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« Torna agli articoli di Martino Mora
"Le epoche dove il primato è del denaro, sono anche quelle nella quali imperversa la peggiore febbre egualitarista".
Questa frase di Marcel De Corte è la migliore spiegazione del dominio ideologico dell'egualitarismo astratto che oggi impregna l'ideologia dominante politically correct. Oggi che il denaro e la merce regnano sovrane, l'eguaglianza astratta tra gli uomini viene continuamente affermata (cosmopolitismo, moltiplicazione senza fine di diritti per tutti, immigrazionismo, femminismo, omosessualismo, teorie del gender). Come ha scritto Chantal Delsol, "I tre fattori dell'uguaglianza, del materialismo e dell'individualismo formano un insieme coerente, dove ciascun fattore viene dall'altro ed anche lo rafforza".
La religione cristiana fu la prima ad affermare che tutti gli uomini sono uguali, perché figli di Dio. Il giudeo e il greco, l'uomo e la donna, lo schiavo ed il libero, nella predicazione di San Paolo possiedono tutti un'anima immortale, e tutti sono riconosciuti da Dio in quanto persone. L'uguaglianza spirituale degli uomini, la loro uguale dignità davanti a Dio, non significano però l'annullamento della comunità gerarchica nella quale si trovano. Il cristianesimo rappresenta una straordinaria rivoluzione dello spirito, ma non mise in discussione le strutture sociali del tempo. Il fine divenne la salvezza eterna dell'anima. La schiavitù primaria quella dal peccato. Certo, alla lunga il riconoscimento dell'uguale dignità degli uomini quali figli di Dio ha portato, nel mondo europeo, all'abolizione graduale della schiavitù, sostituita anche per ragioni economiche dalla servitù della gleba. L'esistenza di un'anima immortale comune a tutti gli uomini significava pietà e considerazione per gli umili, i poveri e gli ammalati (di cui si faceva carico direttamente la Chiesa), ma questo non metteva in discussione la differenziazione sociale che caratterizzava la società medioevale, tripartita nel ceto sacerdotale, in quello nobiliare e in quello del lavoro.
L'esplosione della passione egualitaria riguarda compiutamente l'età moderna. Fu conseguente all'emergere della classe borghese e del pensiero economicista, che essa ha convogliato storicamente. E fu anche conseguente all'affermazione dei grandi Regni moderni, burocratici e centralizzati, cioè degli Stati moderni, che operarono attivamente per corrodere tutte le comunità locali e i corpi intermedi che separavano il suddito dal potere statuale. Il potere dei sovrani e della burocrazia statale minarono volontariamente i pluralismi territoriali e sociali all'interno dei Regni. Le differenze vennero prima livellate e poi distrutte. Anche la Rivoluzione francese sotto questo punto di vista fu in continuità, con il suo culto dello Stato e del potere accentrato, con l'Antico regime, come sottolineò genialmente Alexis de Tocqueville. Le due grandi forze che corrosero il legame sociale nell'età moderna, il mercato e lo Stato, generarono l'individuo, cioè quel tipo di uomo isolato, atomizzato, che tende a concepire le proprie appartenenze e la propria comunità come secondarie rispetto alla libertà dell'io. Ha scritto Gilles Lipovetsky : "E' l'azione congiunta dello Stato moderno e del mercato che ha permeato la grande frattura che ormai ci separa dalle società tradizionali, l'apparizione di un tipo di società dentro la quale l'uomo individuale si prende per fine ultimo e non esiste che per sé medesimo". La nazione è la società degli individui isolati.
