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Ahmed Al–Tayeb, Gran imam dell'Università islamica di Al-Azhar, parla del futuro dell'Egitto e sostiene che l'Islam non è in contraddizione con la laicità dello Stato. In un recente documento giudicato "storico" da varie testate governative, il leader religioso sottolinea che la legge islamica non prevede uno Stato guidato da leader religiosi e che l'Islam aiuterà l'Egitto a diventare un Paese pluralista e tollerante nei confronti delle minoranze religiose.
La posizione favorevole al pluralismo e alla laicità del Gran imam e di parte dei Fratelli musulmani, però, non convince e per molti sembra un escamotage per raccogliere consenso e voti fra quanti non vogliono uno Stato islamico. Fonti di "AsiaNews" – agenzia online del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) – rimarcano che Al-Tayeb è da sempre favorevole all'articolo 2 della Costituzione, che indica la Sharia quale principale fonte del diritto, e che le sue aperture sono in contraddizione con gli insegnamenti e il ruolo storico dell'Università islamica in difesa delle leggi e dei principi religiosi.
«Dopo la rivoluzione dei gelsomini – sostiene la fonte – tutti i partiti hanno iniziato a inneggiare allo Stato laico, alla divisione fra religione e politica, alla difesa delle minoranze. Gli stessi Fratelli musulmani hanno fondato un partito che propone questi principi». Ma, per contro, non si deve dimenticare la feroce campagna contro "i nemici dell'Islam" organizzata a marzo in occasione del referendum per la modifica costituzionale. «A tutt'oggi la maggioranza degli egiziani non vuole uno Stato islamico – conclude "AsiaNews" –, in molti sono in dubbio sulla buona fede e sul suo nuovo volto moderato di Al-Azhar e Fratelli musulmani, che potrebbe cambiare in modo radicale dopo le elezioni di settembre».
Nei mesi scorsi, fra l'altro, si è aperta una frattura nei rapporti fra Vaticano e Al Azhar che ha portato all'interruzione del dialogo interreligioso. La crisi si era aperta in seguito al discorso che il Papa fece all'inizio dell'anno al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nel quale si chiedeva alla comunità internazionale di intervenire in difesa dei cristiani perseguitati nella regione mediorientale.
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