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LA FUGA IN EGITTO DELLA SACRA FAMIGLIA NON ERA EMIGRAZIONE, MA LA PRIMA PERSECUZIONE ANTICRISTIANA
Rileggendo il Vangelo (quello vero), sfatiamo gli equivoci più in voga nel nostro tempo su Gesù, Giuseppe e Maria
di Antonio Socci

Dal 2013 [...] si rilancia l'idea della Sacra Famiglia come una famiglia di migranti. Con un evidente sottinteso politico. [...]
Ad Acquaviva delle fonti, in provincia di Bari, hanno realizzato un presepio (vedi foto) dove Giuseppe e Maria sono due migranti che stanno affogando in un mare di bottiglie e Gesù bambino (di colore) sta dentro un salvagente.
Ma è fondata questa idea del "Cristo Migrante"? La risposta è semplice: no. Il Vangelo racconta una storia del tutto diversa.

LA VERA STORIA
Intanto va detto che il popolo d'Israele, duemila anni fa, soffriva la dominazione romana ed era così forte l'anelito alla libertà e all'indipendenza che immaginava il Messia come liberatore politico del suo popolo dall'oppressione dello straniero.
I Romani imposero un censimento dei loro sudditi. Così anche Giuseppe e Maria partono da Nazaret (dove abitava Maria e dove, probabilmente, viveva anche Giuseppe) verso Betlemme, non come migranti verso una terra straniera, ma, come tutti gli ebrei del tempo, per espletare le pratiche del censimento.
Siccome Giuseppe - che era il capofamiglia e quindi il "rappresentante legale" - apparteneva alla tribù di Giuda, per la precisione al casato di re Davide - dovettero andare a Betlemme che era la città d'origine della sua famiglia.
Ciò significa che andando a Betlemme non emigrarono in una terra straniera, anzi, il contrario: Giuseppe tornò nella sua patria, nella quale egli era addirittura conosciuto come uomo di stirpe regale.
Anche se la discendenza davidica, nel corso dei secoli, era decaduta e Giuseppe faceva l'artigiano (diciamo che apparteneva al ceto medio di allora), formalmente poteva essere considerato un principe nella sua terra.
Probabilmente, a Betlemme, Giuseppe aveva ancora delle proprietà, un po' di terra, perché in seguito Egesippo, al tempo di Domiziano, testimonia che i parenti di Gesù sono ancora vivi e conosciuti e hanno dei campi che lavorano personalmente e che, secondo gli storici, dovevano trovarsi proprio nell' "ager Bethlemiticus".

L'ALBERGO
Il viaggio verso Betlemme, in carovana con altri, durò qualche giorno e fu molto faticoso perché Maria era al nono mese di gravidanza e all'arrivo a Betlemme già stavano cominciando i segni del parto imminente.
Il Vangelo di Luca ci dice che "non c'era posto per loro nell'albergo" (2,7). Ma cosa significa in questo caso la parola "albergo"? E perché "per loro"?
Non si tratta degli alberghi di oggi. Siccome Betlemme era un punto di passaggio delle carovane che scendevano in Egitto, lì si trovava, da tanto tempo, un luogo di sosta per tali carovane (appunto un caravanserraglio, in ebraico "geruth", foresteria) che era stato costruito da Chamaan, forse figlio di un amico di Davide.
Giuseppe Ricciotti, nella sua "Vita di Gesù Cristo" spiega che, all'arrivo di Maria e Giuseppe, "il piccolo villagio rigurgitava di gente, che si era alloggiata un po' dappertutto a cominciare dal caravanserraglio".
Il quale era "un mediocre spazio a cielo scoperto, recinto da un muro piuttosto alto" con "un portico di riparo" e con "le bestie che erano radunate in mezzo al cortile".
In quel frastuono di gente ammassata "si questionava d'affari e si pregava Dio, si cantava e si dormiva, si mangiava e si defecava".
Perciò quando l'evangelista dice che "non c'era posto per loro", bisogna intendere - spiega Ricciotti - che per le particolari condizioni di Maria, in procinto di partorire, non era un luogo adatto. Non c'era la riservatezza che era necessaria a una giovane partoriente.
Non si sa se Giuseppe poté cercare nelle case di amici e parenti (anch'esse piene di gente) o se - vista l'assoluta urgenza - decise velocemente di riparare nella solitudine di quel ricovero per animali che forse poteva trovarsi proprio nella terra di sua proprietà.
Anche quello era ovviamente un luogo sporco, ma se non altro era solitario, tranquillo e garantiva la riservatezza.

STABILITI A BETLEMME
Dopo il parto, fatto in condizioni di emergenza, Giuseppe poté trovare subito un alloggio e infatti la famiglia di Gesù si stabilì col bambino a Betlemme, che era appunto la città di Giuseppe e di Gesù, il quale, non a caso, da adulto verrà definito dalla gente "figlio di David", discendente di Re David (come le profezie dicevano del Messia). Gesù in effetti era anche lui di stirpe regale, era un principe del suo popolo.
Proprio questo scatenò Erode. Avendo saputo, nei mesi successivi alla sua nascita, dai Magi, che era venuto alla luce un potenziale pretendente al regno d'Israele e che era nato a Betlemme, Erode (idumeo per parte di padre e arabo per parte di madre) cercò di eliminarlo.
I Magi, che arrivarono a rintracciare Gesù alcuni mesi dopo la sua nascita (quindi in una abitazione di Betlemme, non più nella grotta), avevano lasciato al bambino oro incenso e mirra.
Quell'oro fu molto importante per la Sacra Famiglia che dovette sfuggire a Erode. Perché permise loro di andare in Egitto (che era sempre sotto i Romani) e lì stabilirsi finché non fosse morto Erode.

