BastaBugie n�820 del 10 maggio 2023

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1 L'INCORONAZIONE DI CARLO III, NONOSTANTE TUTTO, RICORDA LA TRADIZIONE
Malgrado le concessioni al politicamente corretto, l'unzione e la consegna dei simboli regali ricordano che al di sopra di tutti i governanti c'è un Re più grande di loro (VIDEO: L'incoronazione di Carlo III)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 TRUMP TORNA ALLA CARICA PER DIFENDERE LA VITA
Se rieletto applicherà di nuovo i principi pro-life... mentre un documento dell'Fbi rivela gli scandali di Biden (VIDEO: Il processo farsa a Trump e la guerra in Ucraina)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera
3 LE TRE INTERVISTE ESPLOSIVE DI GANSWEIN
Il segretario di Papa Benedetto XVI parla con schiettezza del sinodo tedesco e degli altri problemi nella Chiesa (VIDEO: Intervista di Gänswein a Verissimo)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone
4 FINE PANDEMIA: LO HA CAPITO (IN RITARDO) ANCHE LA CEI
Dopo tre anni anche la CEI pone fine allo stato di emergenza, ma solo dopo il via libera dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (VIDEO: Riassuntone di questi tre anni)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 ELLY SCHLEIN O GIORGIA MELONI? CHI HA BACIATO IL BRUTTO ADDORMENTATO, CIOE' IL SINDACATO?
Il risveglio del sindacato porta a chiedersi: ''Ma quando il governo toglieva lo stipendio ai lavoratori che non si adeguavano all'ingiusto obbligo vaccinale, i sindacati dov'erano?'' (VIDEO: Schiaffo a Conte)
Autore: Diego Torre - Fonte: I Tre Sentieri
6 L'UMANITA' MERITA I CASTIGHI DI DIO
Se il mondo non si pente i castighi sono inevitabili fino all'annientamento di nazioni intere, come la Madonna ha annunciato a Fatima (VIDEO: I castighi di Dio)
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera
7 OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,15-21)
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - L'INCORONAZIONE DI CARLO III, NONOSTANTE TUTTO, RICORDA LA TRADIZIONE
Malgrado le concessioni al politicamente corretto, l'unzione e la consegna dei simboli regali ricordano che al di sopra di tutti i governanti c'è un Re più grande di loro (VIDEO: L'incoronazione di Carlo III)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 8 maggio 2023

Nell'incoronazione di re Carlo III, che ha avuto luogo sabato scorso a Westminster, pur caratterizzata da abbondanti dosi di "inclusività" e parole d'ordine mainstream (in parte per le idee del sovrano e in parte per le tendenze più generali dell'anglicanesimo), già illustrati qui su La Bussola, qualcosa va invece decisamente controcorrente, ed è un aspetto non secondario.
Non ci riferiamo alla "storica prima volta" dei due cardinali cattolici presenti, Nichols e Parolin: fatto comunque non trascurabile in un regno che fino all'altro ieri bollava spregiativamente i cosiddetti "papisti" e che nei primi due secoli della Riforma li spediva direttamente al patibolo. Nel pot-pourri multireligioso la presenza di due esponenti della Chiesa di Roma era praticamente scontata e forse anche meno ingombrante di quella del "principe ribelle" Harry (relegato in terza fila insieme ai parenti privi di titolo reale o declassati come il principe Andrea).
Piuttosto, a innalzarci dalle contingenze e dalle divergenze è qualcosa che ricollega l'evento di sabato scorso a un passato remoto, così remoto da rasentare l'eterno: sono i gesti dell'incoronazione in senso stretto, quel "rito nel rito" denso di richiami simbolici, la cui sostanza risale a ben prima della Riforma protestante e di cui in casa cattolica si trovava ancora traccia nel Pontificale romano. Né più né meno che l'abbazia di Westminster sorta come ex voto a metà dell'XI secolo, in sostituzione di un pellegrinaggio a Roma, alle tombe degli apostoli, che il re sant'Edoardo il Confessore era impossibilitato a compiere. Ricostruito in stile gotico nel Duecento, quando Enrico VIII era ancora di là da venire, lo splendido edificio si ritrova "incolpevolmente" a essere luogo "iconico" della monarchia anglica e anglicana. Ammirarne l'architettura non è solo un fatto esteriore, poiché ogni edificio risente del clima spirituale in cui è stato innalzato, per cui potremmo tranquillamente sentirla "nostra".

L'UNZIONE E LA CONSEGNA DELLE INSEGNE REGALI
Così pure quel micro-rito scandito dall'unzione e dalla consegna delle insegne regali (accompagnate dalle relative formule) parla di una concezione della regalità e più in generale dell'esercizio del potere che si può sintetizzare nel celebre versetto del libro dei Proverbi: «Per me reges regnant» (8,15). È la Sapienza, cioè Dio stesso a parlare, ammonendo: «Per mezzo mio regnano i re». Ed è un monito innanzitutto per chi riceve il giogo del potere, che dovrà poi rendere conto a Dio di come lo ha amministrato. Tipico dell'età medievale quando qualsiasi sovrano sapeva di non disporre di un potere assoluto ma di avere dei vincoli ben precisi in basso e in alto: in basso dalla variopinta miriade di entità intra-statali e corpi intermedi; in alto dalle leggi divine. Simbolo di questo vincolo "dal basso" è il Riconoscimento (Recognition): Carlo III, come i suoi predecessori, è stato presentato al popolo e da questi riconosciuto come legittimo per quattro volte, in direzione dei quattro punti cardinali. Il sovrano assoluto, cioè sciolto da ogni vincolo, semmai è un'invenzione di età moderna, man mano che il legame con Dio si va allentando e i poteri statali si accentrano e si estendono.
L'unzione dei re è un retaggio dell'Antico Testamento, tramandato da Saul e Davide - che furono unti dal profeta Samuele - e da Salomone fino ai re cristiani. Simbolo del regno dei Franchi era la "santa Ampolla" con cui fu unto il re Clodoveo. Custodita per secoli a Reims, fu distrutta nel corso della Rivoluzione francese. In sintesi, essa invoca sul re la forza e la grazia di stato per governare. «Zadok il sacerdote e Natan il profeta unsero re Salomone», ha intonato il coro mentre alcuni pannelli schermavano il momento (l'unico momento segreto della cerimonia) in cui Carlo III veniva unto sulle mani, sul petto e sul capo e in tal modo «consacrato re sui popoli che il Signore tuo Dio ti ha affidato perché li governi». A quel punto il sovrano è stato rivestito del colobium sindonis e della supertunica dorata, paramento quasi liturgico (a metà tra reminiscenze bizantine e le dalmatiche dei diaconi) che gli ricorda di essere al servizio di Dio.

