BastaBugie n�868 del 10 aprile 2024

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1 DIGNITAS INFINITA, DOCUMENTO SUPERFICIALE E QUALCHE ERRORE GRAVE
La nuova dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede a guida Fernández strizza l'occhio ad ambientalismo ed omosessualismo (e sulla pena di morte dimentica la Tradizione della Chiesa)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA VERITA' SU GAZA CHE NESSUNO DICE
Ormai in tv si sente solo la versione dei terroristi palestinesi (così come per la guerra in Ucraina il conteggio delle vittime civili è solo quello di Zelensky)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro
3 LA PASQUA DELLE TRE ENCICLICHE DI PIO XI CONTRO NAZISMO, COMUNISMO E MASSONERIA
Il Papa condannò nel marzo del 1937: il neopaganesimo della Germania hitleriana (Mit brennender Sorge), il comunismo della Russia sovietica (Divini Redemptoris) e il laicismo massonico del Messico (Firmissimam constantiam)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
4 CATTOLICI ERRANTI IN CERCA DI PARROCCHIA
Non è obbligatorio frequentare la parrocchia dove si risiede, ma non si deve passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile
5 PRINCIPESSA, SCHIAVA E INFINE SUORA
L'incredibile storia di Teresa Chikaba, una donna dell'Africa subsahariana cui sono attribuiti tanti miracoli e che è in attesa di beatificazione
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
6 PAPI E ANTIPAPI, SEDE VACANTE E PAPA LEGITTIMO (3° parte)
La legittimità dell'elezione del papa rientra tra i fatti dogmatici e questo riguarda il fatto che il papa universalmente riconosciuto sia il vero papa (e non che sia un buon papa)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMELIA III DOM. DI PASQUA - ANNO B (Lc 24, 35-48)
Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - DIGNITAS INFINITA, DOCUMENTO SUPERFICIALE E QUALCHE ERRORE GRAVE
La nuova dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede a guida Fernández strizza l'occhio ad ambientalismo ed omosessualismo (e sulla pena di morte dimentica la Tradizione della Chiesa)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 aprile 2024

È stata pubblicata ieri la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede Dignitas infinita, sulla dignità della persona umana. Un documento nato dopo l'elaborazione di ben cinque bozze prodotte nel corso degli ultimi cinque anni.
L'impostazione di fondo, di carattere metafisico, è in linea di massima corretta ma, visto il valore del documento, necessitava di maggior approfondimento, ad esempio trattando del concetto di persona in relazione alle tre persone della Santissima Trinità - perché è da lì che deriva in ultima istanza la preziosità di ogni persona - per poi mettere in risalto che la preziosità intrinseca dell'uomo discende in seconda battuta dalla particolare natura della sua forma attualizzata, cioè dalla sua razionalità (nel documento c'è solo un rapidissimo cenno a questo snodo concettuale). È la qualità di tale natura che fa sì che l'uomo sia intrinsecamente prezioso e dunque meriti l'appellativo di persona, che è come una sorta di titolo per indicare una dignità elevatissima. Persona è dunque nomen dignitatis. Tommaso d'Aquino sul punto così si esprime: «Tra tutte le altre sostanze, gli individui di natura ragionevole hanno un nome speciale. E questo nome è persona» (Summa Theologiae, I, q. 29, a. 1 c.). Seppur nella correttezza dell'impianto, ma non di tutte le singole argomentazioni articolate, si denota allora poca profondità di analisi, cifra comunque caratteristica di tutto il presente pontificato.

PASSAGGI AMBIGUI, DISCUTIBILI, ERRATI
Accanto a passaggi condivisibili di questa Dichiarazione, firmata dal prefetto Victor Fernández e approvata da papa Francesco, ve ne sono altri ambigui, altri discutibili e altri infine errati. In relazione ai passaggi ambigui - tralasciando per motivi di spazio la definizione proposta di "natura umana" - ci fermiamo al punto n. 1 dove si afferma il primato della persona umana, così come già in precedenza asserito in Laudate Deum di Francesco (n. 39). Questo è vero sul piano naturale, ma non su quello soprannaturale. Infatti il primato spetta sempre a Dio. Da un documento che, giustamente, fonda la dignità umana sul fatto di essere stati creati ad immagine di Dio, il mancato riferimento al primato trascendente è un'omissione rilevante.
In merito ai passaggi discutibili e in modo telegrafico: «Tale dignità ontologica - si legge nel documento - nella sua manifestazione privilegiata attraverso il libero agire umano, è stata poi messa in risalto soprattutto dall'umanesimo cristiano del Rinascimento» (n. 13). L'umanesimo, anche quello coraggiosamente definito cristiano, è stato antropocentrico e non teocentrico. Parimenti critica la seguente disinvolta affermazione: «è evidente che la storia dell'umanità mostra un progresso nella comprensione della dignità e della libertà delle persone» (n. 32). Siamo certi che a molti appaia evidente il contrario.
Una scelta discutibile è poi l'elenco proposto di condotte o fenomeni contrari alla dignità della persona, elenco sbilanciato sulle questioni proprie della giustizia sociale: povertà, guerra, migranti, tratta delle persone, abusi sessuali, violenze contro le donne, femminicidio, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito, lo scarto dei diversamente abili, teoria del gender, cambio di sesso, violenza digitale (in tale ordine nel documento). Tutte condotte o fenomeni sicuramente censurabili, ma, nonostante le rassicurazioni che l'elenco non fosse esaustivo (cfr. Presentazione), spiccano per la loro assenza, ad esempio, il divorzio, la contraccezione, la fecondazione artificiale, la sperimentazione sugli embrioni, l'ambientalismo. Sarebbe stato poi più proficuo partire dal Decalogo per stilare simile elenco.

GLI ERRORI PIÙ EVIDENTI
Veniamo agli errori, perlomeno a quelli che ci paiono più evidenti. Il primo è proprio nel titolo: Dignitas infinita. La dignità della persona umana non è infinita (cfr. n. 1) perché il suo essere non è infinito. Solo la dignità di Dio è infinita perché ente infinito. La nostra creaturalità comporta una preziosità intrinseca limitata, finita, ma nello stesso tempo incommensurabile, ossia immensa, e assoluta, cioè non sottoposta a condizioni, come correttamente più volte si sottolinea nel testo (nello stesso errore era caduto Giovanni Paolo II, citato nel documento).
Secondo errore: al n. 28 si cita nuovamente la Laudate Deum: «La vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature» (n. 67) Eppure la Dichiarazione per ben 15 volte e assai opportunamente ripete che la dignità umana è tale al di là di ogni circostanza. Ora invece la dignità umana parrebbe discendere dalle altre creature: non più dignità assoluta, ma relativa, in relazione a piante e animali. Il classico obolo dovuto all'ambientalismo. Sul terzo errore - la pena di morte contrasta con la dignità umana (cfr. n. 34) - rimandiamo all'articolo in nota.
Soffermiamoci infine sul paragrafo dedicato alla teoria del gender. Ora, tale teoria comprende, tra gli altri aspetti, un giudizio positivo sull'omosessualità e sulla transessualità. Su questo secondo aspetto la Dichiarazione dedica un apposito paragrafo assumendo un giusto approccio critico. Dunque, ci si aspettava che il paragrafo "Teoria del gender" trattasse dell'omosessualità. Questo è vero nella parte iniziale dello stesso, ma poi le riflessioni che esso articola paiono più consone al transessualismo, e solo vagamente riconducibili all'omosessualità. Ciò detto, appare evidente che manchi una condanna esplicita e motivata dell'omosessualità, rifugiandosi in vaghi cenni relativi alla differenza sessuale tra uomo e donna. Non poteva che essere così dopo la pubblicazione di Fiducia supplicans che benedice l'omosessualità.

