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Anche Comitato Verità e Vita apprezza la decisione della Corte Costituzionale di rigettare le eccezioni di incostituzionalità sollevate dai giudici di Catania, Milano e Firenze a proposito del divieto di fecondazione eterologa sancito dalla legge 40/2004, confermando, ci auguriamo in via definitiva, il diritto del figlio all'identità genetica e alla famiglia naturale.
Il divieto di fecondazione eterologa, che lede profondamente il diritto del figlio così concepito a conoscere le sue radici, è stato, in fase di discussione della legge 40, il caposaldo, la linea del Piave da difendere a tutti i costi della quasi totalità dei pro-life, assieme alla CEI, secondo la linea di compromesso: passi l'omologa, ma l'eterologa NO!
Ma neppure in questo momento di soddisfazione si deve dimenticare che tale divieto, pur importante e giusto, è ben poca cosa rispetto a quanto tuttavia la legge 40 consente in violazione di fondamentali diritti del concepito in vitro e della sua dignità sia nell'articolato originario, sia per le successive sentenze. Come sarebbe rispettato il suo diritto alla vita richiamato dall'art.1, dall'adozione di tecniche con altissimi tassi di abortività programmata, con un tasso globale così alto di esiti negativi e fatali che in nessun altro ambito della medicina sarebbe ammesso dalla deontologia medica e dalle stesse autorità sanitarie? E da un articolato che per ben due volte lo abbandona al braccio della legge sull'aborto n.194?
La sentenza 151 del 18 aprile 2009 della stessa Corte Costituzionale, abolendo il limite del numero di tre embrioni da produrre e impiantare, e affidandolo alla discrezionalità del medico, ha reintrodotto la pratica della produzione di embrioni soprannumerari e incrementato la crioconservazione che svilisce ulteriormente la dignità di queste creature. Di fatto, i cosiddetti paletti che avrebbero, nel progetto di chi, in campo pro-life, ha proposto e caldeggiato la legge 40, tutelato l'embrione umano, sono nella quasi totalità saltati.
Rimane per ora il divieto di eterologa. E, se ci rallegra per le ragioni su esposte, non può tuttavia non indurre un'amara considerazione su questa sorta di eterogenesi dei fini: la Consulta riconosce il diritto di accedere alla fivet soltanto alla famiglia, che, quando si lascia irretire dal fascino della tecnologia e dimentica che ogni figlio è solo dono, si fa detentrice del potere di vita e di morte di un alto numero di embrioni.
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