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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Il 6 dicembre 2007 il ministro della difesa Parisi ha riferito alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito che i militari italiani morti per tumore in undici anni di missioni all’estero sono settantasette. La cifra -ha però chiarito onestamente- configura un’incidenza inferiore alla media della popolazione maschile nello stesso periodo considerato. Parisi ha giustamente concluso che l’unico effetto sortito finora dal balletto di cifre sull’argomento è stato quello di creare ingiustificato allarme tra i nostri soldati impegnati in teatri operativi come Balcani, Afghanistan, Iraq e Libano.
Ma il presidente della commissione, Felice Casson (Pd), non sente ragioni e vuole l’audizione dei capi del Sismi che si sono succeduti dal 1996 al 2006 per accertare in quali luoghi sia stato usato l’uranio impoverito. Insomma, sul banco degli imputati c’è sempre lui, l’uranio impoverito, che ha sul collo addirittura una commissione d’inchiesta apposita.
Già, perché la stessa parola «uranio» fa venire in mente la bomba atomica, le radiazioni e, dunque, i tumori maligni. Eppure, più che i capi del Sismi, si dovrebbe ascoltare gli scienziati, almeno per sapere se il colpevole è stato trovato o si sta condannando un innocente senza processo. Un amico medico mi ha spiegato che di radiazioni viviamo attorniati, essendo esse emanate da un’infinità di minerali. Tra le più pericolose ci sono quelle «gamma», emesse dagli apparecchi ospedalieri per radiografie.
Ma basta uno schermo al piombo per neutralizzarle. Per giunta, per poter giovarsi a qualunque scopo (civile o militare) della radioattività, occorrono grandi quantità di minerali contenenti materiali radioattivi. Il piombo, dicevamo, la blocca per via della sua alta densità e un foglio di piombo è sufficiente perché i rilevatori «geiger» di radiazioni smettano di ticchettare.
Il piombo ha gli atomi così strettamente vicini da impedire il passaggio delle radiazioni «gamma» e, a maggior ragione, quelle, molto più deboli, «alfa» e «beta». Perché in guerra si usano talvolta munizioni all’uranio al posto di quelle tradizionali di piombo? Per la semplice ragione che l’uranio ha peso atomico 238 ed è più denso del piombo (peso atomico 207), perciò più efficace contro la corazza dei carri armati. Si tratta di uranio “impoverito” perché, appunto, ha perso gran parte della sua carica radioattiva e non può essere più utilizzato come combustibile per centrali atomiche. Usarlo per certi tipi di proiettile è un sistema ingegnoso per riciclare tale metallo. Metallo, attenzione, non gas o polvere.
Ciò significa che il proiettile all’uranio impoverito penetra l’acciaio delle corazzature e, al massimo, si fonde con esso per il calore dell’esplosione. Per giunta, essendo “impoverito” è scarsissimamente radioattivo. Dunque, non si espande nell’aria e, qualche eventuale scheggia (di dimensioni minutissime), dato il suo peso ricadrebbe a pochi metri.
Per avere una (innocua) traccia di radioattività sugli uomini occorrerebbe che un soldato andasse a piazzarsi proprio sul punto d’impatto e ci stesse alcune ore seduto sopra. Eppure, questa storia della letalità dell’uranio impoverito sembra avere la forza del pacificamente accertato. Non sarà che tutto fa brodo pur di dare addosso al «satana» americano?
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