di BastaBugie: cinque anni fa abbiamo pubblicato il seguente articolo per far luce sull'importanza di eliminare lo smartphone per non impedire il corretto sviluppo dei giovani.

UNA SCUOLA VIETA I CELLULARI E COSI' MIGLIORA L'ATTENZIONE ALLE LEZIONI
L'istituto San Benedetto a Piacenza con un sistema impedisce l'uso del telefonino, incluso durante la ricreazione (VIDEO: A scuola senza smartphone)
di Marco Lepore
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5373

Fonte: Sito del Timone, 18 marzo 2023

4 - UN ASILO ABOLISCE LA FESTA DEL PAPA'... PER NON DISCRIMINARE
La festa di san Giuseppe divenne festività civile nel 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita dalla DC al governo (!?), poi fu tolto anche il precetto religioso per cui non è più obbligatorio andare alla Messa quel giorno
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17 marzo 2023

A Viareggio una scuola per l'infanzia (un tempo detta asilo) abolisce la festa del papà: «È discriminatoria nei confronti di chi non ha un papà».
I lettori della Nuova Bussola non sprecheranno certo tempo a controbattere questa affermazione: hanno ormai capito benissimo che l'obiettivo non è eliminare le discriminazioni, ma la festa del papà. Se non ci fosse la scusa della discriminazione se ne inventerebbero un'altra, di tipo scientifico («Il papà appartiene al passato, ormai possiamo creare bambini senza un uomo»), antirazzista («San Giuseppe era etero e bianco, non va festeggiato») oppure ambientalista («Le zeppole di san Giuseppe inquinano, la ricetta originale non prevede farine proteiche!») e via delirando. «Tutto ciò che esiste, merita di perire», diceva Mefistofele nel faust di Goethe; «Tutto ciò che esiste, merita di perire», ripetevano appena potevano Marx ed Engels. La festa del papà va abolita, punto. Perché esiste, perché ricorda la legge naturale. Poi un pretesto si trova, uno qualsiasi, anche il più assurdo.

MOTIVI DI UNA FESTA
Ma perché festeggiare la festa del papà? Beh, di primo acchito, direi: per proteggere una specie in via d'estinzione. Ormai gli italiani sono estinti perché hanno smesso di riprodursi; quindi non ci sono più papà. I pochi, coraggiosi pochi papà (i «veri avventurieri», affermava Peguy) vanno onorati e festeggiati; finché ce ne sono. E poi i papà sono maschi eterosessuali, una delle specie animali più odiate del pianeta: come non solidarizzare con queste povere e innocenti vittime?
Al di là di questo, cerchiamo di capire perché è stata istituita, questa festa. Il 19 marzo è la festa dei papà perché è il compleanno del papà più importante di tutti, san Giuseppe. D'accordo, un papà sui generis, considerata la faccenda; però, senza alcun dubbio, un vero padre. San Giuseppe è noto per alcune caratteristiche che lo rendono un archetipo di uomo e di padre. Innanzitutto, san Giuseppe… tace. Come ogni uomo tradizionale che si rispetti e a scorno delle femministe, che vorrebbero gli uomini ciarlieri e piagnucolanti, san Giuseppe, in tutto il vangelo, non pronuncia una sola parola. Però agisce: caspita, se agisce. Avvertito in sogno che la sua famiglia era in pericolo, fa i bagagli ed emigra in Egitto. Già, perché un padre accudisce e protegge, esattamente come fa Giuseppe. Ed è suo l'incarico di sostentare la famiglia («Col sudore della fronte», impone Dio all'uomo, «ti guadagnerai il pane»). Infatti san Giuseppe è un lavoratore, tanto che ha una seconda festa, il 1° maggio, festa del lavoro.

UNA FESTA PLURISECOLARE
La Chiesa ha cominciato a festeggiare san Giuseppe circa un millennio fa. All'inizio, per opera di qualche ordine religioso (Benedettini, Servi di Maria, Francescani); poi, da parte della Chiesa universale con Gregorio XV l'8 maggio 1621 e con Urbano VIII il 13 settembre 1642 (bolla Universa per orbem). Nel 1870, quando la Chiesa attraversava una persecuzione ferocissima da parte dello Stato italiano unitario, papa Pio IX proclamò san Giuseppe custode di tutta la Chiesa con il decreto Quemadmodum Deus. [...]
La festa di san Giuseppe, chiamata anche «festa del papà» divenne anche festività civile con la legge 260 del 1949 e lo restò fino al 1977, quando fu abolita per motivi di «austerità» (sic). Contestualmente, perse lo status religioso di festa di precetto con la nota CEI dell'8 marzo 1977. Ma chissenefrega: resta comunque una bella festa, celebrata ancora in molti comuni italiani. E, soprattutto, ci permette di riflettere sul gran dono che Dio ci ha fatto dandoci un papà e indicando a tutti gli uomini Giuseppe, il giusto silenzioso, come modello ed esempio.

