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« Torna agli articoli di Rino Cammilleri
Non si è ancora spenta l'eco dei due marocchini che, nella notte tra il 26 e il 27 aprile, hanno compiuto una concitata sequenza di rapine a persone, a colpi di coltello: tre feriti, di cui uno grave, e un ammazzato, un povero cameriere bengalese di ventidue anni. A Milano, capitale italiana della società multietnica. I due hanno ventotto e trent'anni, e sono clandestini.
Tre giorni dopo, sempre a Milano, nell'elegante quartiere di Brera, non di notte ma in pieno mezzogiorno. Una signora ottantenne è stata ferita alla testa a bottigliate da un immigrato africano della Sierra Leone, trentatré anni. Il quale, fermato dalla polizia, ha opposto fiera resistenza. E' pure lui clandestino ed ha, per giunta, precedenti per reati contro il patrimonio e danneggiamenti. Che ci faceva a piede libero? E' lo svuotacarceri, bellezza, perciò anche questa volta verrà denunciato a piede libero e rilasciato.
CITTADINANZA PER TUTTI
Sempre a Milano, poiché tremavano i vetri per le vibrazioni, mi sono affacciato e mi sono trovato davanti al corteo del Primo Maggio. Tutte bandiere rosse, molte le falci & martello, qualche bandiera rossonera anarchica, musica a tutto volume dei centri sociali. Dal tetto di un furgoncino un africano, microfono in mano, scandiva: «Salvini! Salvini!». Poi tendeva il microfono verso i manifestanti che rispondevano in coro: «Vaffanculo!». Per chi non lo sapesse, nel programma del leader leghista c'è l'espulsione dei clandestini. Un altro degli slogan scritti sugli striscioni era «Cittadinanza per tutti».
La mente corre a quel che è successo a Vicenza il 10 aprile. Un kenyano (o kenyota? vedete voi) di ventinove anni è stato sorpreso a masturbarsi dentro al duomo durante la funzione religiosa. Chiamata la polizia, il giovanotto ha sferrato due cazzotti in faccia a un agente, spaccandogli il labbro. Ha la cittadinanza italiana e precedenti dello stesso genere: atti osceni dentro a una boutique del centro. Aveva già un foglio di via, ma ovviamente se ne è impipato. Colpito da ulteriore divieto di permanenza in città, è stato rilasciato. Se ne andrà, questa volta? Chissà. Sempre il Gazzettino.it, riportato da Dagospia l'11 aprile, riferisce del caso di Marghera. Qui un trentenne tunisino aveva aggredito brutalmente un anziano colpevole di avergli negato una sigaretta. Portato in questura e denunciato a piede libero, mentre usciva ha tirato un pugno sul viso, a tradimento, a un agente. Nuova denuncia. «Concluse le formalità di rito, il giovane nordafricano è stato rilasciato».
GIOVANI MASCHI SUI TRENT'ANNI
In tutti questi episodi la costante è l'età degli interessati, tutti giovani maschi sui trent'anni, in «età militare» direbbero i sociologi, e la futilità del loro delinquere: una protesta verbale per un comportamento maleducato (la bottigliata in testa alla ottantenne), il rifiuto di una sigaretta, lo squallore dell'onanismo in pubblico. Anche l'omicidio e i ferimenti di Milano hanno un movente irrisorio: un portafogli, un cellulare. E' la clandestinità il problema? No, visto che il masturbatore di Vicenza (nella cattedrale e durante la messa) aveva la cittadinanza. Con buona pace dello jus soli.
Qualcuno ha osservato che immettere centomila giovani maschi in «età di combattimento» in una società, di botto, è semplicemente criminale. Specialmente, aggiungiamo noi, se poi sono condannati a bighellonare dalla mattina alla sera (a spese del contribuente) perché una politica di ordinato inserimento semplicemente non esiste. La quale politica, semmai, avrebbe proceduto, previamente, a un ingresso a scaglioni, se e quando ci fosse stato il fabbisogno lavorativo. Per giunta, per i reati per cui è prevista una pena inferiore a quattro anni di reclusione scatta il decreto cosiddetto svuotacarceri. E la società multietnica si trasforma in quello che è, dove si esce di casa a proprio rischio e pericolo.
