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La Chiesa italiana «ha molti motivi per essere contraria» allo spargimento delle ceneri dopo la cremazione e alla conservazione «in luoghi diversi dal cimitero» delle urne con i resti dei defunti cremati. È quanto stabilisce il nuovo «Rito delle Esequie», che i vescovi italiani, riuniti in assemblea dal prossimo 9 novembre ad Assisi, dovranno esaminare e approvare. Per la prima volta dunque il rituale ufficiale delle esequie promulgato dalla Cei prende in esame la cremazione, ammessa dalla Chiesa fin dal 1963 e sancita dal Catechismo pubblicato nel 1992 «se non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi». Ma pone precisi paletti, manifestando contrarietà verso l’usanza di spargere le ceneri o di conservarle a casa o in giardino, secondo una consuetudine sempre più diffusa, nonostante resti assolutamente maggioritaria la tradizionale sepoltura in cimitero.
«La prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come ad esempio, nelle abitazioni private - si legge nella bozza che i vescovi dovranno approvare tra due settimane - solleva non poche domande e perplessità. La Chiesa ha molti motivi per essere contraria a simili scelte, che possono sottointendere concezioni panteistiche o naturalistiche». Soprattutto nel caso di spargimento delle ceneri o di «sepolture anonime», continua il documento dei vescovi, «si impedisce la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario. Inoltre, si rende più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo». Per le generazioni successive, così, «la vita di coloro che le hanno precedute scompare senza lasciare tracce».
Un successivo paragrafo del nuovo «Rito delle Esequie» - che sostituirà il vecchio pubblicato nel 1974, nel quale la pratica della cremazione non veniva citata - fa balenare la possibilità, in alcuni casi, di negare i funerali in chiesa: «Qualora il defunto - si legge al numero 7 - abbia espresso prima della morte la chiara volontà di far disperdere le proprie ceneri o conservare l’urna in un luogo diverso dal cimitero, si dovrà appurare se essa sottintenda il disprezzo della fede cristiana. In questo caso, non si potranno concedere le esequie ecclesiastiche». In questo senso si era già espresso il Codice di diritto canonico. Pur essendo la Chiesa contraria allo spargimento delle ceneri, il divieto delle esequie in chiesa è dunque previsto solo nel caso che la decisione del defunto manifesti «disprezzo» verso la fede nella resurrezione dei corpi. Ma non si esclude la possibilità che ad Assisi sia presentata una formulazione più decisa nel senso del divieto, anche perché in questo senso ha deliberato l’ultimo Consiglio permanente della Cei.
Il nuovo rito dei funerali recepisce e rende normative le indicazioni contenute nel sussidio pastorale «Proclamiamo la tua risurrezione», pubblicato alla fine del 2007. Con il rituale che sta per essere approvato, sarà dunque possibile celebrare le esequie in presenza dell’urna cineraria, anche se la Chiesa preferisce che i funerali avvengano in presenza del corpo e dunque prima dell’eventuale cremazione.
Molti teologi sono ormai convinti che la cremazione non contraddica la dottrina cristiana della resurrezione dei corpi, dato che questa accelera il processo naturale di ossidazione. La conservazione delle urne in casa, potrebbe però degenerare forme di feticismo o di idolatria verso i defunti. La dispersione delle ceneri, prevista come possibilità dalla legge italiana ma con precise regole, è ritenuta lontana dalla tradizione della Chiesa. Per la fede cristiana, infatti, anche dopo la morte, la persona umana conserva la propria identità e la propria individualità, non si «disperde» nell’universo.
Attualmente in Italia le cremazioni corrispondono circa al dieci per cento dei decessi. L’uso della cremazione è diffuso soprattutto al Nord.
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