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EUTANASIA E DJ FABO: UN FILM RADICALE GIA' VISTO
Tempismo, scelta dei personaggi, battute cult, servizi televisivi, appelli: così sono passati divorzio, aborto, fecondazione artificiale, matrimoni gay, ecc.
di Tommaso Scandroglio

Ieri alle 11.40 Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, si è tolto la vita in una clinica di Zurigo all'età di 40 anni. La vicenda è stata raccontata anche su queste colonne. Fabiano faceva il dj in giro per il mondo, una vita spinta al limite e, come è noto, gli eccessi spesso si pagano ed anche duramente. A lui è capitato di finire fuori strada mentre guidava per aver cercato di raccogliere il suo cellulare, quando anche le sue condizioni, a parere della fidanzata, non gli avrebbero permesso di mettersi al volante. Si risvegliò tetraplegico e cieco. Tentò la riabilitazione ma con scarsi risultati. E alla fine scelse la via tutta in discesa dell'eutanasia che da noi conduce sempre dritti dritti alla solita clinica svizzera Dignitas, che di dignitoso ha solo il nome. Un morso ad un pulsante - unico movimento a lui possibile - e la luce della vita si è spenta per sempre.
La vicenda del Dj Fabo sembra un copione di un film scritto dalle consuete mani dei Radicali. Attore protagonista il Dj Fabo che viene dipinto come amante della vita (se lo sballo è vita), pieno di energie e progetti che in una frazione di secondo si sbriciolano nell'impatto della sua auto contro un'altra in corsia di emergenza. Attrice non protagonista, la fidanzata Valeria: accanto a lui nei giorni di festa e in quelli funesti, e pure in quel dì fatale di ieri. Comprimari: le istituzioni a cui Fabo si è rivolto per morire ben sapendo che nulla sarebbe accaduto. E nulla doveva accadere perché Fabo non solo doveva essere vittima del destino - il quale come è noto può venire ammansito da una guida prudente e da guidatori lucidi - ma anche delle istituzioni italiane. Queste nella sceneggiatura dovevano comparire come insensibili, poco democratiche, ciniche e spietate. E di contro Fabo, la fidanzata, gli amici e parenti dovevano comporre un quadretto tutto cuori e baci. Quindi ben venga che il Presidente Mattarella, interpellato dal morituro, abbia taciuto, perché in tal modo è entrato perfettamente nella parte a lui designata.

UN COPIONE GIÀ VISTO ALTRE VOLTE
Alla regia poi abbiamo il radicale Marco Cappato che in realtà ha scritto un copione un po' vecchiotto, non molto originale perchè già visto altre volte. Si prende un caso pietoso (Welby, Eluana), lo si fa diventare caso mediatico (vedi servizio delle Iene ripetuto uguale uguale anche domenica sera e vedi ieri i notiziari e gli approfondimenti a pioggia su questa vicenda), poi caso politico (anche Welby scrisse a Napolitano che però rispose con pieno assenso), poi caso giudiziario: il dott. Riccio che staccò il respiratore a Welby venne prosciolto, i giudici di Milano condannarono a morte con sentenza capitale Eluana ed ora Cappato, in modo teatrale, offre i polsi alla manette di Stato perché ha aiutato a suicidarsi una persona portandola in Svizzera, ben consapevole che nulla gli capiterà. "Al mio rientro in Italia nella giornata di domani - ha dichiarato ieri con tono drammatico il leader radicale - andrò ad autodenunciarmi, dando conto dei miei atti e assumendomene tutte le responsabilità". Ricorda Pannella quando distribuì marijuana al termine di un comizio. Provocare la legge sapendo che questa è resa mansueta da giudici compiacenti.
Notevole poi il tempismo: calibrare la sopravvivenza di Fabo e la relativa morte per farla cadere giusto giusto quando alla Camera si sta discutendo sul Ddl che concerne le Dichiarazioni anticipate di trattamento che introdurranno l'eutanasia anche nel nostro Paese. Cappato spinge sull'acceleratore non tanto perché il Ddl passi - questo è un evento certo - ma perché passi il prima possibile e nella sua forma dura e pura: morte per tutti come e quando si vuole.
Nel copione radicale poi sono state cesellate alcune battute ormai cult, vero distillato del radical-pensiero. Scrive Cappato su Twitter: "Fabo è morto alle 11.40: ha scelto di andarsene rispettando le regole di un paese che non è il suo". Italia patria ingrata che non uccidi i tuoi figli. Gli fa eco lo stesso Fabo: "Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l'aiuto del mio Stato". Poi il doveroso ringraziamento a Cappato, precursore di quello che da qui a poco verrà qualificato come un vero e proprio diritto a morire: "Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille».

