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BastaBugie n.315 del 20 settembre 2013

OMELIA XXV DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO C - (Lc 16,1-13)

Non si possono servire due padroni

da Il settimanale di Padre Pio

L'evangelista Luca, di cui è la pagina del Vangelo di oggi, ha tra i suoi argomenti preferiti il pregio della povertà e il pericolo della ricchezza, al punto che il suo Vangelo potrebbe essere definito il Vangelo dei poveri. Come spiegare allora la parabola di oggi, che effettivamente, è tra le più difficili di tutto il Nuovo Testamento? Apparentemente, sembra che Gesù lodi la disonestà di quell'amministratore che si era procurato amici imbrogliando. Nella parabola si legge che «il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (Lc 16,8).
Gesù non loda la disonestà, bensì la scaltrezza. In poche parole, noi dobbiamo imitare quella scaltrezza, non certo per essere disonesti, ma per fare il bene. Purtroppo, tante volte, «i figli di questo mondo [...] sono più scaltri dei figli della luce» (ivi) e ci mettono più impegno nel fare il male di quello che ci mettono i figli della luce a compiere il bene. L'espressione «figli di questo mondo» indica coloro per i quali gli orizzonti della vita si chiudono sugli interessi terreni; mentre l'espressione «figli della luce» designa quelli che vivono in funzione della Vita eterna. L'insegnamento della parabola risulta ora chiaro, esso ci esorta a procurarci il nostro autentico bene, quello spirituale.
Secondo l'insegnamento della Bibbia, i beni della terra sono proprietà di Dio dati in amministrazione agli uomini, i quali devono servirsi di essi non per alimentare il loro egoismo, ma per fare il bene. Nel Vangelo di oggi, Gesù chiama "disonesta" la ricchezza ed è realmente disonesta quando viene sfruttata per il solo tornaconto personale. Un mezzo per utilizzare bene la ricchezza è quello di farne parte ai poveri, in modo che, «quando questa verrà a mancare, essi [i poveri] vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,9).
Il discorso di Gesù continua con una frase abbastanza difficile da comprendere. Egli dice: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti. E chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10). Cosa intendeva Gesù per «cose di poco conto» e per «cose importanti»? Le cose di poco conto sono i beni materiali; le cose importanti sono invece i beni spirituali, la grazia di Dio. Davanti a Dio, per quello che riguarda i beni spirituali, nessuno è povero: tutti hanno ricevuto, in misura più che abbondante, delle grazie, dei talenti, che dovranno amministrare con fedeltà e avvedutezza. Dobbiamo "corrispondere" alla grazia di Dio, ovvero farla fruttificare.
Gesù, però, ci mette in guardia e ci dice che l'attaccamento smodato ai beni di questo mondo è pericoloso e non si possono servire due padroni: o si utilizzano le ricchezze terrene per il bene autentico, oppure se ne diventa schiavi. Con parole molto precise, Gesù afferma: «Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13). Guardiamo l'esempio dei Santi: alcuni di essi sono stati favoriti di grandi ricchezze, come santa Elisabetta d'Ungheria, ma tutto veniva utilizzato per la Gloria di Dio e il bene dei fratelli. Per non farci però dominare dalle ricchezze, bisogna amare Dio con tutto il cuore: quanto più lo ameremo, tanto più ci distaccheremo dalle ricchezze terrene e riusciremo a fare molto del bene.
Si può ricavare un altro insegnamento dalle parole che prima abbiamo ascoltato: «Chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10). L'insegnamento è molto importante ed è questo: chi si abitua alle piccole infedeltà, prima o poi cadrà anche nelle grandi infedeltà. Dobbiamo dunque prestare attenzione anche ai peccati che a noi sembrano piccoli e insignificanti e dobbiamo combatterli prontamente, per non cadere prima o poi nei più grandi peccati.

Nota di BastaBugie: Per l'omelia della domenica successiva, vai a
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=581

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 settembre 2013)

Pubblicato su BASTABUGIE n.315
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