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Nei rapporti tra Santa Sede e lefebvriani è iniziato il conto alla rovescia: entro il prossimo 28 giugno la Fraternità San Pio X, fondata dall’arcivescovo francese insofferente verso la riforma liturgica post-conciliare, dovrà infatti decidere se accettare le cinque condizioni proposte dal Vaticano per rientrare nella piena comunione con Roma. Alcuni giorni fa il superiore dei lefebvriani, il vescovo Bernard Fellay, si è incontrato con il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della commissione «Ecclesia Dei», che si occupa per conto di Benedetto XVI della trattativa con il gruppo tradizionalista. Fellay, che in precedenza aveva scritto al Papa chiedendo la revoca della scomunica comminata da Giovanni Paolo II nel 1988 a Lefebvre e ai quattro nuovi vescovi che egli aveva voluto consacrare senza il consenso della Santa Sede (tra i quali Fellay stesso), ha ricevuto una lettera con i cinque punti fissati dal cardinale e ne discuterà durante il prossimo capitolo della Fraternità, che si svolgerà a fine mese.
Mai come in questo momento le trattative sono giunte in prossimità di un accordo che sanerebbe il mini-scisma venutosi a creare ormai vent’anni fa permettendo il pieno rientro dei lefebvriani nella comunione cattolica. Tra i punti che la Santa Sede chiede di sottoscrivere ci sarebbero, secondo le indiscrezioni raccolte, l’accettazione del Concilio Vaticano II e la dichiarazione della piena validità della messa secondo la liturgia riformata: due condizioni che già Lefebvre aveva sottoscritto con l’allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1988. Il Vaticano, da parte sua, offre al gruppo tradizionalista un inquadramento canonico simile a quello dell’Opus Dei, vale a dire una «prelatura», che permetterebbe alla Fraternità di continuare le sue attività e di formare i suoi seminaristi.
La marcia di riavvicinamento era cominciata nel 2000, quando i lefebvriani fecero un pellegrinaggio giubilare a Roma. Ne seguì una brevissima udienza concessa da Papa Wojtyla a monsignor Fellay e l’inizio delle lunghe e laboriose trattative con il cardinale Castrillón. Molte cose sono però cambiate da allora. I lefebvriani chiedevano, prima di fare qualsiasi passo verso l’accordo, che venisse liberalizzato l’antico messale preconciliare caduto in disuso dopo la riforma liturgica. Il nuovo Papa, Benedetto XVI, particolarmente sensibile a questi temi, un anno fa ha pubblicato il Motu proprio che dichiara la piena cittadinanza dell’antica messa permettendola in ogni parrocchia, sottraendo di fatto al vescovo la possibilità di proibirla. L’applicazione delle nuove direttive papali non è stata facile, ci sono molte resistenze – alcune clamorose, com’è noto – ma è fuori dubbio che dichiarando l’esistenza di un rito romano straordinario (quello antico) e uno ordinario (quello riformato), il Papa ha autorizzato in tutta la Chiesa e senza restrizioni la celebrazione tridentina. Inoltre, Ratzinger ha reintrodotto la croce al centro dell’altare, ha cominciato a distribuire la comunione ai fedeli inginocchiati, ha ripristinato paramenti antichi: tutti segnali che vanno nella direzione di sottolineare la continuità della tradizione.
Condizioni così favorevoli per un rientro nella piena comunione, con tutta probabilità non si ripeteranno più. Molti fedeli, ora che hanno ottenuto la messa in rito antico, non comprendono il perché la Fraternità non faccia pace definitivamente con Roma. I lefebvriani si sono resi conto di quanto sta avvenendo, anche se Fellay ha qualche problema di resistenze interne. La scelta è se accordarsi e rientrare nella piena comunione con la Santa Sede, oppure rimanere un piccolo corpo separato con il rischio di trasformarsi in un gruppuscolo settario e ininfluente.
P.S. Ecco le cinque condizioni della lettera a Fellay
Sono venuto in possesso delle cinque condizioni poste a monsignor Fellay in vista del rientro nella piena comunione con Roma. Al contrario delle iniziali indiscrezioni, non si parla di accettazione del Concilio o della nuova messa: sono condizioni generali previe. Di fatto la Santa Sede, mostrando una grande generosità, chiede di non attaccare la persona del Papa. Monsignor Fellay ha invocato da Benedetto XVI la revoca della scomunica, la richiesta di rispettarne l'autorità senza più pretendere essere destinatari di un magistero "superiore" a quello del Pontefice regnante mi sembra una condizione di buon senso! Questo il testo della lettera che porta la firma del cardinale presidente di Ecclesia Dei:
Condizioni risultanti dall'incontro del 4 giugno 2008 tra il cardinale Dario Castrillon Hoyos e il vescovo Bernard Fellay:
1) L'impegno a una risposta proporzionata alla generosità del Papa.
2) L'impegno ad evitare ogni intervento pubblico che non rispetti la persona del Santo Padre e che possa essere negativo per la carità ecclesiale.
3) L'impegno a evitare la pretesa di un magistero superiore al Santo Padre e di non proporre la Fraternità in contrapposizione alla Chiesa.
4) L'impegno a dimostrare la volontà di agire onestamente nella piena carità ecclesiale e nel rispetto dell'autorità del Vicario di Cristo.
5) L'impegno a rispettare la data - fissata alla fine del mese di giugno - per rispondere positivamente. Questa sarà una condizione richiesta e necessaria come preparazione immediata all'adesione per avere la piena comunione.
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