UNA INVESTITURA CAVALLERESCA
Spada e speroni richiamano invece all'investitura cavalleresca. Riferimento peraltro esplicitato da un mutamento rispetto alla formula prevista («Ricevi questi speroni, simbolo di onore e di coraggio. Difendi coraggiosamente quanti sono nel bisogno»), dove il primate anglicano invece di «coraggio» (courage) ha pronunciato «cavalleria» (chivalry). Tradizionalmente la cavalleria era intesa come servizio ai più deboli, a chi non poteva difendersi da sé. «Viduas, pupillos, pauperes, ac debiles ab omni oppressione defende» («Difendi le vedove, gli orfani, i poveri e i deboli da ogni oppressione»), recitava infatti il Pontificale cattolico all'atto di consegnare la spada al nuovo re. A questo si associa il simbolismo paolino della «spada dello Spirito» (Ef 6,17). Duplice senso, ricordato nel consegnare la spada a Carlo III.
«Non confidare nel tuo potere, ma nella misericordia di Dio che ti ha scelto», è il monito che ha accompagnato la consegna del guanto (invito a esercitare l'autorità con gentilezza e grazia, a trattare il suo popolo "con i guanti", come si suol dire). Il re ha appena ricevuto il globo sormontato dalla croce, a ricordare che «i regni di questo mondo», compreso il suo, «sono divenuti regni di Nostro Signore». E l'anello, oltre alla «dignità regale» è segno «dell'alleanza tra Dio e il re e tra il re e il popolo». È il momento di completare il tutto con scettro e corona, anch'essi entrambi sormontati dalla croce (un secondo scettro, peculiarità inglese, è sormontato da una colomba a simboleggiare «equità e misericordia», laddove il primo è simbolo di «potere regale e giustizia»). Tutto è compiuto e il re del terzo millennio, unto, incoronato e bardato come un monarca medievale, può sedere sul trono e assistere alla più breve unzione e incoronazione della regina Camilla.
Sotto il peso della corona e sotto gli ingombranti paludamenti regali sparisce - deve sparire - la coppia al centro del gossip degli anni Novanta per lasciar spazio a qualcosa di più grande: la regalità, appunto, a prescindere da chi la incarna in quel dato Paese e in quel preciso momento storico. E al netto delle concessioni (già discusse) allo Zeitgeist o mainstream che dir si voglia e pure di qualche momento più "modaiolo", tipo l'immancabile coro Gospel. La sostanza e la simbologia di quello che abbiamo definito "rito nel rito" non è farina del sacco anglicano né di casa Windsor, ma qualcosa che i Windsor stessi hanno ricevuto dai secoli, e dai secoli dei secoli. Qualcosa - ci si consenta la ripetizione - di "nostro", patrimonio della vecchia Europa che davvero era sormontata dalla croce; che anche nel giorno stesso del loro trionfo ammoniva re e governanti di dover rendere conto a un Re più grande di loro.

Nota di BastaBugie: nel seguente video dal titolo "L'arcivescovo di Cantebury incorona Re Carlo III" (durata: 1 minuto e mezzo) si può vedere il momento clou della cerimonia.


https://www.youtube.com/watch?v=-fDpf16Sgjs

VIDEO: IL PRINCIPE WILLIAM E KATE ALL'INCORONAZIONE DI CARLO III
nel seguente video dal titolo "William e Kate all'incoronazione di Carlo" (durata: 1 minuto e mezzo)


https://www.youtube.com/watch?v=3B9JMpY1s90

DOSSIER "LA MONARCHIA INGLESE"
Da Enrico VIII a Carlo III

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 8 maggio 2023

2 - TRUMP TORNA ALLA CARICA PER DIFENDERE LA VITA
Se rieletto applicherà di nuovo i principi pro-life... mentre un documento dell'Fbi rivela gli scandali di Biden (VIDEO: Il processo farsa a Trump e la guerra in Ucraina)
Autore: Mauro Faverzani - Fonte: Radio Roma Libera, 1° maggio 2023

Trump lo ha già detto a chiare lettere: in caso di rielezione, difenderà di nuovo i principi pro-life. E già la volta scorsa, da Presidente, ha dimostrato come alle parole, lui, faccia seguire i fatti. Inaffidabile sul fronte Lgbt, il tycoon sul grande tema della vita rappresenta invece una garanzia e non concede sconti.
Trump ha pubblicato un video, indirizzato ad un gruppo pro-family dell'Iowa, in cui promette di lottare di nuovo contro l'aborto: «Mi ergerò con orgoglio in difesa della vita innocente proprio come ho fatto per quattro anni, perché ogni bambino, nato e non nato, è un dono sacro di Dio», ha affermato, ricordando d'esser stato, tra l'altro, il primo e finora unico presidente americano ad aver partecipato all'imponente Marcia per la Vita di Washington. Non solo: ha bloccato i finanziamenti pubblici alle multinazionali dell'aborto; ha tutelato il principio di libertà religiosa nel caso delle Piccole Sorelle dei Poveri, oppostesi alla sottoscrizione di un'assicurazione sanitaria, che includesse trattamenti contraccettivi e abortivi; ha rivolto un forte monito alle Nazioni Unite, affinché nessuno osasse attaccare la sovranità delle nazioni impegnate nella tutela della vita. Indubbiamente un buon biglietto da visita, con cui presentarsi alle urne.
A questo i Democratici - Biden in testa - hanno invece replicato, opponendovi ancora una volta una cultura di morte. In Illinois, ad esempio, dove l'aborto è purtroppo consentito fino al momento della nascita e viene ancora finanziato con soldi pubblici, puntano all'approvazione di una legge, che potrebbe costringere alla chiusura tutti i centri pro-life, minacciandoli con la promessa di pesanti sanzioni - fino a 50 mila euro - con le accuse di «disinformazione» o «pratiche ingannevoli». Essendo nella stragrande maggioranza enti no profit, che vivono di offerte, sono privi dei mezzi necessari per far fronte ad un'eventuale condanna di questa entità. Ciò priverebbe, di conseguenza, le madri ed i loro bimbi in grembo dei servizi basilari forniti, anche di quelli di natura economica, non indifferenti. Secondo un'indagine del Charlotte Lozier Institute, tali centri hanno infatti contribuito dal 2016 ad oggi a salvare dall'aborto più di 800 mila piccoli, hanno servito circa 2 milioni di donne, fornito oltre 730 mila test di gravidanza, effettuato quasi mezzo milione di ecografie, donato del tutto gratuitamente 1,3 milioni di pannolini e più di 2 milioni di corredi per neonati. Da notare come, nonostante ciò, più volte i centri pro-life siano stati oggetto di gravi atti vandalici, di incendi intimidatori, oltre a subire pesanti attacchi mediatici e a campagne diffamatorie. Il fatto che, secondo il Dipartimento della Salute dell'Illinois, nel solo 2021 siano stati effettuati ben 46.243 aborti indica l'importanza dei volontari per la vita, pronti ad accogliere le donne a vario titolo in difficoltà e le loro piccole creature.
Il disegno di legge pro-choice, presentato dai Democratici, ha purtroppo già strappato il voto favorevole del Senato ed attende ora di essere esaminato dalla Commissione per la Salute della Camera.
Buone notizie, invece, dal Nord-Dakota, dove il Senato, a maggioranza repubblicana, ha approvato una nuova legge, che vieta tutti gli aborti dopo la sesta settimana di gravidanza, anche in caso di stupro o di incesto. La norma, già ratificata dal governatore Doug Burgum, è divenuta immediatamente applicativa. I membri del Congresso non han fatto mistero di aver voluto così lanciare un messaggio alla magistratura, affinché tenga conto del volere dei cittadini, impegnati a limitare l'aborto e non certo ad incentivarlo.
Sempre più evidenti emergono due aspetti nella vita politica statunitense: il primo è il fatto che l'aborto sia tornato ad essere un argomento al centro del dibattito istituzionale e addirittura un tema in chiave elettorale; il secondo è la divisione sempre più netta - pur con qualche eccezione - tra repubblicani pro-life e democratici pro-choice. Il voto per gli uni o per gli altri non decide più soltanto del futuro dell'America, bensì anche della vita di molti bimbi nel grembo delle loro madri.

Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "I sospetti su Biden e la complicità dei media" parla del documento dell'Fbi che rivela gli scandali dell'attuale presidente Biden.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'8 maggio 2023:

Stati Uniti, alla Camera del Congresso, la Commissione di supervisione ha emesso un mandato di comparizione per l'Fbi, riguardo un documento che riguarderebbe un caso di corruzione di Joe Biden, il presidente in carica. Non si tratta dunque di cosa da poco. Il presidente, ben prima della sua campagna elettorale del 2020, avrebbe partecipato ai guadagni, anche illeciti, di suo figlio Hunter Biden. Uno "schema criminale" che avrebbe comportato uno scambio "soldi in cambio di decisioni politiche" quando era vicepresidente nell'amministrazione Obama.
L'esistenza di questo documento, su cui ora vuole indagare la Commissione congressuale, è stata rivelata da un "gola profonda", un informatore anonimo, una fonte interna all'Fbi. È già il secondo informatore anonimo che si fa avanti, con la Commissione a guida repubblicana, per rivelare qualcosa su Hunter Biden. Il primo informatore, in aprile, era una fonte interna all'Irs (l'agenzia delle entrate americana) ed aveva rivelato come l'agenzia non avesse voluto indagare sul figlio del futuro presidente per motivi politici. Adesso l'accusa di questo secondo informatore è ancora più pesante perché riguarderebbe lo stesso futuro presidente e il suo ruolo negli affari di famiglia in Paesi stranieri, quali Cina, Messico, Russia e Ucraina. Il documento che proverebbe come l'Fbi sappia di questi affari illeciti è il Fd-1023, un file creato nel giugno 2020 (in piena campagna elettorale presidenziale).
Secondo queste rivelazioni, Biden avrebbe guadagnato dagli affari di famiglia e avrebbe fatto pressioni, in qualità di vicepresidente della prima potenza mondiale, perché questi affari andassero bene. Ad esempio, c'è il sospetto che, quando Hunter Biden era nel consiglio di amministrazione dell'azienda ucraina di gas Burisma, il padre abbia influenzato la politica energetica americana in modo da sostenere l'industria del gas naturale ucraino.
Il primo impeachment a Trump, il famoso "Ukraine gate" è partito da una telefonata in cui l'allora presidente repubblicano chiedeva al neo-eletto omologo ucraino Volodymyr Zelensky di indagare proprio su Hunter Biden. Il sospetto (di Trump) era quello che Biden avesse ricattato l'Ucraina quando la magistratura di Kiev aveva iniziato a indagare su Hunter Biden: se avessero indagato su suo figlio, avrebbe sospeso gli aiuti militari. Ma a finire sotto impeachment è stato Trump. In un curioso caso di ribaltamento delle responsabilità, è Trump che è stato accusato di aver ricattato il governo ucraino, per aver chiesto se il vicepresidente del suo predecessore l'avesse ricattato.
L'aspetto più curioso di tutta questa vicenda è l'atteggiamento dei media. I sospetti su Hunter Biden sono partiti da un caso mediatico: il ritrovamento di email compromettenti nel computer portatile, dimenticato da un tecnico dal figlio del futuro presidente. Il New York Post ha pubblicato uno scoop, un mese prima delle elezioni. La pagina del New York Post e quelle di tutti coloro che avevano rilanciato lo scoop (inclusa la Casa Bianca) sono state oscurate o sospese dai social network maggiori, soprattutto Twitter e Facebook. I Twitter files, svelati dal nuovo proprietario Elon Musk, confermano che si trattò di una scelta politica e deliberata. Solo un anno dopo, altri media, quali New York Times, Washington Post e Cbs, hanno confermato l'autenticità del contenuto di quel computer portatile del figlio dell'ormai presidente, troppo tardi per influenzare le elezioni, comunque.
Adesso che sta emergendo un documento ufficiale dell'Fbi in cui si confermano questi sospetti e viene coinvolto direttamente il presidente, i media che fanno? Forniscono alla Casa Bianca gli argomenti per la difesa. Come riporta il New York Post, il primo ad aver scoperchiato questa pentola, il portavoce della Casa Bianca Ian Sams, «ha citato il resoconto di Politico secondo cui l'accusa "è destinata a scatenare una feroce reazione e scetticismo" e ha notato che la CNN l'ha definita un'"accusa non verificata". Sams avrebbe potuto notare che altri, in particolare il New York Times, non si sono degnati neppure di dare la notizia del mandato di comparizione». Lo stesso New York Post fa notare quanto diverso fosse l'atteggiamento ai tempi dello scandalo Watergate, quando occorse appena un anno, dall'inizio dell'indagine, per portare alle dimissioni del presidente in carica Richard Nixon.

