BastaBugie n�848 del 22 novembre 2023

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1 IL FRUTTO DEL DELITTO DI GIULIA E' LA CACCIA AL MASCHIO
L'accordo sulla (ri)educazione nelle scuole tra Meloni e Schlein è inquietante, del resto Giulia sarebbe ancora viva se Filippo avesse fatto un corso a scuola anni fa?
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone
2 EMILIA KACZOROWSKA, LA MAMMA DI SAN GIOVANNI PAOLO II
Le fu sconsigliato di avere altri bambini, dopo i primi due, per la salute compromessa, ma nonostante ciò, mise al mondo Karol Wojtyla e morì nove anni dopo
Autore: Renzo Allegri - Fonte: Sito Santi e Beati
3 GLI ULTIMI DELIRI DI GRILLO E L'ECLISSI DEI CINQUESTELLE
In tv da Fazio il comico pregiudicato, autoproclamatosi fallito, afferma ancora concetti di stampo sovietico (come il punire con più tasse chi consuma troppo o il premiare con un reddito chi non lavora)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 LE TRE ILLUSIONI DELL'OCCIDENTE (PIU' UNA)
Gli errori commessi dall'Occidente in Ucraina, in Palestina (culminato con l'aggressione di Hamas e dell'Iran contro Israele) e le minacce della Cina di invadere Taiwan, sono frutto di tre gravi illusioni
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
5 NON SI PUO' BENEDIRE PER SDOGANARE IL MALE
Alcune benedizioni sono inappropriate, se non scandalose e immorali: vediamo qualche esempio
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile
6 LA FESTA (DIMENTICATA) DELLA LIBERTA' DAI TOTALITARISMI
Dal 2005 c'è una legge che istituisce il Giorno della Libertà, il 9 novembre, anniversario dell'abbattimento del Muro di Berlino (DOPPIO VIDEO: Il muro di Berlino)
Autore: Valter Lazzari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO A (Mt 25,31-46)
Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL FRUTTO DEL DELITTO DI GIULIA E' LA CACCIA AL MASCHIO
L'accordo sulla (ri)educazione nelle scuole tra Meloni e Schlein è inquietante, del resto Giulia sarebbe ancora viva se Filippo avesse fatto un corso a scuola anni fa?
Autore: Raffaella Frullone - Fonte: Sito del Timone, 22 novembre 2023

Alla sorella di una ragazza morta prematuramente concedo tutto, figuriamoci alla sorella di una ragazza uccisa brutalmente, perciò non mi scompongo se la sento dire: «Gli uomini devono fare mea culpa. Anche chi non ha mai fatto niente, chi non ha mai torto un capello a una donna. Sono sicura che nella vita di ogni uomo c'è stato almeno un episodio in cui ha mancato di rispetto a una donna solo perché donna. Fatevi un esame di coscienza, imparate da questo episodio e iniziate a richiamare anche gli altri vostri amici».
È folle, ma non mi scompongo, al dolore ognuno reagisce come vuole, molto più spesso come può. Non concedo però la stessa impunità a chi a queste parole ha fatto da cassa di risonanza ripetendole, riproponendole, facendone un dogma che vede l'uomo come colpevole a prescindere, come se la responsabilità non fosse personale ma collettiva in base al sesso di nascita. Secondo Elena Cecchettin sua sorella Giulia è stata uccisa «in quanto donna» e quindi siamo di fronte ad un «femminicidio». In realtà Giulia non è stata uccisa "in quanto donna", altrimenti Filippo Turetta avrebbe ammazzato la commessa, la postina, un'amica, una donna qualunque, invece la furia del ragazzo si è scatenata contro la ex fidanzata. Il movente ancora non è chiaro, ancora non sappiamo tante cose di quanto accaduto quella notte. I tribunali mediatici sembrano comunque avere già deciso.
La sola causa di questo omicidio sembra essere il sesso, meglio "il genere" della vittima e il sesso, o meglio "il genere" del carnefice. I giornali ieri erano un fiume di accuse verso i maschi, rei solo di essere tali. Uno su tutti Paolo Giordano, che sul Corriere scriveva: «La possibilità della sopraffazione è il segreto meglio custodito dagli uomini, e che tutti gli uomini conoscono. Tutti gli uomini, anche i mansueti. Ognuno di noi (maschi), al cospetto dell'omicidio di Giulia Cecchettin, riconosce in sé l'eco dell'ascesso psichico dal quale talvolta scaturisce l'aggressione: un bolo di possesso, frustrazione, inadeguatezza, odio, invidia, terrore, ferocia, propensione all'ossessività, desiderio di punizione e annientamento e di autodistruzione, che ci riguarda tutti ma che rimane cautamente oscurato dal dibattito pubblico». E questa è solo la punta dell'iceberg.

UN'ALTRA DONNA FREDDATA A COLPI DI FUCILE, MA QUELLA NON CONTA
È curioso perché nelle stesse ore a morire per mano omicida c'era un'altra donna, Francesca Romeo, un medico freddato a colpi di fucile mentre si trovata in macchina col marito a Reggio Calabria. Non solo non ha avuto la stessa eco mediatica, non ha avuto nessuna mobilitazione istituzionale, nessuno ha osservato un minuto di silenzio per lei, perché? Forse siccome non possiamo incolpare il marito, questa vita ci interessa meno?
La verità è che nel nostro Paese ci sono molti più uomini morti per mano omicida, questo dicono i dati, questo dice la realtà. Perché la violenza non ha genere, ma se lo avesse, sarebbe più quello maschile ad essere penalizzato, lo spiega bene Giuliano Guzzo nel suo ultimo libro, Maschio bianco etero & cattolico. Questo can can mediatico sul corpo di Giulia ancora caldo ha un solo scopo, una rieducazione collettiva del maschio che va devirilizzato a forza, privato dei suoi tratti di forza e di coraggio perché essi sono stati ridotti solo al rovescio della medaglia.
Sarebbe come dire che dobbiamo rieducare le mamme perché secondo la giustizia Annamaria Franzoni ha ucciso il figlio Samuele, Veronica Panarello ha ucciso il piccolo Loris Stival, Francesca Sbano ha avvelenato la sua piccola di  soli tre anni, Mary Patrizio ha ucciso il figlio di cinque mesi, Alessia Piffari ha lasciato morire la figlia di fame e stenti e via dicendo. Ma non regge.
E non regge nemmeno questa pressante campagna per l'educazione "all'affettività" o "al rispetto delle donne". Se vogliamo accendere un faro sulle tante relazioni malate, allora facciamolo davvero. Uno dei punti chiave rilevati dai giornali in questi giorni è la possessività di questo ragazzo. Ma - posto che non tutte le persone possessive arrivano ad uccidere e non tutti gli assassini sono anche possessivi - allora mettiamo i puntini sulle "i", il contrario del possesso non è un'astratta forma di rispetto.

