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« Torna agli articoli di Francesco Ramella

Torna alla ribalta, ancora una volta, la saga della TAV. "E' un'infrastruttura strategica dalla quale dipende il futuro dell'Italia". "E' il tassello di un progetto, voluto dall'Unione Europea, il famoso Corridoio V, che collegherebbe Lisbona a Kiev". "E' un'opera che consentirebbe di ridurre il traffico stradale, la congestione e l'inquinamento". In questi termini, quasi all'unanimità, parlano della nuova linea ferroviaria che dovrebbe collegare Torino e Lione con un tunnel di base per l'attraversamento delle Alpi, politici di maggioranza e minoranza, imprenditori e sindacalisti. I pochi che si oppongono all'opera sarebbero "contro il progresso", vorrebbero far prevalere egoisticamente il proprio interesse a scapito del bene comune e, con la loro azione, rischiano di far perdere all'Italia ingenti risorse europee nonché di isolarci dal resto del continente.
Se lasciamo da parte la retorica e guardiamo alla realtà dei fatti scopriamo però che le cose non stanno esattamente così. E, se tra i NO-TAV ci sono coloro che lanciano sassi e quanti sono aprioristicamente contrari a qualsiasi grandi opera, vi è però un buon numero di persone che, proprio perché coinvolte in prima persona dal progetto, ne hanno approfondito i dettagli tecnici ed economici e sono arrivati alla conclusione che la realizzazione della TAV sia un errore. Il loro giudizio è condiviso da alcuni fra i più autorevoli studiosi di trasporti in Italia ed in Europa. Cerchiamo di riassumere quali sono gli argomenti del "no ragionato" alla TAV.
1) Il Corridoio V di cui spesso sentiamo parlare in realtà non è altro che un tratto di pennarello tracciato su una cartina dell'Europa da qualche funzionario di Bruxelles. Non esiste alcun progetto di una linea ferroviaria ad alta velocità/capacità che congiunga il Portogallo all'Ucraina. Né in Francia, ad ovest di Lione, né in Slovenia ed Ungheria, è prevista la realizzazione di una nuova linea parallela a quella esistente. Lungo tutto il Corridoio, ad eccezione della tratta italiana, continuerebbe ad esistere una sola linea ferroviaria tradizionale. La TAV non è la tessera mancante di un mosaico. Il mosaico non esiste.
2) A beneficiare dell'opera non sarebbe l'intera collettività italiana sulla quale graverebbe quasi per intero l'onere del finanziamento essendo la quota a carico della UE poco più che simbolica. Se ne avvantaggerebbero solo le poche migliaia di persone che si spostano in media ogni giorno fra l'Italia e la Francia. Il 99,99% degli italiani non trarrebbe alcun vantaggio per i propri spostamenti quotidiani dalla realizzazione dell'opera. Paradossalmente, sono i contrari all'opera che difendono l'interesse dei più mentre i favorevoli tutelano gli interessi di pochi (i viaggiatori di cui sopra ed imprese di costruzioni fortissimamente interessate a ricevere ingenti risorse dallo Stato).
3) I primi studi di fattibilità della nuova opera risalgono a vent'anni fa. Inizialmente era previsto che la nuova infrastruttura fosse destinata solo ai passeggeri. Più tardi, gli stessi promotori, resisi conto dell'esiguità del numero di potenziali utenti, hanno ritenuto di modificare il progetto (con incremento dei costi) per consentire il transito dei treni merci. A tal riguardo occorre rilevare come per questa tipologia di trasporto, la riduzione del tempo di inoltro consentita dalla nuova linea, sarebbe quasi impercettibile. L'attuale lentezza del trasporto su ferrovia è infatti prevalentemente causata dai "tempi morti" che i carri trascorrono negli scali merci, spesso molto più lunghi di quelli di viaggio effettivo: è un problema di organizzazione e non di infrastruttura inadeguata. A conferma di ciò, è opportuno evidenziare che, anche qualora l'opera venisse realizzata, non vi sarebbe alcuno spostamento modale "spontaneo" dalla strada alla ferrovia; il trasferimento dalla gomma al ferro sarebbe possibile solo imponendo nuovi vincoli ai tir (più elevati pedaggi, contingentamento dei transiti); tale strategia equivarrebbe a chiudere, parzialmente o del tutto, gli attuali trafori stradali che sono utilizzati molto al di sotto della loro capacità, ossia a rendere più difficoltoso l'inoltro delle merci da e verso l'estero.
4) Le ricadute positive per l'ambiente e la riduzione della congestione sulle strade sarebbero di modestissima entità. I flussi intercettati dalla TAV sono di medio-lunga percorrenza. Tali traffici rappresentano una quota minoritaria del traffico su gomma sia delle persone che delle merci che si sviluppa per oltre l'80% su distanze medio-brevi (ogni giorno effettuiamo uno spostamento casa – lavoro ma in Francia andiamo al più una volta nell'arco di qualche anno).
Occorre poi ricordare che la leva più efficace per la riduzione dell'inquinamento è quella tecnologica e non il cosiddetto "riequilibrio modale". Nelle nostre città il traffico è oggi di gran lunga superiore a quello di qualche decennio addietro ma le emissioni dei veicoli sono drasticamente diminuite grazie ai dispositivi che abbattono i gas di scarico. La stessa evoluzione ha caratterizzato il traffico di veicoli pesanti attraverso l'arco alpino. Il numero di transiti è aumentato e la qualità dell'aria è migliorata.
Per sintetizzare: ciascuno di noi, quando deve decidere se fare o meno un investimento – acquistare un'auto, creare un'impresa – valuta attentamente quali sono i costi e quali i benefici attesi e verifica se non esistano modalità alternative e più redditizie di impiego delle risorse. Analogo criterio dovrebbe essere adottato dal decisore pubblico ma spesso così non è. Nel caso in oggetto, l'analisi costi-benefici fornisce un esito assai negativo. Ciò non vuol dire che la linea non serva a nulla (è difficile spendere 15 miliardi di Euro senza avere qualche ricaduta positiva) ma che le risorse che si intendono destinare a quell'opera dovrebbero essere investite in progetti di infrastrutture più utili (in particolare, strade e tunnel in ambito urbano) o, in alternativa, rimanere nelle tasche dei contribuenti (una famiglia di quattro persone dovrebbe pagare circa mille euro di tasse) oppure ancora dovrebbero essere utilizzate per ridurre l'elevatissimo debito pubblico del nostro Paese.
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