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Il brano del Vangelo ci presenta due parabole. Le parabole, come sappiamo, sono dei racconti semplici, di facile comprensione, che hanno però un profondo significato. Gesù parlava spesso in parabole e, in questo modo, si adattava ai suoi uditori i quali non potevano intendere un discorso difficile.
Le due parabole descrivono il Regno dei Cieli. La prima parla di un uomo che getta il seme nella terra. "Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa" (Mc 4,26). Cosa voleva insegnare Gesù con questo paragone? Un insegnamento che possiamo trarre dalla meditazione di queste parole riguarda la pazienza. L'agricoltore semina il buon seme e attende pazientemente il raccolto. Così dobbiamo fare anche noi: dobbiamo seminare il bene attorno a noi e, a suo tempo, raccoglieremo questo bene, moltiplicato.
Ciascuno raccoglierà ciò che ha seminato. Se uno semina vento raccoglie tempesta, si dice comunemente. Se uno semina spine non dovrà poi lamentarsi o prendersela magari con il Signore. Il buon seme lo abbiamo a disposizione: è il bene che possiamo e dobbiamo compiere. Tutti hanno la grazia di compiere il bene, dalle cose più semplici come un'opera buona, una parola di incoraggiamento, un sorriso, alle cose più grandi come ad esempio la preghiera.
Anche l'educazione si può paragonare ad una semina. Il buon genitore cerca sempre di seminare il bene nel cuore dei propri figli. Verranno poi dei tempi difficili quando i figli, influenzati dall'ambiente circostante e dalle amicizie, forse prenderanno delle strade sbagliate. Ma, se nel cuore di quel giovane è stato deposto il seme di una buona educazione, prima o poi crescerà qualcosa di buono. Si tratta solo di pregare e attendere, come ha fatto santa Monica nei riguardi del figlio Agostino. Questa parabola ci insegna quindi ad essere ottimisti e a saper aspettare i tempi di Dio.
La seconda parabola parla di un granellino di senapa che è tra i più piccoli semi, ma una volta germinato, diventa un albero, tanto che gli uccelli nidificano tra i suoi rami. Nella Terra Santa, ai tempi di Gesù, con il nome di senapa chiamavano, oltre al piccolo arbusto che noi conosciamo, anche un albero che raggiunge diversi metri di altezza. Questa parabola ci insegna come Dio, per diffondere il bene nel mondo, si serve di strumenti umili e semplici. Sono queste le sue preferenze. Così Egli ha fatto chiamando gli Apostoli, umili e semplici pescatori, divenuti gli evangelizzatori del mondo. Così continua a fare nella Chiesa: tante volte sono proprio le persone più semplici quelle che ricevono missioni particolari da svolgere per il bene di tutti. Pensiamo a santa Bernadette, la veggente di Lourdes, che era la più povera tra le coetanee di quel piccolo paese dei Pirenei. La Madonna apparve proprio a lei. Pensiamo ai tre pastorelli di Fatima: tre bambini ai quali la Madonna, apparendo, diede un messaggio per il mondo intero. Così sarà anche per noi. Se vogliamo fare del bene dobbiamo essere umili e semplici. Diversamente la vita scorrerà via inutile e infruttuosa. Dobbiamo essere come un piccolo seme di senapa gettato nel campo di questo mondo, un piccolo seme che diventa grande agli occhi di Dio. L'esempio ce lo dà la Madonna. Ella, che è la Piena di Grazia, la Madre di Dio, la Mediatrice, la Corredentrice e Dispensatrice di ogni bene, piacque a Dio soprattutto per la sua umiltà. E proprio per questa umiltà, Ella fu arricchita da Dio più di ogni altra creatura. A Dio piace solo l'umiltà e ciò che è unito all'umiltà, insegnava san Bonaventura. Dunque, in tutto il bene che compiamo, uniamo l'umiltà del nostro cuore.
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