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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Eh, è tanto che ci provano, ma finora non sono mai riusciti perché dovrebbero o rifare la nomenclatura all'intera West Coast o spiegare agli scolari come mai certi piccoli villaggetti californiani si chiamano con nomi papisti: San Francisco, (Nuestra Señora de) Los Angeles, San Diego, Sacramento. Eh, ai wasp non è mai andata giù la presenza della statua di Junípero Serra nel Campidoglio in mezzo alle altre glorie americane, prima fra tutti George Washington. Pensate, un frate con tanto di saio e di croce in pugno, roba da indignare i protestantissimi Padri Pellegrini. Epperò non c'era niente da fare: se i Pilgrims Fathers avevano impiantato le prime colonie sulla East Coast, padre Serra aveva evangelizzato l'altra costa e le più grandi metropoli statunitensi (quelle che abbiamo menzionato più sopra) non sono altro che sviluppi delle missioni che lui aveva fondato.
JUNÍPERO SERRA
Junípero (Ginepro, nome francescanissimo) Serra era spagnolo, per l'esattezza mallorquino, essendo nato a Petra nel 1713. Nel 1749 raggiunse Vera Cruz (altro nome papista) in Messico. Dopo avere imparato i dialetti degli indiani del Nord, nel 1767 si spinse fin nell'Alta California alla testa di sedici confratelli. Quando morì, nel 1784, gli indiani battezzati e istruiti dai suoi frati erano circa seimila. Questi imparavano a leggere e scrivere, a smettere di fare i nomadi e a costruire vere case, a coltivare la terra e, insomma, a diventare civili. Le missioni fondate da padre Serra diventarono, col tempo, le città che sappiamo. Junípero Serra è, per i cattolici, Beato, per gli americani è uno dei Padri della Patria. Finora la sua statua al Capitol stonava, sì, un po' col resto dell'ambiente, perciò era rimasta un unicum, ma nessuno aveva mai osato proporne la rimozione.
Ma poi è venuta l'era Obama e, in attesa di poter scolpire la testa del primo presidente nero sul monte Rushmore, l'homo (meglio: l'omo) novus statunitensis si è ricordato che sarebbe ora di immettere nuovi eroi nazionali tra le statue del pantheon al Congresso. Ora, poiché lo spazio colà è quello che è e ogni Stato dell'Unione vi vuole essere rappresentato, l'unica è il turn-over. Da qui la proposta (indovinate donde proveniente): la California dovrebbe svecchiare il suo parco statue e metterne una di Sally Ride, californiana e astronauta. Ciò sarebbe perfettamente in linea coi tempi nuovi, perché la Ride era una donna e pure omosex. Più equality di così... Ma dove la mettiamo, se non c'è posto? Semplice: leviamo finalmente di torno quel frate papista. Tanto, risale a prima degli Usa e, pensate, a lui è stato intitolato il Serra Club International, che –figurarsi!- favorisce le vocazioni ecclesiastiche papiste.
ASTRONAUTA E LESBICA
Junípero è il passato (imbarazzante: cattolici, indiani non sterminati, ma accolti...), la Ride rappresenta le magnifiche sorti e progressive dell'Impero Americano: astronauta, donna, omo... Ora o mai più, perché il mandato di Obama sta per scadere e, rebus sic stantibus, Hillary la prossima presidenza se la sogna. Va pur detto che, se il Serra è imbarazzante, non è che la Ride sia da meno. E non certo per le sue tendenze private. Gli Usa ci misero ben vent'anni per mandare una donna nello spazio: i sovietici avevano avuto Valentina Tereskova fin dal 1963, mentre il volo della Ride è del 1983. Per giunta, papa Francesco ha annunciato che intende canonizzare Junípero Serra, e lo farà in settembre in occasione del suo viaggio negli States. L'Apostolo della California sarà dunque Santo, come annunciato da Bergoglio ai giornalisti in gennaio sull'aereo di ritorno dalle Filippine.
Le lobbies Lgbt non hanno dunque tempo da perdere, perché settembre è dietro l'angolo e il Congresso è a maggioranza repubblicana. Dovrebbe accogliere il Papa facendogli trovare sparita proprio la statua di quello che è venuto a canonizzare? Per giunta, un Papa così popolare? Se fossi Obama, per amor di politica, lascerei padre Serra là dove sta da due secoli. La statua dell'astronauta la mettano alla Casa Bianca. O, dove è meglio che stia, nella sede della Nasa (sempre che l'ente spaziale americano, azzoppato proprio da Barack, non gliela tiri dietro).
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