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« Torna agli articoli di Danilo Quinto

La bestialità del'attentato di Brindisi, non può comportare, come alcuni sostengono, l'azzeramento delle opinioni su questo Governo e sulla sua azione, in nome della fermezza, della coesione e della risposta unanime di condanna. Questo, a prescindere dalla matrice della strage, che sembra difficilmente attribuibile alla responsabilità delle organizzazioni mafiose, che si suiciderebbero se si facessero nemico il territorio dove operano.
Le stragi degli anni '70, a partire da quella di Piazza Fontana, avevano un obiettivo: destabilizzare per stabilizzare. Seminare paura e terrore, al fine di impedire che si articolasse nel Paese il dibattito democratico. Perfino durante il sequestro di Aldo Moro, fu impedito al Parlamento di esprimersi liberamente, al fine di gestire la vicenda all'interno di élite di potere e di sottopotere, di cui facevano parte – si scoprì anni dopo – membri delle liste della P2 di Castiglion Fibocchi.
Allora come oggi, la logica appare la medesima, con un elemento inquietante e gravissimo che si aggiunge: il vuoto della politica, che si è consegnata ad un governo tecnocratico, la cui azione è sottoposta ai vincoli imposti dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Questo modello, che non ha precedenti nella storia del nostro Paese, comporta un vulnus sia rispetto al principio della sovranità nazionale sia rispetto alle regole della Costituzione, che avrebbero dovuto imporre – soprattutto al Presidente della Repubblica, garante della Carta e dell'unità nazionale – la libera espressione della volontà popolare per sostituire il Governo precedente. Cosa non avvenuta, si è detto, per la gravità della situazione, che imponeva misure immediate. Queste misure sono state prese, sul fronte delle pensioni e dell'aumento devastante delle tasse. Mentre non si è intervenuti né rispetto al contenimento dei costi della macchina dello Stato e del parastato né su quello della crescita, rispetto al quale il Ministro Passera annuncia una riunione del CIPE, ma solo per la fine di giugno, per sbloccare 27,7 miliardi per nuove opere pubbliche, che produrrebbero, a suo dire, 400mila posti di lavoro.
Ora l'Italia ha le carte in regola, ha affermato il Presidente del Consiglio a latere della riunione del G8, poche ore dopo che il suo sottosegretario all'Economia e alle Finanze, Gianfranco Polillo, aveva dichiarato di condividere l'idea in linea di principio di una tassa su cani e gatti che finanzi il randagismo – proposta da due deputati del PDL in commissione Affari Sociali della Camera – per poi dire: era solo una battuta nei confronti di un deputato che l'aveva proposta.
Questo Paese, in questo momento, non ha bisogno né di occuparsi di cani e gatti né di battute. Ha bisogno di politica, intesa come la più alta forma di carità, come diceva Paolo VI. Se questa non esiste più, ha almeno bisogno di decisioni immediate e serie sul fronte dello sviluppo e della solidarietà sociale, che contribuiscano ad arginare una situazione che appare molto più grave di quella di sei mesi fa. A prescindere da quel che affermano illustri sociologi sui suicidi di imprenditori – che sarebbero alimentati dalla componente emulativa indotta dall'informazione – vi sono altri indicatori di formidabile portata, ad esempio il numero esponenziale dei disoccupati, delle famiglie in povertà, la dilagante corruzione, il consolidamento delle strutture criminali, che stanno creando tensioni sociali altissime. Ed è teoricamente possibile, in questo contesto, che forze economiche e finanziarie, interne e internazionali, potrebbero avere interesse a trasformare l'Italia in un Paese dell'America Latina, anche ricorrendo ad atti immondi come quello di sabato scorso.
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