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« Torna agli articoli di Gianandrea Gaiani
Sorpresa, disgusto, rabbia, sgomento. Difficile descrivere le sensazioni provocate dall'ennesimo voltafaccia del governo Monti nell'ormai tragicomica vicenda dei due marò, costretti da Roma a tornare a Nuova Delhi per sottoporsi al giudizio di quella giustizia indiana che appena undici giorni or sono la Farnesina aveva accusato di violare il diritto internazionale.
Solo incompetenza, superficialità, pavidità e una profonda incapacità possono spiegare il comportamento del governo Monti in una decisione che secondo indiscrezioni sarebbe stata caldeggiata dal ministro della Cooperazione internazionale Andrea Riccardi ma alla quale si sono adeguati anche Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola. Ancor più grave del gesto di riconsegnare nelle mani dell'India Salvatore Girone e Massimiliano Latorre appare la ridicola giustificazione presentata dall'esecutivo Monti che dimostra ancora una volta la disinvoltura con la quale prende per i fondelli gli italiani e "svende" i militari a un Paese straniero.
Con la incredibile pretesa di risultare convincente, una nota di Palazzo Chigi ci ha spiegato ieri sera che l'India avrebbe fornito "l'assicurazione scritta riguardo al trattamento che sarà riservato ai fucilieri di Marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Alla luce delle ampie assicurazioni ricevute, il Governo ha ritenuto l'opportunità, anche nell'interesse dei Fucilieri di Marina, di mantenere l'impegno preso in occasione del permesso per partecipare al voto del ritorno in India entro il 22 marzo. I fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione''.
L'unico a metterci la faccia (ammirevole!) è ancora una volta il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, che ha spiegato quali nuove garanzie ha offerto l'India. In pratica che ai marò in caso di condanna non sarà applicata la pena di morte, che potranno risiedere nell'ambasciata di Delhi e muoversi liberamente. "Potranno anche andare al ristorante se vogliono" ha aggiunto De Mistura sfidando il ridicolo perché tali condizioni esistevano già prima dell'11 marzo, giorno in cui Roma notificò che i fucilieri non sarebbero rientrati a Delhi. Del resto un accordo bilaterale ratificato nei mesi scorsi dai due parlamenti prevede già il rimpatrio degli indiani condannati in Italia e degli indiani condannati in Italia.
Penoso e umiliante (più per gli italiani che per i ministri di un governo ormai ampiamente squalificato) il tentativo di far credere all'opinione pubblica che l'India abbia chinato la testa fornendo nuove garanzie quando in realtà a mettersi in ginocchio (e a mettere in ginocchio l'Italia) è stato Monti e i suoi "tecnici" probabilmente intimiditi dalle rappresaglie commerciali minacciate da Nuova Delhi. Ieri fonti ministeriali avevano riferito che nella riunione del Consiglio dei ministri si era discusso anche del caso marò e della preoccupazione per le ricadute economiche negative che la vicenda stava comportando. Rappresaglie che anche un dilettante avrebbe potuto mettere in preventivo. La buffonata suprema, il vero insulto all'intelligenza degli italiani è rappresentato però dal tentativo di re-interpretare il no al rientro in India di Latorre e Girone dell'11 marzo. "La parola data da un italiano è sacra: noi avevamo solo sospeso" il loro rientro "in attesa che New Delhi garantisse alcune condizioni" ha spiegato ancora De Mistura che probabilmente attribuisce agli italiani una scarsa memoria.
Se infatti andiamo a rileggere la nota della Farnesina dell'11 marzo non troviamo nessuna traccia della "sospensione". La nota affermava che "Italia ha informato il governo indiano che, stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati, i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso. La decisione è stata assunta d'intesa con i Ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri".
Il governo Monti si arrampica quindi sugli specchi per nascondere il tradimento compiuto nei confronti non solo di Latorre e Girone, ma di tutti i militari italiani che da oggi sanno ufficialmente che l'Italia è pronta a consegnarli a un tribunale speciale istituito da uno Stato straniero in cambio dell'immunità di un ambasciatore o per non perdere qualche commessa commerciale.
Non ce n'era bisogno ma a dare il colpo di grazia ai "tecnici" che dovevano salvare l'Italia è intervenuta la valutazione giuridica di Angela Del Vecchio, docente di diritto internazionale all'Università Luiss. "Non può esserci una ragione giuridica" alla base del rientro dei marò in India, ha detto la professoressa. "Sotto il profilo del diritto l'Italia è in una botte di ferro, comunque si voglia vedere la questione la competenza non è indiana. E in ogni caso i due militari italiani dovevano rimanere in Italia fino alla definizione conclusiva della giurisdizione sulla vicenda da parte di un organismo internazionale. Sono veramente sorpresa, anche perché non c'é stato un fatto nuovo dal punto di vista giuridico. Alla base della decisione potranno esserci forse motivazioni politiche ma non ragioni di diritto internazionale".
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