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La reazione scomposta di Giuliano Ferrara in seguito alla decisione di Silvio Berlusconi di mettere Gianfranco Fini di fronte alle conseguenze delle proprie innumerevoli prese di posizione contro la politica del PdL e del suo leader, reazione concretatasi in una irata intervista concessa al “Corriere della Sera” del 30 luglio c.a., dove accusa il Presidente del Consiglio di aver cacciato una persona che voleva “continuare lealmente a collaborare nello stesso partito” (e qui ricordiamo che da mesi autorevoli finiani sostenevano che la frattura fra Fini e Berlusconi era insanabile, mentre il Ferrara se la prendeva principalmente con Berlusconi: “Tutto sommato direi che il Cav. dovrebbe preoccuparsi, per una volta, della sua lealtà verso gli altri”).
Nella stessa intervista l’”elefantino” afferma che l’immagine del Premier “è brutta”, ed è “di forte faziosità”.
Ferrara si domanda inoltre: “L’anomalia Berlusconi ha prodotto delle cose importanti, ma ha ancora delle cose da dire al Paese?” e si risponde: ”L’anomalia berlusconiana oggi produce più che altro instabilità”.
Successivamente, pur avendo ripreso toni più diplomatici, non rinuncia ad attribuire ad un “Silvio Berlusconi, sempre più curioso nei suoi comportamenti” una “ricezione follemente provocatoria del suo ruolo”.
Come mai la rottura fra i due cofondatori del PdL ha tanto scosso il Ferrara?
La risposta è nel fatto che egli ha dovuto constatare l’ennesimo fallimento della linea adottata in Italia dalla Sinistra fin dai tempi di Gramsci e Togliatti, ossia di “modernizzare” l’opinione pubblica italiana tramite l’ausilio di partiti che si presentano con una facciata di CentroDestra ma che di fatto dovrebbero veicolare l’Italia Cattolica, quella stessa che rifiutò la Riforma luterana e calvinista, quella stessa che oppose alla Rivoluzione francese i moti delle Pasque veronesi, dei Viva Maria, dei Sanfedisti e via dicendo, verso il rifiuto della quasi bimillenaria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
Lungi dall’affidarsi esclusivamente alle capacità del Partito Comunista di egemonizzare e dirigere i corpi sociali italiani, un celebre editoriale della rivista “L’Ordine nuovo”, che gli studiosi tendono ad attribuire al Togliatti piuttosto che al direttore Gramsci, esprime chiaramente il calcolo che sia il Partito Popolare di Don Sturzo a dissolvere le resistenze cristiane, “modernizzando” infine l’Italia.
Ricordiamo che l’ala più “moderna” del capitalismo italiano, ossia la FIAT di Agnelli, chiese al Gramsci di tenere dei corsi alle proprie maestranze.
Tale linea Togliatti la seguì, con l’appoggio del PCUS di Mosca, fino alla sua morte.
Essa fu ribadita dall’analisi che Enrico Berlinguer fece del fallimento della politica di Salvador Allende in Cile, nel 1973.
Tuttavia, malgrado le “conquiste” nichiliste dell’introduzione del divorzio e dell’aborto, la Democrazia Cristiana in mezzo secolo di governo si dimostrò incapace di portare al suicidio la Cattolicità italiana.
La Sinistra volle quindi provare l’esperimento di dare al Partito Socialista, che negli anni di governo del CentroSinistra aveva voluto sottolineare il suo distacco dal PCI, una capacità di conquistare il consenso degli Italiani di Destra.
Il segretario socialista Bettino Craxi varò quindi il cd. “socialismo tricolore”, e lasciò circolare nell’opinione pubblica voci che lo volevano “figlio segreto” del Duce Benito Mussolini.
Il fallimento anche di questo tentativo coincise con la fine della cd. I Repubblica.
Gli stessi ambienti intellettuali che avevano sostenuto il tentativo craxiano convinsero allora un brillante imprenditore di quell’entourage a formare dal nulla un nuovo movimento, denominato dopo accorti sondaggi “Forza Italia”, destinato a conquistare il consenso dell’Italia Cattolica per poi, finalmente, modernizzarla.
Il caso, o la Provvidenza, volle però che questo imprenditore avesse non solo una grande capacità comunicativa, ma anche una capacità di entrare in sintonia con le aspettative del suo popolo oggettivamente superiore alla media dei nostri contemporanei, e per di più, reso edotto dalla fine che l’establishment aveva riservato al Craxi, fosse deciso a seguire assai più i desideri del Popolo Sovrano piuttosto che quelli degli ingrati Poteri Forti.
Nasce così l’anomalia Berlusconi, come viene spregiativamente chiamata da quegli intellettuali che trovano assurdo che il rappresentante di un Popolo Sovrano segua le sue indicazioni invece di quelle di un’oligarchia che ha dichiarato guerra alla umana natura ed al suo Creatore.