DOSSIER "SAN GIUSEPPE"
Patrono della Chiesa Universale

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 17 marzo 2023

5 - VUOI ABOLIRE NOZZE GAY E ABORTO? NON PUOI FARE LA PREMIER IN SCOZIA (E NEMMENO IN ITALIA)
Il ministro delle Finanze trentaduenne Kate Forbes è protestante e non si impegnerà (come non si è impegnata la Meloni) per eliminare le leggi ingiuste, ma il solo fatto che le creda ingiuste fa gridare i mass-media
Autore: Corrado Ocone - Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 febbraio 2023

Forse nemmeno i più radicali fra gli illuministi francesi avrebbero mai pensato che un giorno potesse accadere. Fatto sta che oggi essere cristiani, anche nel mondo occidentale, significa sempre più essere svantaggiati nella vita sociale. Siamo passati dalla società secolarizzata a quella post-cristiana, dal principio di laicità a quello di esclusione. Che è poi quanto di più illiberale possa esserci, quasi una riproposizione col segno cambiato di quella intolleranza che i vecchi illuministi imputavano, non sempre a ragione, ai cristiani.
È questo il senso della vicenda capitata a Kate Forbes, il trentaduenne ministro delle Finanze del governo scozzese candidata a succedere alla dimissionaria (per stanchezza) Nicola Sturgeon, leader dello Scottish National Party, a capo del governo. Benché data subito per favorita, la candidatura di Forbes è nafraugata quando i riflettori sono caduti sul suo essere cristiana, e quindi sulla sua contrarietà di principio alle nozze gay e all'aborto, seppur solo in privato e senza che ciò compromettesse minimamente il suo rispetto per le leggi in vigore che disciplinano la materia.
Il Times ha subito centrato, in un commento, il punto. "Una volta - ha scritto il giornale londinese - l'appartenenza alla Chiesa conferiva status, oggi il cristianesimo sta diventando un impedimento all'ascesa di una persona ai livelli alti della società. Chiunque tenti di sposare gli insegnamenti cristiani tradizionali nell'ambito di un moderno studio legale, banca o società di consulenza, si vede messo alla porta". Il paradosso più grande è che però ciò che non viene concesso ai cristiani viene concesso ai musulmani. Dopo l'esclusione della Forbes, il candidato alla leadership più forte è proprio un seguace della religione di Allah, Humza Yousaf, che a sua volta ha detto di rispettare le leggi dello Stato e persino quella molto controversa da poco approvata dal parlamento scozzese (e su cui la Forbes aveva manifestato non pochi dubbi) sul cambio automatico di sesso mediante semplice autocertificazione.
Cosa ci dice, più in generale, questa vicenda scozzese? Prima di tutto che non viviamo affatto in una società post-religiosa ma semplicemente post e anzi anti-cristiana. Le altre religioni non solo sono tollerate, ma in virtù dei processi di pensiero propri del cosiddetto politically correct (espiazione di colpa, risarcimento, ecc. ecc.) sono addirittura favorite nell'agone politico e nella vita sociale. In barba ad ogni principio di uguaglianza. Senza minimamente considerare il loro contenuto, e nella fattispecie quello essenzialmente teocratico della religione islamica. E senza riflettere o avere cognizione del fatto che è proprio sulle libertà cristiane che si è costruito nei secoli il moderno liberalismo delle nostre "società aperte".
C'è come una masochistica voglia dell'Occidente di autoannullarsi, rinnegarsi, tagliare le gambe alla sedia su cui siamo seduti. In sostanza, di mettere in moto, in nome del pluralismo e della diversità, pratiche di disciplinamento e esclusione non indifferenti. Il risultato è che la religione che si vorrebbe far uscire dalla porta rientra, con un aspetto intollerante, dalla finestra. I miti e i dogmi del nostro tempo, quelli della mentalità corrente più accreditata e della politica progressista, non sono meno potenti e prepotenti di quelli del passato, con l'aggravante che non vengono riconosciuti tali. La nostra epoca si vorrebbe illuminata ma, per chi vuol vedere, ha sacche di oscurantismo non irrilevanti e che allignano soprattutto fra e i sedicenti "illuminati" e i progressisti.

Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo " Scozia: attacchi alla cristiana Forbes, avanti nei sondaggi" spiega chi sono i tre i candidati alla leadership del Partito nazionale scozzese.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25-02-2023:

Saranno tre i candidati alla leadership del Partito nazionale scozzese (Snp, nell'acronimo inglese): il vincitore dovrebbe essere nominato primo ministro al posto della dimissionaria Nicola Sturgeon. Ieri, a mezzogiorno, si sono chiuse le candidature alla carica.
I tre candidati sono il segretario scozzese alla Sanità, Humza Yousaf; la segretaria alle Finanze, Kate Forbes, e l'ex ministro per la Sicurezza delle comunità Ash Regan. Il voto, già ci sono contestazioni, si svolgerà nelle sezioni di partito e il risultato sarà annunciato solo il prossimo mese, il 27 marzo. La campagna elettorale è stata finora dominata, a pochi giorni dalle dimissioni della Sturgeon (di cui vi abbiamo descritto le ragioni sulla Nuova Bussola), da un accanimento stomachevole contro la candidata trentaduenne Kate Forbes, per le sue opinioni su matrimonio gay, transgender e aborto. Prima ancora che la Forbes annunciasse formalmente la sua candidatura, i media discutevano furiosamente sulla questione centrale della sua candidatura: cosa pensa la Forbes del sesso prematrimoniale, delle riforme educative pro-Lgbt, dell'aborto? Kate Forbes crede (come la maggior parte delle persone nella storia dell'umanità) che il matrimonio sia tra un uomo e una donna e che non si possano introdurre privilegi verso le persone transessuali a scapito dei diritti di bambine, ragazze e donne.
La Forbes, membro della Chiesa Libera di Scozia, era e rimane in vantaggio sui concorrenti, anche dopo aver dichiarato che non avrebbe votato a favore del cosiddetto "matrimonio omosessuale", legalizzato in Scozia nel 2014. Le polemiche suscitate sull'aborto, sul fatto che avere figli al di fuori del matrimonio è sbagliato e che una "donna trans", in realtà, è biologicamente un uomo, non hanno per nulla ridotto i suoi consensi tra gli elettori del partito; ma certo per l'establishment, le lobby Lgbt e i mass media la Forbes è diventata la nemica da abbattere. Nel sondaggio condotto da Opinion Matters e reso noto ieri, a cui hanno risposto gli elettori del Partito nazionale scozzese e i membri del partito che voteranno il prossimo leader, la Forbes ha ottenuto il 28% dei consensi, con un vantaggio dell'8% su Yousaf e del 7% sulla Regan, ma ancora un terzo degli elettori è indeciso. La Forbes, difesa a spada tratta in questi giorni sia dalla Chiesa cattolica scozzese sia dalla Chiesa Libera di Scozia, si dice assolutamente certa che sia «possibile essere una persona di fede e difendere i diritti degli altri a non avere fede o ad avere una fede diversa» e, al momento, lo crede anche la maggioranza dei suoi elettori.
Le polemiche feroci sulla morale cristiana della Forbes sono la conseguenza della grottesca discriminazione di qualunque testimonianza della cultura cristiana, una cultura inaccettabile per la società il-liberale contemporanea. Non a caso, nella Scozia che è stata stravolta da Nicola Sturgeon per un ventennio, si registra un sistematico sradicamento della religione in generale e della fede cristiana in particolare (nel 2011 il 53% delle persone in Scozia si identificava come cristiano, mentre nel 2022 tale percentuale sarebbe scesa al 33%).
Di fatto il modello dottrinale, sociale e civile imposto dalla Sturgeon - sostenuto dalle lobby Lgbt e abortiste e diffuso in gran parte dei Paesi occidentali - stabilisce che i politici debbano dimostrare di non avere convinzioni cristiane e/o di sapervi abiurare prima di poter ricoprire un'alta carica pubblica e, talvolta, poter sedere in parlamento. Lo stiamo vedendo col trattamento riservato sinora a Kate Forbes, ma sin dai tempi del "caso Buttiglione" nel 2004, sono ad oggi molti gli esempi e i fatti che provano la progressiva marginalizzazione e discriminazione dei cristiani.
La signora Ash Regan, altra candidata, si è dimessa dalla carica di ministro per ragioni di coscienza, la prima volta che questo avviene nella storia del governo scozzese: lo ha fatto lo scorso 27 ottobre, dopo la discussione parlamentare e le votazioni sul Gender Recognition Reform Bill (normativa sull'autoidentificazione del genere sessuale), dicendo di essere incompatibile con un governo che decide di mettere in pericolo le donne e i loro diritti. Nell'annunciare la sua candidatura ha dichiarato al Sunday Mail che, con lei alla guida, «i diritti delle donne non saranno mai compromessi» e che si concentrerà sui servizi pubblici e sull'economia piuttosto che su «nuove leggi che ostacolano le imprese e interferiscono con la vita familiare».
Il terzo candidato, sostenuto fortemente dalla Sturgeon, è l'islamico Humza Yousaf, che ha votato a favore della legge sull'autoidentificazione del genere e ha detto di essere «un sostenitore del matrimonio egualitario, orgoglioso di esser musulmano» e di non considerare la fede come fonte d'ispirazione per l'impegno politico. Tuttavia, oltre ad essere al centro delle polemiche furenti sulla gestione del sistema sanitario scozzese e delle emergenze post-Covid, Yousaf è stato deliberatamente assente dall'aula nel 2014 in occasione dell'approvazione delle "nozze gay". Intanto, è l'intera famiglia Sturgeon sotto accusa: oltre all'appoggio dell'attuale premier a Yousaf, la candidata Ash Regan ha denunciato il «chiaro conflitto di interessi» di Peter Murrell, marito di Nicola Sturgeon e amministratore delegato del Partito nazionale scozzese, che sarà il responsabile della gestione delle elezioni. Una gestione che appare sempre più familistica.

Fonte: Blog di Nicola Porro, 26 febbraio 2023

6 - MADRE DI SETTE FIGLI PARTORISCE CINQUE GEMELLI
Grande festa per una coppia che sognava l'ottavo figlio e adesso si trova con la famiglia composta da 14 persone
Autore: Caterina Belloni - Fonte: Corriere della Sera, 15 febbraio 2023 (Quimamme)

I sette figli che avevano non bastavano, ne sognavano un altro. Per questo hanno cercato una nuova gravidanza e hanno avuto successo! Anzi, un estremo successo, visto che sono nati cinque gemelli: tre femmine e due maschi.
L'evento straordinario è accaduto dell'ospedale universitario di Cracovia dove domenica 12 febbraio Dominika e Vince Clarke hanno dato il benvenuto a cinque bambini. Felici per questo parto super, i genitori hanno parlato di miracolo e non sono apparsi minimamente spaventati alla prospettiva di avere una famiglia composta da 14 persone. I bimbi sono arrivati grazie a un parto cesareo eseguito alla 29esima settimana, quindi adesso si trovano in incubatrice con un supporto respiratorio, perché riprendano le forze e siano pronti poi ad affrontare la vita.
I cinque neonati prematuri stanno però bene e la speranza dei genitori è che possano presto tornare a far parte della loro tribù, che comprende altri sette figli tra i 12 anni e i 10 mesi, tra cui già due coppie di gemelli. Visto che i piccoli sono stati partoriti con due mesi di anticipo e con un parto cesareo, adesso pesano tra i 700 grammi e il chilo e duecento grammi. [...]
"Speriamo di poter arrivare al momento gioioso di dimetterli dall'ospedale", ha dichiarato in proposito Ryszard Lauterbach, responsabile del reparto di neonatologia.
Anche perché l'evento ha dell'incredibile. Per la super mamma si tratta di un miracolo, mentre gli scienziati parlano di un'eccezione alla regola. "Una gravidanza del genere si verifica una volta su 52 milioni" ha confermato il medico. "Sono un matematico, mi piacciono queste statistiche. C'è più probabilità di vincere alla lotteria che di avere questa folla". Mamma e papà non si preoccupano di questo aspetto e hanno già scelto i nomi dei piccoli: Charles Patrick, Henry James, Elizabeth May, Evangeline Rose e Arianna Daisy.
I genitori non hanno particolari timori nemmeno per le dimensioni della famiglia. Dominika, che ha 37 anni, non si è detta per nulla spaventata di fronte all'idea di dover gestire 12 figli. Anzi. Alla stampa che la interpellava ha dichiarato: "Se hai un sistema, un approccio calmo e un atteggiamento positivo, allora è possibile avere una vita davvero bella con un gruppo così numeroso di bambini". A suo parere i piccoli saranno solo una ragione di festa in più.