LA MORTE A KM ZERO
"Fabo è libero, la politica ha perso", hanno detto Marco Cappato e Filomena Gallo della Associazione Luca Coscioni. "L'esilio della morte è una condanna incivile. Compito dello Stato è assistere i cittadini, non costringerli a rifugiarsi in soluzioni illegali per affrontare una disperazione data dall'impossibilità di decidere della propria vita morte. E' triste che un italiano debba andare all'estero per affermare la propria libertà". Stessa musica funebre viene intonata dall'immancabile Saviano: "Anche per morire con dignità bisogna emigrare dall'Italia.". Si chiede in buona sostanza la morte a km zero. Perché c'è chi emigra per scampare alla morte e chi emigra per cercarla. Si vuole dunque una morte sostenibile, pulita e asettica in cliniche specializzate, una green death.
Il copione ovviamente - cadendo nell'inevitabile stereotipo - non poteva che riservare anche una particina alla Chiesa. "Perdonaci - continua Saviano - per aver reso la religione che crediamo di osservare talmente vuota da non saper più riconoscere un Cristo quando lo abbiano di fronte".
Comprensione massima per Fabiano, le cui responsabilità morali possono essere giudicate solo da Dio e il cui ultimo tratto di vita è stato segnato da una condizione di vita terribilmente dolorosa, ma mai nessuna giustificazione per l'eutanasia e il suicidio assistito. Il resto è solo un film già visto.

Nota di BastaBugie: guarda il video dove vengono spiegati razionalmente (senza far uso della fede) nove motivi per cui l'eutanasia è un abominio clicca qui!

