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La legge sul fine vita? Un buco nella diga contro l'eutanasia. Questa volta a scriverlo non è Verità e Vita, e nemmeno una di quelle personalità pro-life bollate spregiativamente dal quotidiano Avvenire con l'appellativo di "supercattolici". Questa volta a parlare è un vescovo cattolico italiano. Si tratta di monsignor Giuseppe Verucchi, Arcivescovo Metropolita di Ravenna-Cervia.
"La futura legge di Dichiarazione anticipata di trattamento (DAT) resterà come una porta aperta all'eutanasia. Non possiamo dire che va bene." Parole inequivocabili, delle quali per ora i mass media sembrano non essersi accorti. La sortita di Verucchi smentisce la tesi per cui i vescovi italiani sarebbero tutti a favore della legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, tesi ripetuta quasi ossessivamente da mesi sulle pagine della stampa cattolica ufficiale. La verità è, però, diversa. Il dissenso alla legalizzazione del testamento biologico serpeggiava da tempo anche fra i vescovi. Ora monsignor Giuseppe Verucchi ha rotto gli indugi, e ha messo nero su bianco il suo giudizio estremamente negativo sulle Dat. Lo ha fatto in un articolo apparso sul numero 16 di "Risveglio Duemila", che reca la data dell'11 aprile. Dopo aver scritto che la legge di Dichiarazione anticipata di trattamento (DAT) "resterà come una porta aperta all'eutanasia", Verucchi spiega che "non possiamo dire che va bene". L'Arcivescovo di Ravenna-Cervia sembra essere rassegnato all'idea che "la legge verrà approvata". Tuttavia, il suo giudizio è netto: la legge "aprirà una strada verso l'eutanasia. Se apro un foro in una diga (anche piccolo) prima o poi la diga crolla. Ce ne accorgiamo che cresce l'idea che l'uomo sia "padrone " della vita e ne possa fare ciò che vuole?!"
Monsignor Verucchi inserisce il suo discorso all'interno di un forte richiamo contro il relativismo e contro ogni forma di compromesso: "Amiamo e difendiamo sempre la vita. Dal concepimento alla morte naturale. Non si può accettare l'aborto! Non possiamo accettare l'eutanasia. (…) Affidiamoci sempre meno al relativismo e sempre di più al bene e ai valori naturali e oggettivi. Forse abbiamo paura ad andare contro corrente."
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