BastaBugie n�855 del 10 gennaio 2024

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1 SACERDOTE SCOMUNICATO PERCHE' AFFERMA CHE PAPA FRANCESCO NON E' UN VERO PAPA
Seguendo don Minutella, il parroco livornese dimentica che la questione dell'eventuale Papa eretico è già stata chiarita: nessuna autorità umana può deporre un Papa
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 UN NATALE DA PERSEGUITATI PER MILIONI DI CRISTIANI
In un anno più di 2.000 chiese sono state bruciate o rase al suolo e oltre 5.200 cristiani hanno pagato con la vita la loro fede, ma in Europa si ignorano e ci si preoccupa per la (inesistente) islamofobia
Autore: Gian Micalessin - Fonte: Il Giornale
3 ''LO DICE LA SCIENZA'' OVVERO QUANDO LA SCIENZA DIVENTA RELIGIONE
Il caso Galileo insegna che il problema non fu la presunta arretratezza della Chiesa, ma la pretesa che le nuove scoperte dettassero legge anche in ambito di fede
Autore: Enzo Pennetta - Fonte: La Bussola Mensile
4 CHIARA FERRAGNI TORNA SUI SOCIAL (PER NASCONDERE LE CRITICHE)
La regina delle influencer, non ha un talento da offrire perché è solo un'egoistica vendita di sé stessa, ma adesso che la sua immagine è frantumata dall'indagine per truffa... (VIDEO IRONICO: Ti ha fregato la Ferragni)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone
5 BENEDIZIONE COPPIE GAY, TUTTI GLI INGANNI DI FIDUCIA SUPPLICANS
Il documento sta spaccando la Chiesa: dottrina cambiata affermando il contrario, falsificazione del concetto di coppia, giochi di parole e formule ambigue, rifiuto del diritto naturale
Autore: Riccardo Cascioli e Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 L'OMS PROMUOVE I FARMACI PER ''BAMBINI TRANS''
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stila nuove linee guida per ormoni bloccanti della pubertà e interventi chirurgici con amputazioni di seni e organi genitali
Autore: Matteo Delre - Fonte: Provita & Famiglia
7 OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)
Maestro, dove abiti? Venite e vedrete
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

1 - SACERDOTE SCOMUNICATO PERCHE' AFFERMA CHE PAPA FRANCESCO NON E' UN VERO PAPA
Seguendo don Minutella, il parroco livornese dimentica che la questione dell'eventuale Papa eretico è già stata chiarita: nessuna autorità umana può deporre un Papa
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 gennaio 2024

Le sanzioni adottate dal vescovo di Livorno, monsignor Simone Giusti, ai danni del parroco di San Ranieri in Guasticce, don Ramon Guidetti, hanno fatto il giro del mondo. Il 1° gennaio 2024, il Cancelliere vescovile, don Matteo Giavazzi, ha comunicato al clero e ai fedeli diocesani che don Guidetti è incorso nella scomunica latæ sententiæ per il fatto di aver compiuto «un atto di natura scismatica» durante la Celebrazione eucaristica del 31 dicembre 2023, «rifiutando la sottomissione al Sommo Pontefice e la comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti».
Cerchiamo di capire come sono andate le cose. Durante la Messa del 31 dicembre scorso, don Guidetti ha pronunciato una lunga omelia di circa venti minuti, salutata con un applauso finale, nella quale il parroco ha sostanzialmente spiegato che Benedetto XVI non avrebbe mai rinunciato al munus petrino e dunque sarebbe rimasto papa fino al giorno della sua morte; Francesco non sarebbe dunque un vero papa. Nell'omelia don Guidetti ha salutato «padre Alessandro Maria Minutella», il sacerdote palermitano scomunicato nel 2018 e dimesso dallo stato clericale nel novembre del 2021, come «paladino della verità». Quindi ha nominato i sette sacerdoti che si sono uniti a Minutella nel Sodalizio Sacerdotale Mariano, secondo don Guidetti, «i Magnifici sette», tutti colpiti da sanzioni ecclesiastiche.
Verso la metà dell'omelia, don Guidetti ha iniziato ad alzare i toni, riferendosi alla «falsa chiesa, del signor Bergoglio e dei suoi mercenari», criticando preti, vescovi, cardinali «che continuano a girarsi i pollici e sanno tutto», ossia «sanno che c'è uno scisma da dieci anni, sanno che c'è la massoneria che governa, sanno che costui non è il papa, lo sanno ma tacciono. E poi ti tacciano». Quindi il riferimento a Bergoglio come all'«innominato, non lo nomino (...) massone, un gesuita massone legato ai poteri mondialisti, usurpatore e antipapa». E l'annuncio: «Ed ecco che da domani, a questi valenti sacedoti si aggiunge il sottoscritto».

SCOMUNICA LATÆ SENTENTIÆ
Queste le parole più significative dell'omelia. Mons. Giusti ha aggiunto alcuni dettagli della vicenda nella sua intervista a Il Telegrafo di Livorno; don Ramon «era stato già ammonito a non compiere quell'atto prima di Natale e alla fine aveva convenuto di soprassedere alle sue intenzioni, capendo la gravità della cosa. Poi alla messa del 31 dicembre la sua dichiarazione di rottura, a quel punto inattesa, contestando l'elezione di Papa Francesco, il suo ministero e la sua autorità, celebrando non in comunione con il Papa, con atteggiamento scismatico». Il vescovo di Livorno chiarisce dunque che il sacerdote era già stato richiamato ed aveva, apparentemente, accettato il richiamo. Inoltre, don Guidetti ha celebrato una Messa non una cum, ossia una Messa nella quale, durante la Preghiera eucaristica, non si è menzionato il Papa, come avviene nel tempo di sede vacante.
Continua il vescovo: «L'ho chiamato lo stesso 31 dicembre dopo la messa e non ha risposto. Lui aveva già fatto i bagagli e aveva lasciato le chiavi non a me, ma ad una signora della parrocchia, andandosene via subito dopo, risucchiato in gruppi scismatici che si contrappongono alla Chiesa. Era stato tutto preordinato». Dunque, la decisione presa dal vescovo di rendere nota la scomunica latæ sententiæ, nella quale il sacerdote è incorso ipso facto per scisma, appare motivata da più atti di natura scismatica compiuti dall'ex parroco: dichiarazione pubblica che Francesco non è papa, rifiuto di celebrare una cum, abbandono repentino della parrocchia per unirsi a un sodalizio scismatico.
La conferma dell'adesione ad uno scisma, proviene dalla bocca dello stesso don Guidetti, che così ha commentato le sanzioni del vescovo di Livorno: «Ci farò una bella cornicina e lo appenderò al muro e sarà qualcosa di cui mi vanterò ben volentieri», disconoscendo in questo modo l'autorità del proprio vescovo.
Per quanto sia indubbiamente indisponente vedere sanzioni che scattano con estrema velocità verso quei sacerdoti che criticano l'attuale pontificato, mentre non vengono comminate o addirittura tolte ad abusatori plurimi ed eretici, rimane il fatto che le sanzioni prese da mons. Giusti sono corrette. Questo punto va chiarito: don Guidetti non ha semplicemente criticato, anche con toni forti, azioni, parole, documenti di questo pontificato, ma ha usurpato il giudizio della Chiesa su chi sia o non sia il legittimo pontefice. Il problema non è avere dubbi in foro interno, purché fondati; ma riconoscere che si tratta appunto di dubbi, che attendono un giudizio da parte della sola autorità che si può pronunciare in questo ambito: la Chiesa.

SAN TOMMASO D'AQUINO
Oltre alla chiara posizione di san Roberto Bellarmino sulla questione del papa eretico (vedi nota in fondo a questo articolo), bisogna ricordare la posizione classica di san Tommaso (cf. Summa Theologiæ III, q. 82, a. 9): è solo a partire dalla sentenza della Chiesa che diviene lecito e obbligatorio non comunicare più con scismatici, eretici e scomunicati, ossia non partecipare alle loro messe e non ricevere da loro i sacramenti. Discorso analogo vale per la legittimità di un papa, che è stato riconosciuto tale dall'universalità della Chiesa, in quanto dubbi sono stati sollevati solo molto tempo dopo (sul finire del 2015 circa) e non hanno mai trovato eco tra i membri legittimi dell'episcopato. Prima di una eventuale sentenza della Chiesa, chiunque si arroghi il diritto di giudicare della legittimità di un papa usurpa il giudizio della Chiesa.
Rimane un altro fatto, che deve far riflettere. L'omelia di don Ramon è stata accolta da uno scroscio di applausi. Né si può tacere che vari movimenti scismatici, incluso il Sodalizio Sacerdotale Mariano, stanno vedendo affluire sempre più simpatizzanti. È un dato di fatto: la sempre più marcata confusione e grave problematicità di questo pontificato sta spingendo sempre più persone fuori dalla Chiesa. E questo problema non lo si risolve sanzionando, seppur giustamente, uno o più sacerdoti. La rabbia e l'agitazione stanno crescendo a dismisura tra i fedeli e il clero, portando ad assumere posizioni che, anziché soccorrere la Chiesa, la feriscono ancora di più, oltre che mettere in serio pericolo la salvezza delle anime. Fiducia supplicans è stata una ulteriore tragica e colpevole spinta in questo senso.
I pastori della Chiesa devono assumersi la responsabilità di questa parte del gregge, andare loro incontro per tutte le loro legittime richieste, senza continuare a inacerbirsi contro questi fedeli, i quali hanno bisogno di liturgie sacre, di sana dottrina, di vicinanza effettiva ed affettiva da parte dei loro pastori. E devono farlo capire a papa Francesco, che è all'origine di misure e parole sempre più esasperanti.

Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Luisella Scrosati, nell'articolo seguente dal titolo "Un Papa eretico? Cosa ne pensava san Roberto Bellarmino" parla del giudizio su un eventuale Papa eretico. San Bellarmino aveva chiaro che nessuna autorità umana può deporre un Papa.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 dicembre 2023:

La condanna post mortem di papa Onorio è un fatto storico. Non è affatto certo che tale condanna fosse ben meritata, ma è invece pacifico che essa si trovi nero su bianco negli atti di tre concili, approvati dai romani pontefici. La questione merita una "digressione".
Quella del "papa eretico" è certamente una possibilità remota, ma non per questo irreale o impossibile. Ed è una vexata quæstio, che da ipotesi teologica è divenuta, nell'ultima metà di secolo, motivo di numerosi scismi. Il punto critico e forse insuperabile del problema sta nel principio inviolabile per cui prima sedes a nemine iudicetur - la prima Sede, ossia la Sede Apostolica, non può essere giudicata da nessuno. Dunque, se non può essere giudicata, chi può deporre il papa eretico?
Cercando di semplificare, senza tradire il pensiero soggiacente alle differenti correnti contemporanee sedevacantiste, la loro tesi di fondo è che un papa manifestamente eretico si separa da sé dalla Chiesa, decadendo così dall'ufficio petrino. Non si tratterebbe dunque di giudicare il papa, ma semplicemente di discernere che il papa non è più tale, a causa della sua eresia. Né si tratterebbe di deporlo, ma di prendere atto che si è deposto da sé con la propria eresia o, se si preferisce, che è stato deposto dalla legge divina.
Questa posizione assomiglia molto alla seconda delle cinque tesi discusse da san Roberto Bellarmino, nel suo De Romano Pontifice, secondo la quale il papa eretico è deposto ipso facto da Dio e quindi separato dalla Chiesa, della quale dunque non è più papa. La Chiesa dunque non giudicherebbe propriamente il papa, perché "il papa" caduto in eresia non è più papa e può pertanto essere giudicato. Il punto è che Bellarmino riferisce sì questa tesi, ma per respingerla.
Richiamiamo due punti. [...] Papa Adriano II (792-872), durante il Concilio di Costantinopoli IV (869-870), aveva dato una spiegazione sulla liceità della condanna di papa Onorio (585-638). Il Papa precisava che «né i patriarchi né gli altri vescovi [avevano] diritto di emettere alcun giudizio su di lui a meno che l'autorità della stessa prima sede pontificia non ne avesse dato il consenso»: è in sostanza il principio che la prima Sede non può essere giudicata da nessuno. Ma nel caso di Onorio si trattava comunque di un papa defunto, e dunque un legittimo successore aveva tutta l'autorità per pronunciare su di lui un giudizio e una condanna. Non risulta invece un caso, nella storia della Chiesa, in cui un papa in carica sia stato deposto per eresia.
Ma Adriano aveva affermato anche un'altra cosa: che l'accusa di eresia è l'«unica ragione per cui anche gli inferiori possono legittimamente giudicare i propri superiori». Come conciliare questa posizione con il principio che la Sede Apostolica non può essere giudicata da nessuno?
Un notevole contributo alla questione è stato offerto da un dettagliato studio di Robert Siscoe e John Salza, The True Meaning of Bellarmine's Ipso Facto Loss of Office Theory for a Heretical Pope. Come si evince dal titolo, si tratta di una disamina per comprendere il reale pensiero del Bellarmino sul papa eretico e sulla sua perdita dell'ufficio petrino ipso facto, ossia per lo stesso fatto dell'eresia, che può aiutare a chiarire alcuni aspetti controversi.
Partiamo da una constatazione: coloro che ritengono che la Sede Apostolica sia vacante, sostengono che l'eresia del papa (o dei papi) sia notoria; e dunque non vi sia alcun dubbio sul fatto che il papa sia deposto ipso facto. Il minimo che si possa osservare è che tra costoro non vi è affatto consenso su quali papi debbano essere considerati legittimi e quali no: alcuni ritengono che la Sede sia vacante dalla morte di papa Benedetto XVI, altri da Paolo VI, altri ancora da Giovanni XXIII, e non mancano quelli che spostano ancora più indietro l'inizio della Sede vacante. Evidentemente l'eresia manifesta non è così manifesta. Se poi pensiamo che la stragrande maggioranza dei cattolici, inclusi vescovi e cardinali, hanno riconosciuto tutti questi papi, il problema diventa ancora più marcato.
Il punto è che san Roberto Bellarmino, seguito da molti altri teologi di fama, come Francisco Suárez e Giovanni di San Tommaso, afferma chiaramente la necessità di un previo giudizio della Chiesa, tramite un concilio o una riunione dei cardinali, che dimostri inequivocabilmente l'eresia. Si tratta di un cedimento verso la posizione conciliarista (che ritiene il concilio superiore al papa)? O di una contraddizione al principio che la prima Sede non può essere giudicata?
Non esattamente. In un'altra opera, il De Concilio, Bellarmino distingue tra due giudizi: un giudizio discrezionale, che discerne la situazione, e un giudizio coercitivo, che impone l'obbedienza ad un comando. Nel caso di eresia o di dubbio su chi sia il papa legittimo, quando si ha la copresenza di più "papi", o ancora quando un papa è accusato di crimini gravi, i vescovi e i cardinali possono riunirsi per dirimere la questione. Un tale eventuale concilio, non avendo l'autorizzazione del papa, sarebbe pertanto un concilio imperfetto, ossia impossibilitato a pronunciarsi su qualsiasi altro argomento dottrinale o disciplinare. Questo pronunciamento, precisa Bellarmino, non ha però potere coercitivo. Che cosa accade, dunque?
Il cardinale gesuita ha ben chiaro che solo Dio ha il potere di deporre un papa; ma suggerisce un illuminante parallelo tra la modalità di elezione del pontefice e la sua deposizione. Sono i cardinali ad eleggere il papa, ma è solo Dio a costituirlo tale nel momento della sua accettazione; vi è dunque una cooperazione tra Dio e gli uomini: prima i cardinali eleggono, poi, all'atto dell'accettazione, Dio trasmette al nuovo papa i suoi poteri, al punto che mai si ha un papa se non c'è la mediazione umana. Sul versante della deposizione, si dovrebbe trovare lo stesso ordine: i cardinali o i vescovi in concilio dichiarano (con giudizio discrezionale, non coercitivo) l'eresia del papa e solo allora, e mai senza questa mediazione, Dio lo depone.
Qualunque sia la difendibilità di questa posizione, che non risolve tutti i problemi, è però chiaro che la deposizione ipso facto del papa eretico necessita di questo passo intermedio, che mantiene la mediazione, voluta da Dio, della Chiesa, la quale impedisce che ciascuno si eriga a giudice dell'eresia del papa, provocando inevitabilmente dolorosi scismi. Secondo Bellarmino è chiaro che nessuno può dichiarare eretico un papa senza che prima la Chiesa lo abbia giudicato tale. E questo tipo di giudizio (non coercitivo) permetterebbe, a suo avviso, di non contraddire la non giudicabilità della prima Sede, né di cadere in una forma di conciliarismo mitigato.
Il criterio riguarda in generale qualsiasi presunto eretico o scismatico; san Tommaso spiega infatti che il rifiuto di comunicare con costoro riguarda solo quanti «eretici o scismatici o scomunicati o anche peccatori, (...) vengono privati dell'esercizio dei loro poteri da una sentenza della Chiesa» (Summa Theologiæ III, q. 82, a. 9), non secondo un giudizio personale, fosse anche corretto.
Finché dunque questo giudizio della Chiesa - e non di chiunque - non sia stato pronunciato, il papa rimane in carica e a lui si deve obbedienza, quando comanda ciò che può comandare. Questo è un altro punto chiarissimo in Bellarmino, molto più condiviso che non la sua tesi precedente. Il papa ha una sfera nella quale il suo comando è legittimo, e dunque obbligante. Ma questa sfera non è infinita né indeterminata. Tant'è vero che egli afferma, in un noto passo, che «come è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime o perturba l'ordine civile, e, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina ed impedendo la esecuzione della sua volontà: non è però lecito giudicarlo, punirlo e deporlo, poiché questi atti sono propri di un superiore» (De Romano Pontifice, lib. 2, c. 19).