IL BENESSERE DEI SINGOLI
Perché se nelle relazioni inneggiamo ad una malintesa forma di libertà che si traduce nel benessere dei singoli fino a che ne hanno voglia, è facile capire che i due potrebbero anche non trovarsi con i tempi, e per qualcuno il benessere possa finire e per l'altro no? Rispetto non significa semplicemente, come vorrebbe il mondo, "accetto che oggi mi vuoi e domani non mi vuoi più", è qualcosa di più profondo che parte dal fatto che il corpo dell'altro è sacro, la vita dell'altro è sacra e anche il mio stesso corpo e la mia stessa vita lo sono.
Dal riconoscimento della reciproca sacralità deriva una responsabilità nel trattare noi stessi, l'altro e la relazione stessa. Questa è l'unica educazione di cui tutti abbiamo bisogno. I famosi "corsi all'affettività" di cui si parla sono momenti in cui il parametro è il proprio piacere, fino a che si continuerà a proporre il libertinaggio spinto staccato da qualunque tipo di responsabilità, fino a che conta l'emozione del momento, fino a che l'altro è utile solo se nutre il mio piacere e il mio benessere, fino a che normalizzeremo la pornografie e Onlyfans, fino a che diremo che un maschio può diventare femmina, una femmina un maschio o anche niente, o ancora tutto insieme, come potremo stupirci se le relazioni saranno violente e se le persone saranno violente?
La Chiesa è sempre stata attaccata quando ha parlato di castità, perché essa è sempre stata vista come la castrazione di una libertà, eppure solo uno sguardo casto è davvero libero dal possesso. Perché entra nell'ottica del dono da custodire, da preservare, da proteggere, da curare, far fiorire. Solo questo sguardo consente di uscire dalla sterile battaglia tra maschi e femmine per stabilire un'alleanza feconda. Ma questo certamente non è un'argomentazione che troverà spazio nei grandi media, e meno che meno verrà rilanciata. Eppure resta vera.

Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini nell'articolo seguente dal titolo "Filippo e Giulia, il frutto del delitto: caccia al maschio e rieducazione" parla della martellante campagna, che stavolta coinvolge anche il governo, e che colpevolizza il genere maschile nel suo insieme. E chiede più (ri)educazione nelle scuole.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 20 novembre 2023:

Eccoci di fronte all'ennesimo omicidio che ha come vittima una donna. Abbiamo dato un nome a questi omicidi: femminicidio. E abbiamo deciso che, se la vittima è una donna, il delitto è più grave rispetto ad altri omicidi. Non mi riferisco solo agli omicidi che hanno come vittima un uomo, circa due terzi di tutti gli omicidi; penso anche all'omicidio di tutti i bambini uccisi nel luogo dove dovrebbero essere più al sicuro, il grembo della mamma. Penso che molti di questi bambini sono femmine; e penso alla piccola Indi, morta di asfissia, di sete e di fame. Questi non sono chiamati femminicidi, nemmeno omicidi. Non so cosa siano... forse sacrifici umani a qualche demone?
Ormai i lettori della Nuova Bussola sono sazi di riflessioni sul femminicidio e sulla virilità tossica, l'archivio del nostro quotidiano on-line è pieno di argomenti e valutazioni. Tuttavia, con tutto il rispetto per il lutto e il dolore che questo dramma ha causato, è forse il caso di puntare lo sguardo altrove. In particolare sulle reazioni che questo orribile delitto ha sollevato.
Innanzitutto notiamo l'ondata di rabbia che si è riversata sugli uomini in genere; per fare un esempio, riportiamo la dichiarazione del ministro Tajani che ha detto: «Come uomo chiedo scusa a tutte le donne, a cominciare da mia moglie e da mia figlia per quello che fanno gli uomini». Che senso ha una tale affermazione? Tajani ha forse partecipato all'omicidio di Giulia Cecchettin? Di cosa, precisamente, si scusa con la moglie e la figlia? Per quale motivo si scusa «per quello che fanno gli uomini»? Ogni uomo è responsabile di ciò che fa ogni altro uomo? Se applicassimo questo ragionamento, che so… agli stranieri? Ogni straniero sarebbe responsabile di ciò che fanno altri stranieri? E poi: cosa fanno gli uomini? Solo cose orrende, solo delitti, solo il male?
Tutto questo ricorda il caso - tutt'ora controverso - di George Floyd, che suscitò un'ondata di disordini negli Stati Uniti e, in tutto il mondo compresa l'Italia, l'idea che ogni bianco caucasico (ma le razze esistono oppure no?) dovesse inginocchiarsi dinnanzi ai neri per chiedere perdono di crimini (la schiavitù) commessi da altri. E che ha avuto come conseguenza un enorme numero di aggressioni estremamente violente ai danni di ragazzini e ragazzine europoidi da parte di coetanei neri.
Tutto questo sembra l'ennesimo caso di indignazione a comando, di caccia all'untore, di «cinque minuti d'odio» di orwelliana memoria. Da parte di chi? Con quale fine? Ma qualche indizio ce l'abbiamo. Lo slogan che sta rimbalzando sui social media è questo: «Educate i vostri figli». Torna nuovamente a galla l'idea (voltairiana) che tutto si risolva con l'educazione: educazione civica per formare cittadini rispettosi, educazione sessuale per svilire la sessualità e diffondere contraccezione e aborto, educazione «al rispetto e all'affettività» per prevenire i femminicidi. Traduco: l'educazione non è più diritto e dovere dei genitori (articolo 30 della Costituzione più bella del mondo), ma compete alla scuola pubblica, cioè allo Stato; basta spiegare che non si uccidono le donne per risolvere il problema del femminicidio. Francamente è una soluzione un po' superficiale e c'è da dubitare che funzioni ma, probabilmente, il punto non è questo.
Quando tutto l'arco costituzionale si trova d'accordo su qualcosa, in genere il cittadino fa bene a preoccuparsi. In questo caso abbiamo il segretario del Pd che dichiara: «Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l'educazione al rispetto e all'affettività in tutte le scuole d'Italia»; e il Presidente del Consiglio Meloni fa eco: «È già pronta una campagna di sensibilizzazione nelle scuole».
Non sappiamo in cosa consistano l'educazione al rispetto e all'affettività e questa campagna di sensibilizzazione; la cosa, tuttavia, è inquietante. Perché, finora, ciò che si legge non va oltre la colpevolizzazione del maschio in quanto maschio, un nuovo attacco al «patriarcato» (cit. il film Barbie) e un rilancio della solita «virilità tossica»; il tutto risolto rendendo gli uomini più sensibili, autorizzandoli al pianto e vestendoli da femmina. È chiaro dove ci porta tutto questo? Esatto: all'educazione al gender nelle scuole. Strumentalizzando un omicidio - pardon: un femminicidio.
Siamo davvero caduti così in basso? Davvero non c'è più rispetto, né pudore o vergogna? Siamo ancora uomini o ci siamo trasformati in mostri? Ci sono forme di vita intelligenti, sulla terra? Chi ci salverà da questo inferno terrestre che noi stessi abbiamo creato? «Vieni presto, mio Dio; tu sei mio aiuto e mio salvatore; Signore, non tardare» (Salmo 69).