LA TEORIA DEL GENDER
Dicevamo della parte iniziale del paragrafo "Teoria del gender" che è dedicata all'omosessualità. In essa correttamente si cita il Catechismo della Chiesa Cattolica laddove questo afferma che occorre accogliere la persona omosessuale (cfr. n. 2358), ma non si cita lo stesso quando censura sia l'omosessualità che le condotte omosessuali. Non solo, ma, subito dopo questa citazione, la Dichiarazione così prosegue: «Per questa ragione va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale» (n. 55). Parrebbe che l'accoglienza della persona omosessuale comporti l'esclusione del divieto per legge delle condotte omosessuali. Sanzionare le condotte omosessuali sarebbe allora un malum in se. Ecco dunque la domanda di fondo: è moralmente lecito sanzionare le condotte omosessuali? Risposta che sappiamo essere urticante per molti: sì, ma non sempre. Procediamo con ordine. Qual è il criterio a cui riferirsi per decidere quando è giusto sanzionare una certa condotta? Il bene comune. Nel caso dei divieti, occorre vietare quelle condotte che sono gravemente lesive del bene comune. Le condotte omosessuali sono potenzialmente lesive del bene comune per più motivi.
In primis perché l'omosessualità contraddice in radice e nel profondo la natura umana, dunque la sua dignità. È un disordine violentissimo della persona che non può che ripercuotersi all'esterno quando si fa condotta, relazione, riverberandosi negativamente in quell'ordo sociale la cui tutela è il primo compito del governante. L'omosessualità praticata porta alla corruzione del pensiero e dei costumi, ad esempio nella sfera dei comportamenti sessuali, anche tra gli eterosessuali, nell'educazione quando si insegna l'affettività, etc. Pensiamo poi agli effetti negativi che abbiamo dovuto registrare in ambito familiare laddove sono state legittimate le unioni civili o i "matrimoni" gay, tra cui soprattutto la cosiddetta omogenitorialità. Poniamo mente inoltre all'ambito procreativo, laddove l'omosessualità ha incentivato pratiche come la fecondazione eterologa, l'utero in affitto e ha fomentato una cultura anti-vita, perché l'omosessualità è per sua struttura intima una condizione infeconda.

Nota di BastaBugie: Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "Pena di morte, la contraddizione spacciata per sviluppo" parla Dopo Fiducia supplicans un altro dietrofront sull'insegnamento costante della Chiesa che considera il diritto alla vita inviolabile, ma per l'innocente. E un cambiamento tira l'altro.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 aprile 2024:

«Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato o situazione si trovi» (n. 1). Questo l'incipit della nuova Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Dignitas infinita. Un sostantivo e un aggettivo che, accostati, possono riferirsi solo alle tre Persone divine, ma che invece incautamente nella Dichiarazione vengono a caratterizzare la persona umana.
Creatura e finitezza si richiamano ontologicamente: una dignità sublime, fatta per l'Infinito, come quella umana, è pur sempre una dignità creata, che ha avuto un inizio e che si esplica in un'essenza, che indica appunto, sempre delimitazione. Invece, la Dichiarazione ci racconta, senza troppa pena di argomentazione, che l'infinita dignità dell'uomo sarebbe addirittura «pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione» e confermata dalla Chiesa. Dove, come e quando non è dato saperlo: marchio inconfondibile di ogni "creazione tuchana".
Un'affermazione dunque gratuita ed errata, ricevibile solo qualora il senso dell'aggettivo intende essere iperbolico. Ma che invece risulta il fondamento di un grave errore presente nella Dichiarazione, al n. 34; paragrafo che introduce le «numerose e gravi violazioni della dignità umana nel mondo contemporaneo», sviluppate in seguito: «Bisognerà pure qui menzionare il tema della pena di morte: anche quest'ultima, infatti, viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza». La nota 56 riporta la nuova versione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica e la Lettera del 1° agosto 2018 che, per l'occasione, venne inviata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il paragrafo motiva la relazione tra rafforzamento della tutela della dignità umana, oggetto di Dignitas infinita, e condanna della pena di morte, richiamando il n. 268 dell'enciclica Fratelli tutti: «il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto è possibile riconoscere l'inalienabile dignità di ogni essere umano e ammettere che abbia un suo posto in questo mondo. Poiché, se non lo nego al peggiore dei criminali, non lo negherò a nessuno, darò a tutti la possibilità di condividere con me questo pianeta malgrado ciò che possa separarci».
Il ragionamento è più o meno questo: la pena di morte offende la dignità della persona umana; dunque, negare che si possa ledere la dignità umana di un criminale mediante la pena capitale, avrà come conseguenza che la dignità dei non criminali sarà ancora più al sicuro. Basta però un rapido sguardo alla situazione generale per capire che, purtroppo, le cose non sono affatto così: la Francia repubblicana, rigorosamente death penalty-free, ha inserito l'aborto come diritto costituzionale; ossia ha "benedetto" costituzionalmente lo sterminio di centinaia di migliaia di innocenti nel grembo delle loro madri, per mano di medici regolarmente iscritti all'albo ed esercitanti in strutture pubbliche, mentre invece non vuole che si sfiori un capello ad un serial killer, specie se "diversamente francese". Dall'altra parte dell'Oceano, gli Stati Uniti, dove la pena di morte è in vigore nella maggior parte degli Stati (in alcuni dei quali non è più applicata da tempo o resa inoperosa da una moratoria), si è registrata, al contrario, una sentenza di incostituzionalità dell'aborto. Sembra che chi più si premura di difendere gli assassini da una pena giusta e meritata, più permette che gli innocenti siano colpiti impunemente; anzi, con tanto di marchio di approvazione dello Stato.
Dunque, il ragionamento di papa Francesco, ripreso dal Dicastero per la Dottrina della Fede, è semplicemente contraddetto dalla realtà. Ma c'è un altro problema, ancora più grave: l'affermazione per cui la pena di morte «viola la dignità inalienabile di ogni persona umana al di là di ogni circostanza» è errata e contraddice l'insegnamento costante della Chiesa a riguardo.
Andiamo con ordine. Il n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica venne modificato nel 2018, con l'inserimento di un'affermazione molto problematica: «la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che "la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona", e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo». L'asserzione è suonata alle orecchie più attente come una palese contraddizione dell'insegnamento della Chiesa, il quale lasciava libertà quanto all'opportunità della pena capitale, ma difendeva la verità che il potere secolare legittimo potesse giustiziare un reo, purché si rispettassero gli altri principi di giustizia.
La CDF, all'epoca ancora guidata dal cardinale Ladaria aveva cercato di salvare capra e cavoli, difendendo sia il cambiamento del Catechismo voluto da papa Francesco che l'insegnamento costante della Chiesa e sostenendo così «un autentico sviluppo della dottrina». Mission impossible.
Ora, la Dichiarazione non richiama nemmeno più la questione dell'opportunità, ma tira dritto sentenziando che la pena di morte in ogni caso è contraria alla dignità della persona. Punto. Se così fosse, si dovrebbe concludere, a rigor di logica, che chi commina la pena di morte commette sempre peccato contro il quinto comandamento, perché tra l'innocente ed il reo non vi sarebbe più alcuna distinzione. E, analogamente, chi commina la pena di morte compie sempre un atto di ingiustizia, perché priva una persona di qualcosa che le appartiene in modo inalienabile, ossia il diritto alla vita, in virtù della sua presunta dignità infinita.
Ora, giusto per fare una sola citazione tra le tante, papa Innocenzo III nell'epistola Eius exemplo all'arcivescovo di Tarragona, Durando di Osca, esigeva che i valdesi che si convertivano alla fede cattolica, professassero, in una formula di fede, esattamente il contrario di quanto insegnato da papa Francesco e dal cardinale Fernández: «Per quanto riguarda il potere secolare dichiariamo che può esercitare il giudizio di sangue senza peccato mortale, purché nel portare la vendetta proceda non per odio ma per atto di giustizia, non in modo incauto, ma con riflessione» (Denz. 795).
Da notare che Innocenzo III ritiene che siano alcune circostanze a rendere illegittimo il giudizio di sangue, non il fatto stesso di comminare la sentenza capitale. Ora, come è possibile che il potere secolare abbia la facoltà di comminare la pena capitale senza peccato, come vuole la Eius exemplo, se questa pena viola sempre la dignità della persona umana, «al di là di ogni circostanza», come afferma invece Dignitas infinita? Come può la pena capitale procedere da «atto di giustizia» (precisamente, un atto retributivo della giustizia), se essa diventa un radicale atto di ingiustizia nei confronti della dignità umana?
Impossibile riconciliare queste due posizioni. L'insegnamento cattolico non ha mai considerato in modo assolutistico il diritto alla vita, come invece hanno fatto valdesi, quaccheri, mennoniti, hussiti, e pacifisti, mentre ha sempre difeso l'inviolabilità della vita innocente. Che è un'altra cosa. Ci si ritrova così, ancora una volta, nell'imbarazzante situazione di Fiducia supplicans: la contraddizione dell'insegnamento della Chiesa spacciata per autentico sviluppo. E si dice che non c'è due senza tre.

