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Il 9 agosto diversi organi di stampa italiani hanno dato notizia della lettera che, a nome di Papa Francesco, il cardinale Bertone ha inviato all'organizzazione cattolica statunitense dei Cavalieri di Colombo, riunita dal 6 all'8 agosto a San Antonio, in Texas, per il suo 131° convegno nazionale. La nostra stampa ha sottolineato le espressioni molto chiare della lettera in tema di vita e di famiglia, ma non le ha sempre collocate nel contesto specifico.
I Cavalieri di Colombo sono una grande organizzazione di laici cattolici, con un milione e ottocentomila membri, molti dei quali benestanti. Sono pertanto in grado di raccogliere fondi notevoli, destinati ad attività religiose, caritative e culturali. Tra parentesi, i loro robusti contributi alla Santa Sede li hanno portati ad avere una certa influenza nelle vicende della finanza vaticana e dello IOR, esponendoli anche a qualche polemica.
La lettera scritta a nome del Santo Padre non si occupa di queste vicende, in verità molto controverse, ma di un'altra. I Cavalieri di Colombo hanno destinato sei milioni e mezzo di dollari al sostegno di campagne contro le leggi che a vario titolo riconoscono in diversi Stati degli Stati Uniti le unioni omosessuali. In queste campagne hanno anche presentato la bellezza dell'amore fecondo tra un uomo e una donna. Per questa ragione, sono bersaglio di una campagna di stampa che dura da mesi e li attacca come «omofobi», e di una raccolta di firme da parte di un'associazione di cattolici progressisti vicina all'entourage del presidente Obama e favorevole al riconoscimento delle unioni gay, Catholics United.
Questa associazione minaccia anche azioni legali intese a privare i Cavalieri di Colombo, in quanto coinvolti in iniziative politiche e sospetti di omofobia, delle agevolazioni fiscali di cui godono come organizzazione senza fini di lucro. Tra l'altro, secondo i loro oppositori, i Cavalieri di Colombo sarebbero recidivi, perché hanno già finanziato campagne contro l'aborto. In questo contesto polemico si è svolto negli ultimi giorni il congresso nazionale dell'associazione a San Antonio.
Affermando esplicitamente di parlare a nome del Pontefice, il cardinale Bertone ha scritto a tale congresso che Papa Francesco, «consapevole della responsabilità specifica che i fedeli laici hanno per la missione della Chiesa, invita ogni Cavaliere e ogni Consiglio locale [dei Cavalieri di Colombo] a dare testimonianza dell'autentica natura del matrimonio e della famiglia, della santità e della dignità inviolabile della vita umana, e della bellezza e verità della sessualità umana. In questi tempi di rapidi cambiamenti sociali e culturali, la protezione dei doni di Dio non può mancare d'includere l'affermazione e la difesa del grande patrimonio di verità morali insegnate dal Vangelo, e confermate dalla retta ragione, che serve come fondamento di una società giusta e bene ordinata».
La lettera, citando la recente enciclica «Lumen fidei», difende pure come parte della libertà religiosa il diritto dei laici cattolici di pronunciarsi in ogni sede, anche politica, su questioni che coinvolgono la fede e la morale.
Evidentemente, queste indicazioni pontificie non valgono solo per gli Stati Uniti. Nella controversia sui Cavalieri di Colombo in tema di unioni omosessuali il Papa prende posizione e ci dice con chiarezza che una parte ha ragione e un'altra ha torto. Non solo non fanno male i Cavalieri americani a organizzare e finanziare campagne per difendere l'«autentica natura del matrimonio e della famiglia», ma Papa Francesco chiede a ogni singolo Cavaliere e a ogni associazione locale d'impegnarsi in queste campagne. E di continuare a presentare la verità sulla sessualità e sull'amore senza timore di essere attaccati come omofobi. Chi li attacca, viola la libertà religiosa.
È un incoraggiamento per chi conduce le stesse campagne - magari con meno fondi dei Cavalieri di Colombo - anche in Italia e in Europa. E una sveglia per quei cattolici che hanno paura di parlare chiaro sugli stessi temi.
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