DOSSIER "FEMMINICIDIO"
L'emergenza che non esiste

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Fonte: Sito del Timone, 22 novembre 2023

2 - EMILIA KACZOROWSKA, LA MAMMA DI SAN GIOVANNI PAOLO II
Le fu sconsigliato di avere altri bambini, dopo i primi due, per la salute compromessa, ma nonostante ciò, mise al mondo Karol Wojtyla e morì nove anni dopo
Autore: Renzo Allegri - Fonte: Sito Santi e Beati, 14 marzo 2020

La madre di Giovanni Paolo II, Emilia Kaczorowska, era figlia di un sellaio lituano, ma era nata in Slesia il 26 marzo 1884. Aveva otto fratelli. La famiglia si trasferì a Cracovia quando Emilia era ancora piccola e fu bersagliata da dolori e disgrazie. In pochi anni, Emilia perse quattro fratelli e anche i genitori. Per alcuni anni crebbe in un Collegio delle suore della Misericordia. Poté frequentare solo le scuole elementari. Poi dovette pensare a guadagnarsi da vivere facendo la sarta.
Era gracile e cagionevole di salute, ma era molto bella.
Maria Janina, una coetanea di Emilia, nel 1978, subito dopo l'elezione a Pontefice di Karol Wojtyla, ricordava: «Emilia Kaczorowska, da ragazza, era la più bella ed elegante di Wadovice. Abitavamo nella stessa casa. Era snella, aveva profondi occhi neri e un sorriso disarmante. Di carattere era gaia e sempre serena. Vestiva modestamente, ma era distinta, molto femminile. Si confezionava lei stessa i vestiti. Aveva capelli lunghi e si pettinava, come si usava allora, puntandoli tutti in alto».
Il padre del Papa si chiamava Karol. Al figlio poi diede il proprio nome, come si usava spesso allora. Era nato nel 1879. Era figlio di un sarto e anche lui aveva imparato il mestiere del sarto, ma poi lo aveva abbandonato per un posto di ufficiale di carriera nell'esercito.
«Era alto, con spalle molto dritte e aveva un incedere armonioso», raccontava Maria Janina, la vicina di casa. «Gli stivali lunghi e la divisa militare con le scintillanti tre stellette di sottufficiale sul colletto gli davano fascino ed eleganza. Era molto ammirato dalle ragazze. Anche Emilia si era nascostamente innamorata di lui, e fu felicissima quando Karol la scelse come fidanzata».
I due giovani si erano conosciuti nella chiesa cattolica di Cracovia che entrambi frequentavano. Emilia se ne era innamorata subito. Secondo un rapporto dell'esercito austriaco, dove Karol prestava servizio, egli era «onesto, leale, serio, educato, modesto, retto, responsabile, generoso e instancabile». Era anche un affascinante parlatore. Tutte doti preziose, immediatamente apprezzate da Emilia.

IL MATRIMONIO E I FIGLI
Si sposarono il 10 febbraio 1904 e subito dopo si trasferirono a Wadowice, dove aveva sede un prestigioso reggimento di fanteria in cui Karol Wojtyla svolgeva compiti amministrativi.
Nell'agosto del 1906, Emilia diede alla luce un maschietto, che fu chiamato Edmund. Ma già fin da quel primo parto risultò che Emilia aveva una salute gracile e che successive maternità potevano essere fatali per lei. I medici quindi le consigliarono di non avere altri figli.
La vita dei coniugi Wojtyla a Wadowice trascorreva serena. Lo stipendio di Karol non era pingue ma sufficiente. Emilia lo amministrava con oculatezza. Lavorava anche lei come sarta contribuendo al bilancio familiare. Amava vestire bene il suo bambino e andava a comperargli qualche vestitino a Cracovia.
Edmund era intelligente, studiava con profitto. Emilia decise che quel suo ragazzo doveva frequentare l'università e diventare importante. Era orgogliosa di lui.
Nel 1914 però Emilia rimase di nuovo incinta. La gravidanza questa volta fu difficile, il parto complicato e nacque una bambina che visse poche ore. Emilia la volle chiamare Olga, come la propria sorella morta a soli 22 anni.
Quella difficile maternità e la perdita della bambina segnarono molto Emilia. Fisicamente ma anche psicologicamente. Era diventata una donna molto sofferente. Andava soggetta a fortissimi mal di schiena che le impedivano perfino di reggersi in piedi. Inoltre veniva presa da improvvisi capogiri, svenimenti che le facevano perdere conoscenza. Quando arrivavano quelle crisi, doveva restare a letto anche per quattro cinque giorni di fila. Doveva essere trasportata a Cracovia, per essere assistita da medici specialisti. Le assenze duravano anche una settimana e allora era il marito a sbrigare le faccende domestiche, fare da mangiare, lavare i piatti, pulire la casa.
I medici dicevano che aveva i reni compromessi e il cuore malandato. Doveva condurre un'esistenza tranquilla, serena, non doveva affaticarsi e neppure lontanamente pensare ad altre maternità.

IL RIFIUTO DELL'ABORTO TERAPEUTICO
Ma alla fine del 1919 si accorse di aspettare un nuovo bambino. Aveva già 35 anni e mezzo e la nuova gravidanza si annunciò subito difficile. I medici dissero che era pericolosa per lei e per il nascituro: doveva interromperla. Ma Emilia era una donna di fede. Con grande semplicità, si affidò al buon Dio. Mai avrebbe impedito a quel suo bambino di venire al mondo: per lui era disposta a morire.
I nove mesi di gestazione furono pieni di complicazioni per la salute cagionevole di Emilia. Il parto, avvenuto il 18 maggio 1920, fu difficile. Il bambino però nacque sano e venne chiamato Karol, come il padre.
Da quel momento l'esistenza di Emilia divenne precaria. I disturbi al cuore e ai reni peggiorarono, i gonfiori alle gambe le impedivano di restare a lungo in piedi. Doveva egualmente provvedere alla casa e ai figli. Si sacrificava in silenzio. «Sopportava il dolore con fede», raccontò la sua coetanea Maria Janina. «Non parlava mai dei suoi disturbi e riusciva sempre a tenere un sorriso dolce e sereno sulle labbra, anche nei momenti di maggior sofferenza».
Il piccolo Karol crebbe sereno e vezzeggiato. Nel 1926 cominciò ad andare a scuola. Aveva difficoltà in matematica, ma con l'aiuto del fratello maggiore, che era già universitario, riuscì a superarle e divenne uno dei migliori allievi.
Nell'inverno del 1928 le condizioni di salute di Emilia si aggravarono. Karol, che aveva compiuto otto anni, cominciò a capire e ad avere il terrore di perdere la mamma. Un suo insegnante di allora raccontò che il bambino era spesso pensieroso e assente. La mattina del 13 aprile 1929, Karol, dopo aver fatto colazione, era uscito presto come il solito per andare a scuola. Verso mezzogiorno arrivò nella sua classe il preside e disse all'insegnante che doveva parlare con il piccolo Wojtyla. Fuori dell'aula, Karol vide una vicina di casa. Capì che era accaduto qualcosa di grave alla sua mamma e scoppiò a piangere. La signora Emilia, infatti, era spirata poco dopo aver mandato a scuola il bambino.
La salma esposta nella casa, i funerali, la sepoltura nel cimitero, impressionarono tremendamente il piccolo Karol. Quel lutto segnò la sua vita per sempre. Gli fece scoprire il dolore di perdere la persona più cara. Tutti gli amici di Karol Wojtyla sono concordi nel dire che egli rimase sconvolto dalla perdita della madre al punto di non riuscire quasi mai a parlare di lei. Solo una volta, al giornalista francese André Frossard, che era suo amico, confidò:
«La morte di mia madre è sempre profondamente scolpita nella mia mente». Il suo amore tenero e vivo lo dimostrò tenendo sempre con sé alcuni oggetti che erano appartenuti a sua madre: un tavolino e la cesta di vimini che Emilia usava per raccogliere la biancheria.
In seguito, quando Karol Wojtyla era anche diventato un famoso poeta, scrisse, in ricordo della madre questa poesia:
«Sulla tua tomba bianca / Fioriscono bianchi fiori della vita.
Oh, quanti anni sono stati senza di te, / Quanti anni fa?
Sulla tua tomba bianca / Da tanti anni già chiusa:
Come se in alto qualcosa si innalzasse, / Come la morte incomprensibile.
Sulla tua tomba bianca, / O madre, mio spento amore,
Con tanto affetto filiale / Faccio preghiera: Dio, donale eterno riposo».
Versi densi di un tremendo dolore mai venuto meno.