DOSSIER "PENA DI MORTE"
Non è contraria al Vangelo

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 9 aprile 2024

2 - LA VERITA' SU GAZA CHE NESSUNO DICE
Ormai in tv si sente solo la versione dei terroristi palestinesi (così come per la guerra in Ucraina il conteggio delle vittime civili è solo quello di Zelensky)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Sito di Nicola Porro, 8 aprile 2024

Ma perché devo pagare un canone, per giunta salato, per farmi disinformare e/o deformare? Possibile che nemmeno con la destra al governo si riesca a sgravare il cittadino da questa odiosissima tassa? E passi per le gayate di Sanremo, passi per le trasmissioni-propaganda affidate a militanti sinistri, passi per le fastidiose interruzioni pubblicitarie che servono solo a portare altri soldi agli strapagatissimi Raisti e che sono giustificate solo nelle reti commerciali. Ma pure l'informazione deve essere uno sberleffo al contribuente?
Per esempio, perché quella della Russia all'Ucraina è un'abietta aggressione, tale da meritare il continuo invio di soldi e armi a Zelensky, mentre quella di Hamas a Israele è, tutto sommato, cosa veniale? Perché devo convincermi che è giusto e doveroso il mio impoverimento da boicottaggio degli affari con Putin e Netanyahu? Perché il conteggio delle vittime civili che mi viene ammannito ogni giorno è quello fornito da Zelensky e Hamas? Perché gli inviati nel russofono Donbass intervistano solo i filo-ucraini? In realtà la risposta la so, e su questo sito l'ho riferita più volte. Quel che non mi aspettavo è la sollevazione mondiale contro Israele. Ma anche qui, ragionando, la risposta si trova. Il pensiero woke americano non è altro che marxismo con altro nome, così come da noi tutto ciò che è di sinistra. Il denominatore comune è l'odio mortale all'Occidente capitalista, che rende disposti anche a tagliarsi i cabbasisi pur di fargli un dispetto. Cioè, tifare per la Sharia.
Israele è un pezzo di Occidente nel mare islamico, da qui l'odio. Le efferatezze gratuite e talebaniche di Hamas nel suo proditorio attacco (donne, vecchi, bambini e stupri e decapitazioni) teso a vanificare gli Accordi di Abramo hanno provocato la reazione di Israele - come da calcolo - ed ecco che dall'Onu in giù, Biden compreso, tutti a dare addosso agli israeliani. I quali però non nascondono missili negli ospedali e nelle scuole, né si fanno scudo dei civili. Rivogliono solo i loro ostaggi e sono disposti allo scambio ineguale: centinaia di terroristi prigionieri per ogni ostaggio. Macché. Il messaggio che passa è che i nazisti ebraici bombardano palestinesi inermi. Ma nessuno che suggerisca a Israele un altro modo per liberare i suoi ostaggi. Il dialogo? Le trattative? Con chi, con quelli? C'erano quasi, ma poi Biden ha praticamente autorizzato l'Onu a ordinare il cessate il fuoco su Gaza e Hamas, contento, ha ritirato la sua offerta.
Bel colpo. Biden, si sa, ha problemi elettivi personali con i musulmani d'America. Gli europei, dopo aver riempito le loro contrade di islamici, non hanno nemmeno il problema dei voti, ma quello della gola tagliata. I poveri palestinesi? Almeno col loro numero potrebbero ribellarsi ad Hamas, che per giunta sequestra i loro (nostri) aiuti. Invece no. L'esercito israeliano sbaglia mira e fa fuori sette cooperatori? Tutti a stracciarsi le vesti. Hamas potrebbe risparmiare al suo popolo ogni sofferenza rilasciando gli ostaggi. Invece se li tiene stretti, e nessuno gli addebita di essere la causa di tutto quel che è successo. Tutti i musulmani, dovunque siano, solidarizzano... con i musulmani, chiunque siano. E io pago il canone per sentire la versione di Zelensky e di Hamas, e solo quella. L'unica consolazione - se così si può chiamare - è che conosco la storia e so che Israele non dimentica. I nemici li conosce già. Ora sta riconoscendo gli amici.

DOSSIER "GUERRA RUSSIA-UCRAINA"
L'offensiva di Putin nel 2022

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Fonte: Sito di Nicola Porro, 8 aprile 2024

3 - LA PASQUA DELLE TRE ENCICLICHE DI PIO XI CONTRO NAZISMO, COMUNISMO E MASSONERIA
Il Papa condannò nel marzo del 1937: il neopaganesimo della Germania hitleriana (Mit brennender Sorge), il comunismo della Russia sovietica (Divini Redemptoris) e il laicismo massonico del Messico (Firmissimam constantiam)
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 3 aprile 2024

Il titolo "La Pasqua delle tre encicliche" vuole ricordare tre importanti documenti emanati da papa Pio XI a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro nel marzo del 1937. Tre Encicliche che si rivolgevano a tutti i cattolici del mondo e che mantengono ancora oggi la loro attualità.
Pio XI, ottantenne e convalescente dopo una lunga malattia che lo aveva immobilizzato per mesi, affrontava tre gravi sfide poste alla Chiesa dalle ideologie anticristiane del suo tempo: il neopaganesimo della Germania hitleriana, con la Mit brennender Sorge;il comunismo della Russia sovietica, con la Divini Redemptoris; l'anticristianesimo del Messico laicista e massonico, con la Firmissimam constantiam. L'uscita di queste tre encicliche nel giro di due settimane fu un fatto unico nella storia della Chiesa.

IL NEOPAGANESIMO DELLA GERMANIA HITLERIANA
La prima enciclica, la Mit brennender Sorge, era datata la Domenica di Passione il 14 marzo 1937. Pio XI affermava: «Se è vero che la razza o il popolo, se lo Stato o una sua determinata forma, se i rappresentanti del potere statale o altri elementi fondamentali della società umana hanno nell'ordine naturale un posto essenziale e degno di rispetto; tuttavia chi li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e, divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l'ordine, da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme. (...) Sulla fede in Dio genuina e pura si fonda la moralità del genere umano. Tutti i tentativi di staccare la dottrina dell'ordine morale dalla base granitica della fede, per ricostruirla sulla sabbia mobile di norme umane, portano, tosto o tardi, individui e nazioni al decadimento morale. Lo stolto, che dice nel suo cuore: "non c'è Dio", si avvierà alla corruzione morale. E questi stolti, che presumono di separare la morale dalla religione, sono oggi divenuti legione».