Nota di BastaBugie: nel Discorso ai Dirigenti e Rappresentanti della Associazioni delle Famiglie Numerose d'Italia tenuto in Vaticano il 20 gennaio 1958 papa Pio XII spiega l'importanza nella Chiesa e nel mondo dell'apertura alla vita che gli sposi promettono solennemente il giorno del matrimonio rispondendo sì alla richiesta esplicita del sacerdote di "accettare i figli che Dio vorrà donarvi".
Ecco il discorso completo del venerabile Pio XII:


Tra le visite più gradite al Nostro cuore annoveriamo questa vostra, diletti figli e figlie, Dirigenti e Rappresentanti le Associazioni tra le Famiglie Numerose di Roma e d'Italia. Vi è infatti nota la viva sollecitudine che Noi nutriamo verso la famiglia, di cui non trascuriamo occasione per illustrare la dignità nei suoi molteplici aspetti, per affermare e difendere i diritti, inculcare i doveri, in una parola, farne un caposaldo del Nostro pastorale insegnamento. (…)
Ma voi non rappresentate solamente la famiglia, bensì siete e rappresentate le famiglie numerose, vale a dire, le più benedette da Dio, dalla Chiesa predilette e stimate quali preziosissimi tesori.
Da queste infatti ella riceve più manifestamente una triplice testimonianza, che, mentre conferma dinanzi agli occhi del mondo la verità della sua dottrina e la rettitudine della sua pratica, ridonda, in virtù dell'esempio, a grande vantaggio di tutte le altre famiglie e della stessa civile società. Ove, infatti, si incontrino con frequenza, le famiglie numerose attestano: la sanità fisica e morale del popolo cristiano - la fede viva in Dio e la fiducia nella sua Provvidenza - la santità feconda e lieta del matrimonio cattolico.

1. Tra le aberrazioni più dannose della moderna società paganeggiante deve contarsi l'opinione di taluni che ardiscono definire la fecondità dei matrimoni una « malattia sociale», da cui le nazioni che ne sono colpite dovrebbero sforzarsi di guarire con ogni mezzo. Di qui la propaganda del cosiddetto « controllo razionale delle nascite », promossa da persone e da enti, talvolta autorevoli per altri titoli, ma, in questo, pur troppo riprovevoli. (…)
È da deplorarsi in particolare quella stampa, che di tanto in tanto ritorna sull'argomento col manifesto intento di confondere le idee del buon popolo e trarlo in errore con fallaci documentazioni, con discutibili inchieste e perfino con dichiarazioni falsate di questo o quell'ecclesiastico. Da parte cattolica occorre insistere per diffondere la persuasione, fondata sulla verità, che la sanità fisica e morale della famiglia e della società si tutela soltanto con obbedire generosamente alle leggi della natura, ossia del Creatore, ed innanzi tutto nutrendo verso di esse un sacro ed interiore rispetto. (…)
Ora il valore della testimonianza dei genitori di famiglie numerose non solo consiste nel rigettare senza ambagi e con la forza dei fatti ogni compromesso intenzionale tra la legge di Dio e l'egoismo dell'uomo, ma nella prontezza ad accettare con gioia e riconoscenza gli inestimabili doni di Dio, che sono i figli, e nel numero che a lui piace. Tale disposizione di animo, mentre libera gli sposi da intollerabili incubi e rimorsi, pone, a giudizio di autorevoli medici, le premesse psichiche più favorevoli per un sano sviluppo dei frutti propri del matrimonio, evitando nell'origine stessa delle nuove vite quei turbamenti ed angosce, che si tramutano in tare fisiche e psichiche sia nella madre che nella prole.
A prescindere infatti dai casi eccezionali, sui quali avemmo altre volte occasione di parlare, la legge della natura è essenzialmente armonia, e quindi non crea dissidi e contraddizioni, se non nella misura in cui il suo corso viene turbato da circostanze per lo più anormali o dalla contrastante volontà umana.
Non vi è eugenetica che sappia far meglio della natura, ed è buona solo quella che ne rispetta le leggi, dopo averle profondamente conosciute, sebbene in alcuni casi di soggetti tarati sia consigliabile di dissuaderli dal contrarre matrimonio. Del resto, sempre e dappertutto il buon senso popolare ha ravvisato nelle famiglie numerose il segno, la prova e la fonte di sanità fisica, mentre la storia non erra quando addita nella manomissione delle leggi del matrimonio e della procreazione la causa prima della decadenza dei popoli.
Le famiglie numerose, lungi dall'essere la « malattia sociale », sono la garanzia della sanità di un popolo, fisica e morale. Nei focolari, dove è sempre una culla che vagisce, fioriscono spontaneamente le virtù, mentre esula il vizio, quasi scacciato dalla fanciullezza, che ivi si rinnova come soffio fresco e risanatore di primavera.
Prendano dunque esempio da voi i pusillanimi e gl'ingenerosi; a voi conservi la patria gratitudine e predilezione per tanti sacrifici, che abbracciate nell'allevare ed educare i suoi cittadini; come vi è grata la Chiesa, che può per mezzo vostro ed insieme con voi presentare all'azione santificatrice del divino Spirito schiere sempre più sane e folte di anime.

