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Il 25 maggio scorso le Commissioni Affari costituzionali ed Esteri della Camera hanno approvato, con un solo voto contrario, la Risoluzione n.7-00988 che impegna l'Italia nei consessi internazionali a diffondere la pratica della contraccezione e dell'aborto, nonché a sostenere la cosiddetta teoria del gender.
Infatti nel testo della Risoluzione si può leggere che le Commissioni «impegnano il Governo in occasione dei prossimi appuntamenti internazionali a promuovere e rafforzare la tutela dei diritti e della salute sessuali e riproduttivi, la parità di genere, i diritti umani delle donne e delle ragazze e il loro empowermnent in tutti i settori, al fine di favorire le condizioni per una vita autodeterminata, sana, produttiva; ad affrontare le cause strutturali della discriminazione basata sul genere e a promuovere le condizioni che favoriscono la trasformazione nelle relazioni di genere per renderle egualitarie».
Gli appuntamenti internazionali a cui si fa cenno sono soprattutto i G7 - in primis quello appena concluso in Giappone - che vedono riuniti i grandi della Terra. In queste occasioni quindi il governo italiano dovrà «promuovere e rafforzare la tutela dei diritti e della salute sessuali e riproduttivi» della donna, perifrasi che, come è noto, a livello internazionale significa né più né meno che contraccezione, aborto e sterilizzazione. Tanto per rimarcare che la vita nascente non deve essere accolta in ogni caso, bensì solo se la donna lo vuole ecco che si specifica che occorre «favorire le condizioni per una vita autodeterminata» e «garantire il pieno rispetto per l'autonomia del corpo delle donne il loro diritto ad averne il controllo e decidere liberamente e responsabilmente riguardo alla propria sessualità».
L'altro obiettivo è la promozione della gender theory che insegna, tra le altre cose, che il sesso biologico può essere differente dall'identità psicologica ("identità di genere", come ama definirla l'ideologia gender), cioè che se Tizio è maschio non necessariamente deve percepirsi come maschio, ma può sentirsi femmina. Questo in sintesi sono i concetti che si adombrano dietro espressioni come "identità di genere", "discriminazione basata sul genere" e "relazioni di genere". La parola "genere" ha sostituito la parola "sesso" nel vocabolario del militante omosessualista.
La Risoluzione poi guarda anche al tema della cooperazione per quei paesi che sono in via di sviluppo. Al tal fine, richiamando l'Appello finale della Conferenza dei parlamentari del G7 di Berlino 2015, il governo si impegna a destinare «almeno il 10 per cento dei fondi per promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, la parità di genere, i diritti umani delle donne e delle ragazze e il loro empowermnent». Quindi il 10% dei fondi stanziati dai paesi aderenti al G7 andranno a finanziare su un primo fronte aborti, uso dei preservativi e sterilizzazioni forzate e dall'altro ad esempio la stampa di libri da usare nelle scuole che promuovano l'omosessualità, il transessualismo e i "matrimoni" gay.
«Diritti sessuali e riproduttivi» e «tutela dell'identità di genere» ovviamente non sono espressioni coniate dall'Italia, bensì in primis dall'ONU. Ad esempio se andiamo a prendere i Millennium goals, i 17 nuovi Obiettivi i quali dovranno essere raggiunti a livello mondiale entro il 2030, troviamo due paragrafi intitolati Parità di genere e Vita sana. In quest'ultimo si fa esplicito riferimento ai diritti sessuali e riproduttivi. L'Italia segue a ruota e in modo prono obbedisce al mainstream imposto dall'alto.
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