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AVVENIRE DIFENDE IL MINISTRO DELLA (D)ISTRUZIONE VALERIA FEDELI, PALADINA DEL GENDER NELLE SCUOLE
Il quotidiano della CEI è in fondo a favore del gender: più soft e con tanti distinguo, ma comunque a favore (e intanto Galantino nega che il terrorismo islamico combatta una guerra di religione)
di Riccardo Cascioli

In altre circostanze e magari con altri protagonisti si direbbe subito «E' nato un amore». Certo è che il cinguettìo, ieri 20 dicembre, sulle colonne di Avvenire tra il ministro della (d)Istruzione Valeria Fedeli e il direttore del quotidiano della CEI, Marco Tarquinio, ha toccato livelli imbarazzanti.
Come sapete la nomina della Fedeli all'Istruzione, mentre ha provocato molte proteste da parte delle associazioni che hanno partecipato ai Family Day, ha trovato benevolenza da Avvenire e dal Forum delle Famiglie, due entità la cui linea è decisa direttamente dal segretario della CEI monsignor Nunzio Galantino. E alle lettere di protesta dei lettori di Avvenire, il direttore ha risposto invitando a non avere pregiudizi - mica come quei cattolici che costruiscono muri - e a giudicare per le cose che farà.

LA FEDELI RINGRAZIA AVVENIRE
A tanta grazia non si può restare indifferenti, soprattutto quando da tutte le altre postazioni ti sparano addosso senza pietà (soprattutto per le bugie sui titoli di studio) e anzi c'è chi sta raccogliendo centomila firme per indurti ad andartene dal governo.
Ecco allora che la Fedeli manda una lettera a Tarquinio ringraziandolo anzitutto per l'apertura di credito nei suoi confronti (non ci crede ancora tanto è assurdo) e poi ecco che spiega il suo pensiero e il suo programma da ministro: lei con presunte teorie del gender non c'entra nulla, figurarsi; non è neanche sicura che esista una teoria gender e se anche esistesse a lei non interessa - così come a tutto il governo -, lei vuole solo realizzare la parità tra uomini e donne. E poi basta parlare di gender «in questa accezione minacciosa», parliamo piuttosto di «ugualianza tra uomini e donne», superiamo quegli stereotipi sui ruoli di genere che non hanno nulla di naturale. Pare che il vero problema sia che a causa di tali stereotipi alle ragazze che vogliono andare all'università siano precluse le facoltà scientifiche.
Un qualsiasi giornalista, mediamente informato sul curriculum parlamentare della Fedeli, le avrebbe detto che va bene il rispetto e l'apertura di credito, ma cerchi almeno di non esagerare con le balle. Che lei sia una oltranzista del gender è evidente nella sua attività e che l'uguaglianza tra uomini e donne sia una bella copertura per far passare l'abolizione delle differenze fra sessi e la valorizzazione dell'omosessualità è tutto facilmente rintracciabile nel disegno di legge che porta il suo nome e sui cui contenuti ci siamo soffermati anche al momento della sua nomina.

IL DIRETTORE DI AVVENIRE VA OLTRE
Invece che fa il buon Tarquinio? Ringrazia e si stende a tappetino davanti al ministro: bacchetta addirittura i suoi lettori che avevano osato porsi interrogativi sulla nomina della Fedeli, a cui certe posizioni sul gender «sono state attribuite» (sic); anche Tarquinio sostiene però che gli stereotipi di genere vanno superati, anche se cerca di dargli un significato diverso. Poi parte il pistolotto sull'importanza di costruire insieme la società pur nella differenza tra culture e religioni; poi l'immancabile richiamo alla Costituzione che, peraltro, ambedue avrebbero volentieri cambiato. E qui Tarquinio osa addirittura ricordare al ministro che l'aveva dimenticato, l'articolo 30 della Costituzione, sul diritto-dovere educativo dei genitori». Ma quasi si vergogna del tanto osare e rientra subito in modalità tappetino assicurando massima attenzione al lavoro del ministro, sulle cui buone intenzioni non dubita assolutamente.
Non basta l'ostilità di monsignor Galantino - e quindi di Avvenire - ai Family Day, per spiegare questo atteggiamento che fa a pugni con la realtà e il buon senso. Nei confronti della Fedeli noi non abbiamo pregiudizi né ci teniamo particolarmente allo scontro frontale, prendiamo semplicemente atto di cosa ha fatto finora in Parlamento e di quanto lei stessa ha più volte dichiarato; e quindi dobbiamo rilevare il significato politico di questa nomina e lanciare un allarme per le conseguenze che avrà, anche sulle scuole paritarie.

LA TRISTE VERITÀ
Come ho messo in evidenza nel primo video realizzato (BQNews) per commentare il principale fatto della settimana [vedi: LA SETTIMANA VISTA DA RICCARDO CASCIOLI, clicca qui, N.d.BB], questo atteggiamento di Avvenire è però perfettamente coerente con tanti piccoli e grandi passi compiuti in questi anni che vanno tutti nella medesima direzione. La triste verità è che chi sta guidando di fatto la CEI ha già sostanzialmente accolto la teoria gender: certamente in modo soft, dividendo il gender buono dal gender cattivo (come fosse il colesterolo), con tanti distinguo, arricchendolo di buoni sentimenti; tutto quel che si vuole, ma pur sempre a favore del gender. Così come monsignor Galantino e Tarquinio si sono più volte espressi a favore del riconoscimento delle unioni omosessuali: certo, non trattate come famiglia, e con dei limiti all'adozione, ma pur sempre a favore delle unioni civili che lo stesso Tarquinio vede - lo ha scritto lui - come un incremento di solidarietà nella società.
Piaccia o non piaccia questa è la realtà della Chiesa italiana con cui fare i conti oggi.

Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Il mondo in preda alla violenza, il vescovo collettivo cancella il Natale" parla dell'intervista del Corriere della Sera a monsignor Galantino per un commento sugli ultimi attentati terroristici che mette in risalto la posizione di tanti vescovi oggi, che condanna il cattolicesimo all'irrilevanza. La cronaca, la politica, sono giudicate attraverso i soliti schemi ideologici.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 dicembre 2016:
L'intervista rilasciata l'altro giorno al Corriere della Sera da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, poco dopo i tragici fatti di Berlino, è già stata variamente commentata (negativamente), soprattutto per quell'ostinazione con cui ripete sempre lo stesso ritornello: la religione non c'entra, guerre e violenze sono provocate da soldi e potere e ovviamente dai commercianti di armi. Uno schema fisso, che pretende di scongiurare una guerra di religione o lo scontro di civiltà (tanto per usare altre due frasi fatte che vengono usate spesso a sproposito) e invece ritarda solo la possibilità di comprendere la natura di questa guerra dichiarata e già combattuta da una sola parte.
Più volte abbiamo spiegato quanto sia pericoloso continuare a non riconoscere la matrice religiosa islamica del terrorismo, o cercare di minimizzare asserendo che in fondo ci sono fondamentalisti in tutte le religioni, anche quella cattolica. Non torniamo dunque sullo stesso argomento, qui piuttosto interessa sottolineare un altro aspetto, ovvero la condanna della religione cattolica all'irrilevanza perseguita proprio dai suoi pastori.
Posizioni come quella di monsignor Galantino - peraltro condivisa da tanti vescovi - lungi dal diminuire la minaccia islamica (non saranno certo le sue affermazioni a ridurre l'afflato religioso dei terroristi) in realtà rendono irrilevante proprio il cattolicesimo. Alla fine infatti si insegna ai cattolici a non considerare rilevante la fede nel motivare le azioni degli uomini, che si muoverebbero invece solo per denaro.
Sembra che neanche i vescovi comprendano più il significato religioso di quel che accade, non solo nella decisione di diventare terrorista: siamo a pochi giorni dal Natale e in Germania è stato colpito proprio un tipico mercatino natalizio. Probabilmente la maggioranza di quanti lo affollavano al momento della strage non saranno presenti alla veglia natalizia sabato notte, magari non vanno mai in chiesa, eppure quei mercatini restano una tradizione tipica legata al Natale cristiano, un significato che ai terroristi non sfugge.
Ma questo è ancora solo un aspetto secondario. Il rifiuto di considerare la religione come un fattore decisivo per l'agire porta a giudicare quel che accade con categorie mondane, alla subalternità culturale, e alla fine a ridurre la fede a fatto personale, privato, che ispira al massimo una eticità nel vivere. Tra tre giorni il mondo cristiano celebrerà la nascita di Gesù, Dio che si fa carne e si fa compagnia all'uomo: un fatto che ha cambiato il corso della storia, eppure di questo evento senza pari nelle parole di monsignor Galantino, che deve giudicare a caldo un fatto terribile come la strage di Berlino e l'assassinio politico in Turchia, non c'è neanche una eco lontana.
Perché accadono queste tragedie, chiede il giornalista? Il denaro, il potere, i ricchi, i commercianti di armi, risponde il "vescovo collettivo". E cosa si può fare per scongiurare queste violenze, chiede ancora il giornalista? Cominciare ad usare un linguaggio meno violento e poi fare uno sforzo per la pace, è la risposta. Stupida anche dal punto di vista culturale e politico, ma soprattutto evidenzia che per il "vescovo collettivo" il Natale non ha più nulla da dire. Né nel giudicare il male né nell'indicazione di una strada che dal male ci liberi.
Dice l'evangelista Giovanni che la luce è venuta nel mondo ma il mondo non l'ha riconosciuta, «la luce splende nelle tenebre ma le tenebre non l'hanno accolta». È qui il giudizio sul mondo contemporaneo, sulla vita personale di ognuno così come sulla vita dei popoli. È il rifiuto di Cristo, della misericordia di Dio che genera violenza. Ed è la conversione l'inizio di un mondo nuovo.
Quando due settimane fa abbiamo lanciato la campagna raccolta fondi titolando "Il Natale non è negoziabile", proprio questo intendevamo. Vediamo intorno a noi come anche i pastori (non tutti per fortuna) si accontentino di un annuncio ridotto a sentimento, a qualche opera buona, pensino soltanto ad andare a braccetto con il mondo. La Bussola è nata invece proprio per rendere presente, nel modo di informare e di giudicare l'attualità, tutta la potenza di questo annuncio di salvezza. Per questo con ancora più consapevolezza affermiamo oggi che "Il Natale non è negoziabile".

 
Titolo originale: Quell'amore sbocciato tra Avvenire e la Fedeli
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/12/2016