Nota di BastaBugie: per altri esempi di madri di santi si può leggere il seguente articolo.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE SANTE MADRI PER LA SANTITA' DEI FIGLI
Tanti gli esempi con la Madonna in testa e poi le madri di san Gregorio Magno, sant'Agostino, santa Caterina di Svezia, don Bosco, Padre Pio e Giovanni Paolo II
di Antonio Tarallo
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7600

Fonte: Sito Santi e Beati, 14 marzo 2020

3 - GLI ULTIMI DELIRI DI GRILLO E L'ECLISSI DEI CINQUESTELLE
In tv da Fazio il comico pregiudicato, autoproclamatosi fallito, afferma ancora concetti di stampo sovietico (come il punire con più tasse chi consuma troppo o il premiare con un reddito chi non lavora)
Autore: Ruben Razzante - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 novembre 2023

La definizione più pungente ma anche più calzante di Beppe Grillo l'ha data nelle ultime ore Luca Bottura, in un intervento pubblicato ieri in prima pagina sulla Stampa di Torino: "Grillo, un Berlusconi che non ce l'ha fatta". Di continuare a parlare del comico avremmo fatto volentieri a meno, se non fosse che lui ci ha messo del suo intervenendo come ospite, domenica scorsa, alla trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" sul Nove.
Molti dimenticano che Beppe Grillo, che voleva moralizzare l'Italia e «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» insieme al suo Movimento 5 Stelle, è un pregiudicato, condannato in Cassazione molti anni fa per omicidio di tre amici in auto. Lo hanno dimenticato anche quelli che per anni si sono fidati di lui, votando per i pentastellati.
Domenica sera nel salotto di Fazio ha candidamente ammesso di essere un fallito e ha di fatto intonato il de profundis al Movimento 5 Stelle, riconoscendo i suoi limiti. «Io sono qui per sapere chi sono e cosa pensate di me e chi siete voi - ha esordito -. Io sono il peggiore, sì sono il peggiore. Io ho peggiorato questo Paese, non c'è battuta. Dopo l'ultima intervista con Vespa abbiamo perso elezioni, quelli che ho mandato affanculo sono al governo quindi sono il peggiore».

CONTRO TUTTI GLI EX AMICI
Ha attaccato i suoi ex compagni di avventura, da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, fino ad arrivare a Davide Casaleggio. Si è meritato, insomma, un bel "vaffa" dal pubblico, quello stesso "vaffa" che lui e il suo esercito di mediocri hanno per diversi lustri rivolto a tutti i cittadini onesti che si vedevano ingiustamente additati al pubblico ludibrio in nome di un qualunquismo becero. Ci riferiamo al cosiddetto ceto medio, che porta avanti il Paese da sempre, che paga le tasse, si sveglia presto per andare a lavorare e rispetta il prossimo senza offenderlo. Invece i compagni di merende del comico autoproclamatosi "fallito" erano i parassiti della società, quelli che non ce l'hanno fatta perché proprio non potevano farcela, perché non avevano nulla per potercela fare. Oggi si direbbe i "rosiconi", che alimentano l'odio sociale e incarnano il nichilismo assoluto, il vuoto pneumatico, la mancanza assoluta di idee e principi.
Hanno approfittato della mediocrità del resto della classe politica per illudere l'opinione pubblica e per circa dieci anni ci sono riusciti. Hanno conquistato il potere e un minuto dopo hanno dimenticato ogni vincolo di correttezza con i cittadini, ogni promessa elettorale per tuffarsi voracemente nella gestione del potere, dimostrando la loro palese inadeguatezza e contribuendo a peggiorare il livello delle istituzioni e della gestione della cosa pubblica. I più lesti come Luigi Di Maio, che erano probabilmente anche i più consapevoli di essere stati sopravvalutati, si sono barcamenati e ora sopravvivono. Degli altri come Danilo Toninelli, solo per fare un nome tra i più emblematici e imbarazzanti, non è rimasta alcuna traccia. E nessuno se ne rattrista.

UNA DELLE PAGINE PIÙ BUIE
Il cielo "stellato" della politica italiana è stato una delle pagine più buie della storia del nostro Paese, per fortuna archiviata o in via di definitiva archiviazione. Se perfino Casaleggio, figlio del fondatore (insieme con Grillo) del Movimento 5 Stelle dichiara che bisognerebbe far scorrere i titoli di coda e mettere fine all'esperienza politica inaugurata dal padre, significa che il fallimento del grillismo può dirsi compiuto.
Quello che in molti credevano poter essere il rimedio alla partitocrazia si è rivelato la manifestazione più acuta della patologia partitocratica. La lottizzazione, anche delle briciole, è stata la cifra dominante dei grillini, mediocri senza né arte né parte che hanno occupato le istituzioni senza sapere neppure perché, trovandosi a guidare in un mare in tempesta senza neppure averne alcuna capacità.
L'Italia del post-grillismo è decisamente peggiore della precedente e l'ultima apparizione del comico pregiudicato Beppe Grillo ne è la più nitida e inequivocabile conferma. L'aver ammesso di essere un perdente non toglie nulla alle sue responsabilità, al male fatto da lui e dai suoi sodali all'Italia che produce. Da Fazio è riuscito anche a pronunciare concetti di stampo sovietico come il dovere di punire chi consuma troppo, tassandolo doppiamente, o quello di distribuire il reddito di cittadinanza universale, per premiare chi non lavora. Frasi inverosimili e offensive nei confronti del popolo italiano, che forse ora ha finalmente capito la vera natura di Beppe Grillo, un comico pregiudicato, e del grillismo, l'antitesi della meritocrazia.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15 novembre 2023

4 - LE TRE ILLUSIONI DELL'OCCIDENTE (PIU' UNA)
Gli errori commessi dall'Occidente in Ucraina, in Palestina (culminato con l'aggressione di Hamas e dell'Iran contro Israele) e le minacce della Cina di invadere Taiwan, sono frutto di tre gravi illusioni
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 8 novembre 2023

Il Wall Street Journal del 1° novembre ha pubblicato un interessante articolo del prof. Jakub Grygiel,docente di Studi politici all'Università Cattolica d'America. L'articolo, che ha come titolo Three Foreign-Policy Illusions, mostra come alla base degli errori commessi dall'Occidente di fronte alla guerra russa in Ucraina, all'aggressione di Hamas e dell'Iran contro Israele e alle minacce della Cina nell'area del Pacifico, ci siano tre illusioni, profondamente radicate nella mentalità americana ed europea.

PRIMA ILLUSIONE: I RESPONSABILI DELLE GUERRE SONO I CATTIVI LEADER
La prima illusione è che i leader siano responsabili delle guerre e che questi Paesi siano nostri rivali solo a causa dei loro cattivi leader. Grygiel fa l'esempio del Segretario di Stato Antony Blinken, che parlando dell'invasione dell'Ucraina al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel settembre 2022, ha detto: «Un uomo ha scelto questa guerra. E un solo uomo può porvi fine». «Ma la guerra non è solo di Vladimir Putin; è la guerra della Russia. In un sondaggio del giugno 2022, il 75% dei russi ha appoggiato decisamente o per lo più le azioni delle forze militari russe. (...) La Chiesa ortodossa russa è un istigatore della guerra e ha formato una profonda cultura del nazionalismo russo e del diritto imperiale che si estende oltre il Cremlino. (...) L'ostilità di Russia, Iran, Cina e persino di Hamas può avere radici culturali profonde e un sostegno popolare che consente a questi attori di impegnarsi in conflitti lunghi e devastanti. Rimuovere un cattivo leader o un regime non trasforma necessariamente un nemico in un attore responsabile».