Nota di BastaBugie: Souad Sbai nell'articolo sottostante dal titolo "Il terrorismo in Italia esiste. Queste sono le prove viventi" parla dei 14 arresti, 11 siriani e 3 marocchini, avvenuti in Italia e del flusso di denaro che finiva a finanziare le attività degli jihadisti in Siria e Iraq. L'ultima grande operazione contro il terrorismo in Italia dimostra l'esistenza di un'organizzazione sottovalutata per motivi politici: andava bene perché Al Nusrah combatteva Assad. Ma soprattutto dimostra che il terrorismo jihadista in Italia esiste.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 maggio 2018:
Quattordici arresti, undici siriani e tre marocchini, e un flusso di denaro che finiva a finanziare le attività degli jihadisti in Siria e Iraq che viene spezzato. Un'operazione di grande importanza, realizzata in più regioni e coordinata dalla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, condotta dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza che arriva ad individuare una rete ramificata ed efficiente che riusciva a finanziare le attività degli jihadisti in Siria e Iraq e precisamente del Fronte Al-Nusra.
Fra Lombardia e Sardegna prendeva corpo tramite due cellule distinte, con collegamenti in molti altri Paesi europei ed extraeuropei, un ''vorticoso flusso di denaro riconducibile alle movimentazioni Hawala'', hanno spiegato gli inquirenti in conferenza stampa, con un importo ''superiore ai 2 milioni di euro'' diviso fra riciclaggio di denaro e finanziamenti ai terroristi in Siria. La rete di congiunzione finanziaria era formata da un insieme di money transfer illegali, attraverso i quali veniva strutturato un canale sicuro per il riciclaggio del danaro. Che arrivava in grossa parte ai miliziani di Al-Nusra, i cui affiliati di congiunzione erano in Italia e sono stati arrestati; proprio il fronte jihadista che per anni l'Occidente ha ''sdoganato'' definendolo ''opposizione'', basta che tramite di esso si raggiungesse l'obiettivo della caduta del governo siriano. Già questo basta a capire come questo pericolo e le sue spire velenose e pericolosissime siano state sottovalutate in maniera incomprensibile, nonostante gli appelli e le denunce della vicinanza di Al-Nusra con tutte le realtà radicaliste internazionali, fra cui i Fratelli Musulmani e le frange salafite più sanguinarie, di cui molti adepti oggi fanno parte attiva in Siria e Iraq.
Ciò che rende almeno in parte l'idea della facilità con cui questi gruppi movimentano ogni tipo di bene al di fuori dei canali legali, è la quantità ingente di denaro contante che viaggiava da una parte all'altra d'Europa e fra quest'ultima e i teatri di jihad in Medioriente. E poi le connivenze, le amicizie articolate in ogni Paese e lo sfruttamento a fini economici del traffico di migranti sulla rotta balcanica; è proprio uno degli arrestati che durante le indagini a sua insaputa spiega ad un infiltrato come funzionava: una volta aperta la rotta, due dei membri dell'organizzazione si trasferirono in Ungheria per gestire il traffico di migranti: le auto venivano comperate in Italia, tramite dei contatti e si servivano di autisti stranieri ed italiani. Se uno degli autisti veniva arrestato in Austria, spiegava, faceva due mesi di galera e poi usciva.
Due gli elementi che rileva di sottolineare in questa operazione le cui maglie sono ampie e le cui ripercussioni sul fronte jihadista sono tutte da valutare nel tempo; gli arresti di Sassari ci dicono che in Sardegna, e proprio nella città in questione, la situazione va monitorata visto che nel carcere cittadino sono detenuti molti fra gli jihadisti più pericolosi del mondo. E che la loro presenza radicalizza chi sta dentro. In secondo luogo che il denaro è la fonte che va, una volta per tutte, estirpata: non è più pensabile che in Europa sia presente un sistema di invio e ricezione denaro senza controllo alcuno. Che in seguito ad arresti sulla rotta balcanica questa non venga immediatamente chiusa militarmente. Un'operazione, seppure di enorme portata come questa, non basta ancora per stoppare il jihadismo: serve prosciugare i pozzi alla radice. Niente denaro, niente jihad. E soprattutto un dato ormai incontrovertibile: il terrorismo jihadista in Italia esiste.
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