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« Torna agli articoli di Carlo Bellieni

Attenti alle parole: si definisce «infertile» una coppia che non riesce a concepire entro 12 mesi di rapporti sessuali privi di trattamenti anticoncezionali. Tuttavia, alcune coppie concepiscono attendendo anche più tempo, e per questo andrebbero chiamate «sub fertili». Purtroppo in questo campo gli studi sono poco chiari, perché alle ricerche sul concepimento spontaneo sfuggono i casi che non riescono a concepire, e a quelli sulla fecondazione artificiale invece sfuggono le donne che non hanno problemi a concepire. Questo denuncia l'ultimo numero della rivista Fertility and Infertility, che parla di sterilità mettendo in chiaro che aspettare troppo per un concepimento naturale significa un alto rischio di insuccesso, e iniziare troppo presto un trattamento medico comporta un rischio di uso inutile di risorse mediche.
Per approfondire questo dato, la rivista propone uno studio australiano su oltre 7mila donne, di cui il 18% definito infertile. Delle donne infertili, alcune si sono sottoposte a trattamento fecondativo extracorporeo, altre a induzione farmacologica dell'ovulazione, altre infine a nessun trattamento. Il tasso di gravidanze tra i tre gruppi è risultato sovrapponibile.
La conclusione dello studio è che più del 40% delle donne ritenute infertili hanno avuto invece un figlio senza ricorrere a trattamenti medici perché si trattava di pura sub-fertilità. Arrivando a concepire da sola, il tasso di gemelli, con tutti i rischi annessi, è dieci volte più basso.
Cosa ci dicono questi dati? Forse che prima di dare una coppia per infertile, bisogna essere più sicuri, e che siccome l'ansia su questi temi serpeggia, è facile da un allarme di infertilità passare di colpo alla ricerca del concepimento con mezzi medicalmente assistiti. La fertilità è una cosa seria, ma oggi sembra che l'unica risposta che la società sa dare è il ricorso a metodiche artificiali, senza ricordare che è lo stesso stile di vita di questa società a generare sterilità. Dunque prima di pensare alle scorciatoie e alle vie di fuga sarebbe bene pensare alla prevenzione. Come ho illustrato assieme alla chimica Nadia Marchettini nel libro Una gravidanza ecologica , molto di ciò che ci circonda induce la sterilità: molti degli insetticidi e dei solventi che usiamo quotidianamente interferiscono col nostro sistema ormonale, addirittura potendo arrivare a intaccare quello del feto se la madre li assume in gravidanza. Per questo alcune categorie sono particolarmente osservate per il rischio-sterilità: parrucchiere, addetti alle rotative di stampa, lavoratori dei campi, addetti alle lavanderie.
Ma anche l'assunzione di metalli pesanti o di certi composti plastici avviene senza che ce ne rendiamo conto: il piombo con lo smog, il mercurio con certi pesci di alto mare. Ma soprattutto il primo fattore che fa aumentare la sterilità al 15% nei Paesi occidentali contro il 5% nei Paesi in via di sviluppo è l'età materna avanzata: con l'età cala la capacità di procreare, anche se si ricorre alle tecniche mediche.
Perciò, stiamo attenti a non prendere per oro colato quello che leggiamo in certi giornali: la fecondazione artificiale può essere uno strumento troppo usato, o usato frettolosamente; e soprattutto – come quando il saggio indica la luna e la persona poco scaltra si limita a guardare il dito – sono uno solo dei possibili approcci alla sterilità: esistono strade retrocesse in serie B, quali la prevenzione, la diagnosi approfondita e l'adozione, surclassate ormai dalla medicalizzazione della maternità.
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