VIDEO: IL PROCESSO FARSA A TRUMP
Nel seguente video (durata: 28 minuti) dal titolo "Il processo a Trump: un tentativo di bloccare la corsa alla Casa Bianca" il giornalista italiano che trasmette dalla Florida, Roberto Mazzoni, in una intervista a ByoBlu spiega la situazione in America dopo che Donald Trump è stato indiziato da un Gran Giurì della città di New York, convocato in origine dal procuratore distrettuale Alvin Bragg, eletto alla posizione di pubblico ministero grazie ai finanziamenti di George Soros.
Per vedere il video vai sul sito Mazzoni News:
https://mazzoninews.com/2023/04/26/byoblu-il-processo-a-trump-un-tentativo-di-bloccare-la-corsa-alla-casa-bianca/

TRUMP A PROCESSO, VOLA NEI SONDAGGI
La sinistra esulta per il primo ex presidente a processo, ma è un'accusa molto debole: aver comprato il silenzio di una pornostar, per una presunta relazione del 2006 (VIDEO: Trump e la fine della Prima Repubblica)
di Stefano Magni
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7368


DOSSIER "DONALD TRUMP"
Il presidente nemico del politicamente corretto

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Fonte: Radio Roma Libera, 1° maggio 2023

3 - LE TRE INTERVISTE ESPLOSIVE DI GANSWEIN
Il segretario di Papa Benedetto XVI parla con schiettezza del sinodo tedesco e degli altri problemi nella Chiesa (VIDEO: Intervista di Gänswein a Verissimo)
Autore: Manuela Antonacci - Fonte: Sito del Timone, 9 maggio 2023

Pochi conoscono la Chiesa come lui, lui che ne è stato fedele servitore ai massimi vertici. Parliamo dell'arcivescovo Georg Gänswein segretario particolare di Benedetto XVI, cui è stato accanto per quasi 30 anni. Al giornale tedesco Bunte ha raccontato come la sua vita abbia subito una svolta decisiva a partire dalla lettura del libro Introduzione al cristianesimo che lo avrebbe ispirato a studiare teologia e a diventare sacerdote, fino ad essere consacrato vescovo in Vaticano. Ma soprattutto, al giornale tedesco, avrebbe fornito delle risposte importanti sull'evoluzione attuale del sinodo tedesco che l'arcivescovo avrebbe commentato con una certa franchezza.
In particolare ha sgombrato il campo dall'equivoco che sta generando l'espressione "chiesa tedesca": «Non c'è nessuna chiesa tedesca, c'è la Chiesa cattolica in Germania, e le cose al momento non sembrano rosee, anzi. In tutto il Paese sembra esserci un solo tema ed è il "cammino sinodale". La risposta alle sfide attuali non sono le dispute e dibattiti su questioni strutturali o di potere. Ciò che colpisce è che là dove si proclama autenticamente la fede, dove si celebra la liturgia con riverenza e coscienza e si vive l'amore fraterno cristiano, lì vive la Chiesa».
E a proposito di questioni di potere, Bunde, non gli ha risparmiato la domanda su una delle questioni affrontate dal sinodo, quella del sacerdozio femminile, sottolineando come tra le obiezioni mosse alla chiesa cattolica dall'assemblea sinodale, sia quella di essere scarsamente al passo coi tempi, perciò in essa le donne "moderne" non si riconoscerebbero più. Obiezione a cui Gänswein ha risposto sostenendo che non esiste una "chiesa per gli uomini" e che l'affermazione che le donne di oggi non si sentano rappresentate nella chiesa sarebbe un «luogo comune, che viene ripetuto regolarmente ma non rappresenta l'opinione della maggior parte delle donne».
Gänswein ha poi affondato il colpo denunciando la tendenza, che emerge in modo particolarmente eclatante dal sinodo in Germania, ma che è piuttosto diffusa, a creare non solo una fede personale, basata sul fai da te, ma persino una Chiesa a propria immagine e somiglianza: «La fede non è creta da modellare che può essere plasmata in un modo o in un altro, a seconda dello spirito dei tempi e delle circostanze del momento» -ha sottolineato- «Una fede ridotta, annacquata non ha efficacia. La misura della predicazione è il vangelo, è Gesù Cristo stesso».
E non si tratta solo di belle parole, perché come sottolinea nella sua intervista, si tratta di convinzioni, di cui avrebbe pagato personalmente il prezzo. Infatti l'arcivescovo, ricorda di essere stato per lungo tempo stigmatizzato col marchio di "intransigente" e "fondamentalista". Ma si difende: «Qual è il mio reato? Credo e annuncio ciò a cui ho promesso di credere e ciò che ho promesso di annunciare durante la mia ordinazione sacerdotale prima e nell'ordinazione episcopale, dopo: la fede cattolica, opportuna o inopportuna che sia. Nient'altro».
Chiunque lo definisca "fondamentalista" deve chiedersi se ha un problema con la propria fede.

Nota di BastaBugie: Stefano Chiappalone nell'articolo seguente dal titolo "Gänswein: nient'altro che la verità sul sinodo tedesco" racconta di come il segretario di Benedetto XVI parli con schiettezza cammino sinodale tedesco e degli altri problemi nella Chiesa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 aprile 2023:

Da mons. Georg Gänswein arriva una stoccata al controverso "cammino sinodale tedesco": un percorso che ha aggravato la crisi di fede e non ha nemmeno forza giuridica. E lo dice da canonista: pochi ricordano infatti che il segretario di Benedetto XVI (e almeno formalmente Prefetto della Casa Pontificia) si è laureato alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco proprio in Diritto canonico, materia che ha poi insegnato a Roma presso la Pontificia Università della Santa Croce.
Sembra ormai un ricordo il lungo silenzio seguito al "caso mediatico" esploso dopo la pubblicazione di Nient'altro che la verità. L'arcivescovo tedesco si è pian piano riaffacciato sulla scena pubblica, dalle occasioni liturgiche in suffragio e ricordo del Papa emerito al salotto di Bruno Vespa, all'inizio di marzo. Ma questa volta lo fa con ben tre interviste in tre giorni consecutivi (da far invidia a Papa Francesco che pure di interviste ne concede senza numero e a stretto giro). Domenica 16 aprile, 96° anniversario della nascita di Benedetto XVI, è stato ospite di Verissimo, condotto da Silvia Toffanin. Lunedì 17 aprile è stata la volta del programma austriaco Zib 2. Infine, nella sua Germania, martedi 18 aprile è comparsa un'ampia intervista al Passauer Neue Presse (alcuni stralci di queste ultime due sono stati rilanciati in Italia da Silere non possum).
Roma ha mostrato chiaramente i limiti (Rom hat ganz klar die Grenzen aufgezeigt): titola così la testata di Passau e i «limiti» sono quelli che il sinodo tedesco non può travalicare. Al tema è dedicata tutta la seconda metà dell'intervista, mentre nella prima parte si parla del presente e del futuro dell'arcivescovo. Niente di nuovo sulla ventilata nomina in Costa Rica che sembrava imminente dopo l'udienza con Papa Francesco a marzo («No, non so più nulla»). Lasciato il monastero Mater Ecclesiae, dove fino al 31 dicembre scorso ha vissuto accanto a Benedetto XVI, «ora vivo in una casa accanto a Santa Marta, dove vive Papa Francesco» e «svolgo i miei doveri di esecutore testamentario». Gänswein ha ereditato «una bellissima croce di legno bavarese che lui stesso [Ratzinger] aveva nella sua casa da cardinale». E il compito di distruggere la corrispondenza privata («lettere che i genitori di Ratzinger scrivevano ai figli e poi anche loro, tra fratelli»): un «momento doloroso», «ma ovviamente ho eseguito il suo ultimo desiderio senza scuse».
La conversazione si sposta poi sull'«11 settembre della Chiesa», cioè la piaga degli abusi, casus belli che ha innescato il Synodaler Weg con tutte le sue derive, ancora in corso. «Dubito che il percorso sinodale, così come si è sviluppato, sia stata la risposta giusta alla crisi degli abusi», afferma Gänswein, anche perché i «temi» del sinodo «vanno ben oltre la necessaria risposta alla crisi degli abusi», spostandosi «su obiettivi completamente diversi», che presentano piuttosto il rischio di condurre «fuori dall'unità della Chiesa universale». Più che risposte, il sinodo tedesco ha innescato «tensioni all'interno della Chiesa cattolica in Germania e con la Santa Sede», che in occasione della visita ad limina dei vescovi tedeschi nel novembre 2022 e poi con la lettera dei cardinali Parolin, Ouellet e Ladaria, «ha mostrato in modo chiaro e inequivocabile dei limiti che vanno presi sul serio».
E anche Gänswein è chiaro e inequivocabile: «Non considero il cammino sinodale una risposta utile ai reali bisogni dei fedeli», aggiungendo «da canonista» (come abbiamo detto in apertura), che esso «non ha forza giuridica vincolante ai sensi del diritto canonico». Del resto, l'immediata risposta vaticana alla lettera dei vescovi di Colonia, Eichstätt, Augusta, Passau e Ratisbona (le poche voci controcorrente nell'episcopato tedesco) «dimostra l'urgenza con cui il Vaticano sta affrontando la questione». Una situazione così grave che l'arcivescovo confida: «Prego e spero che si possa evitare una scissione».
In breve, la "via" tedesca si sta rivelando un rimedio peggiore del male. «Il declino della fede di fatto è aumentato in seguito al cammino sinodale», afferma Gänswein, smentendo l'altro "tormentone" (ricordato dall'intervistatore) che bisogna pur fare qualcosa per ravvivare la fede. Bisogna farlo, ma la vera risposta viene «dall'approfondimento della fede e non da questioni strutturali. La fede, se la prendo sul serio, si risveglia a nuova vita solo attraverso una vera conversione personale e un approfondimento», il che «presuppone impegno personale e determinazione. È una lotta e lo sarà sempre».
Insomma, non è una Chiesa alla moda quella auspicata da Gänswein, che conclude rievocando le parole profetiche, risalenti al 1958, di «un giovane professore di teologia di nome Joseph Ratzinger», secondo il quale «la Chiesa del futuro» sarà «una Chiesa di piccole minoranze che vivono di fede e la testimoniano e la trasmettono in questo mondo. Non siamo forse oggi i testimoni di questa profezia?». Infatti, se a prima vista i "venti" sinodali possono riscuotere un illusorio consenso (ma a cosa: a un involucro svuotato dall'interno?), la Chiesa non deve temere la perdita di «influenza politica e sociale», non è questo il suo obiettivo - afferma - «ma testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo, la Buona Novella, con parole e azioni».

VIDEO: INTERVISTA INTEGRALE A VERISSIMO
Nel video dal titolo "Don Georg Ganswein: l'intervista integrale" (durata: 41 minuti) si può vedere l'intervista di mons. Georg Gänswein del 16 aprile, 96° anniversario della nascita di Benedetto XVI, in cui l'ex segretario del Papa è stato ospite di Verissimo, condotto da Silvia Toffanin.
Per vedere il video, clicca qui!

Fonte: Sito del Timone, 9 maggio 2023

4 - FINE PANDEMIA: LO HA CAPITO (IN RITARDO) ANCHE LA CEI
Dopo tre anni anche la CEI pone fine allo stato di emergenza, ma solo dopo il via libera dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (VIDEO: Riassuntone di questi tre anni)
Autore: Stefano Chiappalone - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 maggio 2023

Dopo tre anni la pandemia è ufficialmente terminata anche per i vescovi italiani. La lettera della Cei è stata pubblicata l'8 maggio, a tre giorni dal pronunciamento dell'Oms (del 5 maggio), così come a suo tempo la sospensione dei riti religiosi in tutto il territorio nazionale era stata decretata il 9 marzo, all'indomani del primo di una lunga serie di DPCM che da Palazzo Chigi scandivano ciò che di volta in volta era proibito, concesso o «fortemente raccomandato». In Lombardia lo "stop" liturgico fu anticipato al 23 febbraio (e sempre, dichiarava l'arcidiocesi ambrosiana, «in ragione dell'ordinanza emanata dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, di concerto con il ministro della Salute, Roberto Speranza»).
Per cominciare non si può che rallegrarsi del dichiarato ritorno alla normalità, quando tutto il resto della società vi è tornato da un pezzo. Avevamo ormai dimenticato le autocertificazioni e persino il green pass; andiamo al bar o al ristorante come prima e più di prima, affolliamo le corsie del supermercato o gli eventi sociali e culturali. Ora che «il direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, condividendo l'indicazione dell'apposito Comitato tecnico, ha annunciato lo scorso 5 maggio che il Covid-19 non costituisce più un'emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale», finalmente sappiamo una volta per tutte che banchi e inginocchiatoi non sono più pericolosi di altri luoghi.
La Cei rievoca il «tempo difficile in cui le nostre comunità cristiane sono state prossime con la preghiera e le opere di carità a chi ha sofferto la malattia e le conseguenze della difficile fase economica». Esprime gratitudine al «personale sanitario» e a «tutti coloro che, in qualsiasi maniera, hanno dato il loro contributo per alleviare i disagi e affrontare la crisi». E ricorda «le tante persone che hanno perso la vita, tra cui centinaia di sacerdoti, che hanno contratto l'infezione adoperandosi per il proprio ministero». Ministero tanto più degno di riconoscimento, aggiungiamo, in quei tre mesi di lockdown in cui i sacramenti erano divenuti una rarità.