Benedetta Frigerio nell'articolo sottostante dal titolo "Fabo, un omicidio politico" riflette sul fatto che Fabiano è stato ucciso da una coscienza occidentale che vuole sostituirsi al Creatore e grazie ai Radicali che spingono per l'approvazione delle Dat. Sacrificato sull'altare di un'utopistica vita perfetta, senza il male, una vita che pretende di misurarsi e non di essere misurata dall'amore di cui è portatrice. E che chiude gli occhi di fronte a chi, malato come "Fabo", lo ha scongiurato di rifiutare questo tranello diabolico perché il mondo "ha bisogno di noi, perché noi siamo il cambiamento che serve al mondo".
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 febbraio 2017:
C'è qualcosa di profondamente diabolico nella spettacolarizzazione della soppressione di un disabile che ha preteso di essere eliminato in mondovisione per dire che lo Stato dovrebbe uccidere le persone che, come lui, non sopportano di vivere diversamente da come vogliono. C'è qualcosa di malefico perché, se questa è l'ottica, che differenza c'è fra l'autodeterminazione di chi vuole essere ammazzato perché inchiodato ad un letto e perché "una vita così non la accetto" e un altro che magari non sopporta di essere basso o grasso o irascibile? Attenzione, perché teoricamente non ce n'è alcuna. E si sa che dalla teoria basta una legge per passare alla pratica.
Si potrebbe dire: "Mettiamo dei limiti, permettiamo l'eutanasia solo in certi casi estremamente drammatici, come quello di dj Fabo". Sono questi i discorsi che riempivano ieri i media a proposito del ddl sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento mentre, guarda caso proprio i Radicali, annunciavano l'omicidio di Fabiano, da loro inviato in una clinica della "dolce morte" svizzera, dove per quasi 20 mila euro è stato avvelenato con soluzioni che costerebbero pochi euro. Ma chi determina qual è il limite e che cosa sia drammatico e cosa no?
Basti pensare che in Olanda e Belgio si cominciò a permettere il suicidio assistito e l'eutanasia solo per i malati in fin di vita, mentre ora in questi Stati vengono soppressi perfino i bambini, i depressi o gli anziani in salute. Infatti, quando si sceglie di fondare una legge sull'autodeterminazione, e non sull'oggettività di un bene e un male iscritti nel cuore umano e nella legge naturale, di fatto si consegna la propria vita in mano al potere che determina (a seconda dei propri scopi) cosa sia degno o meno di esistere, inculcando nelle nostre teste l'odio per ciò che la mondanità non tollera: la nostra debolezza e quella di chi ci circonda, promemoria del fatto che siamo esseri amati non perché perfetti, ma perché creati. Amati nonostante i nostri limiti. Anzi compatiti da Dio con trasporto e commozione proprio perché fragili, peccatori e bisognosi.
E' questo il malanno da cui siamo più o meno afflitti da quando la modernità ha rifiutato Dio: vediamo il male in noi e intorno a noi e siccome desideriamo il paradiso, invece che cercare la salvezza nel Creatore, proviamo orgogliosamente a produrla con i soli nostri sforzi qui in terra. Ma, poi, siccome il male è ineliminabile diventiamo violenti contro noi stessi e il mondo. Esattamente come Hitler, Stalin o i vari Cappato. Non a caso l'estremo di questa posizione che tenta da sempre l'uomo, sono le ideologie dei gulag, dei lager e oggi dell'eutanasia, dell'aborto, dell'anoressia, della chirurgia estetica, della fecondazione in provetta, dell'eliminazione del sesso di nascita. Artifici della perfezione impossibile, che non fanno che incrementare la disperazione dipinta sui volti dei cittadini occidentali, usati spesso inconsapevolmente come mezzi per un fine preciso: distruggere le creature di Dio.
Poche ore prima di morire Dj Fabo ha lasciato un messaggio inquietante, dove con una voce che pareva già venire dall'oltretomba, ringraziava Marco Cappato di avergli pagato la morte assistita, senza rendersi conto (o forse sì?) che i Radicali lo hanno strumentalizzato per un fine politico. Sì, lo hanno sacrificato sull'altare della modernità che non sopporta la miseria, la malattia, la povertà. Tutte cose che ricordano anche a Cappato la verità: può così ribellarsi ma non sarà mai Dio e anche se lo rifiutasse fino alla morte non ne avrà scampo, perché anche all'inferno non si può scappare dalla sua paternità innamorata della nostra debolezza. Si può bestemmiarla come fa il Capaneo dantesco, ma resta un dato ineliminabile, per l'eternità.
Questa tentazione, però, non è solo degli atei, che spesso sanno invece dipendere dal mistero lasciandosi amare dai propri cari, ma anche dei "credenti" che invitano a "costruire un mondo migliore", magari invocando lo spirito di Pannella (come ha fatto recentemente monsignor Vincenzo Paglia, capo della Pontificia accademia per la vita) invece di richiamare al fatto che la felicità piena sarà solo in Paradiso e che per salvarci abbiamo bisogno unicamente di uno Spirito e della Sua Croce, quelli di Gesù. Non certo dei Radicali che per eliminare i problemi e i limiti eliminano gli uomini.
Ci sono diverse persone, malate da anni o che da tempo si fanno carico di parenti in situazioni difficilissime, che nei giorni scorsi avrebbero voluto gridare a Fabiano che la vita vale la pena. Ma la stampa non gli ha dato la risonanza riservata all'ex dj. Fra tutti è impressionante la storia di un giovane in condizioni terribili che urla il suo amore per l'esistenza. Questa gente non colpisce solo perché dimostra che esiste chi la pensa diversamente (cosa che non disturba affatto i radicali o la Lega di Salvini che riducono certe testimonianze a una fra le tante scelte), ma perché rivela che la posizione vera è solo una.
Matteo Nassigh è un diciannovenne milanese che nei giorni scorsi ha provato a spiegare a dj Fabo: "Se usi quelle dei Radicali noi siamo dei poverini, se scopri categorie che prevedono la libertà di essere diversi noi siamo la massima espressione della libertà". Libertà? Matteo è fermo su una carrozzina e dalla nascita non è in grado di fare nulla da solo, tanto che pareva privo di coscienza. Invece, rinchiuso in quel corpo deforme c'è un'intelligenza, scoperta dagli occhi amorevoli di alcuni medici e della sua famiglia, che hanno liberato la sua mente attraverso un sistema di scrittura con cui comunica aiutato dalla madre. Matteo continua così: "E' vero, noi non possiamo fare niente da soli", ma "Fabo noi siamo il cambiamento che il mondo chiede per evolvere". E' proprio così, quanto bisogno hanno le persone di non essere misurate "per ciò che fanno", se no "è ovvio che uno come me o dj Fabo vuole solo morire".
E' questo il pericolo di una legge, come quella sulle Dat, che legalizzerebbe l'autodeterminazione diffondendo lo sguardo nazista descritto da Matteo. Il giovane ha quindi incalzato parlando di ciò che serve al mondo per guarire da questa ferocia autolesionista: "Se avesse (dj Fabo, ndr) attorno a sé tutto l'amore che ho io, non cadrebbe nella trappola di misurarsi sulla perfezione fisica", ossia sui criteri mondani, "ma sulla sua anima intatta", come hanno fatto i suoi genitori che sono "stati capaci di guardare oltre". Chi non vorrebbe essere amato così? Scoprendo che quello che non sopporta di sé, in realtà serve a conoscere l'abbraccio di Qualcuno che vinca il suo limite? Qualcuno che non ci vuole perfetti o diversi ma che chiede solo di permettergli di amarci così, miseri come siamo? Ogni uomo è creato per scoprire, come Matteo, che questo Qualcuno esiste, venendo a dirci che "ciascuno di noi è un prodigio di bellezza". Lui lo ha capito grazie a mamma e papà, riflesso di un bene più grande e motivo per cui "il mio rapporto con Dio è costante".
Tutti, appunto, siamo fatti per questo amore, anche se, come Lucifero, possiamo scegliere di voler essere il Dio di noi stessi facendoci del male. Insomma, finché vivremo, saremo continuamente messi di fronte all'alternativa posta da Matteo e dj Fabo, rappresentata dall'umiltà della Madonna, che accetta di essere un nulla innalzato da Dio, e la ribellione del diavolo, che lo fa sprofondare nell'inferno. Ma in Italia sta accadendo di più: quando questa ribellione non è più opzione del singolo ma viene eretta a valore e norma di uno società, e quindi della cultura di un popolo, si sta consegnando di fatto il proprio Paese al più grande nemico dell'uomo. E' istituire l'inferno quaggiù mentre ci si illude di poter costruire paradisi artificiali, dove insieme alla debolezza faremo scomparire anche la carità che le si accompagna. Quella di cui oggi avremmo più che mai bisogno per risorgere da una crisi senza pari.

 
Titolo originale: Un copione Radicale per un film già visto
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/02/2017