IL COMUNISMO DELLA RUSSIA SOVIETICA
La seconda enciclica, la Divini Redemptoris, fu pubblicata il 19 marzo 1937, festa di S. Giuseppe, patrono della Chiesa e dei lavoratori cristiani. Denunciando il comunismo mondiale e ateo che dalla Russia si diffondeva nel mondo, Pio XI diceva: «Per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta, e accuratamente preparata dell'uomo contro "tutto ciò che è divino" (...) Procurate, Venerabili Fratelli, che i fedeli non si lascino ingannare! Il comunismo è intrinsecamente perverso e non si può ammettere in nessun campo la collaborazione con esso da parte di chiunque voglia salvare la civilizzazione cristiana. E se taluni indotti in errore cooperassero alla vittoria del comunismo nel loro paese, cadranno per primi come vittime del loro errore, e quanto più le regioni dove il comunismo riesce a penetrare si distinguono per l'antichità e la grandezza della loro civiltà cristiana, tanto più devastatore vi si manifesterà l'odio dei "senza Dio».
Pio XI lanciava un «appello a quanti credono in Dio»: «Ma a questa lotta impegnata dal «potere delle tenebre» contro l'idea stessa della Divinità, Ci è caro sperare che, oltre tutti quelli che si gloriano del nome di Cristo, si oppongano pure validamente quanti (e sono la stragrande maggioranza dell'umanità) credono ancora in Dio e lo adorano. Rinnoviamo quindi l'appello che già lanciammo cinque anni or sono nella Nostra Enciclica Caritate in Christi affinché essi pure lealmente e cordialmente concorrano da parte loro "per allontanare dall'umanità il grande pericolo che minaccia tutti". Poiché - come allora dicevamo, - siccome "il credere in Dio è il fondamento incrollabile di ogni ordinamento sociale e di ogni responsabilità sulla terra, perciò tutti quelli che non vogliono l'anarchia e il terrore devono energicamente adoperarsi perché i nemici della religione non raggiungano lo scopo da loro così apertamente proclamato"».
Il Papa aggiungeva: «Dove il comunismo ha potuto affermarsi e dominare - e qui Noi pensiamo con singolare affetto paterno ai popoli della Russia e del Messico, - ivi si è sforzato con ogni mezzo di distruggere (e lo proclama apertamente) fin dalle sue basi la civiltà e la religione cristiana, spegnendone nel cuore degli uomini, specie della gioventù, ogni ricordo. Vescovi e sacerdoti sono stati banditi, condannati ai lavori forzati, fucilati e messi a morte in maniera inumana; semplici laici, per aver difeso la religione, sono stati sospettati, vessati, perseguitati e trascinati nelle prigioni e davanti ai tribunali».

IL LAICISMO MASSONICO DEL MESSICO
Proprio al Messico era dedicata la terza enciclica, Firmissimam constantiam, emanata il giorno di Pasqua, il 28 marzo 1937. In essa il Papa affermava che «quando le più elementari libertà religiose e civili vengono impugnate, i cittadini cattolici non si rassegnino senz'altro a rinunziarvi».'Qualora i poteri costituiti «insorgessero contro la giustizia e la verità al punto di distruggere le fondamenta stesse dell'autorità, non si vedrebbe come dover condannare quei cittadini che si unissero per difendere con mezzi leciti ed idonei se stessi e la Nazione, contro chi si vale del potere pubblico per rovinarla».
Pio XI non invitava alla resa, ma ricordava ai cattolici messicani ad avere «quella visione soprannaturale della vita, quella educazione religiosa e morale e quello zelo ardente per la dilatazione del Regno di Cristo che l'Azione Cattolica si propone di dare. Di fronte a una felice coalizione di coscienze che non intendono rinunziare alla libertà rivendicata loro da Cristo (Gal. 4, 31) quale potere o forza umana potrebbe aggiogarle al peccato? Quali pericoli, quali persecuzioni, quali prove potrebbero separare anime così temprate dalla carità di Cristo? (cf. Rm, 8, 35)».
I cristeros messicani avevano impugnate le armi in nome di Cristo Re. Pio XI, rivolgendosi ai cattolici messicani, richiamava la sua enciclica Quas primas dell'11 dicembre 1925 in cui proclamava Cristo Re dell'universo. Una verità che opponeva alle ideologie anticristiane che alla vigilia della Seconda guerra mondiale minacciavano il mondo. Ma anche nelle ore più buie la virtù della speranza, alimenta la fede dei cristiani.'Così, nella Divini Redemptoris, Pio XI affermava: «Con gli occhi rivolti in alto, la nostra fede vede i "nuovi cieli" e la "nuova terra", di cui parla il primo Nostro Antecessore, San Pietro (II Petr., III, 13). Mentre le promesse dei falsi profeti in questa terra si spengono nel sangue e nelle lacrime, risplende di celeste bellezza la grande apocalittica profezia del Redentore del mondo: Ecco, Io faccio nuove tutte le cose (Apoc., 21, 5)».
È questo il nostro augurio nella Pasqua di Resurrezione del 2024, ricordando la Pasqua delle tre gloriose encicliche di Pio XI del 1937.'

DOCUMENTARIO "THE SOVIET STORY": ORIGINI E CARATTERISTICHE COMUNI DI NAZISMO E COMUNISMO
Entrambe provenienti dal ceppo socialista, sono ideologie gemelle: questo film-documentario ne svela la vera storia
https://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=39

FILM "CRISTIADA": L'EPOPEA DEI CRISTEROS MESSICANI

Quando i cattolici sono costretti a impugnare le armi per difendere Cristo e la Chiesa
https://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=28

Fonte: Corrispondenza Romana, 3 aprile 2024

4 - CATTOLICI ERRANTI IN CERCA DI PARROCCHIA
Non è obbligatorio frequentare la parrocchia dove si risiede, ma non si deve passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Bussola Mensile, marzo 2024

«La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell'àmbito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore». Così recita il canone 515 §1 del Codice di Diritto Canonico. La domanda che molti fedeli si fanno è se devono frequentare la parrocchia nel cui territorio si trovano ad abitare oppure se possono andare nella parrocchia che preferiscono.
Aldo Maria Valli nel suo sito ha pubblicato il 7 luglio 2017 un articolo che parla di una nuova figura di cristiano che l'autore definisce "il cattolico errante": «Si tratta di un bravo cattolico, un po' di tutte le età e le condizioni sociali, che vaga di chiesa in chiesa, di parrocchia in parrocchia. Perché lo fa? Perché, stanco di liturgie sciatte e di chiese brutte, di preti iperattivi o apatici, di parrocchiani sovreccitati o depressi, cerca una chiesa che sia semplicemente normale, con un prete che sia semplicemente prete, una liturgia semplicemente dignitosa, un edificio semplicemente rispettoso del sacro, fedeli semplicemente beneducati». Purtroppo questo tipo di cattolico non si sente più il benvenuto nella sua parrocchia, come spiega ancora Aldo Maria Valli: «Non ne può più di musica per nulla sacra, cori stonati, altoparlanti da discoteca, licenze assurde nella celebrazione. Non sopporta più fedeli chiassosi e sbracati. Non ne può più di chiese orrende, preti che celebrano con le scarpe da ginnastica, tazebao appesi tra una Madonna e un San Giuseppe. Non accetta più di subire omelie irrimediabilmente scontate o troppo immaginifiche. Non gli va più di fare i conti con parroci che sbrigano la messa come fosse una pratica amministrativa o che la trasformano in spettacolo. Ed è anche stanco di essere guardato come un provocatore ogni volta che osa dire come la pensa. Così si mette in viaggio e diventa un cattolico errante».