In questo tipo di società, questi uomini atomi, questi individui, si considerano primi, si identificano come l'origine, si distaccano dal sacro e dall'autorità ecclesiastica, e si concepiscono anche su un piano di uguaglianza con gli altri uomini. Siamo alla nascita delle teorie politiche contrattualiste, alla formazione di un nuovo razionalismo politico, nel quale il diritto naturale si trasforma mettendo al centro la dottrina individualista dei diritti dell'uomo. Dottrina che concepisce l'uomo come atomo (individualismo), su un piano di uguaglianza qualitativa nei confronti di tutti gli altri (egualitarismo), e che infine interpreta se stessa come universale (universalismo). Naturalmente si tratta di una dottrina che pretende di essere universale senza esserlo, per il semplice motivo che dà dell'uomo un'idea completamente sbagliata, quella di un essere desocializzato e destoricizzato, la cui natura sociale e politica non è affatto costitutiva della sua umanità (cosa che avrebbe fatto gridare d'orrore Platone ed Aristotele, per non parlare dei Padri della Chiesa).
L'individualismo esplode già nell'epoca dell'umanesimo e del Rinascimento italiano (XIV-XVI) secolo, come sottolineato dal grande storico Jacob Burckhardt. E' il prodotto dell'esplosione del capitalismo finanziario, cioè dell'attività dei grandi mercanti fiorentini e genovesi, e di una riabilitazione della sensualità e dell'immanenza, le cui conseguenze sono la nascita di una civiltà raffinatissima, che inizia però a secolarizzarsi. L'uomo diventa primo protagonista, dal teocentrismo medioevale si scivola verso un nuovo antropocentrismo. Questa centralità dell'uomo è, nella pratica, la centralità dell'individuo. D'ora in poi quando la modernità dice "uomo" intende "individuo". L'individuo però non è l'uomo inteso nella sua accezione classica e medioevale, ma un essere separato, resecato dalla comunità alla quale appartiene, e che si sente svincolato dall'auctoritas e dalla tradizione che lo precedono. [...]
Oggi, nell'anno del Signore 2014, possiamo asserire con certezza che la fine del "secolo breve" (1914-1991), il tracollo comunismo storico novecentesco, e l'esaurimento della spinta della socialdemocrazia, non hanno significato affatto la fine della passione egualitaria. Accantonando l'idea dell'abolizione della proprietà privata, il progressismo internazionale, di marca socialista come di marca liberale, ha da diversi anni messo al centro della sua azione altre tematiche, come l'antirazzismo, il femminismo e l'omosessualismo.
"Le tendenze egualitarie – ha scritto Massimo Viglione - sono andate ben oltre l'economicismo marxista, portando avanti la distruzione di ogni pur lieve forma di differenziazione in ogni ambito dell'uomo e dell'universo. Niente più Stati e patrie (la Repubblica universale, mito fondante della massoneria illuminista), niente più differenze di razze (il famoso "melting pot": il termine stesso "razza" suona ormai in maniera negativa, come se le razze non fossero, come qualsiasi altra diversità, create da Dio). Niente più distinzione culturale, niente più distinzione persino ontologica (l'animalismo introdotto in Spagna da Zapatero). Per Viglione, "dai diritti dell'uomo si è passati a quelli della donna; dai diritti della donna a quelli dell'omosessuale; dai diritti dell'omosessuale a quelli del gender (ogni deviazione o disfunzione sessuale hai i suoi diritti). La stessa parola 'normalità' viene considerata esclusivista e razzista".
