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BastaBugie n.108 del 9 ottobre 2009

OMELIA PER LA XXVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - B - (Mc 10,17-30)

da Il settimanale di Padre Pio

La prima lettura di questa domenica ci parla della vera sapienza. La sapienza deve essere preferita a scettri e a troni, e tutta la ricchezza, al suo confronto, è un nulla (cf Sap 7,8). La Sapienza deve essere amata più della salute e della bellezza, e deve essere preferita alla stessa luce che illumina i nostri passi (cf Sap 7,10). L’Autore del Libro della Sapienza, da cui è tratta questa prima lettura, afferma: «Insieme con lei mi sono venuti tutti i beni, nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile» (Sap 7,11).
In che modo possiamo ottenere la Sapienza? Il testo che abbiamo letto ci fa comprendere che, per possedere questo dono, innanzitutto dobbiamo pregare il Signore. È un dono, e lo dobbiamo domandare umilmente nella preghiera: «Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito della sapienza» (Sap 7,7).
Ma in che cosa consiste la Sapienza? Vera Sapienza è ricercare sempre la volontà di Dio, ogni giorno della nostra vita, per dare un frutto che rimanga e per essere autenticamente felici.
Il Vangelo di oggi si collega molto bene con questo tema. Un giovane si gettò in ginocchio davanti a Gesù e gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?» (Mc 10,17). Egli ricercava la Volontà di Dio; ma, come si capisce dal proseguo del racconto, non era pienamente determinato in questa ricerca. Egli osservava diligentemente tutti i Comandamenti di Dio, e avvertiva che Dio gli stava domandando qualcosa di più. Infatti Dio, nella sua eterna Sapienza, destina a ciascuna delle sue creature una missione particolare da svolgere, per la sua gloria e per il bene delle anime. A quel giovane Dio chiedeva qualcosa di grande: la rinuncia a tutti i suoi averi e il dono completo della sua vita. Gesù infatti «fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: “Una sola cosa ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”» (Mc 10,21).
È questo il dono della vocazione che Dio riserva ad alcuni a preferenza di altri. La vocazione consiste nel seguire Gesù sulla strada dei Consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. La vocazione consente a queste creature di imitare la vita di Gesù nel modo più completo, ed è un anticipo di quella che sarà la condizione futura in Paradiso, ove saremo tutti come angeli. La vocazione comporta delle rinunce, ma, certamente, dona più di quanto domanda. Gesù lo dice chiaramente con queste parole: «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10,29-30).
Il giovane di cui parla il Vangelo di oggi non ebbe la forza di dire di “sì” a quella chiamata e se ne andò via triste (cf Mc 10,22). Non trovò la forza di seguire Gesù perché era legato ai molti beni, alla grande ricchezza materiale che possedeva. Quando non si dice di “sì” alla vocazione si perde la gioia del cuore; soltanto chi aderisce pienamente alla Volontà di Dio è sempre lieto, pur nelle grandi prove che deve superare. San Leonardo da Porto Maurizio diceva verso il termine della sua vita: «Ho settantadue anni e non sono stato nemmeno un giorno triste». Egli poteva dire così perché aveva sempre fatto la Volontà di Dio.
Gesù inoltre dice: «Quanto è difficile, per quelli che posseggono ricchezze, entrare nel regno di Dio!» (Mc 10,23). Si intende chiaramente l’attaccamento a queste ricchezze, dal momento che uno potrebbe anche non averle, ma, in cuor suo, esserne attaccato più di tutti gli altri. La virtù della povertà consiste nell’essere distaccato dai beni di questo mondo e di servirsene con sobrietà, non come il fine della vita, ma come un mezzo per poter servire il Signore e per far del bene al prossimo.
Secondo l’insegnamento di san Giovanni Bosco, Dio chiama molti giovani alla vita di consacrazione, secondo lui sarebbero addirittura un terzo; ma, purtroppo, molti sono quelli che non ascoltano questa chiamata, perché storditi dai piaceri e dalle ricchezze di questo mondo.
Ognuno di noi dovrebbe far sua la preghiera di san Francesco: «Signore, cosa vuoi che io faccia?». Dalla risposta alla chiamata di Dio, dipenderà la nostra felicità.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'11 ottobre 2009)

Pubblicato su BASTABUGIE n.108
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