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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Amo i supereroi americani fin da quando ero bambino e Superman si chiamava, da noi, Nembo Kid perché, avendo appena perso la guerra in cui eravamo stati alleati della Germania nazista, si voleva scansare ogni sospetto di elogio del "superuomo". Era il tempo della cosiddetta Silver Age dei supereroi, con Batman insieme al ridicolo Robin e i loro cloni-sputati Freccia Verde e Saetta, anch'essi miliardario-tutore & orfanello, pure loro con la freccia-mobile e, nel cielo, il freccia-segnale: vestiti da robinhood tiravano frecce con sulla punta un guantone da boxe perché il Comic Code vietava che i cattivi si facessero male sul serio.
BAMBINO SÌ, MA SCEMO NO
Bambino sì ma scemo no, il mio preferito era Flash, che aveva il costume più bello di tutti. Così, ho salutato con gioia l'avvento del serial televisivo con le avventure del Bolide Rosso attualmente in onda il martedì. Non è la prima volta che Flash finisce sullo schermo. Negli anni Novanta, sulla scia del successo cinematografico del Batman di Tim Burton, il povero attore che impersonava Flash era costretto a correre a perdifiato con indosso un costume-corazza tipo salvatelecomando meliconi, e immaginate la sauna. Ma era l'unica concessione alla "rinnovata sensibilità" del pubblico, perché i personaggi dell'antico fumetto era tutti aderenti all'originale. Infatti, stava qui il segreto del loro fascino: la gente voleva vedere i characters, che aveva amato sulla carta, finalmente realizzati in carne e ossa. Da qui, per i produttori, la ricerca non facile di attori che somigliassero il più possibile ai vecchi eroi del fumetto. Ma oggi la "rinnovata sensibilità del pubblico" non è altro che la sensibilità dei cineasti americani imposta, piaccia o no, alla gente.
Infatti, ecco che nel Flash del 2015 la bella morosa del protagonista Barry Allen, già w.a.s.p., è diventata nera-afro. Flash è ora affiancato da ragazzotti latinos e cubiste che però sono tutti geni tecnologici e informatici (con quelle facce? mah). Il capo della polizia è gay e, quando finisce in ospedale, il suo affranto partner lo assiste amorevolmente. Finita la puntata di Flash, ecco a ruota quella di Arrow, che sarebbe l'antico Freccia Verde lodevolmente de-ridicolizzato.
MA, ANCHE QUI, LA SORPRESA
Una delle personaggie (dire "personaggio", termine neutro come "presidente", è ormai "sessista") è diventata lesbica. Non seguendo assiduamente la continuity (causa: solo una o due scene d'azione immerse in una noiosa melassa soap a puntata) non saprei dire se si tratta di Huntress (la Cacciatrice) o addirittura di Talia, la figlia del villain immortale Ras-al-Ghul. In quest'ultimo caso lo stravolgimento politically correct sarebbe totale: il lettore dei vecchi comics sa che, sulla carta, Talia era eterosessualissima e, anzi, era stata l'unica donna con cui Batman avesse avuto un figlio.
Ma ormai bisogna rassegnarsi all'ammodernamento dei supereroi quando dalla carta passano allo schermo. Già nel Batman di Burton il procuratore di Gotham City, Harvey Dent, era diventato nero. Neri divennero Nick Fury (Avengers), Electro (nemico di Spiderman) e perfino Heimdall, il dio vikingo amico di Thor. Ma il politicamente corretto della Marvel si è finora limitato all'introduzione forzosa di afroamericani al posto di supereroi che erano stati concepiti come bianchi (l'ultimo è il biondo Torcia interpretato da un attore nero). Dico forzosa perché la Marvel ha i suoi supereroi concepiti come neri fin dalle origini: tali sono, per esempio, Tempesta, Pantera Nera, Power Man. La sua diretta concorrente, la DcComics, ha comunque deciso di superarla in corsa. Aspettiamoci dunque, a breve, il supereroe trans, che nasconde la sua muscolare identità con minigonna e tacchi a spillo. Di notte macho mascherato, di giorno sculettante cameriera. É vero, la sensibilità del pubblico è cambiata. Anche perché c'è chi si ingegna a tutt'uomo (si potrà ancora dire così?) per fargliela cambiare.
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