IL VERO FINE DEL CONSUMISMO
Questo processo ha avuto un potentissima accelerazione già dagli anni Sessanta del XX secolo, quando la società dei consumi non solo ha cominciato a produrre in serie oggetti tutti nuovi e uguali per uomini uguali perché massificati (cioè omologati alle mode, al vestiario, alla musica di provenienza anglosassone), ma ha contribuito alla diffusione di quel materialismo e di quell'edonismo di massa (quasi sempre legati a quelle stesse mode) che hanno rafforzato ed esasperato l'individualismo (l'altra faccia della massificazione) e scristianizzato le masse ben più a fondo di quanto contemporaneamente non riuscisse a fare il comunismo sovietico, apertamente ostile alla religione. Le giovani generazioni occidentali degli anni Sessanta e Settanta, cresciute col nuovo benessere e nel suo culto, hanno quindi sposato quel Sessantotto-pensiero che è stata la principale causa culturale della crisi che stiamo vivendo (la causa materiale, occorre ribadirlo, è l'onnipresenza e l'onnipotenza della merce e del denaro). I sessantottini hanno lavorato in perfetta "falsa coscienza" per il capitale globale, che a parole dicevano di combattere. Dicevano infatti di voler abbattere il capitale, ma naturalmente non ci sono riusciti. In compenso le loro idee hanno conquistato quelle stesse élites ultracapitaliste, quindi materialiste integrali, che erano per natura predisposte ad abbracciare l'ideologia egualitaria, laddove essa non mirasse più all'abolizione della proprietà privata. Tanto più laddove essa rivendicasse, come nel caso del femminismo e dell'immigrazionismo, dei "diritti" che permettono di calmierare stipendi e salari mantenendo invariato il flusso delle merci e dei consumi. Come il lavoro femminile generalizzato indebolisce famiglia e natalità, ma contribuisce alla crescita economica (due stipendi più bassi al posto di uno più alto, a capacità di consumo invariato o superiore), che è il primo comandamento del monoteismo del mercato; così il numero sempre maggiore di immigrati non sindacalizzati, presenti sul suolo europeo. disposti a lavorare per salari bassi, consente di mantenere sotto controllo il costo del lavoro.
Non ci sono però soltanto evidenti interessi economici dietro al trionfo del nuovo individualismo egualitario. Figlie del sostrato materialista della società dei consumi, le nuove rivendicazioni individualiste, cosmopolite ed egualitarie, laiciste, anti-identitarie ed anticristiane, si concentrano intorno alla demonizzazione del passato europeo (vecchia eredità illuminista), all'esaltazione dei diritti umani, alla mentalità cosmopolita o mondialista, alla retorica delle vittimizzazione selettiva delle minoranze (il "politically correct", oscena creazione delle università e del circo mediatico degli Stati Uniti d'America), e naturalmente all'imposizione terroristica dell'omofilia obbligatoria e della società "meticcia" o "multiculturale". E così le grandi organizzazioni internazionali come l'ONU, contraddistinte da una visione liberal da salotti newyorkesi, combattono la sovrappopolazione con l'aborto, diffondono le teorie omosessualiste e del gender (secondo le quali non esistono per natura il sesso maschile e il sesso femminile) e naturalmente tendono a favorire, in nome della retorica dei "diritti umani" l'immigrazione di massa verso i paesi sviluppati, teorizzando società "multiculturali" o "meticciati di civiltà", magari col benestare di uomini di quella Chiesa cattolica per altri versi apertamente avversata.
LA GLOBALIZZAZIONE TECNICO-ECONOMICA E IL NUOVO ORDINE
Viviamo nell'epoca della globalizzazione tecnico-economica che è senz'altro un fatto, ma un fatto molto pericoloso. Per riprendere una famosa immagine di Carl Schmitt, la globalizzazione rende il mondo un immenso mare, un'immensa superficie liscia ed omogenea, sempre uguale a se stessa, dove l'omologazione dell'umanità corrisponde a un grande mercato composto da consumatori integrali, cioè da uomini tutti uguali, individui massificati all'american way of life, vestiti tutti allo stesso modo, con gli stessi desideri, con le stesse convinzioni, con la stessa lingua neo-imperiale, l'inglese, frequentatori del centro commerciale, incollati alla tv o ad uno schermo del computer, dimentichi della trascendenza religiosa, che conducono una vita sessuale