SECONDA ILLUSIONE: LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI POSSONO SUPERARE LE CONTROVERSIE POLITICHE NAZIONALI
La seconda illusione coltivata dall'Occidente è che le organizzazioni internazionali e la governance globale possano superare le controversie politiche nazionali e regionali. «Poiché queste istituzioni sono le fonti dell'ordine internazionale - afferma Grygiel - per molti politici occidentali, l'obiettivo primario della loro diplomazia è quello di portare più Stati, democratici o meno, sotto il loro ombrello pacificatore. Il presidente Franklin D. Roosevelt sperava che l'Unione Sovietica si sarebbe comportata meglio una volta entrata a far parte delle Nazioni Unite ed era disposto a rimandare i duri negoziati con Mosca per farla partecipare alla fondazione dell'ONU. I leader occidentali speravano che la Cina, una volta membro di istituzioni come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, sarebbe diventata un attore responsabile dell'ordine globale. Ma come la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, la Cina non è diventata un attore geopolitico benigno dopo aver partecipato per più di due decenni all'OMC. Il potere formativo delle istituzioni internazionali è stato enormemente esagerato e la grande strategia basata su di esse ha lasciato l'Occidente impreparato alla dura competizione, compresa la guerra, che abbiamo di fronte».

TERZA ILLUSIONE: MAGGIORI SCAMBI E RICCHEZZA PRODUCONO LA PACE
La terza illusione dell'Occidente è che maggiori scambi e ricchezza producano pace. «Per decenni la politica estera tedesca ha seguito il principio del "cambiamento attraverso il commercio". Berlino pensava che il commercio con la Russia, la Cina e altri cattivi attori avrebbe attenuato la loro ostilità e li avrebbe trasformati in partner affidabili. Gli Stati Uniti pensavano che il commercio con la Cina avrebbe gradualmente modificato le priorità di Pechino, creando una classe media amante della pace e legami diplomatici più profondi. La scommessa occidentale che l'espansione del commercio avrebbe superato le differenze ideologiche e le rivalità politiche era sbagliata. Gli Stati si impegnano nel commercio per diventare ricchi e competitivi, non per la pace. Spesso vogliono essere ricchi per poter attaccare i loro nemici e dominare gli altri. (...) La potenza militare, non l'interdipendenza, dà agli Stati la capacità di agire nel loro migliore interesse senza vincoli imposti da altre potenze. I nostri rivali si sono armati mentre l'Occidente, soprattutto l'Europa, sperava che il commercio avrebbe reso inutili le capacità militari. Le inimicizie profonde non possono essere superate attraverso cambiamenti di leadership, organizzazioni internazionali o scambi commerciali. Possono essere controllate, e quando necessario sconfitte, solo attraverso il potere militare».

ULTIMA ILLUSIONE: IL RIFIUTO DI OGNI IDEA DI SCONTRO DI CIVILTÀ, NONOSTANTE LO SCONTRO GIÀ IN ATTO
Alla acuta analisi del prof. Grygiel aggiungiamo una quarta illusione dell'Occidente: il rifiuto da parte di molti intellettuali e leader politici di ogni idea di "scontro di civiltà". Samuel P. Huntington (1927-2008) che lanciò questa tesi nel suo Clash of Civilizations, pubblicato nel 1993, non è mai stato un "suprematista", ma potrebbe anzi essere definito un relativista storico. Non si può negare però che la sua teoria, a distanza di trent'anni, sia stata confermata dai fatti. La "guerra di civiltà" contro l'Occidente viene infatti proclamata da Putin, da Xi Jinping e da molti esponenti del mondo islamico, diviso al suo interno, ma unito nella lotta al comune nemico.
Il sofisma di cui l'Occidente è vittima è l'idea che ammettere l'esistenza di uno scontro di civiltà equivalga a desiderarlo o a provocarlo. La tesi secondo cui non si deve parlare di guerra di civiltà, perché parlare di guerra di civiltà significa evocare la possibilità di guerra globale e una guerra globale ha la sua logica conclusione nella guerra nucleare, è lo strumento propagandistico di cui si serve chi ci vuole disarmare. Quando chi è aggredito rinuncia a difendersi di fronte alle minacce di chi lo assale, ha già perduto la guerra. Chi rifiuta il suicidio politico e morale dell'Occidente, si rende complice di questo suicidio se pensa che, tacendo, possa evitare lo scontro che il nemico proclama. Chi nega l'esistenza di una guerra di civiltà, nega non solo l'esistenza di un nemico, ma l'identità stessa della comunità di destino a cui appartiene. Quei conservatori e tradizionalisti che simpatizzano per la Russia o per i Fratelli Musulmani e sono pronti a giustificare l'invasione di Taiwan per evitare una "guerra globale", sono i "fratelli-nemici" di quella stessa "cancel culture" che costituisce l'espressione più radicale della sinistra post-moderna.

LA CULTURA DELLA CANCELLAZIONE DELLA SINISTRA POST-MODERNA
La cancel culture è penetrata purtroppo all'interno della Chiesa cattolica, in cui i massimi rappresentanti, a cominciare da papa Francesco, si limitano a deplorare la guerra, senza rendersi conto che la pace alla quale essi aspirano non è l'agostiniana tranquillità dell'ordine, ma la cronica instabilità nel disordine. Eppure tutto si gioca a carte scoperte. Yunis Al-Astal, predicatore e deputato di Hamas nel Consiglio legislativo palestinese in un sermone del venerdì, si è rivolto così ai fedeli musulmani: «Molto presto, per volontà di Allah, Roma sarà conquistata, proprio come lo è stata Costantinopoli e come è stato profetizzato dal nostro Profeta Maometto». «Oggi - ha aggiunto - Roma è la capitale dei cattolici, o la capitale dei crociati che ha dichiarato la propria ostilità all'islam, questa loro capitale sarà un avamposto delle conquiste islamiche che si diffonderanno per tutta l'Europa e poi si sposteranno nelle due Americhe, e anche l'Europa dell'est».
Un obiettivo impossibile? Ma cosa accadrebbe se la Russia prevalesse in Ucraina, se Hamas, appoggiata dall'Islam, distruggesse Israele, e se la Cina invadesse Taiwan? Sarebbe una disfatta che confermerebbe la tesi di chi ritiene che l'Occidente stia vivendo non il suo tramonto, come annunciava Oswald Spengler cento anni fa, ma la sua agonia, immerso in un buio profondo.
La storia però non è mai irreversibile, soprattutto quando Dio decide di intervenire. Il 5 novembre un'inaspettata aurora boreale ha illuminato i cieli di Europa e dell'Italia, dove è stata vista dalle Alpi alla Puglia. Gli astronomi hanno offerto le spiegazioni scientifiche del fenomeno ottico, ma chi ha spirito soprannaturale rivolge uno sguardo pensieroso al Cielo e si chiede se questo evento non possa essere collegato con le aurore boreali del 1938 e del 1939, che secondo suor Lucia di Fatima annunziarono la Seconda guerra mondiale. Segno apocalittico? Un'aurora boreale può essere anche un segno luminoso di speranza, che ci invita a giudicare le cose della terra con gli occhi del Cielo e ci ricorda che tutte le cause e tutti gli effetti di ciò che accade nel mondo hanno il loro primo principio e il loro ultimo fine in Dio, l'unico che può donare la pace in terra agli uomini di buona volontà che cercano la sua gloria.