IL CATTOLICO ERRANTE
Ma è giusto essere un cattolico errante? Va bene passare di chiesa in chiesa senza sentire l'appartenenza ad una specifica comunità? La risposta è no. Far parte di una comunità di fede è necessario per la propria crescita spirituale e per sentirsi parte della Chiesa. Come ci insegna il Nuovo Testamento gli apostoli annunciavano sì il Vangelo, ma subito dopo formavano delle comunità e vi mettevano a capo uno o più presbiteri per garantire il modello gerarchico voluto da Gesù, ma anche la comunione di fede tra i membri di quella specifica comunità. Non si può essere cristiani isolati da ogni contesto ecclesiale. Né si può crescere nella fede e mantenersi nella retta dottrina senza una comunità di riferimento e un sacerdote che ci guida.
Torniamo quindi alla domanda iniziale e cioè se possiamo scegliere la parrocchia che si preferisce. Innanzitutto va detto che non è per nulla obbligatorio frequentare la parrocchia nel cui territorio si risiede. Ciascuno nella Chiesa è libero di andare dove si sente più accolto e soprattutto dove meglio può fare un cammino di fede adeguato alla sua sensibilità e al suo cammino. Certamente per ottenere il certificato di battesimo si deve andare nella parrocchia dove si è ricevuto il battesimo. Chi ha da iniziare la pratica per il matrimonio deve andare dal parroco della parrocchia dove risiede uno dei nubendi. Così per avere la benedizione della casa ci si dovrà rivolgere al parroco del territorio dove è la casa. Invece per tutto il resto, cioè dove andare alla Messa, agli incontri di formazione, al catechismo dei figli, ai ritiri spirituali, ma anche ai pranzi e alle feste, insomma per tutto quello che è vivere in una comunità di fede, senz'altro si può scegliere la parrocchia più adatta.

UNO SFORZO DA FARE
Ovviamente può darsi che qualcuno si trovi meglio in una parrocchia e altri in un'altra senza che per questo qualcuno faccia la scelta giusta in assoluto, ma semplicemente per lui è la scelta migliore. Quindi se uno si trova bene nella parrocchia che può raggiungere a piedi, buon per lui. Come andrebbe bene se per andare nella parrocchia adatta ci volesse mezz'ora di auto. È uno sforzo che sempre più dobbiamo mettere in conto di fare se vogliamo dare a noi e ai nostri figli una corretta educazione cristiana e umana.
A proposito dell'educazione dei propri figli, spesso i genitori scelgono di fargli frequentare la parrocchia dove questi socializzano meglio. Eppure non bisogna dimenticare che lo scopo del catechismo è di imparare la dottrina cristiana. Infatti un tempo il catechismo si chiamava proprio "dottrina". Si diceva "vado a dottrina" intendendo che si frequentava il catechismo. Purtroppo oggi sempre più troviamo impegnata l'ora di catechismo a fare di tutto eccetto che imparare i comandamenti, i sacramenti e le preghiere. Cartelloni, canti, argomenti di attualità... insomma di tutto fuorché la dottrina cristiana. Cosa fare in questa situazione così disastrosa? Direi che non resta che portare i figli in un'altra parrocchia, più adeguata, più fedele alla dottrina, in poche parole... più cattolica. E non solo mandarci i figli, bensì farla diventare la parrocchia di tutta la famiglia e andare lì alla Messa.
In conclusione, basta trovare un parroco che possa guidare spiritualmente la propria famiglia nel solco della Tradizione vivente della Chiesa e impartisca validamente e lecitamente i sacramenti in comunione con il Vescovo e il Papa. Se vuoi l'acqua fresca e pura, fare dei chilometri per raggiungere questa oasi non sarà fatica sprecata. L'alternativa è morire di sete.

Fonte: La Bussola Mensile, marzo 2024

5 - PRINCIPESSA, SCHIAVA E INFINE SUORA
L'incredibile storia di Teresa Chikaba, una donna dell'Africa subsahariana cui sono attribuiti tanti miracoli e che è in attesa di beatificazione
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, marzo 2024

Oggi parliamo di una suora africana, negra ed ex schiava. No, non si tratta di Giuseppina Bakhita, che è già canonizzata. Mi riferisco a Teresa Chikaba, che non era sudanese come Bakhita, ma veniva dall’Africa subsahariana, quella che ai suoi tempi veniva chiamata Africa nera. Teresa Chikaba è in attesa di beatificazione, e sarebbe anche l’ora, dati i molti miracoli testimoniati per sua intercessione. Ma andiamo con ordine. Non sappiamo se avesse altri nomi oltre a Chikaba; in base ai suoi racconti sappiamo che era nata in Guinea nel 1676 e che era una principessa. Ora, il termine principessa ci fa subito pensare alle case reali europee, col loro fasto e le trine e le parrucche incipriate. Quanto fosse esteso il "regno" di suo padre non è dato conoscere, ma è probabile che quest’ultimo non fosse altro che uno dei tanti capitribù. Chi comandava davvero da quelle parti erano i portoghesi, che avevano fatto della Guinea, insieme ai confinanti Angola e Mozambico, una loro colonia fin dal secolo precedente. Sì, perché, dopo che il rullo islamico aveva spazzato via l’Africa romana e cristiana, il continente aveva visto secoli di guerre inter-tribali per procurarsi schiavi da vendere agli arabi. Fino a quando i navigatori portoghesi nel XV secolo non inaugurarono il ritorno dei missionari al seguito dei coloni.

FUTURA REGINA
Dietro esploratori e poi coloni spagnoli, francesi e, via via, olandesi belgi, inglesi, tedeschi e infine italiani, la parola Vangelo era rientrata in Africa, con i suoi successi più o meno limitati e i suoi, ovviamente, martiri. Per questo è altresì probabile che la famiglia di Chikaba, i suoi genitori e i fratelli fossero venuti in contatto con i missionari cattolici, dato che questi sempre seguivano la fondazione di una colonia da parte di una potenza cattolica. Lei stessa narrò che, una volta, dovendo seguire la sua famiglia nel prescritto pellegrinaggio all’idolo che i nativi chiamavano Lucero, mentre eseguiva la prostrazione rituale sentì una sorta di vuoto dentro, un senso di insoddisfazione infinita, una delusione cocente. Perché? Qualunque cosa fosse quella sensazione inaudita e insopportabile, fu forse l’inizio della sua conversione. In ogni caso, il risultato fu per lei un desiderio di imitazione dei missionari cristiani, nel senso che da allora prese a occuparsi dei malati, dei bambini, dei bisognosi con un trasporto che finì col procurarle la stima degli altri indigeni. Tanto da allarmare i suoi fratelli. Infatti, questi temevano che, quando fossero morti i loro genitori, il popolo avrebbe riversato il suo favore su Chikaba, eleggendo lei come regina e defraudando le aspettative dei maschi della famiglia sul trono. Chikaba dovette fare i salti mortali per rassicurarli: non aveva alcuna mira politica, anche se non sapeva bene nemmeno lei che cosa volesse nella vita. In ogni caso, ci pensarono gli eventi a decidere per lei.

