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La settimana scorsa un magistrato del tribunale di Firenze ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della legge 40 in merito al divieto della fecondazione eterologa, ossia quella che, per produrre un embrione, usa uno o entrambi i gameti di genitori biologici esterni alla coppia che giuridicamente cresce un bambino. Ora, in favore dell’eterologa si formulano diversi argomenti. Si dice, per esempio, che essa dà un bambino a chi non riesce ad averlo, dà un figlio sano alle coppie portatrici di malattie genetiche ereditarie e alle coppie omosessuali.
Ora, pur sottolineando che queste persone devono essere confortate affettuosamente se soffrono per l’impossibilità di avere un figlio, nelle righe seguenti cerchiamo di delucidare alcune (ma non certo tutte) delle obiezioni laiche che consentono di giudicare in termini estremamente negativi questa tecnica, che calpesta gravemente i diritti dei deboli, dei bambini.
Su èVita di giovedì scorso ho esposto alcune delle stringenti critiche che valgono per ogni tipo di fecondazione artificiale e che dunque si applicano anche all’eterologa. Mi limito ad enunciarle (...): essa provoca la morte di circa 80 embrioni su 100, riduce l’essere umano a cosa da fabbricare ledendone la dignità, trasforma il medico, vero protagonista della riproduzione, in padrone della vita.
L’eterologa, in aggiunta, comporta i seguenti gravissimi aspetti immorali.
1) Essa sceglie deliberatamente di rendere un essere umano orfano dalla nascita di suo padre e/o di sua madre. Non è vero che l’adozione fa lo stesso: con l’adozione l’orfananza (o l’abbandono) non è prodotta da chi affida/riceve un bambino in adozione, bensì è stata provocata da altre cause. E, solo dopo che si è prodotta, l’adozione viene realizzata per migliorare le condizioni di un bambino; invece con l’eterologa essa è scientemente prodotta.
2) L’eterologa con 'donatori' (spesso per modo di dire, visto che si fanno lautamente pagare) sconosciuti di gameti lede il fondamentale diritto di ciascuno di sapere quali sono le sue origini, il diritto di sapere chi sono i suoi veri genitori (di cui porterà per tutta la vita l’aspetto fisico, talvolta anche il temperamento), lede con ciò anche il diritto di sapere eventuali e decisive informazioni per la propria salute.
D’altra parte, quando si vietasse l’anonimato dei genitori biologici, l’eterologa scomparirebbe o quasi, perché sono ben pochi i 'donatori', soprattutto quelli maschi, che vogliono rischiare di avere a che fare con vari figli, magari persino decine, fabbricati, negli anni, coi loro gameti.
3) I nati da eterologa non conoscono i loro genitori biologici, dunque possono esserci più figli degli stessi genitori che non sanno di essere fratelli e che rischiano di sposarsi con dei consanguinei.
Si obbietta che questo problema c’è anche in caso di nascita da rapporti adulterini, ma il figlio generato in un adulterio può conoscere i suoi genitori (può anche, per esempio, ereditare).
4) L’eterologa provoca frequenti problemi relazionali e psicologici: ne indico alcuni a titolo di esempio.
Nei genitori giuridici, specialmente nei padri, produce spesso un senso di estraneità nei riguardi dei bambini prodotti, pur in precedenza voluti. Così, negli Usa sono già avvenuti numerosi casi di disconoscimenti di paternità, in quanto i padri giuridici si sono sentiti troppo diversi dal nuovo nato, che è avvertito quasi come un estraneo.
Nei figli produce un lancinante senso di abbandono e di incertezza. In effetti, ad essere precisi, il nato con l’eterologa è un figlio abbandonato dai genitori biologici. Ed è noto che i figli abbandonati soffrono più degli orfani, perché questi ultimi possono elaborare il lutto, dato che il genitore morto rimane positivamente vivo nella memoria propria o altrui.
Invece, il figlio abbandonato sa che, da qualche parte nel mondo, suo padre e/o sua madre vivono indipendentemente da lui, probabilmente indifferenti verso il suo destino, forse con altri figli e figlie, che sono suoi fratelli che gli somigliano e che lui però non conosce.
Inoltre, lo stesso Carlo Flamigni (La procreazione assistita, Il Mulino 2002, pp. 100 101), uno dei principali tecnici italiani della fecondazione artificiale, uno dei più feroci avversari della legge 40, ha scritto (quando non immaginava che queste righe potessero ritorcerglisi contro, cioè quando non c’era ancora la legge 40): i medici «hanno visto troppo spesso» le donatrici sconosciute di ovuli «dopo la nascita del bambino, inserirsi tra lui e la madre, nella ricerca di un rapporto privilegiato, sollecitate da sentimenti che è facile comprendere. La donatrice sconosciuta […] crea fantasmi e paure di ogni genere, alcuni dei quali continuano anche dopo la nascita del bambino». E la donazione di seme maschile crea problemi ancora più gravi, dalla «maggior frequenza di malattie psicosomatiche» per il figlio, alla crisi di rigetto per il padre ufficiale.
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