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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Avendo a suo tempo scritto un fortunato libro su Padre Pio (una decina di edizioni con Piemme, ripreso anche in una elegante edizione del Corriere della Sera) non posso non continuare ad esser intrigato da tutto quel che riguarda quel potente mistico e taumaturgo. Morì quando avevo diciotto anni ed avevo la testa piena di Sessantotto, perciò non lo potei conoscere quando ne avevo la possibilità (e ancora mi mordo le mani).
Perciò rilancio volentieri un'agenzia di Aleteia.org che lo riguarda. Con il consueto miracolo il Santo ha recentemente convertito un'intera parrocchia ortodossa in Romania. La cosa è andata così: il giovane pope della parrocchia in questione, Victor Tudor, aveva la madre Lucrecia malata di cancro all'ultimo stadio e l'aveva mandata a Roma dal suo fratello minore, pittore di icone: quest'ultimo, Marian, l'aveva fatta visitare da uno specialista italiano, il quale non aveva potuto fare altro che prescrivere degli antidolorifici. La donna, data per spacciata, passava le sue giornate romane a far compagnia al figlio che lavorava ai mosaici di una chiesa.
UNA STATUA DI PADRE PIO
Detta chiesa aveva in un angolo una statua di Padre Pio. Lei, chissà perché incuriosita proprio da quella statua, aveva chiesto notizie al figlio e quello gli aveva detto quel poco che sapeva sul frate con le stimmate. Lucrecia da quel giorno aveva preso l'abitudine di sedersi di fronte alla statua. Il figlio ogni tanto le lanciava un'occhiata e vedeva lei parlare alla statua suddetta. Spallucce, cose di donne. Finita la parentesi romana, Lucrecia era tornata a casa per morirci. Ultima visita medica, di routine e, sorpresa: il cancro è sparito.
Chi è stato? Padre Pio. Lei, infatti, nelle sue conversazioni con la statua aveva chiesto la di lui intercessione. Parrocchia piccola, la notizia si sparge immediatamente e comincia la caccia a Padre Pio. Tutti cercano di procurarsi i libri che ne parlano e li divorano. Non solo, altri malati si tuffano sul Santo e in diversi guariscono. Scoppia la Padrepiomania che culmina nella conversione generale al cattolicesimo, in versione greco-cattolica. Parroco in testa.
PADRE PIO E IL PROSELITISMO
La cosa non è facile, perché la Chiesa ortodossa, com'è noto, è piuttosto gelosa di quello che considera suo territorio. Difficoltà burocratiche senza fine, anche perché si tratta di una Chiesa di Stato, non mancano neppure le visite della polizia. Ma mettersi contro Padre Pio non è facile, e oggi non solo quella parrocchia è interamente cattolica, ma ha una sua chiesa ex novo (la vecchia ha dovuto restituirla) dopo qualche celebrazione all'addiaccio. Naturalmente intitolata a Padre Pio.
Non solo. Sulla scia dell'entusiasmo (e dei miracoli) hanno trovato i soldi per mettere in piedi un ospedale per malati terminali e pazienti poveri, più un ospizio per anziani. Eh, Padre Pio ha convertito comunisti e massoni, figurarsi se ha problemi con gli ortodossi. I quali, va detto, possono benissimo venerare i nostri Santi come noi possiamo venerare i loro. Certo, la questione è delicata, perché il processo di canonizzazione ortodosso è profondamente diverso da quello cattolico e non prevede la fase intermedia della beatificazione. Così, per esempio, per gli ortodossi è santa l'intera famiglia dell'ultimo Zar, considerata martire della fede. Un'ultima cosa: l'ex pope Tudor, rimasto senza chiesa, era venuto a Roma a bussare a denari. Gli era stato risposto che ci avrebbe pensato Padre Pio. In effetti, in clima di ecumenismo ci sta che uno che si vuole convertire al cattolicesimo venga visto come un rompiscatole, ma Padre Pio, in ogni caso, non è uno che lascia le cose a metà.
Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo sottostante dal titolo "Campane a morto addio, è il funerale festaiolo" racconta del sacerdote che nel comasco decide di non far suonare più le campane a morto perché il decesso è un rinascere a vita nuova. Vero, ma non sappiamo se verso l'inferno o il paradiso. E' il nuovo clima ecclesiastico festaiolo, quasi carnevalesco. E non si sa più se ridere o se piangere o entrambi.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28-02-2017:
E vai con la liturgia creativa: a Ronago, nel comasco, il consiglio pastorale ha deciso di farla finita con le campane a morto durante i funerali. Il parroco, al grido di «e chi sono io per giudicare?», ha preso atto democraticamente della volontà della maggioranza. Del resto, il prete è solo colui che «presiede» l'«assemblea liturgica», nella quale risiede la sovranità celebrativa. Il popolo sovrano di Ronago, con un ragionamento teologicamente adamantino (l'adamantio di Wolverine, avete presente?), si è chiesto: ma uno, quando muore, non rinasce forse a nuova vita? Perciò, campane a festa, altro che lugubri rintocchi.
Uno rigido, uno di quelli cioè che usano la dottrina come una clava e nulla sanno di misericordia, potrebbe obiettare che non sappiamo mai se il defunto possa permettersi di festeggiare. Infatti, è vero che rinasce a nuova vita, ma dall'altra parte non c'è una sola cosa, bensì tre opzioni: Paradiso, Purgatorio, Inferno. E non si può sapere dove il de cuius sia finito. Spiacenti, ma non c'è voto di maggioranza o unanime che tenga. Né parroco creativo. Certo, il nuovo clima sudamericano è festaiolo, quasi carnevalesco (il più famoso carnevale del mondo è infatti quello di Rio, anche se batte i record di morti ammazzati), perciò bisogna adeguarsi.
Il lugubre rintocco che costringeva a essere seri almeno davanti alla morte? In soffitta, con tutte le clave e le rigidità preconciliari. Applausi alla bara, discorsetti alla luterana, bandiere di calcio, canzoni sanremesi sì e campane no? E allora forza, ch'è sempre Pasqua. Ma aboliamola questa Quaresima, coi suoi digiuni e l'astinenza dalle carni che mina il patrimonio zootecnico. E via quei paramenti viola che portano pure sfiga. Abbasso i muri e viva i ponti, comunione a richiesta e senza esame previo. Non lo sapete, duri di cuore che non siete altro, che ci sono legioni di divorziati alle seconde e terze nozze che soffrono perché non possono fare la comunione? Il loro assordante grido di dolore è giunto fino alla sacra pantofola. E dategliela, 'sta comunione, che vi costa?
E se gli omosessuali vogliono sposarsi in chiesa, a voi che ne cale? Vi tolgono qualcosa? No, perciò, forza venite gente, aggiungi un posto a tavola, più siamo e meglio è. Lasciatevi contagiare dallo stile del papa bianco e dalla teologia, sempre sudamericana, di quello nero. Perché fate resistenza allo Spirito? Il quale, si sa soffia dove vuole e quest'anno va di moda il «liberi tutti».
E' normale che ogni pontificato porti il suo stile. Noi di una certa età abbiamo visto quello «della luna», poi quello «amletico», poi quello brevissimo, poi quello delle grandi adunate, poi quello teutonico, era ora vai col tango alla Carlos Gardel. Mi toccherà fare testamento e stabilire fin d'ora la coreografia del mio funerale. Il quale dovrà svolgersi non certo in chiesa, perché figurati se il consiglio pastorale, il parroco e il vescovo mi concedono il rito straordinario.
Anzi, ci sta che il mio feretro debba sfilare tra due ali di convenuti festanti con i cani al guinzaglio. Ho detto guinzaglio? Ma sono ammattito? In braccio, che fa tanto pet therapy, povere creature (a quando la rivendicazione della comunione pure a loro? badate che non scherzo).
Ora, però, devo dire che io ce l'ho con la Madonna. Sì, perché sono cent'anni che aspettiamo il trionfo del suo Cuore Immacolato e invece quella santa donna che fa? Ci manda un papa progressista. Mah, dove andremo a finire... Che dico? Ci siamo già finiti: Bergoglio che accantona i discorsi scritti e parla a braccio come al bar, così costringendo i giornalisti a esegesi doppie, Bagnasco che dà la comunione a Luxuria, Paglia che elogia Pannella, il capo gesuita che non sa che cosa ha detto Gesù perché nessuno lo ha registrato. Devo continuare? No, lo fa già puntualmente la La Nuova BQ. Ahimè, voglio morire. Anzi, no: mi farebbero un funerale «gioioso» e non saprei mai se sono solo contenti che io me ne sia andato.
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