DOSSIER "FRANCESCO E' IL PAPA"
Chi lo nega non è cattolico

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 6 gennaio 2024

2 - UN NATALE DA PERSEGUITATI PER MILIONI DI CRISTIANI
In un anno più di 2.000 chiese sono state bruciate o rase al suolo e oltre 5.200 cristiani hanno pagato con la vita la loro fede, ma in Europa si ignorano e ci si preoccupa per la (inesistente) islamofobia
Autore: Gian Micalessin - Fonte: Il Giornale, 12 dicembre 2023

Assieme alle guerre di Ucraina e di Gaza si è combattuto, negli ultimi due anni, un terzo conflitto alle cui vicende si è prestata, però, molta meno attenzione. Parlo del Nagorno Karabakh un territorio dove santuari e monasteri risalenti al primo secolo sono il simbolo dell'essenza cristiana della regione. In questi due anni i 130mila abitanti di quell'enclave cristiana sono stati costretti a un drammatico esodo di massa. Eppure la loro tragedia è rimasta sorda e inascoltata. In loro difesa non si è levata una sola voce. Questo sciagurato silenzio ci ricorda come il conflitto del Nagorno Karabakh rientri nell'immensa tragedia delle comunità cristiane perseguitate. Una dimensione di cui spesso non si ricorda né il perdurare, né il numero delle le vittime». Alessandro Monteduro direttore di Acs «Aiuto alla Chiesa che soffre» - la Fondazione della Santa Sede, deputata alla salvaguardi della libertà religiosa - affronta così, in vista del Natale, il tema della persecuzione dei cristiani. Un tema spesso dimenticato ignorato o sottovalutato, ma le cui cifre non sono meno tragiche di quelle della guerra in Ucraina o a Gaza. Secondo Acs almeno 360 milioni di cristiani nel mondo sperimentano «alti livelli di persecuzione e discriminazione a motivo della loro fede». E le vittime aumentano di anno in anno. Nel 2022 oltre 5.200 cristiani hanno pagato con la vita la loro fede, almeno altrettanti sono stati rapiti e più di 4.500 sono stati arrestato o detenuti. Mentre oltre duemila fra chiese ed edifici religiosi sono stati rasi al suolo.

MORIRE PER NON RINNEGARE CRISTO
Alla dimensione tragica si aggiunge quella demografica. Tra le nazioni più restie a rispettare la libertà religiosa vi sono quelle più popolose del mondo. Dalla Cina all'India, dal Pakistan al Bangladesh per arrivare in Nigeria e Pakistan le violazioni della libertà di fede riguardano, direttamente o indirettamente, quasi 5 miliardi di persone. L'eccezionale dimensione quantitativa di queste violazioni, fa notare il direttore di Acs «non è accompagnata da una commisurata presa di coscienza dell'Europa e del cosiddetto mondo libero». Parole gentili per spiegare che in sintesi il mondo occidentale se ne frega delle libertà religiose. Anche, o soprattutto, quando sono in ballo quelle dei nostri fratelli cristiani. «Accettare l'idea che si possa morire per non abiurare alla propria fede - spiega Monteduro - è qualcosa che stride con il relativismo politico e ideale dilagante nella nostre società. Accettare l'idea che 120mila cristiani della piana di Ninive in Iraq abbiano abbandonato tutto pur di non rinunciare alla propria identità e alla fede in Cristo significa misurarsi con un'idea di libertà religiosa che l'Occidente non comprende più. Anche perché l'ha relegata a un livello inferiore rispetto alle libertà più di moda come le libertà sessuale o la libertà di genere. E questa è la beffa più clamorosa per i nostri fratelli cristiani spesso perseguitati perché considerati vicini all'Occidente. Mentre, in realtà, noi Occidentali scegliamo di ignorarli o dimenticarli». L'evidenza di questo patologico disinteresse per il dramma dei nostri fratelli nella fede si nasconde anche tra le cifre dei flussi migratori provenienti dalle coste del Nord Africa. Guardando alle prime dieci nazionalità dei migranti sbarcati in Italia quest'anno scopriamo che quelli provenienti dal Burkina Faso sono letteralmente decuplicati passando dai circa 300 del 2022 agli 8.410 di quest'anno. Con un paradossale incremento del 2.512%. «Il Sahel - sbotta Monteduro - è la miopia delle miopie. E riguarda anche le chiese d'Europa. Quando l'Isis si impose in Siria e Iraq ci fu una reazione che unì l'Occidente e le nostre chiese. E questo consentì, in prospettiva, la disarticolazione militare del Califfato. Oggi il dramma nel Burkina Faso non è diverso. Il 50% del suo territorio è in mano a micro-califfati e i cristiani sono costretti alla fuga per timore di quest'avanzata jihadista. In Mali e Ciad non va molto diversamente. Eppure in Europa tutti sembrano ignorarlo. Questa miopia e questa indifferenza sono paradossali. Perché se anche avessimo deciso di fregarcene dei cristiani in fuga come possiamo ignorare che chi abbandona quelle terre finisce poi con l'approdare sulle nostre coste?».

 L'ESODO CRISTIANO DAL MEDIORIENTE
Ma a far tremare i polsi sono anche i numeri dell'esodo cristiano dal Medioriente. I cristiani d'Iraq che nel duemila superavano il milione e mezzo sono oggi poco più di 150mila. In Siria le cifre sono simili. Del milione e mezzo di cristiani censiti nel 2010 ne sono rimasti, dopo 12 anni di guerra civile e religiosa, poco meno più di cinquecentomila. Ad Aleppo, cuore della comunità, i numeri sono scesi da oltre 150mila a meno di 25mila. «Ma la scomparsa dei cristiani - sottolinea Monteduro - è anche la cartina di tornasole dello spostamento geopolitico della Siria. Il paese colpito dalle sanzioni di Europa e Stati Uniti è tornato a sedere nella Lega Araba e si è rivolto alla Cina per i suoi beni essenziali. In pratica non solo si è svuotato dei cristiani, ma non ha neppure più bisogno dell'Italia e dell'Europa. L'assenza cristiana diventa insomma il simbolo della nostra irrilevanza». In Oriente non va meglio. In India - paese da un miliardo e 450 milioni di abitanti - 12 dei 36 Stati prevedono leggi anti conversione che puniscono con galera e durissime sanzioni economiche gli induisti pronti a convertirsi al cristianesimo. Senza contare le rappresaglie sociali e le violenze che spesso le accompagnano. In Cina i tentativi di dialogo avviati dalla Santa Sede dopo gli accordi sulla nomina dei vescovi non hanno alleviato la situazione di reale oppressione. «Parliamo - spiega Monteduro - di controlli sulla vita dei fedeli e sulla loro partecipazione alle cerimonie, di arresti dei vescovi non riconosciuti dal Partito e, persino della richiesta di sostituire crocefissi o immagini della Madonna con i ritratti del presidente di Xi Jinping. Controlli resi ancor più oppressivi grazie all'uso dei sistemi digitali di sorveglianza che si avvalgono dell'intelligenza artificiale e possono controllare i contenuti dei cellulari e la partecipazione alle comunità dei fedeli». Insomma per molti milioni di cristiani il prossimo Natale non sarà una festa, ma la triste celebrazione di un'era di paura e persecuzione. In questo clima sostanzialmente mesto il direttore di Acs sottolinea però i segnali incoraggianti lanciati dal governo italiano. «Dopo la Festa della donna celebrata da Giorgia Meloni con due ragazze nigeriane vittime della ferocia di Boko Haram il Fondo per le minoranze cristiane è stato rifinanziato con circa 10 milioni di euro ed è stato nominato un inviato speciale per i cristiani perseguitati. Piccoli segnali, ma fonte per noi di concreta speranza».

AUMENTA L'ODIO CONTRO I CRISTIANI, MA L'EUROPA PROTEGGE I MUSULMANI
L'Unione Europea tace sull'odio anticristiano, mentre la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) incoraggia la blasfemia anticristiana sotto la maschera della libertà di espressione
di Thibault van den Bossche
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7645

Fonte: Il Giornale, 12 dicembre 2023

3 - ''LO DICE LA SCIENZA'' OVVERO QUANDO LA SCIENZA DIVENTA RELIGIONE
Il caso Galileo insegna che il problema non fu la presunta arretratezza della Chiesa, ma la pretesa che le nuove scoperte dettassero legge anche in ambito di fede
Autore: Enzo Pennetta - Fonte: La Bussola Mensile, dicembre 2023 (n. 3)

"Lo dice la scienza" è una frase diventata di uso comune da qualche anno ed è anche una delle espressioni più fideistiche del nostro tempo. Affermare "lo dice la scienza" proclama un dogma di fede in un'epoca senza trascendenza, in una società bisognosa di certezze che ha creato una pseudo-divinità personificando qualcosa che non esiste: la "scienza".
Quello che chiamiamo "scienza" è letteralmente ciò che si conosce su un determinato argomento e a parlare eventualmente è lo scienziato, per cui si dovrebbe correttamente dire: "Lo dicono gli scienziati".
Ma anche sostenere "lo dice lo scienziato" equivale a proclamare un dogma, un atto contrario al metodo scientifico che è nato per superare quell'ipse dixit ("l'ha detto lui") che fu dei pitagorici e poi degli aristotelici. Il vero spirito scientifico consiste nel mettere in dubbio, non nel trasformare le affermazioni in dogmi. Uno dei massimi fisici del XX secolo, Richard Feynman, ci ha lasciato il suo pensiero al riguardo: scienza è credere nell'ignoranza degli esperti. Un dogma è letteralmente un'affermazione posta a fondamento di una religione, è l'equivalente di un postulato matematico non dimostrabile, l'esatto contrario del metodo scientifico sperimentale che richiede proprio una conferma pratica delle sue ipotesi.
La scienza moderna nasce con Galileo Galilei nel XVII secolo e proprio la vicenda che lo vede coinvolto in uno scontro con la Chiesa cattolica costituisce un episodio fondamentale per capire perché non si debba far confusione tra affermazioni scientifiche e dogmi, tra scienza e fede.
La vicenda Galilei è inoltre uno di quei fatti storici generalmente insegnato male e distorto da rivisitazioni ideologiche che attingono più all'invenzione letteraria che alla ricostruzione storica. Un esempio di questo meccanismo si può trovare nella riduzione teatrale fatta da Bertolt Brecht in Vita di Galileo.

