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« Torna agli articoli di Clementina Isimbaldi

La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul territorio, negli ambulatori e ovunque dice che nella nostra professione non c'è posto per una legge sul fine vita, comunque la si voglia chiamare: testamento biologico o DAT (che è pure peggio, perché anticipare è voler prevedere, predeterminare e infine autodeterminare il futuro di sé, cosa all'uomo proprio non possibile, erronea in partenza). (...)
I legislatori facciano pure: sappiano però che non c'è altro modo di salvare tante Eluana se non attraverso maestri che riprendano a formare medici amanti della propria professione perché capaci di amare il proprio destino e il destino di chi è loro affidato. Riconosca il Parlamento che non è in suo potere (e neanche nostro) di salvare altre Eluana. (...)
Se una legge "s'aveva da fare" era quella che già suggerimmo anni fa: che vietasse chiaramente eutanasia passiva e attiva con sanzioni penali per eventuali condotte mediche fuorilegge alla Riccio o alla Del Monte. Non si può protocollare per legge un atteggiamento che è del medico di fronte al suo malato, nemmeno con la motivazione di salvare altre Eluana.
Se nel nostro paese c'è ormai una mentalità che mette a rischio la vita di chi è fragile e indifeso, non la fermeremo sicuramente con una legge che sarà solo l'inizio di un contenzioso quotidiano, costante, tra chi assiste e cura e il fiduciario dell'assistito, con una perdita di tempo enorme rispetto ai tempi che al malato sono dovuti. Ci sarà ancora qualcuno che avrà tempo per interessarsi realmente del suo paziente? Non fermeremo questa mentalità con una legge: chi vorrà determinare la morte di sé o di un parente lo potrà fare comunque, attraverso giudici che modificheranno l'assetto della legge stessa, inevitabilmente. E gli altri che invece amano la vita continueranno a rispettarla, senza far ricorso a testamenti, fidandosi del proprio medico. Quanta fatica per nulla.
Alla fine possiamo dire che questa questione non ci interessa, non ci sta a cuore, perché fuori dalla nostra portata quotidiana. Noi vogliamo solo poter continuare a curare degnamente, a fare il nostro "mestiere". Con questa legge – con qualsiasi legge sul testamento biologico o DAT - c'è davvero il rischio che chi si affeziona al paziente si veda esautorato da un collegio di "esperti" quando richiesto dal fiduciario. E' medicina questa? No: è solo il modo per disamorare il medico dal suo lavoro. Noi vogliamo continuare a lavorare affezionandoci alle persone e nell'esclusivo interesse per il paziente, perché è questo che compie anche noi. Per questo non serve una legge, non serve nessuna legge.
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