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Il quotidiano della Conferenza Episcopale "celebra" l'aumento dei cosiddetti "figli in braccio" da fecondazione artificiale.
Ma produrre esseri umani in provetta è un bene o un male? Ancora una volta, il mito della legge 40 genera mostri.
Il deputato Pdl ed ex sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, esponente della linea della "provetta civile omologa" a norma della legge 40 – "pur eticamente non ineccepibile" – polemizza con i libertari, che in materia vorrebbero esclusivamente leggi favorevoli alla logica del profitto del business della fecondazione artificiale. La Roccella menziona i progressi nella ricerca e nell'uso delle tecniche che, "secondo esperti autorevoli", confermano l'eccellenza del nostro Paese in questo settore. La parlamentare plaude in particolare all'accresciuto numero di successi: sette anni fa, una donna su dieci otteneva il cosiddetto "figlio in braccio", mentre oggi il successo arride a una donna su sei, fra quante utilizzano la strada prevista dalla legge 40 del 2004.
Non sorprende più di tanto che un esponente politico che ha promosso la legge 40 secondo la linea politica della "riduzione del danno" - applicata per giunta a valori non negoziabili - polemizzi con i libertari di turno. Qualcuno dovrebbe però restare perplesso per l'ospitalità a queste positive valutazioni dell'applicazione della legge 40, ospitalità offerta dal quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, che venerdì 2 marzo titola in modo trionfale: "Fecondazione artificiale: dati in crescita". E aggiunge nel sommario che "la legge 40 quindi non ostacola le coppie". Il teorema è, a questo punto, chiarissimo: si appoggia una legge definita "imperfetta", elogiandola perché non fa diminuire, ma anzi incrementa, il successo della provetta. Dunque, si plaude a una legge che incoraggia il ricorso a tecniche intrinsecamente malvagie.
Dimenticando completamente un paragrafo della recente Istruzione della Congregazione DIGNITAS PERSONAE, che tratta proprio questi aspetti. Vi si legge al par. 14:
"Occorre tuttavia rilevare che, considerando il rapporto tra il numero totale di embrioni prodotti e di quelli effettivamente nati, il numero di embrioni sacrificati è altissimo. (...) In realtà è assai preoccupante che la ricerca in questo campo miri principalmente a ottenere migliori risultati in termini di percentuale di bambini nati rispetto alle donne che iniziano il trattamento, ma non sembra avere un effettivo interesse per il diritto alla vita di ogni singolo embrione".
Il nodo è esattamente questo: che si osserva la FIVET esclusivamente dal punto di vista dei "successi attesi" dagli adulti, occultando il cimitero di fallimenti che ad essi si accompagnano, in cui sono seppellite decine di migliaia di vite innocenti.
Verità & Vita ritiene che per un giudizio corretto sugli effetti pratici della legge 40 del 2004 è indispensabile non trascurare né tacere che, per ogni donna con figlio in braccio, vi sono numerosi figli e figlie che sono stati "sacrificati" (abortiti) in forza di questa legge.
Una legge che va contrastata sul piano culturale, invitando le coppie a non usarla, e a non produrre figli in provetta.
Una legge gravemente ingiusta contro il diritto alla vita, che è necessario contrastare e superare non già con l'abrogazione libertaria, ma con una legge che vieti il dominio dell'uomo sull'uomo della fecondazione artificiale (cfr. Dignitas Personae, 16) e promuova piuttosto la ricerca scientifica sulla crescente infertilità, sulle sue cause e su i possibili rimedi.
In quale modo questa difesa della verità e della vita possa conciliarsi con la linea editoriale del maggiore quotidiano cattolico italiano, che elogia le perfomance della provetta, è domanda che giriamo volentieri ad altri più autorevoli commentatori.
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