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BastaBugie n.549 del 7 marzo 2018

OMELIA IV DOM. DI QUARESIMA - ANNO B (Gv 3,14-21)

Chi crede in Lui non è condannato

da Il settimanale di Padre Pio

Le letture di questa quarta domenica di Quaresima ci fanno riflettere sull'infinito amore di Dio per l'uomo. Una volta, la beata Giuliana da Norwich chiese al Signore una grazia particolare: quella di comprendere tutta la grandezza dell'amore di Dio per l'umanità. Fu accontentata, ma la Beata dovette subito interrompere quella contemplazione perché si avvide che stava letteralmente per impazzire alla vista dell'infinito amore di Dio.
Il Vangelo di oggi dice che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Padre ha tanto amato l'umanità da mandare il Figlio suo su questa terra. Egli, il Figlio unigenito, si è fatto uomo, ha condiviso la nostra condizione in tutto fuorché nel peccato. Già questo ci deve far comprendere la grandezza del suo amore. Ma, non contento di questo, il Padre ha voluto che il Figlio morisse per noi sul legno della croce, per la nostra salvezza. Gesù ha fatto sua questa Volontà del Padre e ha dato la sua vita per noi con infinito amore. E, non pago di tanto amore, Egli ha voluto rimanere con noi tutti i giorni della nostra vita, sino alla fine del mondo, nel sacramento dell'Eucaristia, per essere il nostro sostegno e il nostro nutrimento.
L'amore si misura con il dolore. Quanto più si ama, tanto più si è disposti a soffrire per la persona amata. Il dolore diventa come la prova inconfutabile del vero amore. Diversamente ci si illude di amare, ma, in realtà, si cerca solo il nostro tornaconto.
Nel Vangelo di oggi si parla della Croce. Non poteva mancare questo riferimento proprio ora che siamo nel cuore della Quaresima e ci prepariamo a celebrare la Passione e la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Nicodemo, dottore della legge mosaica, si reca di notte da Gesù per ascoltare il suo insegnamento. Gesù porta il discorso sul tema centrale: il mistero della Croce. Per far questo, Gesù prende spunto da un episodio dell'Antico Testamento. Egli dice: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,15).
Durante l'esodo attraverso il deserto, gli Ebrei si resero infedeli a Dio, e allora essi furono puniti con l'invasione di serpenti velenosi i quali penetrarono nell'accampamento e un gran numero di israeliti morì. Il popolo supplicò Mosè di intercedere. Allora, Mosè innalzò un serpente di bronzo su di un palo e tutti quelli che venivano morsi dai serpenti, se guardavano al serpente di bronzo, avevano salva la vita.
Questo episodio nasconde un significato molto profondo. Il serpente, che con il suo morso uccide il corpo, simboleggia il peccato che dà morte all'anima. E il serpente di bronzo innalzato sull'asta, in modo misterioso, simboleggia Gesù, il quale per nostro amore si è addossato tutti i nostri peccati ed è stato appeso al legno della croce, fino a versare tutto il suo Sangue per la nostra salvezza. Chiunque guarda a Gesù, ovvero chi crede in Lui, sarà salvato e avrà la Vita eterna.
Il Vangelo di oggi ci parla inoltre del Giudizio. Verremo giudicati e il nostro Giudice sarà Gesù stesso. Il testo dice: «Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,18). Non si tratta certamente di una fede astratta e sterile, ma di una piena adesione a quanto Dio ci ha rivelato. Dunque, per conseguire la salvezza, noi dobbiamo mettere in pratica quanto abbiamo conosciuto per mezzo della fede.
Concretamente, dobbiamo rinnegare le opere delle tenebre, ovvero il peccato, e operare secondo quanto Gesù ci ha insegnato nel suo Vangelo. Egli dice: «Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque fa il male odia la luce» (Gv 3,20).
Se opereremo sempre il bene, non avremo nulla da temere nel giorno del nostro Giudizio. Abbiamo inoltre a nostra disposizione il sacramento della Confessione: per suo mezzo renderemo luminose le nostre anime, allontanando le tenebre del peccato.
All'insegnamento del Vangelo fa eco la seconda lettura di oggi. San Paolo, scrivendo agli Efesini, così esclama: «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo nelle colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati» (Ef 2,4-5).
E sarà proprio per mezzo del sacramento della Confessione che noi sperimenteremo tutta la ricchezza della Misericordia divina, e l'anima, umile e pentita, ritroverà la luce della vita.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

Pubblicato su BASTABUGIE n.549
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