LA CEI: "GRAZIE OMS!"
«Accogliendo la comunicazione dell'OMS», ripetono ancora i vescovi, «segnaliamo che tutte le attività ecclesiali, liturgiche, pie devozioni, possono tornare a essere vissute nelle modalità consuete precedenti all'emergenza sanitaria». Insomma, si torna in chiesa e in presenza, segnalando l'opportunità «che cessino, o quantomeno siano diminuite nel loro numero, le celebrazioni trasmesse in streaming». «Tutte» e «nelle modalità consuete precedenti» sono parole che finalmente danno "speranza" (con la minuscola!), per esempio laddove si continua ad aver timore delle processioni oppure - caso frequente e segnalatoci anche dai nostri lettori - ci si ostina a imporre la comunione sulle mani anche a chi preferisce riceverla in bocca, secondo la forma tradizionale, e nonostante tale obbligo sia decaduto almeno dal 1° aprile 2022. Oppure dove ancora si grida al sacrilegio per omessa mascherina. O dove ancora si raccomanda ("non si sa mai") di non inginocchiarsi al momento della consacrazione. E si intuisce, benché non detto esplicitamente, che sia tornato anche il precetto festivo, rimasto indefinito anche dopo la riapertura.
Dovremmo poter tornare a scandire la vita della Chiesa tra a.C. e d.C. nel senso tradizionale di "avanti Cristo / dopo Cristo" e non più in quello di "avanti il Covid / dopo il Covid". Con qualche eccezione a discrezione dei vescovi diocesani, che possono «disporre o suggerire alcune norme prudenziali come l'igienizzazione delle mani prima della distribuzione della Comunione o l'uso della mascherina per la visita ai malati fragili, anziani o immunodepressi». Circostanze specifiche e ben delimitate, che speriamo nessuno voglia estendere per giustificare l'ulteriore protrarsi di uno "stato di emergenza liturgico" che perdura da più di tre anni. E creando un precedente non poco significativo, prima lasciando che l'autorità civile dicesse se andare o meno in chiesa; poi che si intromettesse anche nel modo di amministrare i sacramenti, senza battere ciglio - mentre gli ortodossi lo hanno battuto eccome (si vedano i due differenti protocolli).

UNA RIFLESSIONE SUL PASSATO E UNA SUL FUTURO
Si impone una riflessione sul passato e una sul futuro. A tre anni di distanza, perché non chiedersi anche con una sana autocritica, cosa poteva offrire (e non ha offerto) la Chiesa in quel frangente? E in quanto Chiesa, al di là dei casi pur numerosi di singoli sacerdoti sopra ricordati o di singole voci isolate come quella di mons. Giovanni d'Ercole (vox clamantis in deserto). Non si può certo tacere l'impressione che, talora, la preoccupazione per la salute dei corpi sia stata superiore a quella per la salus animarum; che le mani di troppi sacerdoti fossero più impegnate a igienizzarsi che a benedire ed assolvere. Che nel momento di maggiore sofferenza, non solo fisica, ma anche psicologica e spirituale, a un numero troppo grande di anime, pressoché vicino al totale, la Chiesa che pur si vanta di essere "ospedale da campo" abbia detto: restate a casa e curatevi da soli. È il senso del cartello apposto sulla porta di un santuario: «Confessioni e messe sospese. Pregate in casa». Forse che ci si può assolvere da soli? Se il precetto festivo può essere modificabile per disciplina ecclesiastica, la confessione sacramentale non lo è, per diritto divino.
Sul futuro, già nell'aprile 2020 mons. d'Ercole scriveva: «Vedremo nel tempo quale effetto abbia causato questa quarantena con l'assenza delle celebrazioni, dei funerali, dei battesimi e del contatto diretto tra pastori e fedeli». L'effetto lo si è visto sin dalla riapertura delle celebrazioni pubbliche: tanti i posti vuoti tra i banchi, lasciati dalle vittime dell'allarmismo o semplicemente dell'inerzia. Posti lasciati vuoti da una pastorale che nei tre mesi precedenti aveva proclamato quale sommo comandamento dell'amore: "Non contagerai il prossimo tuo" (anche se magari eri perfettamente sano). Torna alla mente un libro del cardinal Giacomo Biffi intitolato Il quinto Evangelo, in cui, con la consueta ironia immaginava il ritrovamento di testi "originali" che avallavano finalmente le parole d'ordine più alla moda. Biffi morì nel 2015, ma se fosse vissuto ancora qualche anno avrebbe potuto fare lo stesso con gli Atti degli Apostoli, descrivendo così i cristiani al tempo della pandemia: «Erano assidui nell'ascoltare la conferenza stampa del premier e nel distanziamento fraterno e nel seguire in tv la frazione del pane...».

Nota di BastaBugie: nel seguente video dal titolo "Tre anni da favola" (durata: 7 minuti) Silver Nervuti riassume cosa è successo in questi tre anni di follia.


https://www.youtube.com/watch?v=ZMwI61VIYAY

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 maggio 2023

5 - ELLY SCHLEIN O GIORGIA MELONI? CHI HA BACIATO IL BRUTTO ADDORMENTATO, CIOE' IL SINDACATO?
Il risveglio del sindacato porta a chiedersi: ''Ma quando il governo toglieva lo stipendio ai lavoratori che non si adeguavano all'ingiusto obbligo vaccinale, i sindacati dov'erano?'' (VIDEO: Schiaffo a Conte)
Autore: Diego Torre - Fonte: I Tre Sentieri, 8 maggio 2023

La "bella addormentata" si è finalmente svegliata. E non è stato il bacio della Schlein ad operare il prodigio. Da tempo ormai si preparava; anzi tra il suono della sveglia (governo Meloni in carica da ottobre) ed il risveglio sono passati 6 mesi. Certo, già si avvertivano sbadigli e stiracchiamenti, ma ieri finalmente a Bologna il risveglio è stato formalmente acclarato e proclamato, ed il bacio della Schlein è servito da suggello (anche se la poveretta si è beccata qualche contestazione). Conte invece, reduce dallo schiaffo incassato il giorno prima a Massa, ha preferito evitare la rossa piazza bolognese.
Fuori di metafora: la triplice sindacale ha scoperto che c'è troppo precariato e povertà; e che gli stipendi sono fermi da troppi anni. Sul taglio del cuneo fiscale (più volte richiesto invano ai governi precedenti da sindacati e confindustria) lamentano che esso è a tempo determinato, fino a dicembre (anche se il vicepremier Antonio Tajani ha detto che stanno lavorando per renderlo permanente). Ma l'uovo oggi e (forse) anche la gallina domani, sono proprio da disprezzare?
E negli anni precedenti, quando la Fornero introduceva i voucher, nascevano i contratti a tempo, e si aboliva l'art.18... loro dov'erano? Nasce il fondato sospetto che certe misure varate da altri governi, non di centrodestra, da questo primo maggio, con la Meloni premier, siano diventate improvvisamente intollerabili e meritevoli di più manifestazioni di protesta in tutta Italia. Vuoi vedere che il bacio del risveglio è quello (indiretto ed involontario) di Giorgia e non quello di Elly?
Che succederà? Nulla. Il governo tirerà dritto, e già i toni e le argomentazioni di CGIL, CISL e UIL sono diversificati e lasciano capire che la "marcia unita" non durerà a lungo. La Schlein tenterà altre sviolinate a sinistra per consolidare il suo PD in via di disfacimento, recuperando qualche consenso rosso e perdendone qualche altro al centro. Landini emergerà sempre più come l' "uomo forte", leader della vera opposizione al governo di centrodestra.
E per gli italiani che cambierà? Poco, ma non pochissimo. Qualunque siano le buone intenzioni del centrodestra gli spazi di manovra finanziaria sono estremamente ridotti dalla mole schiacciante del debito pubblico e dal patto di stabilità dell'Unione Europea che lega le mani a qualunque governo. Ma anche di quest'ultima tagliola, la più micidiale, i sindacati se ne sono accorti? Facile sparare sul governo italiano, ma su (questa) Europa non si può. È sacra ed inviolabile. E non si può pretendere troppo da un drago sdentato e a corto di fiamme.

