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« Torna agli articoli di Luigi Santambrogio

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulle buone intenzioni e i pacifici sentimenti di certi animalisti, farà bene a ricredersi. La lettura delle imprese di Enrico Rizzi, segretario nazionale del Partito animalista europeo, servirà certamente a farsi la giusta idea di questa brava gente, più di mille impegnativi dibattiti. Scrive il segretario su Facebook: «Infame, adesso sai cosa vuol dire morire...». L'animalesco necrologio, sette parole e uno stato d'animo, "delighted", felicissimo, è indirizzato a Diego Moltrer, presidente del consiglio regionale del Trentino, stroncato da un infarto durante una battuta di caccia. Il poveretto è stato trovato privo di vita nei boschi della valle dei Mocheni. Non si è sentito bene, ha detto loro che si sarebbe fermato per riposarsi. Ma non vedendolo arrivare, i compagni sono tornati indietro rinvenendo il cadavere. Una morte accidentale, dunque. Ma il fatto che fosse un cacciatore e che come presidente del consiglio trentino avesse difeso la cattura dell'orsa Daniza, morta in seguito alla narcosi effettuata per bloccarla, ha scatenato l'ira di Rizzi.
GAFFE ANIMALESCA
Gaffe animalesca dovuta a eccessiva passione per la causa? Fosse andata anche così, l'insulto al cadavere ancora caldo del presidente-cacciatore è comunque ingiustificabile nella sua bestialità da tagliagola islamico. Ma almeno le scuse avrebbero potuto attenuarne la follia verbale. Invece no, il tipaccio non fa un passo indietro anche a quasi ventiquattr'ore di distanza: «È un discorso che va oltre Daniza», blatera. «Non mi rimangio nulla di quello che ho scritto né ho intenzione di cancellare il messaggio». Del resto basta scorrere la bacheca per capire che la pratica di definire "infami" i cacciatori e di "esultare" in caso d'incidenti durante le battute fa parte del lessico bestiale di Rizzi. «Per me è deceduto un cacciatore. Punto. Seminano morte ogni mattina quando si alzano e imbracciano un fucile. Che sia morto per un malore non c'entra nulla, così come che la legge consenta l'attività venatoria non significa che questa sia una pratica giusta», spiega la sua selvaggia weltanshauung il segretario animalista. E prosegue farneticando: «Chi prende un fucile e va a caccia sta andando a uccidere e sa bene che può succedere anche lui. Quanti animali aveva ucciso Moltrer? Io piango le vittime innocenti, umane e non, che cadono per mano di questi signori. Un cacciatore in meno per me vuol dire tanti animali in più, che si tratti di un uccellino o dell'orsa Daniza». Beh, nessuno gli ha mai chiesto di versare lacrime di cordoglio, ma intonare la danza macabra per la morte di un suo simile, sia pur con la passione delle pepole e fringuelli, è cosa da fanatici criminali. Ma per l'animalista Rizzi uccidere un cacciatore, come ieri lo era per un fascista, non costituisce reato. E allora, perché non fare festa quando ne muore uno?
PICCHI DI CRUDELTÀ
Ma il segretario del Partito degli animali(sti) non è il solo a ballare sul cadavere: lo hanno raggiunto subito diverse associazioni animaliste, come Freedom ALF che, sul suo sito, si augura che il poveretto «sia maledetto all'inferno». A questi assurdi picchi di crudeltà può arrivare un'ideologia che vede nell'uomo il nemico e la causa originale di ogni male inferto a una natura che si presume amica e inviolabile. Gli animalisti che oggi gioiscono per la morte del cacciatore («uno in meno») rispondono agli stessi orribili impulsi di quelli che lo scorso anno minacciavano di morte Caterina Simonsen, la studentessa di Veterinaria all'università di Bologna, vegetariana, colpita da 4 malattie genetiche rare, solo perché difendeva la sperimentazione sugli animali di nuovi farmaci.
Intendiamoci: non è in discussione l'amore sacrosanto per gli animali né la cura che loro dedichiamo in cambio di un po' di gioco e compagnia. Per milioni di italiani, un gattino, il volpino da portare tre volte al giorno a spasso nel parco o il canarino canterino sono i soli compagni della vita. No, qui è in gioco un'ideologia, pericolosa perché sempre nascosta, che azzera ogni differenza tra umani e animali (anzi, questi sono migliori perché innocenti) e rende la parità animale disponibile alle manipolazioni più mostruose della vita e ai crimini dell'eugenetica. Così che oggi nessuno si indigna e protesta se un progetto finanziato dall'Unione europea prevede l'uso di cellule staminali embrionali umane, anziché di cavie animali per effettuare test di tossicità sulle sostanze usate nei cosmetici.
L'ossessione animalista ha come fondamenti l'anti-specismo e l'anticreazionismo dove la compassione per gli animali è proporzionale al disprezzo per la persona umana. C'è poco da stare allegri: il rischio non è tanto quello di vedere una scimmia seduta in Parlamento (scrive Giuseppe Sermonti) ma l'insinuarsi nella nostra vita della metafisica del babbuino. O dell'orso Daniza, che fa lo stesso. Ci vorrebbe un nuovo pensiero che fondi i diritti degli animali sul concetto di Creazione e ridisegni il dato naturale come segno, su una nuova centralità umana liberata dal possesso, su un esercizio del potere trasfigurato dalla commozione. Dove le fusa del micio e la fedeltà del barboncino siano d'esercizio per la nostra amicizia verso i nostri simili. Diversamente, nel bosco che fu dell'orso Daniza crescerà solo la cicuta seminata e coltivata dai compagni di Rizzi che ce la serviranno per il nostro suicidio.
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