Alla Forza Italia del 1994, movimento che nacque anche con l’appoggio ed i consigli di Marco Pannella, si è sostituita quindi la realtà politica che oggi si qualifica come quella parte degli Italiani, tutt’ora la maggioranza, che sono sostenitori di Silvio Berlusconi e basta.
Molti degli intellettuali che accompagnavano Berlusconi all’inizio della sua avventura politica si sono quindi scoraggiati; altri invece non demordono, come appunto il nostro Giuliano Ferrara.
Giuliano Ferrara, che dal Partito Comunista passò a sostenere il tentativo craxiano e poi la prima Forza Italia, più volte amaramente deluso, ora ha come solo fine la “riduzione del danno”, ossia cercare di limitare quanto più riesce la libertà d’azione di Berlusconi, sempre con l’aria di consigliarlo per il meglio.
Solo per rimanere a questo ultimo anno, ricordiamo come il Ferrara tentò di convincere il leader del PdL a non tenere, alla fine della campagna per le elezioni regionali, la grande manifestazione del 20 marzo u.s. in Piazza San Giovanni a Roma.
L’intuizione del Cavaliere di organizzare in appena una settimana un evento che risollevasse l’elettorato del PdL dallo sconcerto provocato dal pasticcio della presentazione delle liste elettorali, fu definita sulla prima pagina del quotidiano diretto dal Ferrara “una tremenda cazzata”, e successivamente un articolo apparso sullo stesso quotidiano, oltreché deridere l’organizzazione dell’evento per pretesi trucchi miranti a mimetizzare un possibile fiasco: “Pure a mettere il palco a metà dello sterrato, pure a fare ombra con migliaia di grandi bandiere”, concludeva presagendo il fallimento: “Ma certo, dà un’angoscia, piazza San Giovanni...’Piazza Grande’, per dirla con Lucio Dalla. Troppo grande. Un San Giovanni Moderato, speriamo non decollato”.
Ovviamente l’intuizione del Cavaliere fu coronata da un inaspettato successo sia di folla che di risultato elettorale.
Fini era diventato così un elemento indispensabile secondo Ferrara per allontanare Berlusconi dal popolo italiano: “Ma lui ha cercato e cerca di battersi per un partito meno legato al puro gesto populista del capo. Io credo che su questo abbia ragione lui (…) Berlusconi è uno che nei suoi momenti migliori ha tenuto dentro anche Pannella! (…) a Berlusconi torna utile avere dentro Fini, sennò diventa il reuccio populista”.
In effetti le intenzioni programmatiche manifestate dall’ambiente finiano hanno suscitato l’approvazione di un “grande vecchio” del Comunismo italiano come Alberto Asor Rosa: “I think tank della Fondazione Fare Futuro ci avevano promesso (…) una destra liberale moderna, aperta persino alle acquisizioni storiche ideali e al costume di una certa sinistra – la tolleranza, una legalità umanitaria, i diritti dell’uomo e dell’ambiente”, come anche dell’autorevole editorialista de “La Stampa” Barbara Spinelli, esponente della Sinistra di establishment, la quale esalta “la cultura della legalità che il Presidente della Camera andava difendendo con forza (…) La sinistra non ha avuto né il coraggio né l’anticonformismo del Presidente della Camera”.
Il deputato pidiellino di estrazione radicale Benedetto Della Vedova spiega infatti così la sua decisione di schierarsi con Fini: “E’ l’unico che ha capito che va rilanciato il connotato moderato, liberale ed europeo del PdL. Invece demonizziamo la Ru486, facciamo campagne confessionali e sull’immigrazione stiamo con Le Pen”.
Ma la frustrazione per i continui fallimenti del progetto togliattiano non hanno impedito a Giuliano Ferrara di spingersi anche più in là e di corteggiare la Destra Cattolica, presentando alle elezioni velleitarie liste "antiaborto" (che non ne chiedevano l’abolizione) e pubblicando articoli di suoi esponenti costretti a vedere i loro meritori scritti apparire al fianco, ad esempio, ad una intera pagina dedicata alla parlamentare del Partito Democratico Anna Paola Concia, nota omosessualista, la quale viene appunto esaltata per il suo fascino sessuale.
La visione che l’elefantino ha della sessualità tende infatti a contraddire l’asserzione che “Il Foglio quotidiano” abbia “un impianto filosofico integralmente ratzingeriano”.
Quando SS. Papa Benedetto XVI ha colto l’occasione del pur fazioso e malamente motivato attacco al Vaticano con il pretesto della pedofilia clericale per imporre agli uomini di Chiesa una più decisa difesa della Castità, il “ratzingeriano” quotidiano non si è schierato con il Romano Pontefice ma ha anzi deprecato “la resa senza condizioni alla ossessiva campagna secolarista sulla pedofilia del clero”.
Giuliano Ferrara d'altronde, già da tempo ha cercato di problematizzare la questione, pubblicando diversi articoli pro e contro quello che è stato definito, bestializzando la natura umana, l’educazione sessuale dei cuccioli d’uomo.
Presagiamo ulteriori fallimenti per il pur astuto calcolo togliattiano.
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