DOSSIER "GUERRA RUSSIA-UCRAINA"
L'offensiva di Putin nel 2022

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Fonte: Corrispondenza Romana, 8 novembre 2023

5 - NON SI PUO' BENEDIRE PER SDOGANARE IL MALE
Alcune benedizioni sono inappropriate, se non scandalose e immorali: vediamo qualche esempio
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile, ottobre 2023 (n° 1)

Benedire deriva dal latino bene-dicere, e significa "dire bene" di Dio. Nella Bibbia il Popolo eletto benedice Dio, cioè lo loda per le sue opere e lo ringrazia per i suoi benefici: soprattutto per la creazione e per la liberazione dall'Egitto operata attraverso Mosè. In questo senso tutta la creazione loda il Signore del cielo e della terra attraverso la preghiera dell'uomo. Significativo in tal senso è il cantico di Sadrac, Mesac e Abdènego, meglio conosciuti come Anania, Azaria e Misaele. Essendosi rifiutati di adorare gli idoli, vengono gettati nella fornace ardente dal re Nabucodonosor. Interessante notare che al re dicono che il loro Dio può liberarli dalle fiamme, ma se anche non lo farà loro gli resteranno fedeli comunque e, per dimostrarlo, nel momento della prova benedicono il Signore chiamando tutto il creato ad unirsi a loro: «benedite, sole e luna, il Signore», «benedite, stelle del cielo, il Signore», ecc. (cfr. Dn 3,57-88)
La benedizione non è prerogativa solo dell’uomo, anzi, la prima volta che si parla di benedizione è proprio in riferimento a Dio che benedice gli esseri viventi che ha appena creato: «Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra» (Gn 1,22).
La benedizione è legata alla trasmissione della vita. Poiché essa è un dono, la benedizione la moltiplica. Anche gli sposi vengono benedetti da Dio con il dono dei figli. Questa è l'altissima vocazione dell'uomo: partecipare dell'opera creatrice di Dio. Chi blocca o distanzia le nascite di nuove creature di Dio con qualunque mezzo, anche con i metodi naturali usati però per scopo contraccettivo, offende Dio e gli dovrà rendere conto visto che il giorno del matrimonio si era impegnato solennemente ad accettare i figli che Dio voleva donargli. Non quindi quelli che la coppia decide di accettare, ma vanno accettati tutti quelli che Dio vuole donare.
Da notare che quando Dio benedice non loda le sue opere, né loda se stesso, ma effonde sulle sue opere protezione e moltiplicazione. Simbolo privilegiato della benedizione è l'acqua, indispensabile per la vita. Quando gli Ebrei vagavano nel deserto avevano il problema della sete. Allora Dio fa sgorgare l'acqua dalla roccia dimostrando così la sua benedizione. Ecco il motivo per cui in genere la benedizione viene data aspergendo con l'acqua (benedetta). L'acqua benedetta effonde vita, doni, grazie.

UNA PAROLA EFFICACE
La benedizione data da Dio o anche da parte dei ministri di Dio è una parola efficace. Basta pensare alla benedizione data da Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo e re di Salem, ad Abramo. La benedizione ad Abramo e al popolo discendente da lui, cioè gli Ebrei, è irrevocabile. Se ci si pensa infatti quello ebraico è l'unico popolo dell'antichità che è arrivato ai nostri giorni. Tutti gli altri popoli sembravano più potenti, tanto che si studiano ancora a scuola, ma sono tutti scomparsi: Assiri, Babilonesi, Fenici, Egiziani, ecc. L'unico popolo che è ancora esistente con la sua lingua, cultura e religione (ad esempio gli Egiziani di oggi non hanno nulla in comune con gli antichi Egizi) è il popolo nato da Abramo proprio perché Dio gli ha dato la sua benedizione e questa è irrevocabile.
L'efficacia e l'irrevocabilità delle benedizioni che Dio fa attraverso gli uomini è riconosciuta da Isacco quando si accorge che Giacobbe gli ha estorto la benedizione al posto di Esaù: «Io l'ho benedetto e benedetto resterà» (Gn 27,33).
Nel Vangelo Gesù benedice i bambini, e cioè effonde loro salute, protezione, favori divini. Il Signore benedice il pane prima di moltiplicarlo e poi il pane e il vino nell'ultima cena prima di consacrarli nel suo corpo e nel suo sangue. Infine, ascendendo al cielo benedice gli apostoli.
Gesù ha comandato agli apostoli di portare pace nelle case, e cioè di benedirle con i suoi favori e la sua protezione. La Chiesa ha continuato l’opera del Figlio di Dio elargendo benedizioni con abbondanza. Le formule di benedizione un tempo erano contenute nel Rituale Romano, mentre oggi sono raccolte in un libro che hanno tutti i sacerdoti chiamato Benedizionale. Oltre alle persone vengono benedette anche gli animali e le cose, come le abitazioni, i luoghi di lavoro e di svago, le automobili, il sale, l'olio, le uova pasquali, le corone del Rosario, ecc. Attraverso la benedizione si tengono lontano gli influssi del Maligno e si attua la benevolenza di Dio, ma tutto ciò è legato allo stato di grazia e all'uso di quelle realtà secondo il disegno santificante di Dio. Infatti la benedizione non è un sacramento, che opera ex opere operato, cioè per il fatto stesso di averlo celebrato, ma un sacramentale quindi la sua efficacia dipende dalla grazia e dalla devozione dei soggetti che lo usano. Ecco perché alcune benedizioni appaiono inappropriate, se non addirittura scandalose e immorali.

BENEDIZIONI INAPPROPRIATE, SCANDALOSE E IMMORALI
In Italia c'è la bella tradizione della benedizione delle case. Il sacerdote oltre alle case benedice anche i luoghi dove le persone lavorano e vivono anche fuori casa, ad esempio le scuole. Questo è previsto dalla legge italiana ed è sufficiente il consenso del preside e degli organi scolastici per poter procedere con la benedizione delle classi. Come parroco io ad esempio benedico tutti gli edifici scolastici esistenti nella mia parrocchia: sia quelli comunali che quelli tenuti dalle suore. Oltre alle case e alle scuole si benedicono ovviamente anche i negozi e le ditte. Un episodio accaduto a un mio amico sacerdote ci fa riprendere il discorso sulle benedizioni inopportune. Mentre faceva la benedizione dei negozi che si trovavano in una via del suo paese, entrò anche in uno nuovo tra questi non accorgendosi che era un negozio "particolare": era infatti un sexy shop. Quando se ne rese conto era troppo tardi perché aveva iniziato la benedizione come al solito. La benedizione in questo caso era in contrasto con la finalità del negozio in questione che invita al peccato e vende tutto ciò che conduce al peccato. Benedizione e peccato sono in contrasto perché Dio non può benedire ciò che contemporaneamente rifiuta come male.
Situazione analoga si riscontra nel caso in cui si voglia benedire una sede della Massoneria. Questa è l'associazione che ha collezionato più documenti di condanna da parte della Chiesa. Anche solo la logica vuole che un ministro della Chiesa non possa benedire ciò che la Chiesa ha così costantemente e chiaramente condannato. Passiamo adesso a un episodio che mi è accaduto qualche anno fa quando mi si presentò una signora che mi chiese di benedire gli anelli matrimoniali di sua figlia. Spiegai alla signora che non c’era bisogno perché, appena prima dello scambio degli anelli, il sacerdote li benedice. La signora allora mi rivelò che la figlia si sposava civilmente. Le risposi: «Allora se li faccia benedire dal sindaco». La sua richiesta  era in contraddizione con quello che la figlia stava per fare. Non si possono benedire gli anelli per una scimmiottatura del vero matrimonio. Del resto cosa dovrebbe benedire Dio? Una unione che formalizza una situazione di peccato rendendola ancora più grave della convivenza?

LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE OMOSESSUALI
Ultimo esempio di benedizione contraria alla morale cattolica è quella di cui si parla tanto in questi ultimi decenni e cioè la benedizione delle coppie omosessuali.
La giusta condotta da tenere da parte dei sacerdoti è stata ribadita per l'ennesima volta nel 2021 da un Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso.
La sacra congregazione ha ribadito che «non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell'unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso. La presenza in tali relazioni di elementi positivi, che in sé sono pur da apprezzare e valorizzare, non è comunque in grado di coonestarle e renderle quindi legittimamente oggetto di una benedizione ecclesiale, poiché tali elementi si trovano al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore».
«Inoltre, poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull'uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio, dato che non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. La dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso non è quindi, e non intende essere, un'ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all'essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende».
La risposta al dubium rammenta che la Chiesa «non benedice né può benedire il peccato: benedice l'uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d'amore e si lasci cambiare da Lui. Egli infatti ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo».
Alla fine il documento conclude che «per i suddetti motivi, la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso nel senso sopra inteso».
A scanso di equivoci occorre ricordare che Papa Francesco ha dato il suo assenso alla pubblicazione del Responsum ad dubium della Congregazione della Dottrina della Fede. La Chiesa non dispone, né può disporre... quindi, non potendo disporne, nemmeno in futuro potranno cambiare le cose. Occorre aggiungere altro?

DOSSIER "FIDUCIA SUPPLICANS"
Non si possono benedire le coppie gay

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DOSSIER "TOP TEN 2023"
Gli articoli più letti dell'anno

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Fonte: La Bussola Mensile, ottobre 2023 (n° 1)

6 - LA FESTA (DIMENTICATA) DELLA LIBERTA' DAI TOTALITARISMI
Dal 2005 c'è una legge che istituisce il Giorno della Libertà, il 9 novembre, anniversario dell'abbattimento del Muro di Berlino (DOPPIO VIDEO: Il muro di Berlino)
Autore: Valter Lazzari - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 novembre 2023

La legge sul 9 novembre è una delle più brevi del nostro ordinamento, un solo articolo. «Legge 15 aprile 2005, n. 61 Istituzione del "Giorno della libertà". 1° comma. La Repubblica italiana dichiara il 9 novembre "Giorno della libertà", quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo. 2° comma. In occasione del "Giorno della libertà", di cui al comma 1, vengono annualmente organizzati cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti». Stop, finita. Breve ma da conoscere e far conoscere.
Lo scorso anno è balzata alle cronache non già per essere stata onorata, ma per le proteste da parte di presidi, insegnanti, sindacati della Scuola, verso il ministro dell'Istruzione per il solo fatto che, essendo tale legge disattesa, egli esortava ad applicarla. Laddove invece si va diffondendo la pratica di celebrare a scuola una "giornata contro l'omo-bi-trans-eccetera-fobia" nonostante nessuna disposizione la prescriva. Eppure molto sarebbe il materiale, generalmente ignorato, che almeno in questo giorno si potrebbe portare alla discussione.

IL TRENTENNALE DEL 1989
Ricordiamo, quattro anni fa, come è stato celebrato il trentennale del 1989? Liquidato con qualche articolo il solo giorno del 9 novembre, mentre sarebbe stato notiziabile e commercialmente allettante scandire mese per mese tutto il 2019. Una Rai che, per esempio, aveva poco prima minuziosamente ripercorso e vivisezionato la Grande guerra (occasione per blandire pacifisti e nostalgici della rivoluzione d'ottobre), il 1989 lo ha trattato poco e male. Chiediamoci, è casuale questo obnubilamento del 9 novembre e dell'89? È una svista? O non è ancora una volta la manipolazione ideologica della Storia e della storiografia, l'annoso discorso dell'occupazione gramsciana di tutte le casematte culturali (università, editoria, letteratura (e premi letterari!), cinema, teatro, arti figurative, etc. etc.
Il totalitarismo, ci ricorda Hannah Arendt nel suo celebre saggio, non pretende solo la subordinazione politica degli individui, ma invade e controlla anche la loro sfera privata. Questa, una delle principali differenze coi regimi autoritari. Da noi nel ventennio non succedeva che, col pretesto di insegnare norme igieniche, gruppi di "volontari" venissero a ingerire in casa per vedere quali libri, quali simboli religiosi appesi, come invece fanno i "Comités de Defensa de la Revoluciòn" nelle case dei cubani. Da noi non succedeva che a ridosso della Pasqua, si interrogassero capziosamente gli scolaretti delle elementari e dell'asilo, per farsi dire se in casa si dipingevano le uova per la festa. In Albania sì. E successivamente in quelle case faceva irruzione la polizia politica. In Albania per battezzare un bimbo si rischiava la vita: un sacerdote, don Stiefen Kurti, subì la fucilazione per aver battezzato un neonato (20 ottobre 1971). Quegli stessi anni '70 in cui un noto disegnatore satirico recentemente scomparso, in Albania ci passava le settimane estive di volontariato "per l'edificazione del Socialismo" (e non risulta che mai abbia pronunciato ravvedimento). Proprio gli anni in cui Italia e mondo democratico, inscenavano fluviali cortei per la pena capitale eseguita in Spagna su uomini i quali, a prescindere dai loro nobili (?) ideali avevano tuttavia compiuto sanguinari atti di terrorismo con corredo di vittime innocenti. La Spagna non era un regime totalitario, i Paesi del Patto di Varsavia lo erano.

STUDIARE HAMAS E ISRAELE
Onorando il dettato della legge sul 9 novembre si potrebbe studiare Hamas (anche a prescindere dal contegno che essa tiene verso Israele): spiegare nelle scuole (che paiono essere parecchio simpatizzanti, docenti compresi) come Hamas governa nel suo stesso territorio. Con quali strumenti giuridici ha potuto destinare incommensurabili risorse ricevute dagli Stati amici, o dalla Unione Europea stessa, per armamenti sofisticati, per una rete di cunicoli e una edilizia tutta offensiva, lasciando il suo popolo nella miseria. Uno Stato che opprime il suo popolo al punto da farsene scudo umano, che gli impedisce lo sfollamento in luoghi sicuri e installa il quartiere generale bellico sotto strutture ospedaliere, che elimina fisicamente gli oppositori parlamentari e permette lo stupro delle proprie cittadine se carcerate, che purifica il territorio dagli omosessuali spicciamente defenestrandoli dai grattacieli perché intanto per essi c'è la pena di morte. E se non bastano questi indicatori per configurare il totalitarismo, raccomandiamo ai docenti di esporre semplicemente agli studenti lo statuto di Hamas e le ripugnanti pagine dei manuali scolastici che coi nostri soldi UE hanno potuto editare.
Si potrebbe altresì spiegare come funziona Israele, vero Stato di diritto, l'unica democrazia che si possa incontrare a partire dal mare dinnanzi alle Canarie fino all'India. E approfondire di come la minoranza araba è rappresentata in tutti i livelli della Pubblica Amministrazione, fino alla Magistratura e compresa la Corte Suprema. Conoscere della possibilità per la popolazione araba di accedere alle università come Medicina senza numero chiuso (ciò che invece vale per la popolazione ebraica) proprio per favorire l'integrazione e la partecipazione alla vita sociale dello Stato di Israele. Altro che apartheid! Magari pure accennando al Welfare e a una Sanità che cura indistintamente tutti.
I sistemi totalitari, ci ricorda ancora la Arendt, perseguono sempre una politica estera bellicista e apertamente diretta al dominio mondiale. È dimostrata l'aspirazione alla pace e alla normalizzazione di Israele verso altri paesi arabi, percorso proficuamente iniziato con gli Accordi di Abramo che invece i regimi totalitari hanno voluto interrompere: perché la guerra è consustanziale al totalitarismo.
Tutto questo, anche questo, la legge 61/2005, istitutiva del Giorno della Libertà ci permette di mettere a tema. Occorre solo volerla utilizzare. Coraggio prof!