2. Nel mondo civile moderno la famiglia numerosa vale in generale non a torto come la testimonianza della fede cristiana vissuta, poiché l'egoismo, di cui parlavamo testé come massimo ostacolo alla espansione del nucleo familiare, non può validamente vincersi se non ricorrendo ai principii etico-religiosi. Anche di recente si è visto come la cosiddetta «politica demografica» non ottiene notevoli risultati, sia perché sull'egoismo collettivo, di cui essa è spesso la espressione, prevale quasi sempre l'individuale, sia perché le intenzioni ed i metodi di quella politica avviliscono la dignità della famiglia e delle persone, pareggiandole quasi a specie inferiori. Soltanto la luce divina ed eterna del cristianesimo illumina e vivifica la famiglia, in tal modo che, sia nell'origine sia nello sviluppo, la famiglia numerosa è spesso presa come sinonimo di famiglia cristiana. Il rispetto delle leggi divine le ha dato l'esuberanza della vita; la fede in Dio fornisce ai genitori il vigore necessario per affrontare i sacrifici e le rinunzie che esige l'allevamento della prole; i principi cristiani guidano e agevolano l'ardua opera di educazione; lo spirito cristiano dell'amore veglia sull'ordine e sulla tranquillità, mentre dispensa, quasi enucleandole dalla natura, le intime gioie familiari, comuni ai genitori, ai figli, ai fratelli. Anche esteriormente una famiglia numerosa ben ordinata è quasi un visibile santuario: il sacramento del Battesimo non è per essa un avvenimento eccezionale, ma rinnova più volte la letizia e la grazia del Signore. Non è ancora terminata la serie dei festosi pellegrinaggi al fonte battesimale, che comincia quella, sfavillante di pari candore, delle Cresime e delle prime Comunioni. Il più piccino dei fratelli ha appena deposto il vestitino bianco tra i più cari ricordi della vita, ed ecco fiorire il primo velo nuziale, che raccoglie ai piedi dell'altare genitori, figli e nuovi parenti. Seguiranno, come rinnovate primavere, altri matrimoni, altri battesimi, altre prime Comunioni, perpetuando, per così dire, nella casa le visite di Dio e della sua grazia.
Ma Dio visita altresì le famiglie numerose con la sua Provvidenza, alla quale i genitori, specialmente poveri, danno aperta testimonianza, riponendo in lei ogni loro fiducia, quando non bastasse la umana industria. Fiducia ben fondata e non vana!
Provvidenza - per esprimerCi con concetti e parole umane - non è propriamente l'insieme di atti eccezionali della divina clemenza; ma il risultato ordinario dell'azione armoniosa della infinita sapienza, bontà e onnipotenza del Creatore. Dio non nega i mezzi di vivere a chi chiama alla vita. Il divino Maestro esplicitamente insegnato che « la vita vale più del nutrimento, e il corpo più del vestito » (cfr. Matth. 6, 25). Se singoli episodi piccoli e grandi, talora sembrano provare il contrario, è segno che qualche impedimento è stato opposto dall'uomo alla esecuzione dell'ordine divino, oppure, in casi eccezionali, prevalgono superiori disegni di bontà; ma la Provvidenza è una realtà, una necessità di Dio Creatore. Senza dubbio, non dalla disarmonia od inerzia della Provvidenza, bensì dal disordine dell'uomo - particolare dall'egoismo e dall'avarizia - è sorto e si mantiene ancora insoluto il cosiddetto problema della sovrappopolazione della terra, in parte realmente esistente, in parte irragionevolmente temuto come imminente catastrofe dalla moderna società. Con il progresso della tecnica, con la facilità dei trasporti, con le nuove fonti di energia, di cui si è appena cominciato a raccogliere i frutti, la terra può promettere prosperità a tutti coloro che ospiterà, ancora per molto tempo.
[…] La sovrappopolazione non è dunque una valida ragione per diffondere le illecite pratiche del controllo delle nascite, bensì il pretesto per legittimare l'avarizia e l'egoismo, sia di quelle nazioni che temono dalla espansione delle altre un pericolo alla propria egemonia politica e l'abbassamento del tenore di vita, sia degli individui, specialmente dei più forniti di mezzi di fortuna, che preferiscono il più largo godimento dei beni terreni al vanto ed al merito di suscitare nuove vite. Si giunge in tal modo ad infrangere le leggi certe del Creatore col pretesto di correggere gli immaginari errori della di lui Provvidenza. Sarebbe invece più ragionevole ed utile che la società moderna si applicasse più risolutamente e universalmente a correggere la propria condotta, rimuovendo le cause della fame nelle « zone depresse » o sovrappopolate, mediante un più attivo uso a scopi di pace delle moderne scoperte, una più aperta politica di collaborazione e di scambio, una più lungimirante e meno nazionalistica economia; soprattutto reagendo alle suggestioni dell'egoismo con la carità, dell'avarizia con applicazione più concreta della giustizia. Dio non chiederà conto agli uomini del generale destino della umanità, che è di sua spettanza; ma dei singoli atti da loro voluti in conformità o in dispregio dei dettami della coscienza.
Quanto a voi, genitori e figli di famiglie numerose, continuate a prestare con serena fermezza la vostra testimonianza di fiducia nella divina Provvidenza, certi che ella non mancherà di ricambiarla con la testimonianza della sua quotidiana assistenza, e, se fosse necessario, con straordinari interventi, dei quali molti di voi hanno felice esperienza.

