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Su questo punto le suore di madre Teresa non sono disposte a dialogare con il governo indiano, e così hanno deciso di chiudere i 18 servizi di adozione attivi presso i loro numerosi orfanotrofi piuttosto che vedere i bambini assegnati a genitori single o divorziati. La notizia circolata in India in questi giorni ha fatto il giro del mondo. Le Missionarie della Carità, che dedicano la vita al soccorso dei "più poveri fra i poveri", come li definiva la fondatrice madre Teresa, il 10 ottobre hanno motivato pubblicamente la loro decisione conseguente alle nuove linee guida introdotte dal ministero federale per le donne e la promozione dell'infanzia: «Siamo grate a Dio che ci ha permesso di servirlo in questo modo per tanti anni. È chiaro però che la volontà di Dio è che questo lavoro abbia fine», si legge nel comunicato.
LA REAZIONE DEL MINISTRO
Le missionarie hanno cominciato in agosto a chiudere le agenzie abilitate all'interno delle loro strutture per l'infanzia, subito dopo il varo della riforma del governo volta ad «aumentare l'accessibilità delle adozioni» prevedendone la possibilità anche al di fuori del matrimonio. Appresa la decisione delle religiose, il ministro Maneka Gandhi le ha accusate di seguire «ragioni ideologiche», aggiungendo che il loro rifiuto di seguire le regole avrebbe costretto l'esecutivo «a revocare l'autorizzazione a gestire i centri», perché «non vogliono adeguarsi a un'agenda laica». Siccome, però, le suore da anni suppliscono alle mancanze del governo di New Delhi prendendosi in carico di migliaia di bambini, il ministro in seguito ha ammorbidito i toni: «Stiamo cercando di persuaderle che sono brave persone (i single e i divorziati, ndr)». La risposta delle missionarie è arrivata appunto con la nota di sabato, firmata della portavoce della congregazione, Sunita Kumar: «È stato due mesi fa abbiamo deciso di sospendere tutto il nostro lavoro di adozione in India. Abbiamo rinunciato volontariamente allo status legale per condurre i centri di adozione. Se avessimo proseguito il lavoro cominciato da Madre Teresa, rispettare tutte le disposizioni sarebbe stato difficile per noi».
LA REGOLA UMANA
Anche suor Amala, direttrice del Nirmala Shishu Bhawans, una delle case per bambini gestite dalle Missionarie della Carità, ha spiegato alla stampa indiana le ragioni del gesto clamoroso: «Abbiamo già chiuso i nostri servizi per l'adozione perché pensiamo che così i nostri bambini potrebbero non ricevere amore». Secondo la suora «le nuove linee guida sono in conflitto con la nostra coscienza. Sicuramente non possono essere rivolte a persone credenti come noi, forse sono per le persone non religiose come ha detto il ministro. Ma noi siamo preoccupate per i bambini e per il loro futuro. Che succede se una persona single a cui diamo un nostro bambino risulta essere gay o lesbica? Che sicurezza e che tipo di educazione morale avranno questi bambini? Le nostre regole permettono solo alle coppie sposate di adottare». E non si tratta di una regola religiosa, ha poi precisato suor Amala, «ma è una regola umana. I bambini hanno bisogno di entrambi i genitori, maschio e femmina. Questo è solo un fatto naturale, non è così?».
Nel comunicato stampa si legge ancora che il lavoro delle Missionarie della Carità «è aiutare i bisognosi e gli afflitti. Da quando è stato avviato 65 anni fa da Madre Teresa, abbiamo servito i più poveri tra i poveri, a titolo gratuito, senza distinzioni di casta, credo e religione. I nostri centri di adozione hanno trovato una casa a migliaia di bambini. Confidiamo che Dio si prenderà cura di tutti i bambini che hanno bisogno di amore da parte dei genitori. Noi continueremo a servire con tutto il cuore e gratuitamente ragazze madri, bambini malnutriti e disabili».
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