Nota di BastaBugie: approfondimenti sul film "Balloon" che parla della storia vera di una famiglia che riesce a fuggire attraversando il muro di Berlino, clicca qui!

VIDEO 1: CARTONE ANIMATO SUL MURO DI BERLINO (durata: 5 minuti)
Dal 1961 fino alla sua caduta nel 1989 il Muro di Berlino ha rappresentato il simbolo della frattura tra Russia e Occidente. Scopriamo insieme i motivi della sua costruzione, l'epocale fine del Muro e altre curiosità (tra cui i modi con cui si fuggiva dalla Germania Est alla Germania Ovest).


https://www.youtube.com/watch?v=fT3Kuv4FM9Q

VIDEO 2: FUGA PER LA LIBERTA' (durata: 50 minuti)
Per 28 anni, il Muro di Berlino è stato il simbolo della guerra fredda e della cosiddetta cortina di ferro, ovvero quella linea di confine immaginaria che divideva l'Europa tra la sfera d'influenza statunitense e la sfera d'influenza sovietica.


https://www.youtube.com/watch?v=wOTVloH1gog

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 novembre 2023

7 - OMELIA SOLENNITA' CRISTO RE - ANNO A (Mt 25,31-46)
Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Siamo ormai giunti al termine dell'Anno liturgico e, quest'oggi, ultima domenica prima dell'Avvento, si celebra la festa di Cristo Re dell'universo. Questa celebrazione ci ricorda che noi apparteniamo a Gesù, apparteniamo a Lui completamente. Siamo suoi per creazione, perché tutto è stato creato per la sua gloria; e siamo suoi per redenzione, in quanto Lui ci ha salvati a prezzo del suo Sangue.
San Paolo, nella seconda lettura di oggi, afferma che «come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,22). Per la Redenzione da Lui operata, tutto è a Lui sottomesso e, attraverso Lui, tutto è sottomesso al Padre.
La prima lettura, per bocca del profeta Ezechiele, ci presenta questo re come un buon pastore che va in cerca delle sue pecorelle. Egli dice: «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata» (Ez 34,16).
Questo buon Pastore sarà anche il nostro Giudice. Già il profeta Ezechiele ce lo fa comprendere con queste parole: «Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri» (Ez 34,17). Ma è soprattutto nel Vangelo di oggi che comprendiamo questa verità. La pagina dell'evangelista Matteo ci presenta la scena del Giudizio: «Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra» (Mt 25,32-33).
Su questa terra, il Regno di Dio è caratterizzato dalla compresenza dei buoni e dei cattivi, simboleggiati dalle pecore e dalle capre. Ma, con la morte, vi sarà la netta separazione: i buoni saranno tratti salvi, mentre i malvagi saranno condannati.
Il verdetto sarà inappellabile. Ai buoni, Gesù dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34); mentre ai malvagi, Egli dichiarerà: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,42). Di fronte a queste parole così chiare, voler negare l'esistenza dell'inferno eterno è come volersi arrampicare sugli specchi.
Colpisce un particolare, il più importante: saremo giudicati sulla carità. Gesù enuncia le opere di misericordia corporale: dar da magiare e da bere, dare ospitalità ai forestieri, vestire gli indigenti, visitare i malati e i carcerati. Questa non vuole essere certamente una lista completa. Quello che il Signore vuole farci comprendere è che Lui ricerca l'amore delle sue creature. Da parte nostra noi dobbiamo riconoscere Lui, presente nella persona del prossimo, soprattutto nei più bisognosi. Chi ama Dio non può disinteressarsi del suo prossimo. Quanto più ama Dio, tanto più egli riuscirà ad amare i propri fratelli.
Oltre alle opere di misericordia corporale vi sono anche le opere di misericordia spirituale, che sono molto più importanti, come quelle di pregare per i peccatori, di consigliare i dubbiosi, di richiamare gli erranti, ecc. Se queste opere sono più importanti, per quale motivo Gesù, nel brano del Vangelo di oggi, parla solo delle opere di misericordia corporale? Per farci comprendere che, anche praticando le opere spirituali di carità, noi, nella misura delle nostre possibilità, non possiamo disinteressarci dei bisogni materiali del prossimo. Per meglio dire, il cristiano deve portare Dio alle anime per mezzo della carità materiale. Così si proponeva di fare Madre Teresa di Calcutta. Ella certamente voleva sollevare i poveri dalle loro miserie, ma era soprattutto preoccupata per la loro sorte eterna. Ella voleva portare Gesù ai poveri, e si prefiggeva di farlo facendo loro pregare il Rosario. Queste due carità, quella materiale e quella spirituale, devono sempre andare insieme.
Dio non ci premierà per le opere buone che compiremo, ma per l'amore che avremo avuto nel compiere queste opere buone. Un'opera esternamente buona potrebbe essere svolta anche con sprezzante superbia, in tal caso essa sarebbe un'umiliazione che daremo al prossimo e non certamente un'opera di carità. La carità cristiana è quella che ci fa riconoscere Gesù nel prossimo, per amarlo e servirlo.
Per quale motivo, in questa festa di Cristo Re, la Chiesa ha scelto questo brano del Vangelo? Per farci comprendere che il Regno di Dio è un Regno d'amore e che in noi deve regnare la carità. Se, al contrario, ci faremo dominare dall'egoismo, e quindi dai vizi, ci allontaneremo sempre di più dall'eterna salvezza. Scriveva un antico autore: «Se vogliamo che Dio regni in noi, in nessun modo regni il peccato nel nostro corpo mortale».
Faremo regnare in noi il Signore con il pentimento e confessando sinceramente i nostri peccati al sacerdote. Sia questo il nostro proposito.

Nota di BastaBugie: per integrare l'omelia della solennità di Cristo Re va approfondito il tema della Regalità sociale di Cristo, principio cardine della Dottrina Sociale della Chiesa.
Molto utile al riguardo il seguente articolo da noi pubblicato in passato:

TUTTI I POPOLI DEVONO RICONOSCERE LA SOVRANITA' DI GESU' CRISTO
La dottrina della regalità sociale di Cristo, fissata da Pio XI nel 1925, stabilisce che ogni società umana non raggiunge i propri fini naturali senza essere ordinata a Cristo Re
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3537

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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