RAPITA DAGLI SPAGNOLI
Un brutto giorno un raid di razziatori spagnoli rapì lei e altri nativi per venderli come schiavi. Non avrebbe rivisto mai più la sua terra e la sua famiglia. Caricata con gli altri schiavi su una nave, fu portata in Spagna. Durante il tragitto i trafficanti appresero che si trattava di una principessa e cominciarono a trattarla bene. Oh, non per riguardo al rango, ma perché da lei si poteva cavare un miglior prezzo. Infatti, venne acquistata dai duchi di Mancera, che la portarono nel loro palazzo di Madrid. La differenza tra gli schiavi domestici nei luoghi cattolici e in quelli protestanti stava in questo: i primi erano considerati dei paggi e praticamente adottati, entravano cioè a far parte della famiglia, come si può vedere in molti dipinti dell’epoca. Gli spagnoli non tenevano dunque schiavi? Sì, ma si trattava quasi sempre di saraceni catturati e messi ai remi o adibiti ai lavori più pesanti, in attesa di poterli scambiare con gli schiavi cristiani in mano ai barbareschi o ai turchi. Chikaba poté dunque per l prima volta in vita sua indossare dei veri abiti e nutrirsi con una vera cucina, dormire in un vero letto e avere una o più stanze tutte per sé. Volentierissimo accolse il Battesimo, per il quale ebbe gli stessi duchi come padrini. Si accorse anche di aver trovato quel che sempre aveva cercato, che il cristianesimo riempiva totalmente quel vuoto che le si era impresso dolorosamente dentro da quando era andata ad adorare Lucero. E tanto sul serio prese il suo Battesimo che, compiuti i ventiquattro anni, espresse il desiderio di farsi suora. Si tenga presente che la sua educazione, i suoi modi e la famiglia adottiva le avrebbero consentito un buon matrimonio. Gli spagnoli non erano razzisti: Darwin era inglese e di là da venire. Forse che il padre di san Martino de Porres non era un gentiluomo spagnolo (e la madre una africana?)? Forse che molti conquistadores non si erano sposati con donne incas e azteche? Forse che il grande scrittore Garcilaso de la Vega non era di madre inca? E poi una buona dote non avrebbe mancato di attirare gli hidalgos iberici.

GLI ANNI IN CONVENTO
No, la vocazione di Chikaba era sincera e totale. Solo che c’era un problema. Nessun convento la accettava. Sì, c’entrava proprio il colore della sua pelle. Non c’erano precedenti di suore africane in Spagna, e una suora negra avrebbe finito col trasformare il convento in cui fosse ospitata in un’attrazione per i curiosi, con nocumento della necessaria clausura, una clausura che - va detto - a quel tempo era piuttosto larga e certe visite altolocate non si potevano rifiutare. Solo nel 1708, convinto dalla schiettezza della sua vocazione, l’Arcivescovo di Salamanca ordinò alle suore domenicane del Terz’ordine di Santa Maria Maddalena di accoglierla come conversa. Finalmente, Chikaba poté prendere il velo e il nome religioso di Teresa. Malgrado la sua estrazione nobile, si adattò facilmente ai lavori domestici ai quali fu adibita. Ci vollero ancora degli anni prima che un altro Vescovo decidesse di ammetterla ai voti. E finalmente fu suora domenicana. I quarant’anni di vita che le restavano li trascorse tutti lì, a Salamanca, nel convento dove aveva spazzato e lavato i pavimenti. Morì in odore di santità il 6 dicembre 1748. Il suo corpo riposa nel monastero che a Salamanca chiamano delle Duenas. Molti miracoli sono attribuiti a questa principessa africana, schiava, adottata dal duca di Mancera, suora domenicana. I progressi del suo processo canonico? Mistero. Sotto papa Bergoglio tutti i lavori della Congregazione apposita sono stati segretati, chissà perché.

SANTA GIUSEPPINA BAKHITA, DA SCHIAVA A FIGLIA DI DIO
Bakhita era schiava ed è stata liberata da Gesù, ma in realtà siamo tutti schiavi, prima che la nostra relazione con Dio diventi la più importante di tutte
di Costanza Miriano
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6470

Fonte: Il Timone, marzo 2024

6 - PAPI E ANTIPAPI, SEDE VACANTE E PAPA LEGITTIMO (3° parte)
La legittimità dell'elezione del papa rientra tra i fatti dogmatici e questo riguarda il fatto che il papa universalmente riconosciuto sia il vero papa (e non che sia un buon papa)
Autore: Luisella Scrosati - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 marzo 2024

Ripartiamo da Martino V. Nella contesa con i lollardi e gli ussiti, il papa aveva richiesto, come requisito per la confessione integrale della fede cattolica, che essi riconoscessero il papa legittimamente eletto, più precisamente quel papa riconosciuto universalmente e pacificamente dalla Chiesa.
Il grande teologo domenicano, Giovanni di San Tommaso (1589-1644), ha ripreso questo aspetto, sostenendo appunto che sia di fede il riconoscimento che questo preciso uomo "x", riconosciuto dalla Chiesa come papa, sia effettivamente il papa. Non si tratta di una tesi teologica, ma effettivamente di una verità strettamente legata alla fede; più tecnicamente rientra in quella categoria che teologicamente viene denominata "fatti dogmatici". Cerchiamo di capire di cosa si tratta.
Nell'articolazione della nostra adesione di fede alla dottrina insegnata dalla Chiesa, la Professio fidei del 1989 indica tre macro-categorie: l'adesione agli articoli del Credo e agli altri dogmi che la Chiesa propone a credere come divinamente rivelati; l'adesione a tutto ciò che la Chiesa insegna in modo definitivo; infine l'ossequio dovuto all'insegnamento autentico. Nella seconda categoria, troviamo tutte quelle verità che, pur non essendo direttamente contenute nella Rivelazione, sono tuttavia connesse con essa. Ora, questo tipo di connessione può essere duplice: logica o storica. Un esempio piuttosto chiaro del primo caso è la condanna dell'eutanasia, che è logicamente connessa al divieto rivelato di non uccidere l'innocente. Quanto alle verità connesse storicamente alla Rivelazione, esse comprendono proprio i fatti dogmatici di cui abbiamo parlato sopra; la Nota dottrinale (1998) della Congregazione per la Dottrina della Fede ne riporta alcuni esempi: «la legittimità dell'elezione del Sommo Pontefice o della celebrazione di un concilio ecumenico, le canonizzazioni dei santi (fatti dogmatici); la dichiarazione di Leone XIII nella Lettera Apostolica Apostolicæ Curæ sulla invalidità delle ordinazioni anglicane».

LA LEGITTIMITÀ DELL'ELEZIONE DEL PAPA
La legittimità dell'elezione del papa rientra dunque tra i fatti dogmatici che devono essere tenuti come definitivi, dunque tra quei fatti storici strettamente connessi con la Rivelazione. L'importanza di questi fatti dogmatici mi pare venga ben messa in luce dal classico Compendio di Teologia Dogmatica, del teologo e medievalista bavarese, Ludwig Ott (1906-1985): «Se la Chiesa potesse sbagliare nel suo giudizio su questi fatti o verità, che sono indirettamente connesse con la Rivelazione, ne deriverebbero conseguenze inconciliabili con la sua istituzione divina e con la sua santità».
Prima di comprendere per quale ragione mettere in dubbio la legittimità dell'elezione del sommo pontefice comporterebbe gravi conseguenze, che vanno di fatto a erodere il dogma dell'istituzione divina della Chiesa, della sua indefettibilità e santità, dobbiamo chiarire che si tratta non di qualsiasi elezione del papa, ma di quella del papa universalmente e pacificamente accettato dalla Chiesa.
Giovanni di San Tommaso dà una ragione fondamentale per spiegare perché il mancato riconoscimento di un papa legittimamente eletto non è "solo" un problema disciplinare, ma dottrinale: perché il papa può essere considerato come la regula fidei vivente. Cerchiamo di capire cosa vuol dire questa affermazione. Il teologo domenicano non sta evidentemente affermando che il papa sia al di sopra della Rivelazione e di quanto la Chiesa ha già definito, e ancor meno che qualunque sua esternazione sia regola della fede. Il punto è un altro: il magistero della Chiesa, che il papa incarna quando intende definire qualcosa, sia agendo ex cathedra che quando intende insegnare in modo definitivo nel suo magistero ordinario, è la regola della fede prossima, che "comunica" la regola della fede remota (la Rivelazione). Dunque, se la Chiesa intera si ingannasse nel riconoscere dove sta questa regola della fede vivente, la Chiesa si ingannerebbe sulla fede stessa.