libera da ogni condizionamento ("l'imposizione del coito" di cui parlava Costanzo Preve), che si divertono tutti allo stesso modo (discoteche, concerti rock e pop, karaoke, ecc.). E' questa la "civilizzazione universale", o globale, tanto temuta da Heidegger. Che si compirebbe definitivamente qualora si realizzasse il grande progetto dello "Stato mondiale omogeneo" del quale parlava con diffidenza Leo Strauss. sognato dai marxisti come dai massoni, dai socialdemocratici come da molti liberali, e in passato da giuristi e filosofi come Hans Kelsen e Jacques Maritain, da scienziati come Julian Huxley, da scrittori come Herbert G. Wells. Già Kant aveva ipotizzato un'unica autorità mondiale nel suo scritto "Per la pace perpetua" (1795), già i mazziniani e i massoni parlarono a lungo di una "repubblica universale"da realizzare in un futuro da destinarsi, già la Società delle nazioni - voluta fortissimamente dal presidente americano Thomas Woodrow Wilson alla fine delle Prima guerra mondiale – doveva prefigurarsi come l'anticipo della superiore autorità mondiale che in futuro avrebbe costretto l'umanità alla pace. Oggi non solo i funzionari dell'ONU, ma anche quelli dell'Unione Europea si prefiggono di dare vita a quel Nuovo Ordine Mondiale, sognato da Clinton e Bush, che darebbe sostanza politica alla globalizzazione. E' un'ideologia, quella del mondialismo, che in quanto cosmopolitismo ha uno stretto legale con l'individualismo e l'egualitarismo, che ne sono le logiche premesse. Solo se gli uomini sono atomi tra loro interscambiabili, come nella stessa teoria dei diritti umani, si può pensare a quella cosmopolis egualitaria, che è il sogno congiunto della destra del denaro (finanzieri, banchieri, multinazionali) e della sinistra politica, anche quella che si definisce "no-global" (ma che in realtà è global e mondialista, prefiggendosi di regolamentare la globalizzazione tramite lo Stato mondiale omogeneo).
Anche il Nuovo Ordine Mondiale di cui oggi si parla è il frutto della tentazione egualitaria, di quella passione per l'uniformità e per l'identico tipica del pensiero economico. Non a caso è proprio la banconota del dollaro a portare iscritto il motto paramassonico "Novus ordo seclorum", cioè Nuovo Ordine Mondiale.
Plinio Corrêa de Oliveira aveva previsto che saremmo arrivati a questo punto: "La Rivoluzione, fondamentalmente egualitaria, sogna di fondere tutte le razze, tutti i popoli e tutti gli Stati in una sola razza, un solo popolo, un solo Stato". Questo è il motivo per il quale tutti i movimenti identitari e cosiddetti "populisti", che intendono combattere l'immigrazione di massa e difendere le particolarità storiche dei loro popoli, vengono demonizzati dal circo mediatico e dalla classe politica "progressista", di destra e di sinistra. Dovremmo quindi batterci perché non si realizzi, attraverso la politica di Washington, della NATO, dell'ONU, della UE e del grande capitale finanziario e delle multinazionali, un nuovo "nomos della terra" unipolare sotto guida statunitense, preludio di uno Stato mondiale futuro, ma bensì un mondo multipolare, dove la stessa Europa, rispettosa dell'autonomia di Stati nazionali al loro interno federati o confederati - e quindi rispettosi delle identità diverse che li compongono, delle patrie carnali e naturali che non si possono ridurre all'astrazione della nazione - venga a costituire un polo autonomo di civiltà al fianco degli altri, distanziandosi dalla politica atlantista e appoggiando la Russia nel suo tentativo di costituire un "pluriverso", un nuovo nomos della terra che, come auspicava Schmitt, permetta a grandi spazi continentali di gestire e controllare le potenze della tecnica e dell'economia. Perché l'uomo, come sostiene anche Ernst Nolte, non è un essere universale, ma un essere particolare, radicato in una terra e in una cultura, anche se capace di aprirsi e tendere all'universalità. La sua apertura all'universalità lo rende unico tra tutte le creature, ma questa apertura (che per il cristiano corrisponde alla possibilità di conversione alla Verità del Cristo) non sacrifica mai del tutto la sua particolarità. Se la negazione dell'apertura all'universale è a volte divenuta "disumana", la negazione della particolarità è apertamente "antiumana".
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