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È in discussione alla Camera la proposta di legge n. C-1568 contro l’omofobia, presentata dal Partito Democratico, a prima firma Paola Concia. La proposta prevede l’inserimento nel Codice Penale di «reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Con l’appoggio del PDL, o di settori trasversali di esso, il progetto, giacente in commissione Giustizia alla Camera dal gennaio scorso, potrebbe avere un’accelerazione e passare rapidamente all’altro ramo del Parlamento per essere trasformato in legge.
Il testo ha già avuto l’appoggio del Presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno (PDL), che, contro la consuetudine, ne ha affidato l’incarico di relatore alla stessa Concia, e quello del ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, secondo cui la linea del governo e del suo Ministero è quella di prevedere aggravanti per i reati con finalità di discriminazione sessuale.
L’iniziativa recepisce una risoluzione del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006 in cui l’omofobia è definita «una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio». Come “pregiudizio” si intende ogni giudizio morale contrario all’omosessualità e alle deviazioni in campo sessuale. Quando esso si esprime in scritti o discorsi pubblici che non pongano su un piano di assoluta eguaglianza ogni tendenza e orientamento sessuale, può essere considerato come contrario al rispetto dei diritti dell’uomo ed essere oggetto di sanzioni penali. Lo stesso principio è enunciato dall’art. 21 della Carta fondamentale dei Diritti del cittadino di Nizza, resa giuridicamente vincolante dal Trattato europeo di Lisbona.
Se questa legge passasse e fosse applicata in modo coerente, sarebbe impossibile, o quanto meno rischioso, criticare l’omosessualità e presentare la famiglia naturale come “superiore” alle unioni omosessuali. Un’istituzione ecclesiastica non potrebbe rifiutarsi di designare come suo rappresentante una persona che non faccia mistero delle sue tendenze omosessuali. Nessuno Stato, ma anche nessuna Chiesa, potrebbe rifiutare di celebrare un matrimonio di coppie dello stesso sesso. Catechismi e libri sacri che condannano l’omosessualità come peccato “contro-natura” potrebbero essere ritirati dal commercio.
Se non si conoscono ancora i futuri orientamenti del nuovo Parlamento Europeo, negli Stati Uniti, il 29 giugno 2009 il Presidente Obama ha ricevuto alla Casa Bianca circa 250 leader e attivisti delle principali organizzazioni gay, lesbiche e transgender, in occasione dei 40 anni della nascita del movimento per la difesa dei diritti omosessuali. Lo stesso Obama, in un’intervista pubblicata il 3 luglio da Avvenire, ha affermato che la comunità gay-lesbica degli Stati Uniti viene «ferita da alcuni insegnamenti della Chiesa cattolica e della dottrina cristiana in generale». La posizione di Obama sui temi cruciali di natura morale è notoriamente antitetica a quella della Chiesa e delle altre confessioni cristiane americane e il presidente americano si sforza di propagandare, anche all’estero, il suo “messianismo” sincretista. Essa è destinata ad avere ricadute anche in Italia e in Europa influenzando le decisioni dei nostri uomini politici.
Nel nostro Paese ancora non esiste il reato di “omofobia”, ma la censura sociale applicata contro chiunque manifesti il suo rifiuto per il vizio contro-natura, è violenta e immediata. L’atteggiamento di tutti coloro che professano la legge naturale, cattolici o non, è sempre più cauto e misurato nelle espressioni. Quanti sono i vescovi, o i parroci che, esercitando il loro ministero pastorale, sono disposti a ricordare che l’omosessualità è un peccato che, nelle parole del Catechismo di San Pio X, «grida vendetta al cospetto di Dio»? Quanti, tra i fautori della riscoperta dei testi scritturistici e patristici, farebbero proprie le parole di fuoco con cui la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa bollavano l’omosessualità come un’“abominio” (Levitico, 20,13)?
Il timore è quello di cadere sotto la ghigliottina del “politicamente corretto”, come accadde a Rocco Buttiglione, mancato Commissario europeo nel 2004, proprio a causa delle sue convinzioni morali in materia. Nel recente “caso Boffo”, né la stampa cattolica né quella laica o laicista, ha voluto andare a fondo sulla presunta omosessualità del direttore di Avvenire, per accusarlo o scagionarlo, perché ciò avrebbe significato ammissione del fatto che l’omosessualità è comunque una “colpa”. L’“autocensura” è palpabile, perché esiste una “lobby” omosessualista annidata ovunque e pronta, ovunque, a scatenare il linciaggio mediatico.
Su Il Giornale del 3 settembre, Luigi Mascheroni ha messo in rilievo il potere di GLBT, l’acronimo utilizzato per riferirsi a gay, lesbiche, bisessuali e transessuali: «Una lobby potente e ricca. Anzi, secondo un dossier del 2006 della rivista Tempi, ricchissima: la lobby omosessuale internazionale, che ha le sue roccaforti a New York, Washington, San Francisco e Bruxelles, è sempre più influente. Riceve finanziamenti sia dalle grandi corporation americane, sia dai governi e dalle istituzioni internazionali, spesso sotto forma di donazioni a Ong o fondi per la lotta all’Aids». La potenza politico-economica dei gruppi omosessualisti, secondo Mascheroni, è tale da influenzare le istituzioni e il costume, come in Italia si tenta, non solo attraverso il ruolo di associazioni come Arcigay e Arcilesbiche, ma soprattutto grazie all’influenza esercitata da persone di orientamento omosessuale in settori chiave della società, quali le arti, la politica, lo spettacolo.
La moda, la televisione e il cinema sono gli ambiti sociali privilegiati della lobby omosessuale. All’ultimo festival di Venezia, conclusosi lo scorso 12 settembre, il tema ricorrente dei film in rassegna è stato l’omosessualità. Prima della proiezione del film, A single man di Tom Ford, che si è aggiudicato il Queer Lion attribuito dalla comunità Gay alla migliore opera omo, lesbica o trans, il presidente onorario dell’arcigay Franco Grillini e alcuni esponenti politici di sinistra hanno tenuto un sit-in contro l’omofobia. Chi volesse liquidare queste manifestazioni come episodi folkloristici, dimenticherebbe che la Rivoluzione contro la morale cristiana, negli ultimi quarant’anni, è avanzata proprio attraverso la dialettica, tra gesti simbolici e provocatori e iniziative parlamentari tese ad allargare il consenso ai tiepidi e “moderati”.
Se il reato contro l’omofobia, che l’allora premier D’Alema tentò invano di imporre nel novembre 1999, fosse varato dal governo di centro-destra, sarebbe uno scandalo e un’occasione di profonda riflessione per l’elettorato cattolico, continuamente tradito dai propri rappresentanti in nome dell’aberrante principio del “politicamente corretto”.
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