UNA FORZATURA
Galilei all'inizio del Seicento inviò delle lettere private al matematico Benedetto Castelli e alla granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, in cui scriveva che il passo della Bibbia in cui si racconta di Giosuè che ordinava al sole di fermarsi (Gs 10,12 ss.) andava rivisto alla luce della teoria copernicana, che, essendo eliocentrica, non ammetteva che il sole si muovesse.
Discutere su queste basi era veramente una forzatura: se Galilei venisse trasportato ai giorni nostri penserebbe che siamo tutti tolemaici poiché parliamo ancora di "solstizi" di estate e d'inverno, e solstizio letteralmente vuol dire il sole che si ferma. E diciamo ancora che il sole "sorge" e "tramonta" come se si muovesse nel cielo.
A parte la pretestuosità dell'argomento, va fatto notare che si trattava di lettere private, maliziosamente utilizzate dal predicatore Tommaso Caccini per denunciare Galilei al Sant'Uffizio: questo ci insegna che le questioni scientifiche possono essere influenzate da aspetti umani che con la scienza stessa hanno poco a che vedere, motivazioni che non sempre sono la ricerca della verità e che rappresentano interessi e conflitti personali.
Fatto sta che quella denuncia portò al primo processo a Galilei che si concluse con una sentenza dalla quale possiamo trarre un altro spunto importante: l'insegnamento della teoria copernicana, che fino a quel momento non aveva costituito alcun problema, venne sospeso nelle università pontificie finché la teoria non fosse stata dimostrata vera. In poche parole, la teoria copernicana non era un problema prima del caso Galilei ma lo diventò in seguito. Questo evidenzia che le questioni scientifiche si possono discutere liberamente ed è solo quando diventano problemi politici che la discussione viene negata: un argomento scientifico di cui non si può discutere è un argomento politico.

L'ELIOCENTRISMO NON ERA UN PROBLEMA
L'eliocentrismo non era un problema in sé: lo conferma il testo della lettera che il cardinale Roberto Bellarmino scrisse a Paolo A. Foscarini il 12 aprile 1615, affermando che «quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo e la terra nel terzo cielo, e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole, allora bisognerà andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie».
Bellarmino non era dunque contrario alla teoria copernicana in sé, che infatti, come detto in precedenza, era liberamente insegnata nelle università pontificie, ma era preoccupato dalla strumentalizzazione della teoria eliocentrica da parte di chi avesse voluto mettere in discussione l'autorità del pontefice che, è bene ricordarlo, era anche un sovrano.
La sentenza del Sant'Uffizio fu comunque mite. Nessuna restrizione fisica fu imposta a Galilei che, come ribadito nella lettera di Bellarmino, avrebbe dovuto solamente produrre una «vera demonstratione» dell'eliocentrismo: una posizione assolutamente scientifica.
Una delle affermazioni più comuni che si sentono ripetere riguardo al caso Galilei è che la teoria copernicana era contrastata dalla Chiesa perché toglieva l'uomo dal centro dell'universo e questo avrebbe costituito un problema. Questa affermazione nasce dall'ignoranza della vera concezione del mondo all'epoca, cioè quella della Divina Commedia, dove il geocentrismo ci mostra la terra come il punto più basso dell'universo, un luogo per nulla privilegiato dove, in accordo con una concezione più antica del cristianesimo stesso, regna la morte e il degrado del tempo: la terra è il luogo dell'imperfezione mentre i cieli sono perfetti e immutabili. Da questo si evince che adottare la teoria copernicana avrebbe abbassato il sole al centro dell'universo ed elevato la terra al terzo cielo, cioè ad una maggior perfezione. L'idea che una concezione antropocentrica potesse essere messa in dubbio dalla teoria copernicana è un errore di prospettiva in cui possono cadere gli uomini del XXI secolo, non quelli del XVII.

CARDINALI AMICI
Che la teoria copernicana non fosse un problema per la Chiesa Cattolica è confermato dal fatto che quando nel 1623 venne eletto Papa il cardinale Maffeo Barberini, con il nome di Urbano VIII, questi, essendo un amico di Galilei, lo invitò a riprendere il discorso sull'eliocentrismo e a scrivere al riguardo un libro con la sola raccomandazione di usare degli accorgimenti per non creare problemi di tipo politico.
La cosa qui ha dell'incredibile: Galilei andò contro tutte le raccomandazioni dell'amico pontefice e giunse persino ad umiliarlo mettendo in ridicolo, nel suo libro Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, delle frasi che questi gli aveva rivolto. Questo comportamento portò inevitabilmente alla rottura tra i due e alla decisione di procedere per via giudiziaria.
Per una maggior comprensione dei meccanismi che sottostanno alle vicende scientifiche va riportato anche il fatto che Galilei compì un'operazione scientificamente scorretta proprio a partire dalla scelta del titolo del suo libro che fa riferimento ai "due massimi sistemi" e cioè quello tolemaico e quello copernicano, mentre all'epoca esisteva una terza ipotesi che appariva robusta come quella copernicana. Il riferimento è alla teoria dell'astronomo danese Tycho Brahe che proponeva una terra ferma al centro dell'universo ma con i pianeti che giravano intorno al Sole, una teoria molto nota all'epoca che faceva propri i punti forti del geocentrismo e dell'eliocentrismo. Galilei correttamente avrebbe dovuto fare un confronto tra il sistema copernicano e quello ticonico, non quello tolemaico a cui ormai effettivamente non credevano più in molti.

GALILEI AVEVA TORTO DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO
Andando contro una narrazione diffusa, va detto anche che Galilei aveva torto dal punto di vista del suo stesso metodo scientifico sperimentale. Ritornando infatti alla frase di Bellarmino («...quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo»), Galilei cercò una dimostrazione del movimento della terra intorno al Sole e ritenne di averlo individuato nel fenomeno delle maree che secondo lui erano la conseguenza del nostro ruotare in un'orbita intorno al Sole. Al riguardo gli astronomi pontifici - i quali, contrariamente all'immagine grottesca che ne dà il già citato Brecht, erano di altissimo livello essendo gli stessi che avevano eseguito la difficilissima riforma del calendario nel 1582 - sostenevano correttamente che le maree non avessero nulla a che fare con il movimento della terra; del resto, il contemporaneo Giovanni Keplero aveva già proposto la teoria giusta e che cioè la causa delle maree doveva risiedere in una non compresa interazione con un altro corpo celeste come la Luna. In pratica, Keplero era giunto ad un passo dalla scoperta della teoria della gravitazione universale.
Il confronto su quale fosse il centro dell'universo sarebbe proseguito fino a quando, nel 1792, Giambattista Guglielmini fornì la prima prova della rotazione terrestre, poi confermata nel 1851 da Jean Bernard Léon Foucault con il celebre esperimento svoltosi con un pendolo nel Pantheon di Parigi.
Ma la storia avrebbe riservato altre sorprese e il sole avrebbe presto perso il suo posto appena conquistato nel centro dell'universo: la scoperta delle galassie sarebbe stata seguita presto da quella che non siamo neanche al centro della Via Lattea e che a quanto pare l'universo stesso non ha un centro: si è dibattuto per secoli su una cosa che a quanto pare non ha senso.
Il caso Galilei insegna che non devono esistere dogmi scientifici né vanno santificati gli scienziati.
Nella scienza le scomuniche non vanno fatte: sono segno di debolezza di argomentazioni e di sottomissione a qualche potere politico o economico.

Fonte: La Bussola Mensile, dicembre 2023 (n. 3)

4 - CHIARA FERRAGNI TORNA SUI SOCIAL (PER NASCONDERE LE CRITICHE)
La regina delle influencer, non ha un talento da offrire perché è solo un'egoistica vendita di sé stessa, ma adesso che la sua immagine è frantumata dall'indagine per truffa... (VIDEO IRONICO: Ti ha fregato la Ferragni)
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Sito del Timone, 4 gennaio 2024