Nota di BastaBugie:
l'articolo accenna allo schiaffo ricevuto da Conte a Massa Carrara. Nel seguente video (durata: 42 secondi) si vede lo schiaffo dato da un ex attivista del Movimento 5 stelle che ha poi dichiarato: "Mi sono dichiarato 'prigioniero politico' tre giorni dopo la dichiarazione di lockdown totale, confinato in casa com'ero, l'attività lavorativa devastata, i figli reclusi come sonnambuli, la gente impazzita di terrore e all'improvviso incattivita, feroce, divisa su tutto e incapace di affrontare il senso della vita e della morte. Penso che nel 2020 abbiamo toccato il fondo della nostra civiltà". (fonte: Antidoti)


https://www.youtube.com/watch?v=ehyTtby2rAI

Fonte: I Tre Sentieri, 8 maggio 2023

6 - L'UMANITA' MERITA I CASTIGHI DI DIO
Se il mondo non si pente i castighi sono inevitabili fino all'annientamento di nazioni intere, come la Madonna ha annunciato a Fatima (VIDEO: I castighi di Dio)
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radio Roma Libera, 6 maggio 2023

Il padre Francescano Stefano Cecchin, presidente della Pontificia Accademia Mariana Internazionale, in una intervista pubblicata il 30 aprile da "Alfa&Omega" ha fatto una sconsiderata affermazione, che non può essere tenuta sotto silenzio.
Dopo aver rivendicato l'autorità e la competenza dell'organismo che presiede, padre Cecchin ha testualmente dichiarato che un criterio per discernere la autenticità delle apparizioni mariane è questo: "le apparizioni che parlano di castighi di Dio sono assolutamente false".
C'è da augurarsi che padre Cecchin corregga al più presto questa dichiarazione, perché se c'è qualcosa di assolutamente falso, e in contraddizione con l'insegnamento e la pratica della Chiesa cattolica sono proprio le sue parole.
Non c'è bisogno di ricorrere alla Sacra Scrittura, e all'insegnamento dei Padri della Chiesa, di San Tommaso e dei Santi. [...] Mi limito a citare il Magistero di un Papa contemporaneo, Benedetto XVI.
Nell'omelia tenuta il 5 ottobre 2008 per l'apertura del XII Sinodo dei Vescovi, papa Benedetto non esita a pronunciare la parola castigo, riferendola alle nazioni e alla Chiesa stessa. "Se guardiamo la storia, siamo costretti a registrare non di rado la freddezza e la ribellione di cristiani incoerenti. In conseguenza di ciò, Dio, pur non venendo mai meno alla sua promessa di salvezza, ha dovuto spesso ricorrere al castigo. E' spontaneo pensare, in questo contesto, al primo annuncio del Vangelo, da cui scaturirono comunità cristiane inizialmente fiorenti, che sono poi scomparse e sono oggi ricordate solo nei libri di storia. Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca? Nazioni un tempo ricche di fede e di vocazioni ora vanno smarrendo la propria identità, sotto l'influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna".
Queste nazioni, dice il Papa, potrebbero essere castigate, come accadde alle comunità cristiane un tempo fiorenti e oggi dimenticate. Accadde a Cartagine, devastata dai Vandali e poi sommersa dall'Islam. Il Cristianesimo fu cancellato da quella terra. E cosa attende le nazioni europee che iscrivono i vizi di Cartagine, come la sodomia, nelle loro leggi? "Non potrebbe avvenire la stessa cosa in questa nostra epoca"? Questa domanda drammatica di Benedetto XVI interpella ognuno di noi.
In un altro discorso, l'udienza generale del 18 maggio 2011, Benedetto XVI ha parlato della preghiera di intercessione di Abramo per Sodoma e Gomorra, le due città bibliche punite da Dio a causa dei loro peccati, perché Abramo non poté trovare in esse neppure dieci giusti, che ne meritassero la salvezza.
Il Signore voleva questo: un numero anche minimo di giusti per salvare la città. "Ma - afferma il Papa - neppure dieci giusti si trovavano in Sodoma e Gomorra, e le città vennero distrutte. Una distruzione paradossalmente testimoniata come necessaria proprio dalla preghiera d'intercessione di Abramo. Perché proprio quella preghiera ha rivelato la volontà salvifica di Dio: il Signore era disposto a perdonare, desiderava farlo, ma le città erano chiuse in un male totalizzante e paralizzante, senza neppure pochi innocenti da cui partire per trasformare il male in bene. Perché è proprio questo il cammino della salvezza che anche Abramo chiedeva: essere salvati non vuol dire semplicemente sfuggire alla punizione, ma essere liberati dal male che ci abita. Non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell'amore che porta già in sé il castigo. Dirà il profeta Geremia al popolo ribelle: «La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti puniscono. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo Dio» (Ger 2,19)".
Il Papa ricorda dunque che "non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio e dell'amore che porta già in sé il castigo". Il peccato porta con sé, come conseguenza, il castigo, sia sul piano individuale che su quello collettivo.
La prospettiva di un grande castigo per l'umanità, se non si fosse convertita, costituisce il nucleo del "segreto" di Fatima del 1917. Nelle parole di Benedetto XVI risuona l'eco di quel messaggio che proprio l'allora cardinale Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Fede, presentò e commentò il 26 giugno del 2000.
A Fatima la Madonna avvertì i tre pastorelli che "Dio sta per castigare il mondo per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre (...) i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Infine il mio Cuore Immacolato trionferà".
Il Messaggio di Fatima, ufficialmente divulgato dalla Santa Sede, ci ricorda come la spada di Damocle di un terribile castigo incombe sull'umanità. La Pontificia Accademia Mariana, presieduta dal padre Stefano Cecchin, oggi avrebbe il dovere di ricordare ai fedeli la scelta radicale davanti a cui il messaggio di Fatima pone la società intera e ognuno di noi, tra la conversione e il castigo, individuale e collettivo.
Se il mondo non si pente, e soprattutto se gli uomini di Chiesa tacciono, i castighi sono destinati ad aggravarsi sempre di più, fino ad arrivare all'annientamento di nazioni intere, come la Madonna ha annunciato a Fatima. E Fatima non è una rivelazione dubbia o discutibile, ma un annuncio divino, riconosciuto da ben sette Papi che si sono succeduti nell'ultimo secolo.
Chi afferma che Dio non castiga, nel tempo e nell'eternità, è uno stolto e un insipiente, perché è privo di quel timore di Dio che è l'inizio della Sapienza ed è la prima condizione per la nostra salvezza.

