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« Torna agli articoli di Elena Molinari

La dichiarazione sui «diritti umani, l’orientamento sessuale e l’identità di genere» presentata al Palazzo di Vetro dalla Francia a nome dell’Unione europea non ha raccolto l’appoggio della maggioranza dei 192 Paesi dell’Onu e non verrà ufficialmente votata. Ma, dopo la sua lettura in Assemblea generale, gli Stati membri sono liberi di sottoscriverla in ogni momento e 66 lo hanno già fatto. Il documento, che non ha alcun valore vincolante ma aspira a rappresentare la posizione delle Nazioni Unite in materia di omosessualità, è dunque tutt’altro che archiviato e continua a suscitare discussioni. Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina si sono, fra gli altri, rifiutati di appoggiarlo. E l’Organizzazione della conferenza islamica ha presentato un documento alternativo che è stato approvato da 60 Stati. Da parte sua la Santa Sede, per bocca dell’Osservatore permanente all’Onu, monsignor Celestino Migliore, ha apprezzato gli sforzi fatti dalla dichiarazione francese per «condannare ogni forma di violenza nei confronti di persone omosessuali, come pure per spingere gli Stati a prendere tutte le misure necessarie per metter fine a tutte le pene criminali contro di esse». Al contempo ha espresso preoccupazione che il testo europeo vada «ben aldilà dell’intento sopra indicato e da essa condiviso». Migliore ha sottolineato in particolare come le categorie «orientamento sessuale» e «identità di genere », usate nel testo, non trovino riconoscimento o chiara e condivisa definizione nella legislazione internazionale. E come la loro adozione sarebbe «causa di una seria incertezza giuridica», e finirebbe col «mettere in questione le norme esistenti sui diritti umani». Fra i diritti che la Santa Sede vede messi a rischio dalla dichiarazione presentata alle Nazioni Unite vi è la stessa libertà di espressione, oppure quella di pensiero, di coscienza e persino di religione, perché alle fedi potrebbe venir impedito di trasmettere il proprio insegnamento, quando ritengono che il libero comportamento omosessuale dei fedeli, pur non penalizzabile, non sia moralmente accettabile.
Ferma resta dunque la posizione della Santa Sede che «ogni segno di ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali dev’essere evitato», e la sua pressione nei confronti di tutti gli Stati «a metter fine alle pene criminali contro di esse». Come ha commentato ieri anche L’Osservatore romano, infatti, «la Chiesa cattolica, basandosi su una sana laicità dello Stato, ritiene che gli atti sessuali liberi tra persone adulte non debbano essere trattati come delitti da punire dall’Autorità civile». Il problema sorge nella promozione di una «ideologia dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale».
«Si tratta – aggiunge il quotidiano vaticano – di concetti controversi, e non solo dalla Chiesa, in quanto implicano l’idea che l’identità sessuale sia definita solo dalla cultura, e quindi suscettibile di essere trasformata a piacere, secondo il desiderio individuale o le influenze storiche e sociali». In questo modo, «si dà impulso al falso convincimento che l’identità sessuale sia il prodotto di scelte individuali, insindacabili e, soprattutto, meritevoli in ogni circostanza di riconoscimento pubblico». Si promuove insomma un’idea astratta di individuo. Il timore espresso dalla Santa Sede è quindi che «il tentativo di introdurre le citate categorie di discriminazione si saldi con quello di ottenere l’equiparazione delle unioni dello stesso sesso al matrimonio e, per le coppie omosessuali, la possibilità di adottare o procreare bambini».
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