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LA PROBLEMATICA PRASSI DELLE CHIESE ORTODOSSE DI CONCEDERE SECONDE E TERZE NOZZE
Valutiamo i suoi punti deboli alla luce dell'insegnamento dei Padri della Chiesa e del Magistero
di Luisella Scrosati

Nella Chiesa primitiva si discuteva circa la possibilità di contrarre un nuovo matrimonio dopo la morte di un coniuge, tuttavia il divorzio e le seconde nozze erano proibiti [...] Alcuni Padri orientali (ad es., S. Gregorio Nazianzeno) predicavano contro le leggi imperiali lassiste che consentivano di risposarsi. Gregorio ha definito le unioni successive alla prima come "indulgenza", poi come "trasgressione" e infine come "porcile".
Queste leggi non costituivano concessioni al divorzio e a nuovi matrimoni, bensì erano tentativi volti a ridimensionare le unioni successive, anche dopo la morte di un coniuge. Nel tempo, e sotto la pressione degli imperatori bizantini che imponevano la propria autorità in maniera aggressiva nei confronti della Chiesa orientale, i cristiani appartenenti a tale Chiesa sono giunti a confondere i "secondi matrimoni" dopo la morte di un coniuge con le nuove nozze ed a rileggere i testi patristici in tale ottica. Nel X secolo, l'imperatore bizantino Leone VI ha infatti obbligato gli ortodossi dell'oriente ad accettare il divorzio e le nuove nozze. L'attuale visione ortodossa consente appunto, per la pratica dell' "economia", un secondo e un terzo matrimonio dopo il divorzio, sebbene con riti nuziali celebrati al di fuori dell'Eucaristia. Dal momento che tali unioni non sono considerate come adulterine, i divorziati risposati sono ammessi alla Comunione.
Una prassi del genere si discosta dalla tradizione del tutto evidente della Chiesa primitiva, sia orientale che occidentale. Come dichiarato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1994: «Anche se è noto che soluzioni pastorali analoghe furono proposte da alcuni Padri della Chiesa ed entrarono in qualche misura anche nella prassi, tuttavia esse non ottennero mai il consenso dei Padri e in nessun modo vennero a costituire la dottrina comune della Chiesa né a determinarne la disciplina». Tale dichiarazione rispecchia fedelmente le testimonianze storiche.
Inoltre, la Chiesa cattolica ha più volte ribadito di non poter ammettere la prassi ortodossa. Il Secondo Concilio di Lione (1274), che si indirizzava nello specifico alla consuetudine della Chiesa ortodossa d'oriente, proclamò che «non è permesso a un uomo di avere contemporaneamente più mogli, né a una donna di avere più mariti. Sciolto invece il matrimonio per la morte dell'uno o dell'altro dei coniugi, essa [la Chiesa romana] dice che sono lecite successivamente le seconde e quindi le terze nozze» .
In più, le proposte più recenti invocano ciò che neanche gli ortodossi d'oriente accetterebbero: la Comunione per coloro che contraggono unioni civili non consacrate (adulterine). Nella Chiesa ortodossa si ammettono alla Comunione i divorziati risposati solo se, per questi ultimi, le nozze successive alla prima sono state benedette nel rito della medesima Chiesa. In altre parole, ammettere alla Comunione richiederebbe inevitabilmente che la Chiesa cattolica riconoscesse e benedicesse i secondi matrimoni dopo il divorzio, il che è evidentemente contrario alla dottrina cattolica già stabilita e a quanto espressamente insegnato da Cristo.

 
Titolo originale: La prassi ortodossa orientale
Fonte: Sinodo2015, 06/01/2015