UN ESEMPIO
Facciamo un esempio. Checché se ne dica, san Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994), ha inteso intervenire in modo definitivo sull'impossibilità dell'ordinazione delle donne; il carattere definitivo di questo pronunciamento era stato ulteriormente ribadito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Ora, attenzione: non poche persone, soprattutto negli Stati Uniti, rifiutano di riconoscere i pontefici da Giovanni XXIII (incluso) in poi, per varie ragioni; una di queste è la presunta illegittimità dell'elezione di Roncalli nel conclave del 1958, perché, basandosi su una propria interpretazione di quanto scritto da Benny Lai, nel suo noto libro Il Papa non eletto. Giuseppe Siri, cardinale di Santa Romana Chiesa: i voti dei cardinali sarebbero confluiti nell'arcivescovo di Genova, il cardinale Siri, il quale avrebbe accettato e scelto per sé il nome di Gregorio XVII; poco dopo però avrebbe rinunciato, perché una parte consistente dei cardinali contrari avevano minacciato uno scisma. Dunque, l'elezione di Roncalli sarebbe stata nulla e tutti i papi seguenti non sarebbero papi legittimi.
Che cosa comporta una teoria del genere? Che tutta la Chiesa avrebbe recepito la definitività dell'insegnamento di Giovanni Paolo II, regola prossima della fede nel suo pronunciamento sul sacerdozio femminile, ingannandosi, perché Wojtyla in realtà (secondo loro) non era papa. Questo dubbio si potrebbe estendere a tutti i papi dei quali si sospetta la legittimità dell'elezione. Per cui si potrebbe ipoteticamente non essere mai certi di un pronunciamento ex cathedra, come, per es., l'assunzione al Cielo della SS. Vergine, per un dubbio sul fatto che Pio XII fosse veramente papa. E così via.
In sintesi, dichiarare come fatto dogmatico che il papa accettato dalla Chiesa sia veramente papa blinda ogni possibile messa in causa dell'insegnamento del papa, in quanto regola prossima della fede, ossia impedisce che si possano mettere in dubbio i suoi pronunciamenti infallibili o definitivi sulla base di un presunto dubbio sulla legittimità della sua elezione. Dunque, poiché non è possibile che la Chiesa universale si inganni, credendo quanto insegnato infallibilmente o definitivamente dal sommo pontefice, così non è possibile che la Chiesa universali erri ritenendo papa uno che non lo è.
Per evitare fraintendimenti, è necessario precisare che questo fatto dogmatico appena descritto riguarda il fatto che il papa universalmente riconosciuto sia il vero papa e non che sia un buon papa, un papa santo o un papa che non pronuncia errori teologici o perfino eresie. Questi ultimi aspetti non c'entrano nulla con quanto espresso della Professio fidei e spiegato da Giovanni di San Tommaso. Il quale invece aggiunge un corollario importante, ossia che l'universale e pacifica accettazione del papa da parte della Chiesa risolve anche ogni dubbio sulla legittimità della sua elezione: se Tizio è stato accettato come papa allora tutti i requisiti per la validità della sua elezione si sono verificati, e ogni dubbio che possa essere sollevato in un secondo momento decade. Diversamente, basterebbe sollevare dei dubbi per non avere più la certezza della validità dell'elezione del pontefice.
Proseguiremo il discorso nei prossimi articoli, ma è bene ancora una volta ribadire che stiamo parlando del papa universalmente accettato dalla Chiesa, non di un papa la cui elezione è stata contestata da una parte della gerarchia.

Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Luisella Scrosati, nell'articolo seguente dal titolo "Il Papa legittimo e l’accettazione universale della Chiesa" spiega perché la Chiesa universale non può errare nel sottomettersi ad un papa non legittimo. Questo fatto dogmatico discende dalla promessa di Cristo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 marzo 2024:

