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L'islamizzazione della Turchia procede e a tappe forzate. Ora nel mirino c'è la scuola: troppo laica, secondo il modello a suo tempo voluto dall'eroe nazionale, Atatürk. Ergo, va cambiata. Con una serie di riforme, contestatissime però da un'ampia fetta della popolazione. Nei giorni scorsi centinaia di manifestanti ad Ankara hanno espresso la propria contrarietà ai cambiamenti voluti dal partito al governo, l'Akp (Giustizia e Sviluppo) del presidente Erdogan, a schiacciante maggioranza presente in Parlamento con 312 seggi su 550. Ma la protesta, organizzata dai sindacati, è stata prontamente imbavagliata dalla Polizia, che ha disperso i manifestanti, arrestandone un centinaio. Tanto perché ciò fosse di esempio e monito anche per tutti gli altri...
Ciò non stupisca: secondo quanto riferito dall'emittente televisiva al-Arabiya, la marcia verso la Mezzaluna è cominciata da lontano. Già nel 1999, con l'ingresso per la prima volta di una deputata velata in Parlamento. L'anno scorso sono state bandite invece tutte le pubblicità di bevande alcooliche. A settembre è stato abolito il divieto di andare a scuola col velo per le bambine di 10 anni. Il mese scorso un docente di Astrofisica dell'Università di Ege è stato condannato per violazione del «diritto costituzionale all'istruzione», "reo" di aver impedito ad una ragazza di entrare nella sua facoltà a capo coperto. Ma è stato potenziato anche l'insegnamento della religione islamica nelle scuole di primo grado, sono stati avviati corsi facoltativi di turco-ottomano e di scrittura in caratteri arabi. Per non parlare dei corsi obbligatori nelle scuole Imam Hatip, il cui numero è nettamente cresciuto nel Paese nel giro di un decennio, a fronte anche delle crescenti iscrizioni. Tanto da spingere il Ministero dell'Istruzione a valutare seriamente di aprirne sedi anche all'estero. Per non parlare dei capitali arabi e persiani, immessi per la sottoscrizione di prestiti.
A fronte di tutto ciò, ancor più sconcerta la decisione assunta dall'Unione Europea di approvare un programma di assistenza per la Turchia da 1,9 miliardi di euro, decisione annunciata dallo stesso Ministero degli Esteri di Ankara nell'ambito dello Strumento di Assistenza Pre-adesione, per avviare entro il 2020 una prima tranche dei progetti concordati. A far problema è anche il fatto che tale Strumento ponga l'istruzione non solo tra i settori specifici di intervento, ma addirittura tra le priorità tematiche per la cooperazione territoriale. E specifici come, tra gli obiettivi, figuri la presenza negli Stati membri dell'Ue di «istituzioni stabili, che garantiscano la democrazia» ed «i diritti dell'uomo, il rispetto delle minoranze e la loro protezione», in piena controtendenza a quanto pare con la riforma scolastica, che si sta cercando di attuare, al punto da rendere la strada ancor più in salita di quanto già non sia. Se solo il governo turco non sapesse di poter contare su di un'Europa, che in certi casi diventa cieca, sorda e muta...
A capire il pericolo derivante da un'operazione d'islamizzazione di massa, invece, secondo quanto pubblicato dal quotidiano El Pais, è stato il Partito Popolare spagnolo, determinato nel voler modificare con procedura d'urgenza il Codice penale, rendendo reato anche solo il fatto di consultare siti legati alla jihad. Un provvedimento, che intende introdurre anche senza consultarsi preventivamente col Partito Socialista. Se approvato, colpirebbe i comportamenti individuali, anziché quelli propri dei gruppi organizzati: ad andare nei guai, cioè, sarebbero gli utenti finali della Rete e non i gestori delle piattaforme on line a monte. Una guerra telematica combattuta senza esclusione di colpi...
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