3. Ed ora qualche considerazione sulla terza testimonianza, atta a rinfrancare i pavidi e ad accrescere in voi il conforto. Le famiglie numerose sono le aiuole più splendide del giardino della Chiesa, nelle quali, come su terreno favorevole, fiorisce la letizia e matura la santità. Ogni nucleo familiare, anche il più ristretto, è nelle intenzioni di Dio un'oasi di spirituale serenità. Ma vi è una profonda differenza: dove il numero dei figli non supera di molto il singolare, là quell'intimo sereno, che ha valore di vita, porta in sé un qualcosa di melanconico e di smorto; è di più breve durata, forse più incerto, spesso offuscato da timori e da segreti rimorsi. Diversa è, invece, la serenità di spirito nei genitori circondati da una rigogliosa fioritura di giovani vite. Il gaudio, frutto della sovrabbondante benedizione di Dio, irrompe con mille espressioni, con stabile e sicura perennità. Sulla fronte di questi padri e madri, benché gravata da pensieri, non vi è traccia di quell'ombra interiore, rivelatrice di ansie di coscienza o del timore di un irreparabile ritorno alla solitudine. La loro giovinezza non sembra mai appassire, finché perdura nella casa il profumo delle culle, finché le pareti domestiche riecheggiano delle voci argentine dei figli e dei nipoti. Le fatiche moltiplicate e i sacrifici raddoppiati, le rinunzie a costosi svaghi, sono largamente compensati, anche quaggiù, dalla copia inesauribile di affetti e di dolci speranze, che assediano i loro cuori, senza tuttavia opprimerli né stancarli. E le speranze diventano presto realtà dal momento che la più grandicella delle figliuole comincia a prestare alla madre la sua opera nell'accudire l'ultimo nato; il giorno in cui il primogenito rientra per la prima volta, raggiante, col suo primo guadagno. Quel giorno sarà benedetto in modo particolare dai genitori, che ormai vedono scongiurato lo spettro di una possibile squallida vecchiaia e assicurato il compenso ai loro sacrifici. I numerosi fratelli, alla loro volta, ignorano il tedio della solitudine ed il disagio dell'essere costretti a vivere tra i più grandi. È vero che la loro numerosa compagnia può trasformarsi talora in fastidiosa vivacità, e i loro dissensi in passeggere tempeste; tuttavia, quando queste sono superficiali e di breve durata, concorrono efficacemente alla formazione del carattere. I fanciulli delle famiglie numerose si educano quasi da sé alla vigilanza ed alla responsabilità dei loro atti, al mutuo rispetto ed aiuto, all'apertura di animo e alla generosità. La famiglia è per essi il piccolo mondo di prova, prima che si affronti quello esterno, più arduo ed impegnativo.
Tutti questi beni e pregi assumono maggiore consistenza, intensità e fecondità, allorché la famiglia numerosa pone a proprio fondamento e norma lo spirito soprannaturale del Vangelo, che tutto trasumana ed eterna. In questi casi, agli ordinari doni di provvidenza, di letizia, di pace, Iddio aggiunge spesso, come l'esperienza dimostra, le chiamate di predilezione, vale a dire, le vocazioni al sacerdozio, alla perfezione religiosa e alla stessa santità. Più volte, e non a torto, si è voluto mettere in risalto la prerogativa delle famiglie numerose nell'essere culle di santi; si citano, tra tante, quella di S. Luigi Re di Francia composta da dieci figli, di S. Caterina da Siena da venticinque, di S. Roberto Bellarmino da dodici, di S. Pio X da dieci. Ogni vocazione è un segreto della Provvidenza; ma, per quanto concerne i genitori, da questi fatti si può concludere che il numero dei figli non impedisce la loro egregia e perfetta educazione; che il numero, in questa materia, non torna a discapito della qualità, sia in rapporto ai valori fisici che a quelli spirituali.

Fonte: Corriere della Sera, 15 febbraio 2023 (Quimamme)

7 - FESTA DELLA DONNA, LA MOGLIE DI BIDEN PREMIA UN TRANSESSUALE, CIOE' UN UOMO
Non stupisce che i democratici non sappiano nemmeno dire cos'è una donna visto che usano le loro energie per promuovere l'agenda LGBT
Autore: Valerio Pece - Fonte: Sito del Timone, 11 marzo 2023

Nel giorno della Festa della Donna, la first lady Jill Biden e il segretario di Stato americano Antony Blinken hanno consegnato il "Premio Internazionale Donne di coraggio" ad un trans. L'articolo potrebbe anche finire qui, ma è giusto almeno registrare la reazione di chi, non potendo fare altro, per manifestare il proprio disappunto si è adoperato su Twitter con ogni possibile registro e colore. Ecco allora il realismo politico di Sarah Sanders, governatore dell'Arkansas, che twitta così: «È la Giornata internazionale della donna, un buon momento per ricordare che i democratici non possono nemmeno dirti cos'è una donna».
Ma c'è anche l'ironia amara della conduttrice tv Dana Loesch («La first lady è stata gentile a incoraggiare lo svilimento delle donne nella "Giornata internazionale della donna". Cancellare le donne è un abuso»), nonché il black humor del giornalista Derek Hunter («A quanto pare gli uomini sono molto meglio delle donne a fare le donne. Datevi più da fare, signore!»). C'è lo sdegno "classico" di Jennifer Barreto, analista politica e voce della comunità ispanica («Tutto ciò è vergognoso e inaccettabile!»), e c'è la sconsolata presa d'atto di Christopher Bedford, direttore della Common Sense Society: «Non siamo un paese serio». Infine la questione vera, un misterioso interrogativo di fondo che emerge dal tweet della repubblicana Karoline Leavitt: «Perché i democratici fanno gli straordinari per promuovere l'agenda trans?».