FUGA E RITORNO A CASA
Dunque: la fuga della Sacra Famiglia non era dovuta a volontà di emigrazione, ma alla prima persecuzione anticristiana.
Quindi, se proprio vogliamo ricordarli come profughi, bisognerebbe parlare degli odierni cristiani perseguitati più che degli attuali migranti, i quali, come si sa, sono mossi perlopiù da ragioni economiche e di lavoro. Eppure nessuno parla delle vicende della Sacra Famiglia rammentando i cristiani perseguitati di oggi come invece si dovrebbe.
In secondo luogo non era in corso una migrazione di massa verso una terra straniera. Né in Egitto c'erano campi profughi sovvenzionati e pagati dalle casse pubbliche dove si poteva stare a lungo.
In Egitto Giuseppe mantenne la famiglia svolgendo il proprio lavoro per alcuni mesi. Ma già l'anno successivo seppero della morte di Erode e così la famiglia di Gesù ritornò a casa, scegliendo stavolta Nazaret, il villaggio di Maria (dove probabilmente aveva abitato anche Giuseppe).
Lì vissero stabilmente e Gesù stesso esercitò il mestiere del padre fino all'inizio della sua vita pubblica. Dunque non si vede come si possa accostare la loro vicenda agli odierni flussi migratori di massa.

ULTIMO EQUIVOCO
C'è un ultimo equivoco da chiarire. Il prologo del Vangelo di san Giovanni dice: "il mondo fu fatto per mezzo di lui,/ eppure il mondo non lo riconobbe./ Venne fra la sua gente/ ma i suoi non l'hanno accolto".
Queste parole non si riferiscono a una mancata accoglienza di un inesistente "Gesù Migrante", ma alla mancata accoglienza del suo annuncio. Infatti Gesù morì crocifisso. Si riferisce cioè alla fede cristiana.
Gesù non venne nel mondo per sponsorizzare la caotica politica migratoria oggi auspicata dai globalisti, ma venne per annunciare che Dio si è fatto uomo ed è presente in mezzo a noi per sconfiggere il male e la morte.

Nota di BastaBugie: Massimo Viglione nell'articolo seguente dal titolo "Pensierino liberatorio per Natale" chiarisce una volta per tutte alcune questioni sulla Sacra Famiglia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Confederazione Triarii il novembre dicembre 2018:
Allora, chiariamo una volta per tutte:
1) Giuseppe e Maria e dovettero fuggire dalla loro patria per salvare Gesù appena nato, in quanto era già ricercato per essere ucciso: infatti, avvenne la strage degli innocenti;
2) Giuseppe partì solo perché così gli fu ordinato da un angelo;
3) Partirono loro tre, nel perfetto silenzio, da soli, perché realmente necessitati da motivazione suprema;
4) non chiesero aiuto a nessuno: non vi furono organizzazioni internazionali a portarli, non vi erano leggi o Stati dalla loro parte;
5) pertanto, non invasero nessuno, essendo in tre, nel silenzio, in umiltà, non rivendicando nulla, ma solo obbedendo;
6) Nessuno si arricchì per la loro fuga: né ong, né ONU, né parrocchie e Chiesa, né sindaci, né pariti, né movimenti, né mafia o criminalità organizzata;
7) Per Giuseppe e Maria questa fu una durissima prova, che vissero con perfetta abnegazione e obbedienza, ma in certissima sofferenza personale e familiare; se fosse dipeso da loro, mai e poi mai avrebbero lasciato casa e patria;
8) Infatti, non appena un angelo comunicò a Giuseppe la morte di Erode, e quindi la possibilità di tornare in patria, immediatamente tornarono in patria, nel silenzio così come erano venuti: per loro era la più grande gioia, poter tornare a casa;
9) Nel periodo che vissero in Egitto, lo fecero nel silenzio e nell'umiltà, vivendo del loro lavoro, non imponendo nulla a nessuno ma facendosi amare dalle persone straniere;
10) tornati a casa, vissero in preghiera, lavoro, silenzio e umiltà. E, ovviamente, nella carità. Se oggi sappiamo questa storia, è solo perché così ha voluto Colui che ha ispirato i Vangeli, al fine dell'insegnamento della pazienza, della sopportazione umile e silenziosa delle sofferenze personali, della valorizzazione del significato della croce. E per conforto a tutti coloro che realmente, senza colpa, sono costretti all'esilio.
Vi fu la "fuga in Egitto", non i "profughi in Egitto".
Se veramente si vuole aiutare chi è in difficoltà, basta fare come la Chiesa ha sempre fatto nei 19 secoli precedenti: donare aiuto e soccorso, portando sia Cristo e la Chiesa sia i beni materiali, senza pretendere, senza vantare, senza rivendicare, senza essere schiavi del mondo e delle sue ideologie sovversive, senza provocare invasioni delle nostre terre, senza arricchirsi, senza odiare gli europei. Chiunque strumentalizza il Vangelo per i suoi scopi, è indegno mentitore e servo delle forze nemiche della Cristianità e degli europei, italiani, in primis.


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Titolo originale: Il Cristo Migrante
Fonte: Libero, 10/12/2018