Nota di BastaBugie: per chi volesse approfondire il tema dell'articolo può acquistare il libro del prof. Roberto De Mattei, autore dell'articolo, "Dio castiga il mondo? La Fede di fronte al mistero del male", Fede e Cultura, Verona 2022, clicca qui!

VIDEO: PERCHÉ È GIUSTO PARLARE DEI CASTIGHI DI DIO?
Nel seguente video dal titolo "Perché è giusto parlare dei castighi di Dio?" (durata: 1 ora e 20 minuti) Roberto De Mattei parla del tema dei castighi di Dio insieme a Giovanni Zenone editore del libro del professore.


https://www.youtube.com/watch?v=G80izC_66Ss

Fonte: Radio Roma Libera, 6 maggio 2023

7 - OMELIA VI DOM. DI PASQUA - ANNO A (Gv 14,15-21)
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Le letture di questa sesta domenica di Pasqua ci offrono l'occasione per una profonda riflessione su quello che deve essere l'impegno missionario di ogni cristiano. La prima lettura parla della Comunità cristiana di Samaria, sorta in seguito alla predicazione del Diacono Filippo, il quale, animato da grande spirito missionario, si recò ad annunziare il Vangelo ai Samaritani che erano i più disprezzati non solo dagli Ebrei, ma anche dai cristiani. Il messaggio del Vangelo si doveva rivolgere anche a loro.
Come allora, anche oggi esiste la forte tentazione di fare delle preferenze e di escludere qualcuno dai propri interessi apostolici. Al contrario, la carità cristiana deve abbracciare tutti: nessuno deve essere escluso dal cuore del missionario.
«Le folle – afferma la prima lettura –, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo» (At 8,6) e ci furono molte conversioni. Allora giunsero in Samaria Pietro e Giovanni a confermare con l'imposizione delle mani, ovvero con il Dono dello Spirito Santo, l'operato di Filippo. Questo particolare ci ribadisce come l'opera missionaria del singolo deve comunque essere controllata e confermata da chi nella Chiesa esercita l'autorità.
La seconda lettura ci dà dei preziosi insegnamenti su come deve essere la nostra testimonianza evangelica. San Pietro, nella sua Prima Lettera, ci esorta ad essere sempre pronti «a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (3,15).
I fratelli che vivono attorno a noi, che incontriamo ogni giorno per la strada, che vivono nello stesso nostro palazzo, che sono vicini di porta, hanno mille interrogativi su Dio, sulla Chiesa, sul dolore innocente di tanti bambini, sulle tante ingiustizie che colpiscono l'umanità.
Il cristiano, con il suo comportamento e con le sue parole umili e rispettose, deve essere luce per tanti fratelli, conducendoli alla conoscenza della verità. Ognuno di noi, con un minimo di preparazione, deve saper rispondere alle tante domande che cercano una soluzione convincente. Per far questo, prima di tutto dobbiamo assimilare bene il Vangelo, e, inoltre, dobbiamo leggere e approfondire il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Tuttavia, questo «sia fatto con dolcezza e rispetto» (ivi). Non sarà certo per le nostre parole che tanti nostri fratelli troveranno la luce della verità, ma per l'umiltà, la carità e la mitezza che dimostreremo nei loro confronti. Una parola altezzosa, anche se veritiera, allontana da Dio; una parola umile penetra i cuori e conduce a salvezza.
San Pietro ci insegna a rispettare il nostro interlocutore, a non volersi imporre, a non pretendere di "spuntarla" ad ogni costo con verbosa arroganza. La missione è opera d'amore e deve essere animata dall'amore soprannaturale che dobbiamo portare verso il prossimo. I nostri fratelli si devono sentire amati, allora accoglieranno le nostre parole, anche se povere e disadorne.
Inevitabilmente, non incontreremo solo accoglienza e successo, ma anche chiusura e delusione. Il missionario deve mettere in conto tutto questo, pensando che è impossibile riscuotere sempre un buon esito. Spesso il missionario sarà incompreso, deriso e respinto. Ma, come ricorda san Pietro in questa seconda lettura, «se questa è infatti la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male» (1Pt 3,17).
L'esempio ce lo ha dato Gesù stesso «morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio» (1Pt 3,18); l'esempio ce lo hanno dato gli Apostoli, che hanno coronato un lungo e fruttuoso apostolato con la corona del martirio; l'esempio, infine, ce lo hanno dato i missionari in questi duemila anni di Cristianesimo, i quali hanno dovuto affrontare difficoltà di ogni genere, non esclusa la morte.
La risorsa del missionario è Cristo, «messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito» (1Pt 3,18). Partecipe del mistero della Croce, il missionario sarà anche partecipe del mistero della Risurrezione.
Dal Vangelo di oggi si può comprendere quella che deve essere l'anima del nostro apostolato. Il brano inizia con una frase molto bella e profonda: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15). È una esigenza dell'amore: se amiamo il Signore, mettiamo volentieri in pratica la sua Volontà, anche quando ciò comporta sacrificio da parte nostra.
Quando si ama il Signore si sente il desiderio di mettersi al suo servizio, per farlo conoscere e amare da tutti. Ecco dunque la fonte dello zelo missionario: l'amore di Dio. Il Signore ci dice di essere suoi testimoni e, se lo amiamo realmente, ciò non ci sarà difficile. Se togliamo l'amore, la missione cade nel nulla e sarà impossibile l'osservanza di tutti gli altri Comandamenti.
Se amiamo, non siamo mai soli: il Signore ci dona il suo Spirito. Lo Spirito di verità che Gesù ha promesso ai suoi discepoli sostiene il missionario nelle difficoltà del compito a lui affidato. Egli deve dimorare in noi, deve agire in noi, e servirsi di noi per illuminare il mondo.
Da questo si capisce il primato della vita contemplativa rispetto a quella attiva. Non possiamo dare ciò che non abbiamo. Se saremo "imbevuti" di Dio, come una spugna gettata nell'acqua, allora potremo beneficare tanti nostri fratelli. La ricchezza di vita interiore traboccherà necessariamente in una vita missionaria piena di buoni frutti.
Chi ama il Signore osserva i suoi Comandamenti e «chi ama me – dice Gesù – sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21). La missione deve essere una risposta a questo amore di Dio per noi. Gesù si manifesterà allora nella nostra vita e sarà il protagonista del nostro apostolato. Lasciamolo agire in noi: più saremo uniti a Lui per mezzo di una preghiera continua, tanto più Lui si manifesterà in noi e tanto più i nostri fratelli potranno "vedere" Dio nella nostra vita.
Chiediamo alla Vergine Maria la grazia di ottenere tutto questo, per la maggiore gloria di Dio e per il bene del prossimo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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