«Mi siete mancati». Ha scelto queste parole affettuose, Chiara Ferragni, per annunciare il suo ritorno sui social, affidato ad un post condiviso come "story". Un ritorno da più parti atteso, che arriva dopo 20 giorni dall'ormai arcinoto caso Balocco. In realtà, i più attenti seguaci della reginetta degli influencer avevano già notato un segnale della sua attività sui social, registrando «un like» sul profilo di suo padre in occasione del compleanno della sorella Valentina, lo scorso 29 dicembre; ma quello era, appunto, solo un segnale. Il segnale che la Chiara nazionale, pur trincerata nel suo afflitto silenzio, era ancora viva e vegeta.
Ben diverso il messaggio condiviso nelle scorse ore, del quale riportiamo di seguito ampi passaggi: «Una cosa mi sento di dirla. Vorrei ringraziare tutte quelle persone che in questi giorni mi sono state vicine e hanno avuto una buona parola per confortarmi [...] Ringraziare tutte quelle persone che hanno mandato un messaggio o un direct, che hanno chiesto come stessi, che mi hanno spronata a tornare sui social. Grazie a chi c'è, a chi ascolta, a chi non vuole affossare ma aiutare [...] A coloro che hanno espresso la loro opinione, anche negativa, in tono pacato e costruttivo, perché nella vita c'è sempre tempo per confrontarsi, riflettere e ripartire». Tutto è bene quel che finisce bene, dunque? Non esattamente.
Infatti, come ha notato il Riformista, tale ritorno sui social pare sia stato studiato a tavolino: «Questa volta la Ferragni, per evitare insulti visibili sotto ai post, decide di condividere due storie su Instagram così da nascondere eventuali offese». Un rientro col trucco, insomma. Che però non è bastato a nascondere un fatto che, almeno numericamente, ha il suo perché: la perdita di oltre 150.000 follower. Per l'esattezza, dal 15 dicembre al 27 dicembre l'account della Ferragni ha perso 157.000 follower - che poi sarebbero aumentati ancora -, quasi un terzo dei quali (50.000) evaporati in un solo giorno: il 19 dicembre, che immaginiamo sarà ribattezzato nelle antologie come il martedì nero di CityLife
Che il periodo per la moglie di Fedez non sia roseo è testimoniato anche da altri episodi, decisamente poco virtuali, come il fatto che sia recentemente stato vandalizzato il suo negozio, che si trova in via del Babuino, nel cuore della città. Tutto ciò, va da sé, non impensierirà certamente la Chiara nazionale (il cui impero è stimato decine e decine di milioni di euro) ma tra il caso Balocco, i comunque non pochi seguaci persi - senza dimenticare i contratti saltati, come quello sfumato per «violazione degli accordi» con Safilo, brand degli occhiali -, il colpo è stato certamente accusato. Dopodiché, Ferragni ha ragione da vendere quando dice che «nella vita c'è sempre tempo per confrontarsi, riflettere e ripartire».
Il punto però è proprio questo: in che modo ripartirà Chiara Ferragni? Rivedrà il suo modo di comunicare e in fondo di lavorare, come imprenditrice, all'insegna magari della sobrietà? Oppure continuerà come se nulla fosse, sperando che la gente possa dimenticare in fretta l'«errore di comunicazione», come lo ha chiamato lei? Nessuno può dirlo, staremo a vedere. Quel che è certo è che adesso nulla sarà più come prima: e non per la dominatrice degli influencer, ma per tutto il mondo dei social. Che è stato in queste settimane testimone di quanto sia volatile il successo costruito sui «like». Oggi le stelle, domani le stalle: come scivolare su una fetta di pandoro. È davvero un attimo.

Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Ferragni, talento senza frutti e senza lavoro" spiega perché Chiara Ferragni in realtà non abbia un talento da offrire al prossimo. È solo un'egoistica propensione a vendere sé stessa attraverso la sua immagine, ma adesso che la sua immagine è frantumata...
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 gennaio 2024:

Chiara Ferragni non ha un lavoro. Adesso che è indagata per truffa a seguito del Pandoro gate e con tutti i brand che la stanno scaricando come testimonial per i loro prodotti, la brillante imprenditrice di sé stessa deve capire cosa fare per uscire da una crisi imprenditoriale che la sta letteralmente massacrando.
Intendiamoci. Qui non si discute della patetica apprensione di come farà a vivere la “poverina”. Con 75 milioni di euro di patrimonio investiti ovunque, se oggi stesso decidesse di spegnere per sempre il suo telefonino e ritirarsi a vita privata alle Antille, avrebbe di che campare per il resto della vita con figli e nipoti.
Il punto è che cosa farà se decidesse non di sparire, ma di rimanere sulla giostra e continuare a presentarsi come l’influencer per antonomasia, la più cliccata d’Italia, la copertina di Vogue e una delle donne più potenti del pianeta secondo le riviste di finanza, che fattura come un re mida e impone la sua immagine a Sanremo.
È un dilemma, che ci apre le porte di una riflessione sui talenti capaci di dare frutto e sui talenti sotterrati, che il Vangelo condanna ad essere infruttiferi perché non usati per il bene.
Chiara Ferragni il suo talento non lo ha speso per il bene e non solo per la falsa filantropia che emerge dalle ultime notizie. Era brava a fare una sola cosa: vendere la sua immagine, ma lo faceva con l’autoreferenzialità egotistica di chi arricchisce sé stesso senza dare nulla agli altri. Gli artisti si fanno pagare profumatamente le emozioni che trasmettono, le quali diventano così parte anche di altri. Ma un’influencer non trasmette emozioni, solo messaggi pubblicitari subliminali, sensazioni troppo deboli per essere avvertite per quello che sono, ma capaci di influenzare l’inconscio.  
Un cantante, un attore, un artista, una comica, un musicista, una ballerina, un performer, un illusionista… chiunque nel mondo dello star system faccia fortuna diventando ricco e famoso, può vantare dalla sua di avere un minimo di talento di partenza col quale non solo giustificare la sua fortuna, ma anche col quale affrontare la crisi che prima o poi arriva. Ascesa e caduta e poi risalita del cantante: una canzone dopo un periodo nero, un film per un attore, un libro fortunato e intenso per uno scrittore, un podio per un atleta dopo la frattura del crociato anteriore.
Ma Chiara Ferragni non aveva e non ha un talento da offrire al prossimo: ha solo un'egoistica propensione a saper vendere sé stessa attraverso la sua immagine, ma adesso che la sua immagine si è frantumata come quella di Narciso che si specchiava nel lago, non può trasmettere nulla, perché è un’immagine deturpata che nessuno riconosce più. E quindi non vende. È un’immagine deforme che non solo non è capace di far vendere, ma che mostra la falsità e l’inganno nel quale era stata costruita la favoletta della famigliola social tutta lustrini, ricchezza e gridolini conformisti a uso consumo.
Il problema non è quello di perdere follower. Ad oggi la sua pagina Instagram ha 29 milioni di “adepti”, appena uno in meno di quanti ne avesse un mese fa prima dello “scandalo” del pandoro sul quale la Procura indaga per truffa.
E se si considera che non fa un post da almeno un mese, dopo quello strappalacrime in mise grigia castigata, che ha fatto il giro del mondo con un miliardo di visualizzazioni, non sembra che ne abbia risentito più di tanto. Ma sono follower parcheggiati, inattivi e indignati, pronti a cambiare canale col telecomando come nell’ultimo frame del Truman Show quando scoprono che l’incantesimo è finito. Un’indignazione che su TikTok mostrifica la Ferragni con meme strabilianti e assurdi.
Chi comprava la bottiglia di acqua da 8 euro oggi non la compra più per lo stesso motivo per cui la comprava prima: la Ferragni è stata mostrificata da quegli stessi social che prima la acclamavano e che le hanno dato ricchezza. Non c’è solo un inquietante contrappasso dantesco, ma un meccanismo di fagocitazione capace di elevare agli altari e poi uccidere, che dobbiamo imparare a conoscere bene, dato che la socialcrazia è destinata ad essere sempre più dominante non solo nella politica, ma anche nel commercio.
Per tornare a convincere i suoi utenti consumatori, la Ferragni deve quindi ricominciare a presentarsi in video con i filtri giusti per ritoccare le imperfezioni del suo viso e nascondere le lacrime versate. Ma per farlo le cose devono iniziare a girare per il meglio, ad esempio deve cadere come minimo l’accusa di truffa. In ogni caso deve mostrare di sé solo la sua parte felice, non quella cupa perché tutto è finto, ma agli adolescenti è stato fatto credere che la gioia e gli ammiccamenti fossero la vita vera, la sola vita da vivere.
Avrebbe potuto creare il suo capolavoro finale, mettendo in piazza l'altra faccia della luna, la sua famiglia e la sua vita privata con tanto di figli esibiti come scimmiette anche adesso, facendoci vedere che cosa succede alle famiglie social quando le cose vanno male e arrivano lettere come quelle della Coca Cola che le cancellano la collaborazione. Avrebbe potuto mostrare di sè anche la pars destruens spingendo al massimo l'acceleratore dell'ossessione consumistica, ma non può perché non ha niente da pubblicizzare in questo contesto. Così è costretta a tenere spento il telefonino, mostrando che il suo piccolo talento serviva solo a lei, sotterrato per non fare il bene di nessuno.

VIDEO: TI HA FREGATO LA FERRAGNI
Nel seguente video ironico dal titolo "Ti ha fregato la Ferragni" (durata: 4 minuti) Fabio Lucentini parla dello scandalo di Chiara Ferragni sulle note di Hanno ucciso l'uomo ragno.


https://www.youtube.com/watch?v=HDBYmBpHvu0

DOSSIER "CHIARA FERRAGNI"
La regina delle influencer

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Fonte: Sito del Timone, 4 gennaio 2024

5 - BENEDIZIONE COPPIE GAY, TUTTI GLI INGANNI DI FIDUCIA SUPPLICANS
Il documento sta spaccando la Chiesa: dottrina cambiata affermando il contrario, falsificazione del concetto di coppia, giochi di parole e formule ambigue, rifiuto del diritto naturale
Autore: Riccardo Cascioli e Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 3 gennaio 2023

In queste righe La Nuova Bussola Quotidiana e l'Osservatorio Cardinale Van Thuân propongono una valutazione complessiva della Dichiarazione Fiducia supplicans. Abbiamo lasciato passare un certo tempo dalla sua pubblicazione per favorire una riflessione accurata e completa. Infatti, la Dichiarazione pone molte gravi questioni da affrontare distintamente ma anche e soprattutto in un quadro unitario. Essa sembra aver compiuto un passo fatale, un giro di boa nella dottrina e nella prassi della Chiesa, un limite sembra essere stato decisamente superato. Alcuni commentatori hanno parlato di "disastro" e di "scandalo". Per questo serve una analisi responsabile e completa.