SE È IL VOCABOLARIO A DECIDERE COS'È UNA DONNA
Alla cerimonia tenuta alla Casa Bianca l'attivista argentina Alba Rueda è stata presentata da Jill Biden come una «donna transgender che ha lavorato indefessamente per porre fine alla violenza contro la comunità LGBTQ plus in Argentina». Per la cronaca, a Rueda si deve l'approvazione della legge che in Argentina riserva alle persone transgender l'uno per cento dei posti di lavoro del settore pubblico. A fronte di tutto ciò, se anche il Cambridge Dictionary ha aggiornato la sua definizione di "donna" al fine di includere i transgender (donna, adesso, è anche «un adulto che vive e si identifica come femmina anche se può aver avuto un altro sesso alla nascita»; ad esempio, sempre secondo il Cambrige, «Mary è una donna a cui è stato assegnato il genere maschile alla nascita»), l'operazione di "normalizzazione" (e di alterazione della realtà) sembra essere completamente riuscita. Con l'ovvia conseguenza che a ogni rimostranza verrà messa la mordacchia (compresi gli scempi accaduti in quelle cliniche che avviavano alla transizione persino preadolescenti autistici).
Per annusare l'antifona, basta leggere l'accigliato e perentorio messaggio dell'ultraprogressista premier canadese Justin Trudeau, che proprio l'8 marzo così scriveva: «[...] voglio essere molto chiaro su un'altra cosa: le donne trans sono donne. Resisteremo sempre a questo odio, ogni volta che si verificherà». Ora, «chiamare "odio" la biologia di base», come su twitter gli ha risposto un utente, è il solito giochino liberal, perché se è lecito restituire la complessità della realtà, tutt'altra cosa è ridisegnarla completamente, lasciando - all'interno di una vera e propria "guerra alla donna" i cui contorni si allargano ogni giorno di più - che il sesso femminile dipenda soltanto da un'autopercezione.
Questo è esattamente il piano a cui anela il potente e variegato universo progressista: da Biden a Trudeau, da Sanchez a Macron, da un sistema scolastico appiattito all'inverosimile alla martellante industria dell'intrattenimento (senza nemmeno considerare la violenza blasfema con cui in questi giorni si è sbeffeggiata la Madonna per le vie di Milano). Il tutto con i grandi dizionari e le storiche enciclopedie a fare da zerbino al pensiero unico, forse il colpo peggiore. Il sulfureo disegno lo ha spiegato benissimo Anna Perenna, che in un articolo su Feminist Post ha parlato in un modo inedito e trasparente del rapporto (malato) tra la sinistra e le donne, che dal pensiero progressista si sentono ormai «tradite, maltrattate, umiliate. E infine soppiantate da neo-donne auto-identificate ben più attraenti e funzionali delle "vecchie" donne per nascita».

DONNE E SINISTRA: UN AMORE TOSSICO
Un rapporto tossico, quello tra progressismo e donna - ben approfondito sul Timone di marzo -, tale che, scrive Perenna, «a un certo punto bisogna per forza aprire gli occhi, soprattutto quando l'adulterio è talmente grosso e palese che non è più possibile far finta di niente». La giornalista, esponente del femminismo radicale gender critical, intravede l'inizio della fine nell'apertura di credito incondizionata e senza distinguo (fondamentalmente miope) al movimento lgbtq+. «Siamo state noi a sostenere ed accogliere il movimento omosessuale prima e transessuale poi», scrive la giornalista, «quei maschi ci apparivano fragili, dolenti, rassicuranti, non minacciosi dal punto di vista sessuale, amici sinceri ed alleati convinti nelle battaglie contro l'odiato patriarcato. E anche coloro che chiedevano di vivere sereni con un nome femminile ed un corpo sofferto e ricostruito, che male ci facevano, quali minacce potevano presentare per noi?».
Ma ecco l'inganno, inaspettato come un agguato nella notte: «Ebbene, proprio in quel mondo lì, dove ci sentivamo a casa, al sicuro, protette e rilassate, è nato un movimento strano, colorato ma aggressivo, militaresco [...], e tanti nostri vecchi compagni ci si sono ritorti contro. Tanti di quei maschi complici di nostre confidenze e di battaglie contro l'odiato patriarcato hanno cambiato fronte, l'alleanza maschile a sinistra è diventata un patto d'acciaio in nome di comuni ideali raccontati come progressisti».
Lo scritto di Feminist Post si spinge anche a osare l'inosabile, descrivendo ciò che davvero cova dietro il subdolo piano declinato al maschile, e cioè «un brodo ancestrale di livore, invidia, rancori millenari, desideri inespressi verso il nostro corpo sessuato e la nostra capacità di dare la Vita. I maschi hanno fatto catenaccio fra di loro contro di noi, cosa che sanno fare egregiamente da millenni, e ci hanno letteralmente tolto la terra sotto i piedi». Quale fotografia migliore del premio "Donna Coraggio dell'anno" consegnato dalla first lady e dal Segretario di Stato ad uomo che si percepisce donna? Nel giorno della Festa della Donna, ovvio. Per evitare di essere fraintesi.
La chiosa finale di Anna Perenna, a seconda di come si voglia leggerla, è un pugno nello stomaco, una sveglia, una gomitata benevola ad un mondo femminile che con troppa lentezza sta accorgendosi della guerra che gli è stata dichiarata; un passaggio che in ogni caso rappresenta un salutare cambio di passo nella storia recente del femminismo italiano. Le parole della giornalista sono da meditare: «Geniali, hanno addirittura creato le neo-donne: quelle tradizionali, cioè noi, siamo superate: tutti sono donne, tutti possono esserlo, problema risolto. Qualcosa non torna, che ne è di noi?».

