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LA SCHIAVIZZAZIONE DELLA PORNOGRAFIA
Bisogna rompere le catene per liberare donne e bambini
di Giacomo Samek Lodovici

L’Herald Tribune ha riportato un discorso fatto da John McCain mercoledì, in cui il vincitore delle primarie del Partito repubblicano si è impegnato, qualora diventasse presidente degli Stati Uniti, a combattere strenuamente la pornografia infantile ed il traffico di donne e bambini ridotti alla condizione di schiavi sessuali. In effetti, il Tribune  riferisce che, nel mondo, ottocentomila persone vivono in schiavitù (dati della Cia), spesso appunto come schiavi sessuali.
  Sarebbe molto importante che il nuovo governo del nostro Paese, espressione anche di un partito che, in qualche misura, si richiama ai Repubblicani americani, prendesse esempio da McCain. Ovviamente, la lotta contro queste esecrabili condizioni di tantissimi esseri umani, contro queste persistenti schiavitù, richiede la collaborazione degli Stati, il dispiegamento delle forze di polizia, richiede lo smantellamento delle reti di questo ignobile commercio, ecc. Tuttavia, oltre a reprimere queste vergognose pratiche quando sono in atto, bisognerebbe cercare anche di intervenire alla radice, attraverso un’educazione ed una cultura del rispetto, ma anche, per esempio, limitando il dilagare della pedopornografia (come dice McCain) e anche della pornografia tout court. Non spetta a noi dire i modi di questa limitazione. È però certo che tra le cause – non esclusive, sicuramente remote, ma non per questo ininfluenti – sia degli stupri che continuamente avvengono nel nostro Paese, sia degli abusi sessuali sui bambini, non si può trascurare l’influsso della pornografia. Questi abominevoli delitti hanno diverse radici e non bisogna scagionare i colpevoli dalle loro responsabilità, scaricandole sulla società, attribuendole solo all’influsso di fattori esterni al soggetto. Ma, fatto salvo che l’uomo è libero (casi patologici a parte) e quindi responsabile di ciò che compie, non si deve ignorare l’impatto che, certo a lungo andare, la pornografia produce, almeno su alcuni soggetti, scatenando in loro pulsioni aggressive e predatorie. Ogni giorno siamo continuamente bombardati da immagini in cui la donna è ridotta a oggetto conturbante: dai manifesti pubblicitari alla televisione, dalla free press ai grandi quotidiani, ai siti internet di questi ultimi (per non parlare di altri siti Internet, ovviamente). A proposito: fa specie leggere su certi giornali la deplorazione degli abusi su donne e bambini e trovarvi articoli (spesso con fotografie) o pubblicità che rispondono ad una logica simile: quella, lo ripetiamo, in cui l’essere umano è ridotto a gingillo erotico.
  Talvolta, gli stessi resoconti di questi fatti di cronaca che si leggono sui quotidiani sembrano voler vellicare una certa curiosità morbosa nel lettore. Da non trascurare, poi, l’impatto che questa erotizzazione della società può sortire (per fortuna non necessariamente) sugli immigrati che provengono da Paesi dove la donna non è così tanto, o non è per nulla, data in pasto come oggetto erotico alla società dai media e dalla pubblicità. Forse i soggetti in cui la dilagante pornografia scatena pulsioni aggressive sono pochi o pochissimi. Ma sono ignobili i delitti che la mercificazione della donna, remotamente, causa (fatta salva la libertà, lo ripetiamo), almeno qualche volta, stimolando questi soggetti. Moralismo? Senza riprenderlo alla lettera, si può ricavare dal non certo cattolico Freud che, almeno alcune volte, l’eros diventa thanatos. E se anche fosse moralismo, ben venga, se può evitare anche un solo abuso sulle donne sui bambini.

 
Fonte: fonte non disponibile, 11/05/08