ALCUNE OSSERVAZIONI FORMALI
La Dichiarazione è stata pubblicata il 18 dicembre 2023. È firmata dal Prefetto, il cardinale Victor Manuel Fernández e, con la formula ex audientia, da papa Francesco. Non è stata esaminata dall'assemblea del Dicastero per la dottrina della fede, ma solo, come si legge nel testo, dalla Sezione dottrinale. La formula dell'approvazione pontificia è tra le più deboli: sembra dire solo che il papa è stato informato, il che contrasta con la grande rilevanza magisteriale che ha una Dichiarazione. Una cosa simile era accaduta per il Responsum del 2021 che, come noto, diceva il contrario e verso il quale Francesco non aveva nascosto la sua insofferenza. In quel caso, in calce al testo, si diceva solo che il papa era stato informato.
Vanno anche notati due altri aspetti formali della Dichiarazione. Il primo è che la maggior parte dei riferimenti magisteriali fanno capo a interventi di Francesco. Non ci sono mai stati documenti così limitati quanto a riferimenti al magistero precedente. Vi si dice che la Dichiarazione è "basata sulla visione pastorale di Papa Francesco", come se questa fosse un unicum. Il terzo è che l'argomentare del testo è molto debole e il suo livello sfigura se paragonato alla struttura argomentativa, per esempio, della Dominus Jesus (2000), che pure era una Dichiarazione come questa, ossia un documento di alto rango magisteriale.

LA TESI CENTRALE DELLA DICHIARAZIONE
Fiducia supplicans sostiene che la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla sessualità rimane immutata e che le nuove indicazioni in essa contenute sono solo pastorali e, come tali, completano, senza negarlo, il Responsum del 2021, che si sarebbe limitato solo al campo dottrinale. La novità pastorale consisterebbe in una revisione del significato delle benedizioni, prevedendo, oltre alle benedizioni già dottrinalmente chiarite che avvengono in contesti liturgici, anche benedizioni in contesti non liturgici che la Dichiarazione chiama "privati" o "spontanei".
Questi argomenti non hanno un fondamento plausibile. Se a benedire non è un laico, come per esempio un padre che benedice i figli, ma un sacerdote, quella benedizione è già di per sé liturgica, anche se non segue una formulazione predisposta dall'autorità competente. È liturgica nella sostanza, perché data da un sacerdote e quindi coinvolge la Chiesa. Non si tratta solo di osservare che una tale benedizione solo pastorale e non liturgica non è stata mai prevista dalla Chiesa, ma anche che non esiste e non è stata prevista e normata perché non può esistere. Con la qual cosa cade un altro aspetto di quanto sostenuto dalla Dichiarazione e cioè che la benedizione non sia una approvazione della situazione di vita della coppia che viene benedetta, ma solo l'invocazione dell'aiuto di Dio per dare ai due la forza di sviluppare gli aspetti positivi della loro relazione, come per esempio la cura reciproca e l'aiuto nelle difficoltà della vita. Questa prospettiva cade per due motivi connessi con quanto visto sopra: il primo è che il contesto già di per sé liturgico, data la presenza del sacerdote, non permette di benedire una realtà pubblica in grave contrasto con la legge di Dio, il secondo è che quegli eventuali aspetti positivi sono all'interno di una relazione di coppia di violenta strumentalizzazione reciproca anche se consenziente, che li deturpa: se i due si fanno violenza reciproca come possono aiutarsi?

SULLA "COPPIA"
La benedizione è un sacramentale e, come tale, richiede da parte di chi la riceve una adeguata disposizione tramite il pentimento e la volontà di uscire da un certo stato di vita. A queste condizioni la benedizione può essere data anche alla singola persona che sia in stato di peccato. In questo senso sì che la benedizione è una apertura alla volontà di Dio e una richiesta del suo aiuto per confermare e fortificare il pentimento e la decisione di cambiare vita. Ma questo non avviene quando la benedizione viene data ad una coppia irregolare, eterosessuale od omosessuale che sia. In questo caso la situazione di vita delle persone coinvolte viene riconosciuta, confermata e giustificata. Se i due vengono benedetti in coppia, si riconosce che quella sia una coppia, anche se non lo è, perché si tratta di due individui che si strumentalizzano a vicenda per vari loro interessi particolari.
Ciò vale non solo per la coppia omosessuale ma anche per la convivenza di fatto tra uomo e donna. La complementarità qui, a differenza che nel precedente caso, sembra esserci, ma così non è perché i due non rispondono ad una vocazione, con i rispettivi doveri indisponibili, ma solo ad un loro patto individuale. Benedire una coppia che non è una coppia, vuol dire confermare il falso. Inoltre, se i due ricevono la benedizione in coppia è evidente che non intendono separarsi, perché la chiedono in quanto coppia. Non ci sono pentimento e volontà di cambiare vita e quindi mancano le condizioni per la benedizione. Si può tornare a dire che vengono benedetti non gli aspetti violenti e contro-natura della loro relazione ma solo quelli positivi da cui ripartire, ma si è visto sopra che questi aspetti positivi rimangono deformati dalla qualità negativa della relazione di coppia, possono esserci nelle singole persone ma non nella coppia.

LA PASTORALE CHE MODIFICA LA DOTTRINA
Come si è visto, Fiducia supplicans conferma la dottrina di sempre sulle benedizioni delle coppie irregolari, però poi inventa una nuova benedizione solo pastorale. Questo ambito neutro – ossia la benedizione solo pastorale - non esiste perché, come si è visto, ogni benedizione è pubblica e liturgica per sua natura, in quanto impartita da un sacerdote. Volendo invece sostenere questa indipendenza, si ritiene possibile una benedizione che non tenga conto delle esigenze dottrinali. La presunta pastorale neutra, che non dovrebbe intaccare la dottrina, si trasforma perciò nella richiesta di una nuova dottrina a proposito di se stessa.
La pastorale non ha una propria indipendenza o autonomia dalla dottrina, come invece molte correnti teologiche contemporanee sostengono, dato che quando si afferma tale indipendenza lo si fa enunciando una dottrina, appunto la dottrina della indipendenza della pastorale dalla dottrina. La prassi non sta senza teoria, né tantomeno può essere creatrice di teoria: quando esprime questa pretesa lo fa teoreticamente. Quindi la soluzione pastorale non può rimanere solo pastorale ma, dato che nega la dottrina (nonostante le assicurazioni in senso diverso che a questo punto si mostrano strumentali) intende se stessa come non dipendente dalla dottrina, ossia atta a cambiare la dottrina stessa. Si tratta di un esito inevitabile: le nuove benedizioni ritenute solo pastorali sono anche dottrinali, sia perché negano la propria dimensione dottrinale esprimendo una nuova dottrina, sia perché implicitamente ne richiedono la riformulazione. In esse è già implicitamente contenuta una nuova dottrina. Anzi, chi le propone ha già la nuova dottrina in mente che intende però perseguire per via pastorale, ossia per via indirettamente dottrinale piuttosto che per via direttamente dottrinale. Non si tratta di cosa nuova, dato che a cominciare da Amoris laetitia abbiamo avuto già importanti anticipazioni della tendenza a fare delle esigenze pastorali occasioni per trasformare le circostanze in eccezioni e, quindi, spingere per processi di rinnovamento dottrinale, pur non dicendo che li si vuole, anzi sostenendo che le dottrine precedenti rimangono confermate.