Fonte: Sito del Timone, 11 marzo 2023

8 - OMELIA V DOM. DI QUARESIMA - ANNO A (Gv 11, 1-45)
Chi crede in me, anche se muore, vivrà
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Vangelo di oggi ci presenta il miracolo della risurrezione di Lazzaro. Con questa pagina abbiamo la descrizione più ampia e particolareggiata di un miracolo in tutta la Bibbia. Quando ormai la sua vita volgeva al termine, Gesù si ritirò nei luoghi dove aveva iniziato il suo ministero pubblico, nella regione oltre il Giordano. A Gerusalemme, infatti, l'atmosfera si era fatta incandescente e i suoi nemici lo cercavano a morte. Nel frattempo, la casa dei tre amici carissimi di Gesù, Lazzaro, Marta e Maria, fu visitata dal dolore. Lazzaro era gravemente infermo e le due sorelle desideravano ardentemente una visita di Gesù. Ci fu chi raggiunse il Signore per portare la notizia, ma Gesù non si precipitò da loro e, soltanto dopo due giorni, si mise in cammino per andare a Betània dai tre amici. Gli Apostoli erano allarmati per il fatto che vi era il rischio per Gesù di incappare in quelli che lo volevano uccidere. Ma Gesù li rassicurò con questa frase: "Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui" (Gv 11, 9-10). Con questa frase Gesù voleva far comprendere ai Discepoli che nessuno poteva nuocergli prima che fosse venuta l'ora delle tenebre, ovvero l'ora stabilita da Dio per il compimento del Disegno di salvezza. Nel frattempo, Lazzaro morì, e quando infine giunse Gesù, egli giaceva ormai da quattro giorni nel sepolcro.
Nel racconto di questo miracolo colpisce un particolare: la compassione di Gesù per la morte di questa persona a Lui tanto cara, e per il dolore delle due sorelle, Marta e Maria. "Gesù […] si commosse profondamente" (Gv 11,33) e "scoppiò in pianto" (Gv 11,35). Il Cuore di Gesù è sempre sensibile alle nostre afflizioni, anche e soprattutto quando ci sembra di essere dimenticati. Pur avendo appreso della malattia di Lazzaro, Gesù rimase ancora per due giorni nel luogo dove si trovava. Quando infine arrivò a Betània, Marta non nascose il suo dolore per quell'assenza e disse: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!" (Gv 11,21). In un certo senso, Marta si sentiva abbandonata proprio nel momento del bisogno.
Anche noi tante volte ci lamentiamo, ci sentiamo soli nel nostro dolore e non ci accorgiamo che proprio in quel momento Gesù soffre con noi e ci porta ancora di più nel suo Cuore, come ha fatto con Lazzaro, Marta e Maria. Il Signore permise quella sofferenza affinché, per mezzo di essa, Dio venisse glorificato (cf Gv 11,4). Il Signore aspettò il quarto giorno per far risaltare ancora di più il miracolo da Lui operato. "Commosso profondamente" (Gv 11,38), fece rimuovere la pietra e gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!" (Gv 11,43). Lazzaro ritornò in vita e, a quella vista, molti credettero nel Messia.
Questo miracolo è pieno di significati. Prima di tutto preannunzia la Morte e Risurrezione di Gesù. Di lì a poco, Gesù doveva morire per noi sulla croce, per poi risorgere glorioso. Tuttavia, c'è una grande differenza fra le due risurrezioni. Lazzaro tornò in vita, per poi morire di nuovo alcuni anni dopo; Gesù invece risorse glorioso, dischiudendo a noi le porte della Vita eterna. Il miracolo operato dal Signore preannunzia anche la nostra risurrezione che avverrà alla fine dei tempi. La fede ci assicura che il nostro corpo non rimarrà nella tomba, risorgerà per riunirsi all'anima e vivrà eternamente. Anche a noi, Gesù griderà "vieni fuori!" (Gv 11,43). A quelle parole divine il nostro corpo risorgerà per non morire più e, se l'anima sarà in Paradiso, risorgerà glorioso, come quello del Signore.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro simboleggia anche la risurrezione spirituale di ciascuno di noi, dalla morte del peccato alla vita soprannaturale. Questo dono lo abbiamo ricevuto con il santo Battesimo. Per questo motivo, la pagina del Vangelo di oggi, insieme con quelle delle domeniche precedenti, rientrava nell'antica catechesi di preparazione per il Battesimo. Nella terza domenica di Quaresima, con l'episodio della Samaritana al pozzo di Sicar, abbiamo meditato sul Battesimo come fonte di purificazione; nella quarta domenica, con il racconto del cieco nato, abbiamo riflettuto sul Battesimo come luce che illumina la nostra vita; infine, con il brano del Vangelo della risurrezione di Lazzaro, siamo invitati a riflettere sul Battesimo come rigenerazione dell'uomo, come il Sacramento che ci dona la vita immortale.
Arrivati al termine di questa omelia, vorrei indicare un piccolo pensiero da fare nostro e da portare, per così dire, a casa, per poi meditarlo nei prossimi giorni. Il pensiero riguarda proprio il Battesimo. Facciamo un serio esame di coscienza: sono fedele alle promesse battesimali, ovvero all'impegno di credere e di rinunciare al peccato, oppure mi sto adeguando sempre di più alla mentalità di questo mondo?
Per essere fedeli alle promesse del Battesimo, il segreto è quello di mettere la nostra vita nelle mani della Madonna e di pregarla ogni giorno. Lei, che è stata la prima discepola del Signore, Colei che ha vissuto il Vangelo con assoluta fedeltà, aiuterà anche noi ad essere fedeli e a vivere come figli della luce.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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