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« Torna agli articoli di Corrado Gnerre

Una premessa importante. Che Dio sia infinitamente misericordioso è dottrina di fede, che non può essere affatto messa in discussione. Che s'insista molto su questo punto, ritengo sia opportuno. D'altronde, chi può dire di non aver bisogno di tale consolante verità? Altrimenti corriamo il rischio di fare la fine del "bravo" fariseo, che non tornò a casa giustificato a differenza del povero peccatore.
SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI
Detto questo, c'è un "ma". Ciò che oggi pone problema [...] non è che s'insista sulla misericordia infinita di Dio, è che questa insistenza non è accompagnata da un'altra ovvero che Dio oltre ad essere infinitamente misericordioso è anche perfettamente giusto. Dio perdona sempre il peccatore pentito, ma castiga quello impenitente e quello che - è importante sottolinearlo oggi - tenda ad abusare della Sua misericordia.
C'è una frase di san Pio da Pietrelcina, che in merito cade come a pennello. Egli disse: «A me non fa tanto paura la giustizia, quanto la misericordia di Dio», poiché della prima non si può abusare, della seconda sì.
Ecco il punto. [...] Un grande teologo moralista, sant'Alfonso Maria de' Liguori, che tanto ha scritto contro il rigorismo giansenista, disse come per i peccatori recidivi di peccati gravi, arrivati alla terza caduta, qualora non vi fossero stati segnali oggettivi di progresso (tempo trascorso, altre occasioni di peccato vinte, ecc...), si ponesse seriamente il problema ai confessori di assolverli, pena il pericolo di rendersi complici del peccato di sacrilegio..
SAN PIO DA PIETRELCINA
San Pio da Pietrelcina seguiva attentamente la linea di sant'Alfonso. Capitava spesso che non assolveva immediatamente, rimandando i penitenti senza assoluzione. Questi, dapprima ne avevano a male, ma poi, proprio grazie alla dura esperienza di essere visti respinti dal confessore, riflettevano seriamente sulla gravità dei peccati commessi e tornavano da san Pio non solo veramente pentiti ma anche disposti a cambiare vita seriamente. Non pochi di loro mutarono così bene la loro condotta da divenire i migliori figli spirituali del Santo.
Sempre a questo proposito [...] ricordiamo cosa disse sant'Alfonso in un suo Sermone, nella Domenica di Quinquagesima: «Viene a dire che Dio ha pazienza ed aspetta sino a certa misura; ma, quando è piena già la misura dei peccati che Egli ha determinato di perdonare, più non perdona, e castiga il peccatore, o facendolo morire improvvisamente nello stato infelice in cui si trova; oppure abbandonandolo nel suo peccato secondo il castigo minacciato per il profeta: Auferam sepem eius et erit in direptionem (Is 5, 5). Se uno ha un territorio che l'ha coltivato per più anni, vi ha piantata la siepe dintorno per tenerlo custodito e vi ha fatto molte spese; ma vede che con tutto ciò il territorio non gli rende alcun frutto; che fa? Scassa la siepe e lo lascia in abbandono, aperto ad entrarvi chi vuole, uomini e bestie. Così tremate che Dio non faccia con voi. Se non lasciate il peccato, andrete perdendo sempre più il rimorso di coscienza, il timore del castigo divino; ed ecco che tolta la siepe, resterete abbandonati da Dio, castigo peggiore della stessa morte».
E allora confidiamo nell'infinita misericordia di Dio, ma impegnandoci seriamente a raggiungere la santità, per non incorrere nei castighi della perfettissima giustizia di Dio.
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