GLI ASTUTI SOFISMI DEL MAGISTERO
Con le osservazioni ora viste abbiamo toccato l'argomento delle astuzie della Dichiarazione Fiducia supplicans, che pretende di dire senza dire e, quindi, è ingannevole. Il discorso andrebbe però allargato all'intero attuale pontificato, ove i giochi di parole e l'utilizzo di un linguaggio non teologico ma da "chiacchiera sociale" si è manifestato in moltissime occasioni. Su questo fronte l'Esortazione Amoris laetitia è il testo più rappresentativo, anche se per niente unico. Le domande senza risposta che veicolano un messaggio non dichiarato, i periodi impostati sul "sì ... ma" che insinuano eccezioni alla norma, l'ambiguità di molte espressioni (ricordiamo per esempio "l'eucarestia non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli"), le frasi che estremizzano i loro componenti facendo violenza alla realtà e proponendo surrettiziamente una visione preconfezionata, le immagini colorate e iperboliche (come le "pietre morte da scagliare contro gli altri" a proposito della dottrina) e così via.
Proviamo a fare degli esempi a proposito di Fiducia supplicans. Si prenda questa frase: "non dovrebbe essere posta un'esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire [la benedizione, ndr]. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale". Quando un sacerdote impartisce una benedizione non chiede nessuna "perfezione morale". La benedizione viene impartita anche ai peccatori. La tendenziosa retorica di Fiducia supplicans vorrebbe far passare l'idea che non concedere le benedizioni alle coppie irregolari sarebbe come pretendere una perfezione morale, ma si tratta di una evidente forzatura ideologica della realtà.
Altro esempio: "in situazioni moralmente inaccettabili dal punto di vista oggettivo, «la carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come "peccatori" altre persone la cui colpa o responsabilità possono essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità soggettiva»". Qui, come anche in uguali contesti di Amoris laetitia, si confondono le cose: vietando la benedizione alle coppie irregolari non ci si pronuncia sulla responsabilità soggettiva delle persone coinvolte, ma sulla opposizione oggettiva e pubblica di quella relazione rispetto "ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore". La frase è quindi di tipo sofistico.
C'è anche una serie di affermazioni concentrate su atteggiamenti di chiusura e condanna, invitando a non «perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre decisioni e atteggiamenti» e ad evitare di «essere giudici che solo negano, respingono, escludono»; "Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui". Anche qui siamo in presenza di forzature ed estremizzazioni retoriche. Non benedire le coppie irregolari non vuol dire respingerle, vuol dire accoglierle nella verità, che è la prima forma di rispetto che si deve loro.
Un ultimo esempio riguarda l'uso in un documento ecclesiale della parola "coppia" applicata ad una situazione rispetto alla quale il magistero precedente non ha mai usato quella parola perché quella realtà, sia dal punto di vista naturale che da quello rivelato, non è una coppia. In questo caso l'inganno è decisamente grave, perché contiene già una positiva valutazione della relazione irregolare che, usando questo termine, viene percepita dal lettore come regolare.
Bisogna ricordare che molte delle frasi sopra citate vengono direttamente da interventi di Francesco. Fiducia supplicans era richiesta dallo sviluppo generale del suo insegnamento che qui trova applicazione. In essa si concentrano alcuni esiti dirompenti del suo "nuovo paradigma".

LA VOLUTA DIMENTICANZA DEL CONTESTO RICETTIVO
Fiducia supplicans svela però anche astuzie di diverso tipo, oltre a quelle legate all'uso del linguaggio. Dal punto di vista argomentativo, la Dichiarazione pretende di ammettere le benedizioni in questione purché non si prestino a venire equiparate al matrimonio. Questo ragionamento è ingannevole perché il fatto di non essere paragonabile al matrimonio per la loro forma esterna liturgica o meno, non risolve il problema se in sé esse abbiano una loro validità. La validità intrinseca di qualcosa non dipende da altro, ma solo dalla sua natura. Bisogna notare che questo errore di impostazione viene anche fatto da ecclesiastici quando si occupano del riconoscimento legale delle unioni civili di fatto e omosessuali in ambito civile. Lo stesso Francesco se ne è fatto portavoce. Anche in questi casi si sostiene che tali unioni possono essere normate giuridicamente purché le si distingua dal matrimonio, senza contare che esse sono ingiuste in se stesse e per loro natura, e lo rimangono anche se la legge non le equipara al matrimonio. Il criterio del "purché non ..." è un ragionamento ingannevole perché evita di pronunciarsi sulla liceità o meno della cosa in sé.
Un altro aspetto ingannevole è di trascurare volutamente il contesto di fatto in cui le nuove disposizioni si collocano. Fiducia supplicans dice che le benedizioni irregolari non devono essere collocate in un contesto liturgico, quando già da tempo esse vi sono collocate con l'accettazione dell'autorità ecclesiastica stessa, che ora dice il contrario senza tenere conto di averle già accettate. Nel marzo 2023, quindi due anni dopo il divieto del Responsum, in occasione della loro visita ad limina, i vescovi del Belgio avevano informato il papa della nuova liturgia da loro preparata per le benedizioni delle coppie omosessuali e Francesco, dopo aver verificato che fossero tutti d'accordo (nota: da quando il semplice accordo delle opinioni è indice di verità?), ha detto loro di continuare. In Germania la benedizione delle coppie omosessuali in Chiesa, e non solo in forma "privata" e "spontanea" come previsto da Fiducia supplicans, è ormai prassi e la Santa Sede non ha mai preso disposizioni canoniche in proposito come richiesto da alcuni cardinali, anzi, i vescovi più esposti su questa linea sono stati nominati a svolgere ruoli importanti in Vaticano, dapprima nel "Consiglio dei 9" e poi alla guida del Sinodo sulla sinodalità. Contemporaneamente, Francesco ha scritto lettere di incoraggiamento per associazioni che promuovono i cosiddetti diritti LBGT, ha approvato e sostenuto l'operato di Padre James Martin e di suor Jeannine Gramick che si battono per quegli stessi obiettivi. Però Fiducia supplicans viene pubblicata come se tutto ciò non ci fosse, ossia come se non ci fosse un contesto preparato ad accoglierla e ad applicarla per scopi che essa intende perseguire (senza dirlo).

IL RIFIUTO DEL DIRITTO NATURALE
Data la nostra attenzione alla Dottrina sociale della Chiesa, intendiamo accennare agli aspetti negativi di Fiducia supplicans in questo campo. La dottrina politica cattolica, in continuità e sviluppo della filosofia politica classica, ha sempre sostenuto che il matrimonio e la famiglia sono i fondamenti della società civile. All'origine di questa non stanno individui privi di identità, o con una identità uguale e seriale, ma un uomo e una donna. Il loro essere coppia deriva da questa naturale unità complementare, indissolubile e aperta alla vita. La compagnia sociale non nasce da convenzioni umane ma dal progetto del Creatore. Il riferimento al diritto naturale è quindi d'obbligo, perché esso esprime un ordine naturale finalistico e sottrae la vita politica all'arbitrio del più forte. Sul diritto naturale si fonda la legittimazione dell'autorità politica. La benedizione delle coppie irregolari considera coppia quanto coppia non è. Legittima quindi implicitamente una sostanziale uguaglianza tra la vera coppia descritta sopra e la pseudo-coppia irregolare. Questo anche in assenza di una esplicita e formale dichiarazione di uguaglianza, anche in presenza di una affermazione contraria a questa uguaglianza: l'atto di considerare coppia due individui che tale non sono è più forte di ogni altra affermazione a discolpa. Sembra evidente, quindi, che Fiducia supplicans danneggia considerevolmente anche la Dottrina sociale della Chiesa.

LA DIVISIONE NELLA CHIESA
Gli effetti immediati e, ancor più a lungo termine se non intervenissero radicali fatti nuovi, di questa Dichiarazione sono fortemente divisivi della Chiesa, che risulta spaccata. La sollevazione di intere conferenze episcopali lo dimostra senza ombra di dubbio. La frattura, tuttavia, non riguarda solo il tema specifico, ma molto di più, perché coinvolge anche le due visioni teologiche incompatibili che orientano diversamente rispetto al tema in questione. Tale divisione caratterizzerà ogni nazione, ogni diocesi, ogni parrocchia, ogni comunità cattolica e perfino ogni famiglia. Essa scenderà dalle dotte discussioni dei teologi alla vita di ogni cattolico con effetti disastrosi.

DOSSIER "FIDUCIA SUPPLICANS"
Non si possono benedire le coppie gay

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 3 gennaio 2023

6 - L'OMS PROMUOVE I FARMACI PER ''BAMBINI TRANS''
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stila nuove linee guida per ormoni bloccanti della pubertà e interventi chirurgici con amputazioni di seni e organi genitali
Autore: Matteo Delre - Fonte: Provita & Famiglia, 4 gennaio 2024

È ormai quasi fatta. A tutti i ragazzi e le ragazze che si approssimano all'adolescenza potremo affiancare finalmente alle solite domande trite e ritrite una nuova e molto più sensata. Non «a quale università vorresti iscriverti?», non «che lavoro vorresti fare da adulto?» e nemmeno cosa «ti piacerebbe fare un'esperienza all'estero?». Roba da medievali, retrogradi e boomer! La nuova domanda, quella che tutti, figli, figlie e genitori, attendevano di poter fare o ricevere a breve diventerà la norma: «di che genere vuoi essere?».
Ebbene sì, perché questo, a conti fatti, è il senso dell'iniziativa presa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha annunciato di aver istituito un gruppo di "esperti" per stilare nuove linee guida sulla salute delle persone trans e "di genere diverso" (???). Linee guida che dicono di dover tener conto di temi aberranti come l'accesso agli ormoni bloccanti della pubertà, agli interventi chirurgici atti all'affermazione del genere e al riconoscimento giuridico dell'autoidentificazione di genere.

LA LOGICA PERVERSA DELLE NAZIONI UNITE
In un mondo normale, dove cioè un organismo delle Nazioni Unite operasse secondo una logica rispettosa sia del setting naturale, sia del bilanciamento che dei vari fenomeni umani ne discende, tali linee guida sarebbero lunghe una mezza paginetta e risulterebbe del tutto inutile la creazione di una commissione di studio. Tuttavia, com'è noto, il nostro è ormai ben lungi dall'essere un mondo normale e le Nazioni Unite sono ormai notoriamente un organismo degno rappresentante del clima da basso impero in cui abbiamo la cattiva sorte di trovarci.
Coacervo degli interessi più biechi e delle ideologie più progressiste tra quelle reperibili su piazza, l'ONU, attraverso agenzie come l'OMS, è ormai soltanto un megafono e un manganello con cui lobby organizzatesi straordinariamente bene e radicatesi nei processi decisionali internazionali fanno il bello e il cattivo tempo sulle vite di tutti. Solo in questo senso si giustifica una commissione di "esperti" composta al 70% da attivisti LGBTQ+ e il restante 30% da lobbisti di alcune case farmaceutiche. Quali linee guida potranno mai scaturire da una siffatta gang di soggetti?
Non è difficile immaginarlo, basta andare a vedere i nomi dei componenti e riscontrarne on line qualche dichiarazione. Florence Ashley, ad esempio, sedicente "giurista e bioeticista transfemminile", ha dichiarato che «i bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l'opzione predefinita, evitando di lasciare che la pubertà faccia il suo corso, perché ciò favorisce fortemente l'incarnazione cis, aumentando il costo psicologico e medico della transizione». Mannaggia: se lasci andare le cose come natura vuole, i "cis" (cioè gli eterosessuali) finiscono per essere la maggioranza. Quale orrore.