L'accettazione da parte della Chiesa del papa scelto dai cardinali non è un mero pro forma, ma l'atto fondamentale con cui la Chiesa universale riconosce il proprio capo, Vicario di Cristo, e vi si sottomette. Perché la sottomissione al papa legittimo, quando egli comanda all'interno dei limiti della propria potestà suprema, è indispensabile per appartenere alla Chiesa.
Riprendendo le considerazioni di Giovanni di San Tommaso (vedi articolo precedente), il cardinale Charles Journet (1891-1975), indiscusso teologo e autore della "summa" di ecclesiologia L'Église du Verbe Incarné, ricordava che l'accettazione pacifica universale «è un atto con cui la Chiesa impegna il suo destino. È quindi un atto di per sé infallibile e immediatamente conoscibile come tale»; la conseguenza di questa infallibilità è che questa accettazione manifesta e perciò riconoscibile assicura che «tutti i requisiti per la validità dell'elezione sono stati soddisfatti» (op. cit., I, 1955, p. 624). L'accettazione, secondo Journet, si verifica in due in due modi: negativamente, se l'elezione non viene contestata; positivamente, quando «l'elezione viene dapprima accettata da coloro che sono presenti e in seguito dagli altri».
Il punto centrale, nell'esposizione di Journet, è che la Chiesa ha il diritto di eleggersi un papa, perché Cristo stesso ha fondato la Chiesa su Pietro e sui suoi successori, che sono principio di unità, regola della fede, sede della giurisdizione suprema. Da questo diritto discendono due diritti conseguenti fondamentali: il primo è che la Chiesa ha il diritto di sapere con certezza chi sia concretamente il papa; è per questa ragione che il papa, la cui elezione non è contestata, una volta che egli acconsente e la sua elezione viene resa manifesta, è veramente papa. Il secondo è il diritto della Chiesa a giudicare il papa dubbio, come di fatto è accaduto nella storia. Di particolare interesse è la seguente affermazione del cardinal Journet: «Fin tanto che persiste il dubbio sull'elezione e che il consenso tacito della Chiesa universale non ha rimediato ai possibili vizi dell'elezione, non c'è il papa, papa dubius, papa nullus». Journet riporta la convinzione comune che la pacifica universalis ecclesiæ adhæsio è in grado di rimediare a qualunque vizio di elezione possa essersi verificato, precisamente per il fatto che la Chiesa universale non può errare nel sottomettersi ad un papa che in realtà non sarebbe tale.
Quest'ultima affermazione è fondata su un duplice aspetto dell'infallibilità della Chiesa: in una prima prospettiva, non è altro che l'estensione della fondamentale infallibilità della Chiesa in credendo: così come la Chiesa universale non può errare credendo una verità di fede, analogamente non può errare nel credere un fatto dogmatico, come la legittimità del papa riconosciuto universalmente. Su un secondo versante, possiamo dire che l'infallibilità dell'adesione pacifica e universale è legata all'infallibilità del Magistero ordinario disperso nel mondo; nel nostro caso, ciò significa che la Chiesa gerarchica dispersa nel mondo, ossia l'intero episcopato, non può sbagliarsi nell'insegnare che "Tizio è il papa" e nell’aderire a Tizio come al papa.
Il cardinale gesuita Louis Billot (1846-1931), anch'egli autore di una monumentale produzione teologica, riteneva «come elemento incrollabile e al di là di ogni dubbio» che l'adesione della Chiesa universale a tale papa «è sempre di per sé il segno infallibile della legittimità della persona del Pontefice, e quindi dell'esistenza di tutte le condizioni richieste per questa legittimità» (De Ecclesia Christi, II, 1909, p. 620). Di nuovo, la pacifica e universale adesione gode di un’infallibilità tale da chiudere ogni questione su eventuali dubbi circa le condizioni che renderebbero illegittima l'elezione del pontefice. Attenzione all'argomentazione: non è perché si siano previamente risolti tutti i dubbi circa le condizioni di un’elezione legittima che si considera l'accettazione universale come segno infallibile che tale papa sia papa, ma il contrario. È l'accettazione universale che assicura la legittimità del pontefice e dunque tronca alla radice ogni altro eventuale dubbio in merito ai requisiti della persona, alla legalità delle votazioni, alla legittimità del Conclave, etc.
Billot incalza, spiegando che questo fatto dogmatico discende dalla promessa di Cristo che le porte degli inferi non avrebbero prevalso (cf. Mt 16, 18): se infatti la Chiesa aderisse a un falso pontefice, aderirebbe «a una falsa regola di fede, poiché il Papa è la regola vivente che la Chiesa deve seguire nel credere, e di fatto segue sempre. Dio può talvolta permettere che una sede apostolica vacante si protragga a lungo. Può anche permettere che sorgano dubbi sulla legittimità di questa o quella elezione. Non può però permettere che tutta la Chiesa accetti come pontefice qualcuno che non lo è veramente e legittimamente». Se così fosse, le porte degli inferi avrebbero prevalso, portando tutta la Chiesa a seguire una regola della fede fasulla, il corpo ad unirsi ad una testa non sua, il popolo di Dio e la gerarchia ad obbedire ad un'autorità suprema e universale fittizia. Questa argomentazione è la chiave di volta della questione: la Chiesa universale non può errare nel riconoscere il papa legittimo; dunque, qualunque sia la ragione che fonderebbe il dubbio sulla legittimità del pontefice, essa decade di fronte all'accettazione pacifica e universale della Chiesa.
Ricordiamo ancora una volta che, quando si parla del papa come regola della fede vivente, lo si intende nell'esercizio della sua prerogativa di insegnare infallibilmente o in modo definitivo quanto appartiene alla fede e alla morale. Pertanto è pacifico che il papa possa errare quando si pronuncia su altro e/o allorché non stia definendo qualcosa, anche qualora utilizzasse strumenti ufficiali, come encicliche, esortazioni apostoliche, etc. Ed è ancora più pacifico che il papa possa essere... un pessimo papa.
Il punto è che Dio ha posto al male un limite invalicabile, tale per cui non è mai possibile, nemmeno nel tempo in cui i falsi profeti inganneranno molti (cf. Mt 24, 11), che la Chiesa venga ingannata nella sua universalità su un punto così sostanziale come il riconoscimento del papa legittimo. Per questo, conclude Billot, «la suddetta adesione della Chiesa cura alla radice ogni difetto dell'elezione e prova infallibilmente l'esistenza di tutte le condizioni richieste», per cui «non è più lecito dubitare dell'esistenza di alcun difetto nell'elezione o dell'assenza di alcuna condizione necessaria per la legittimità».

DOSSIER "PAPI E ANTIPAPI"
Sede vacante e Papa legittimo

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10 marzo 2024

7 - OMELIA III DOM. DI PASQUA - ANNO B (Lc 24, 35-48)
Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Il Vangelo di questa terza domenica di Pasqua prosegue il racconto dei discepoli di Emmaus. Questi due discepoli raccontarono agli Undici e a tutti quelli che erano con loro «ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Mentre stavano narrando la loro straordinaria esperienza, ecco che Gesù comparve loro e disse: «Pace a voi» (Lc 24,36). Il Signore diede prova della sua Risurrezione mostrando loro le mani e i piedi: era proprio Lui, e i segni gloriosi delle ferite lo testimoniavano in modo molto chiaro. Poi domandò loro qualcosa da mangiare, ed essi gli diedero una porzione di pesce arrostito: non si trattava certamente di un fantasma. Alla fine, Gesù spiegò agli Apostoli il senso delle Scritture, le quali parlavano della sua Morte e Risurrezione, e del compito che Gesù affidava loro: il compito di predicare a tutti i popoli «la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47).
Gli Apostoli presero alla lettera queste parole e, dopo la Pentecoste, si misero a predicare la Buona Novella. Così, nella prima lettura di oggi, abbiamo ascoltato il discorso che san Pietro rivolse al popolo. Al termine di questo discorso, Pietro disse: «Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati» (At 3,19).
Se veramente vogliamo vivere anche noi da risorti, dobbiamo cambiare vita ed eliminare energicamente il peccato. Con questo testimonieremo di amare davvero il Signore. San Giovanni lo afferma chiaramente nella seconda lettura di oggi: «Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: lo conosco, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c'è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto» (1Gv 2,3-5).
L'amore di Dio consiste nell'osservare i suoi Comandamenti, non può essere diversamente. Quando si ama Dio, allora sarà una gioia per noi metter in pratica ciò che Egli insegna, ed evitare risolutamente il peccato. Quando si ama, si fa volentieri la volontà della persona amata. Se io so che Gesù non vuole una cosa, farò di tutto per non farla, costi quel che costi.
Tante volte non si pensa che il peccato è la più grande disgrazia che possa colpirci. I Santi avrebbero preferito mille e mille volte la morte piuttosto che commettere un solo peccato. Pensiamo a tanti Martiri, ai quali i persecutori, per non torturarli e metterli a morte, avevano ingiunto di rinnegare la fede in Cristo e di bestemmiare. Ma loro rimasero fedeli a Dio e andarono incontro lieti alle più grandi sofferenze e alla morte.
Abbiamo un criterio infallibile per sapere se una cosa è bene o male, si può fare o è peccato: questo criterio è l'obbedienza al Papa e al suo Magistero. Se il cristiano sa, ad esempio, e lo sa con certezza perché ce lo insegna la Chiesa, che non si può rubare, che non si può imbrogliare il prossimo, che non si possono commettere atti impuri, che il Matrimonio non può essere profanato dall'infedeltà o dall'uso di anticoncezionali, ecc., egli deve evitare tutto questo, anche se ciò comporta sacrificio, confidando nell'aiuto onnipotente di Dio e nella preghiera.
Se il cristiano sa che Dio vuole che si santifichino le feste, che si preghi ogni giorno, che si facciano le opere di bene, egli deve fare tutto questo con gioia. In questo modo, egli testimonierà il suo amore a Dio non a parole, ma con i fatti.
All'inizio della sua conversione, san Francesco chiese con fiducia che Dio gli indicasse il cammino da seguire. Egli comprese benissimo che la nostra gioia non consiste nel fare la nostra volontà, ma la Volontà del nostro Creatore. Per essere sicuro di stare nella Volontà di Dio, egli non si fidò di quanto sentiva in cuore, ma volle andare dal Papa: solo da lui poteva avere la certezza di essere sul retto sentiero.
Impariamo da san Francesco questa docilità all'insegnamento del Papa. Ai giorni d'oggi molti si sentono illuminati; ma, a conti fatti, dimostrano di mancare della cosa più importante: di questa docilità al Magistero della Chiesa. Se anche noi obbediremo a questo insegnamento, saremo certi di fare la Volontà di Dio e godremo di una grande pace nel cuore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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