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Una fetta importante del mondo cattolico italiano si è mobilitata in queste settimane per sostenere con tutte le forze l'approvazione della legge sulle DAT. La centrale operativa di questo nocciolo duro è stata il quotidiano Avvenire, che da settimane va pubblicando articoli a ripetizione che inneggiano al disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento. Il fatto curioso è che per lo più questi apologeti non rispondono alla cultura radicale o antivita, ma sembrano rivolgersi ossessivamente a quanti, fra i pro-life, contestano la legge. Nonostante la soverchia sproporzione di forze, nonostante la censura sistematica applicata a danno di chi critica le DAT da posizioni anti-eutanasiche, nonostante, insomma, la sensazione di vedere in campo la riedizione del duello Davide contro Golia, le realtà come il Comitato Verità e Vita sono sottoposte a un continuo martellamento argomentativo. Gli antichi direbbero: la lingua batte dove il dente duole.
L'obiettivo è parso evidente man mano che questa "gioiosa macchina delle DAT" ha iniziato a muovere i suoi ingranaggi: trasmettere l'impressione di un fronte unito e granitico, ultraconvinto che questa legge sia buona e giusta, e che una volta approvata impedirà l'eutanasia, creando un idilliaco rapporto fra medici e pazienti. Lasciar credere che tutti i cattolici e i pro-life siano gioiosamente uniti, marciando come nel Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, nel difendere le magnifiche sorti e progressive delle DAT per legge.
Ma con il passare del tempo, la macchina ha iniziato a cigolare, e poi a incepparsi. Tre anni fa furono il Comitato Verità e Vita, Giuliano Ferrara, Francesco Agnoli e Luca Volontè a schierarsi contro una legge sul testamento biologico, o DAT che dirsi voglia, con argomenti ascrivibili alla cultura per la vita. Non sono mancate altre voci importantissime contro la legge sulle DAT, come ad esempio quella di Angelo Fiori, medico e già direttore della prestigiosa rivista di bioetica dell'università Cattolica Medicina e Morale.
Nei giorni scorsi Avvenire ha calato l'asse di bastoni, pubblicando un manifesto a favore delle DAT che recava in calce molte firme autorevoli della cultura cattolica italiana. Eppure, nemmeno questo atto inusuale è riuscito a far tacere le voci dissenzienti, che anzi si sono moltiplicate: sul Foglio di Giuliano Ferrara sono scesi in campo la coppia di apologeti cattolici Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro , supportati da un anonimo magistrato che ha contestato duramente la legge sulle DAT in una ampia paginata di orientamento pro-life.
Sono poi venute le critiche alla legge sulle DAT da parte della Comunità Giovanni XXIII fondata da don Benzi , che il quotidiano dei vescovi ha cercato, invano, di nascondere. E c'è poi l'opposizione fiera dell'associazione Medicina e persona , vicina a Comunione e Liberazione, fatta oggetto in queste settimane di pressioni rilevanti affinché modificasse il suo giudizio pubblico sulle DAT.
Ma il fatto più clamoroso si è verificato qualche giorno fa, quando il professor Adriano Pessina, direttore dell'Istituto di bioetica della Cattolica e docente di Filosofia Morale, ha preso carta e penna e sul Foglio ha tracciato un ritratto impietosamente critico delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, paventando come una certezza la conseguente deriva eutanasica. Significativo che un esponente così autorevole del mondo cattolico abbia dovuto chiedere ospitalità a un giornale laico per dire la sua sulla materia.
In una parola: il re è nudo. E' ben possibile che la marcia politica verso l'approvazione della legge prosegua indisturbata fino al risultato sperato. Ma deve essere chiaro fin da ora che all'interno della cultura per la vita, gli oppositori alle DAT e alla loro legalizzazione sono numerosi, agguerriti e seri. E che non si lasceranno mettere la mordacchia. Parola di verità e Vita.
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