BLOCCANTI DELLA PUBERTÀ PER TUTTI
Soluzione? Bloccanti della pubertà per tutti! D'altra parte, dice Ashley, «i giovani che assumono bloccanti della pubertà hanno le loro opzioni molto aperte, i loro corpi non vengono alterati né dal testosterone né dagli estrogeni». Come detto, in un universo di pubertà bloccate, alla domanda su quale facoltà universitaria il figlio ormai adolescente vuole fare, si unirà quella del genere che preferisce avere, il tutto naturalmente a prescindere dai cromosomi che ha nel sangue, da ciò che ha tra le gambe e dagli organi interni che si ritrova al di sotto del pube. Robetta da nulla, queste ultime due cose almeno, risolvibile con un paio di interventini chirurgici rapidi rapidi. E sei tutto ciò che vuoi.
Non sfugge la totale distopia di tutto questo. Lasciando stare i discorsi, ormai più che stranoti, sulla dannosità dei bloccanti allo sviluppo cognitivo di chi li assume, sull'irreversibilità del processo, sulla medicalizzazione eterna di chi transiziona, al centro di tutto c'è qualcosa di molto più significativo, un ribaltamento concettuale totalmente folle: il percorso naturale è una patologia, mentre quello artificiale e farmacologizzato è la normalità. A costo di sembrare ripetitivi, tutto ciò ha un nome chiaro e ormai codificato: transumanesimo. Una minoranza potente e ramificata in ogni ganglio del potere lo sostiene, una maggioranza sempre troppo silenziosa e inerte, per quanto ragionevole, lo respinge. L'esito è che la follia avanza imperterrita. [...]

Fonte: Provita & Famiglia, 4 gennaio 2024

7 - OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)
Maestro, dove abiti? Venite e vedrete
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

Uno dei rimproveri che la cultura contemporanea, più o meno consapevolmente, rivolge a Dio è quello di stare sempre zitto. Perché non parla? Perché non dice il suo parere sui fatti del mondo? Perché non interviene nei dibattiti che spesso oppongono tra loro perfino gli uomini della stessa fede? È un silenzio - vien fatto di pensare - che sembra quello di un morto. In realtà il rimprovero non è fondato.
Prima di tutto perché Dio ha già parlato con la sua Rivelazione, che è culminata con la missione tra noi del Figlio suo, la sua Parola sostanziale che non cessa più di risonare. A questa Parola, che esprime tutto quanto è esprimibile della divinità, non ha più niente da aggiungere. Piuttosto adesso è il tempo della nostra risposta. E forse, reclamando l'intervento di Dio, vogliamo in fondo sfuggire all'impegno e alla responsabilità del rispondere a lui con la nostra preghiera, con la nostra riflessione, con la nostra condotta, con le nostre scelte, con la nostra vita. Press'a poco come ci è più facile e meno inquietante mettere sotto accusa la società, le "strutture", gli "altri", gli uomini del passato, la storia, che non mettere sotto accusa noi stessi nel segreto e nella verità dei nostri esami di coscienza.
In secondo luogo, il rimprovero non è fondato perché il Signore parla ancora ai singoli, anzi li "chiama", cioè si propone a ciascuno di noi come l'interlocutore del dialogo più appassionato e più decisivo che possa avere un uomo, e come la mèta e la ragione di ogni singola esistenza umana.

LA CHIAMATA DI DIO
Le letture di oggi, presentandoci delle "chiamate" (quella antica di Samuele, e poi quella di Andrea, di Giovanni, di Pietro), ci invitano a riflettere sulla nostra vocazione. Ciascuno di noi ha la sua vocazione, ed è la cosa più importante che abbia. Perché il senso e il valore di un uomo non consistono in quello che lui pensa di se stesso nel tempo, ma in quello che Dio ha pensato di lui nell'eternità.
Le chiamate del Signore hanno alcune caratteristiche, che mette conto di considerare.
- Sono di solito "discrete": nel silenzio notturno, come per Samuele; o nell'aria immobile e assorta di un afoso pomeriggio palestinese, come per Andrea. Perciò molti non le sentono (e poi magari si lamentano del silenzio di Dio): il tumulto dei sensi, o lo stridere dei rancori, o anche semplicemente il vivere distratti, senza mai un momento di silenzio interiore, impediscono che la voce del Dio che chiama arrivi fino al cuore dell'uomo.
- Le chiamate di Dio di solito sono all'inizio timide e quasi esitanti. Aspettano il principio di una risposta prima di farsi più chiare e più forti. Che cercate?, dice Gesù ai due che lo seguono; e attende, prima di proseguire, che siano loro a esprimere il desiderio di entrare in un rapporto più vivo. Samuele!, chiama Dio nella notte, e non prosegue a parlare fino a che il ragazzo non risponde, dichiarando esplicitamente di essere pronto e disposto ad ascoltare.
- Quando però dispiegano tutta la loro intrinseca energia, le chiamate di Dio sono trasformanti: Samuele diventa un capo (acquistò autorità); Andrea diventa un apostolo; Simone diventa "Pietro", cioè la roccia su cui poggia tutta la Chiesa di Cristo. L'augurio da fare a noi stessi, e la grazia da chiedere a questo punto, è che si avveri anche per noi quanto è scritto di Samuele: Il Signore non lasciò andare a vuoto una sola delle parole che gli aveva detto.

IL PROGETTO D'AMORE SU CIASCUNO DI NOI DETERMINA IL SENSO DELLA NOSTRA VITA
Il progetto d'amore su ciascuno di noi determina il senso della nostra vita. Nella pagina che abbiamo ascoltato (e in genere nella narrazione dei primi tre giorni di vita pubblica di Gesù) il quarto Evangelo raccoglie tutto il tema della vocazione (che nei primi tre Evangeli si trova distribuito in vari punti), così come raccoglierà nella "sezione pasquale" tutto il tema della missione. E non appare tanto, come nei sinottici, "vocazione all'apostolato", quanto "vocazione alla sequela di Cristo". Su questo argomento, che vale per tutti gli uomini e acquista una particolare intensità nella vita di speciale consacrazione, fissiamo alcune essenziali considerazioni.
1. Su di noi c'è una "vocazione". Qui c'è la prima connotazione, che determina tutto l'orientamento della vita: la persuasione che la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che su di noi c'è il silenzio di un universo vuoto (e quindi l'esistenza è l'assurdità di un camminare senza mèta) e il convincersi che su ciascuno di noi c'è una voce che chiama per nome.
2. La chiamata implica che su di noi ci sia anche un "disegno". E questa è la seconda persuasione: la scelta fondamentale sta tra il voler ritenere che alle nostre spalle ci sia il caso (e allora è logico vivere "a caso", ed è inutile e insignificante ogni impegno) e il convincersi che alle nostre spalle c'è un progetto d'amore. Badate: non solo un progetto generale che vale per tutti gli uomini, ma un progetto particolare e specifico, che è stato pensato e voluto per me.
3. L'esistenza di un "disegno" implica che il senso vero e la realizzazione di una vita stia nell'obbedienza al disegno.
Va notato a questo punto l'irriducibile contrasto che c'è tra il Vangelo e la "mitologia" corrente e imperante, per la quale il senso e la realizzazione della vita sta nella "libertà", cioè nel fare ciò che si vuole ed essere svincolati da ogni superiore progetto.
Anche nel cristianesimo la "libertà" è un grande ed essenziale valore, purché sia intesa non come la condizione astratta e vuota di contenuti di chi non ha impegni con nessuno, ma come la positiva ricchezza di chi si rende capace di rispondere per amore (non per costrizione, non per convenzionalità, non per inerzia) al disegno d'amore del Padre, che ci è rivelato nella parola, nei gesti, nella personalità di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, dal segreto lavoro dentro di noi dello Spirito Santo. Andrea dice: Abbiamo trovato il Messia.
Anche noi "abbiamo trovato". Abbiamo trovato in Cristo il senso vero di tutto l'universo, che è di essere il frutto di un atto eterno d'amore e di possedere una "chiamata" come molla e guida della sua storia; abbiamo trovato il senso vero della nostra vita, che è di essere una obbedienza a questa "chiamata" e a questo eterno atto d'amore.

Nota di BastaBugie: questa omelia del card. Giacomo Biffi è tratta dal libro "Stilli come rugiada il mio dire".
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Le Edizioni Studio Domenicano hanno autorizzato la pubblicazione della porzione di testo sopra riportata con lettera del 3 luglio 2023.

ALTRA OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)
da Il settimanale di Padre Pio
Clicca qui!

Fonte: Stilli come rugiada il mio dire

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