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La recente "epidemia" di morti in Germania, prima imputata ai cetrioli spagnoli, poi a non si sa cosa, ha portato una nuova ondata di panico: cetrioli sequestrati, dissequestrati, nuove raccomandazioni di lavarsi le mani prima di mangiare, appena si torna a casa, di mettere la varichina nell'insalata e altre amenità. E ci risiamo, come se non ne avessimo viste abbastanza: H1N1, aviaria, suina, mucca pazza... e il bello è che ognuna di queste "epidemie che avrebbero distrutto il mondo" ha causato solo pochi morti: meno di quanti ne fa una normale influenza stagionale.
Eppure tutti a preoccuparsi, a buttarsi l'alcol sulle mani, a stilare protocolli, a spendere, comprare, soprattutto: comprare e spendere per articoli sanitari, disinfettanti, antibiotici. Il tutto per qualche decina di decessi: cosa triste, ma limitata, certo meno di quanti muoiono di incidenti stradali in un weekend. Ma che volete, siamo fatti così: tutti pronti a spaventarci per il primo allarme, soprattutto se ben orchestrato volutamente o no. E soprattutto pronti a far finta di non vedere quando le epidemie vere ci sono, sono gravi, sono sotto gli occhi di tutti, ma evidentemente c'è la parola d'ordine di non interessarsene.
Per tutte, basti pensare alla epidemia di gravidanze interrotte senza volerlo, provocata ogni giorno in tutto il mondo dall'amniocentesi che ben sappiamo ha come "effetto collaterale" la morte fetale in dieci casi su mille (5 ogni mille per i più ottimisti). Un'altra procedura medica che avesse altrettanto insuccesso sarebbe stata messa al bando da anni, altro che "continuare a tollerarla in attesa di nuove scoperte".
E dato che in Italia si fanno circa 100.000 amniocentesi l'anno, vuol dire che circa 500-1000 donne sane perdono il loro figlio sano o malato che portano nel pancione. Vi pare poco? E questo vale per l'Italia e per tutto il mondo. Non vi sembra un allarme che si doveva prendere sul serio? 1000 donne all'anno in lutto; e 1000 bambini morti prima di nascere. E questo non dipende da errori degli operatori, ma è un problema intrinseco alla procedura. Che però non si può criticare, perché è una procedura "politicamente corretta": la corsa alla ricerca dell'anomalia genetica, in particolare della sindrome Down: ormai routine quotidiana.
Dunque ci sono epidemie di serie A (quelle che fanno vendere i giornali) e quelle di serie B (di cui è vietato parlare). Strano modo di trattare i fenomeni sanitari sui giornali e in televisione. D'altronde, tra il rischiare di toccare l'intoccabile e far pressione sulle paure della gente, amplificandole e creandone ogni anno una, evidentemente i massmedia finiscono col preferire la seconda soluzione. Scarso coraggio o ordine superiore imposto da una cultura che vuole renderci tutti impauriti, impegnati tutta la vita, 24 ore su 24 solo a cercare strade e stradine per fuggire da ogni rischio e da ogni responsabilità?
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