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« Torna agli articoli di Giacomo Samek Lodovici
Per quale ragione i beni non negoziabili – cioè la vita, la famiglia, la libertà di educazione e la libertà religiosa – devono essere considerati gerarchicamente preminenti rispetto ad altri beni come la giustizia sociale, l'eliminazione della povertà, la solidarietà, l'accoglienza degli stranieri, la pace, ecc.?
Essi sono preminenti perché sono più preziosi degli altri valori, che sono decisamente importanti, ma non come quelli non negoziabili. Dunque questi ultimi non si possono mettere su un piatto della bilancia collocando sull'altro piatto gli altri valori. Sarebbe come pesare con una bilancia a due piatti l'oro e l'argento: sono entrambi preziosi, ma l'oro lo è di più.
Ma perché i beni non negoziabili sono più preziosi?
I motivi sono diversi e qui ne consideriamo solo uno (per un approfondimento sul tema cfr. G. Samek Lodovici, Vita, «il Timone», 108, dicembre 2011, pp. 36-38). Il fatto è che negando i beni non negoziabili si negano anche gli altri beni. Questo è un punto fondamentale e cruciale, ma raramente colto, anche dai cattolici. Infatti, come ha detto davvero efficacemente il card. Angelo Bagnasco (che è un ecclesiastico, ma che citiamo perché si è espresso con argomenti pienamente laici) il 17 ottobre 2011 a Todi, con i beni non negoziabili «Sono in gioco […] le sorgenti» dell'uomo e degli altri valori.
Lo stesso Bagnasco ha fatto alcuni esempi (il primo ripreso da Benedetto XVI) circa l'inaridimento degli altri valori prodotto dalla negazione della loro sorgente, che consiste appunto nei valori non negoziabili: «"Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l'accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono" (Benedetto XVI, Caritas in veritate, §. 28)». Infatti, che senso ha parlare di accoglienza degli immigrati (per es.) se non si accoglie la vita, cosa che avviene tralasciando di combattere l'aborto e l'eutanasia, o (peggio ancora) praticandoli, i quali uccidono l'essere umano nel grembo materno, o il malato o il disabile?
E, similmente, che senso ha parlare di difesa dei deboli, poveri e indifesi se non si difendono o (peggio ancora) si uccidono gli esseri umani più deboli, poveri e indifesi, cioè quelli nel grembo materno (sul concepito come essere umano cfr. G. Samek Lodovici, Aborto: una valutazione filosofica) o in stato di incoscienza? Infatti, come ha detto Bagnasco, «chi è più debole e fragile, più povero, […] più indifeso di chi non ha voce perché non l'ha ancora [cioè l'embrione] o, forse, non l'ha più [cioè chi è in stato cosiddetto "vegetativo"]?».
Ancora, una società che promuove la solidarietà, ma non tutela la vita e la famiglia, in realtà non è solidale con l'uomo, bensì lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. Infatti, esplicitiamo noi, non solo abbandona il concepito e l'essere umano incosciente, che hanno massimamente bisogno di essere protetti da coloro che li vogliono uccidere, ma abbandona anche il bambino ed il ragazzino, che hanno bisogno di un padre e di una madre uniti con il legame il più forte possibile: nonostante i molti matrimoni che si sfasciano, ci sono dati inoppugnabili sulla maggiore tenuta del matrimonio rispetto alle convivenze, cosicché i pacs (o i dico progettati dall'allora ministro Rosy Bindi) non solo terminano molto più facilmente dei matrimoni, ma inoltre indeboliscono il matrimonio stesso, perché creano una forma di relazione più attraente (dato che comporta per i conviventi quasi gli stessi diritti dei coniugi, senza quasi nessuno dei loro doveri), che gli è alternativa e concorrenziale.
Similmente, chi promuove la lotta contro la povertà e l'emarginazione entra in contraddizione con se stesso se colpisce o non difende la famiglia edificata sul matrimonio tra uomo e donna.
Infatti, come anche in questo caso certificano numerosissimi studi, quando si sfasciano le famiglie, la povertà, l'emarginazione, la sofferenza psichica e la delinquenza aumentano spaventosamente.
Limitiamoci a citare pochi dati tra gli innumerevoli disponibili. Per es., la ricercatrice R. O'Neill (2002) ha rilevato che se il 40 % dei bambini inglesi vive in famiglie a basso reddito complessivo, la percentuale sale al 75 % tra quelli che vivono con un solo genitore.
Tali bambini con un solo genitore hanno il triplo di probabilità di ottenere cattivi risultati a scuola, il doppio dei rischi di contrarre malattie psicosomatiche e di avere la depressione o di comportarsi in modo antisociale, il triplo di probabilità di avere problemi nelle relazioni amicali e il 22 % assume droghe contro il 10 % dei figli degli sposati (cfr. anche Sweeting – West – Richards 1998; cfr. anche Mauldon 1990). Inoltre (cfr. Pesenti 2004) negli Usa 3 suicidi su 4 in età adolescenziale coinvolgono ragazzini che vivono con un solo genitore. In Gran Bretagna il 70% dei giovani criminali proviene da famiglie monoparentali. La causa principale della criminalità non è la povertà: «Al contrario, la criminalità è aumentata in America durante il lungo periodo di crescita economica: dal 1905 al 1933. Quando subentrò la Grande depressione calarono i redditi ed anche la criminalità. Che ricrebbe di nuovo dal 1965 al 1974 quando i redditi crebbero notevolmente» (Fagan 1995). E la criminalità è più alta tra i neri «perché l'incidenza della dissoluzione della famiglie è più alta tra di loro» (ibidem).
Ancora, che senso ha spendersi per la pace e contro la guerra quando si è indifferenti all'aborto o (peggio ancora) quando lo si pratica? Infatti, come ha detto coraggiosamente Madre Teresa di Calcutta (una donna che è stata maestra – indefessa e quasi per tutti insuperabile – di accoglienza, solidarietà e di pace) mentre riceveva il Premio Nobel per la Pace nel 1979, l'aborto «è oggigiorno il più grande distruttore di pace perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa. [...] Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c'è più niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me».
Potremmo fare molti altri esempi, ma questi bastano per affermare, citando di nuovo il ragionamento pienamente laico di Bagnasco, che «Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società […] germoglia e prende linfa dai primi», dai valori non negoziabili. Ed «Ecco perché nel 'corpus' del bene comune non vi è un groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un ordine e una gerarchia costitutiva».
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