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« Torna agli articoli di Costanza Miriano
Quindi alla fine la diocesi di Torino è andata avanti, e dopo avere rimandato ha infine tenuto davvero il corso per "insegnare la fedeltà alle persone dello stesso sesso".
Il Catechismo della Chiesa Cattolica però continua ad annunciare che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati, quindi non vedo come una diocesi della Chiesa Cattolica possa permettere che si insegni la fedeltà a un disordine. Come si può insegnare a rimanere in qualcosa che ferisce l'uomo nella sua più profonda identità, come si può aiutare qualcuno a rimanere nel peccato, che vuol dire "sbagliare mira"? E' come se una mamma che vede suo figlio che si fa del male lo aiutasse a rimanerci sempre più dentro.
E' legittimo (e anche molto comune) pensarla diversamente, ma non è legittimo insegnare diversamente a nome della Chiesa Cattolica, perché la Chiesa ha duemila anni di storia, si fonda sul sangue dei martiri, consegna un sapere che non è di nessuno se non di Cristo, e nessuno lo può modificare a suo piacimento.
Si può sempre fondare un'altra chiesa, ma non si può fare quello che si vuole della nostra.
Ovviamente l'obiezione più comune, che alcuni fanno persino in buona fede (non chi dovrebbe conoscere la nostra fede, come per esempio padre Martin e molti altri), è che la Chiesa come madre deve amare tutti i suoi figli, inclusi quelli che hanno attrazione verso lo stesso sesso. Ma la Chiesa, proprio perché ama, vuole che ogni uomo realizzi il disegno di Dio, perché sa che solo così potrà essere pienamente felice.
COSA DICE LA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Ecco cosa tuttora insegna la Chiesa, nonostante i tentativi di cambiare la dottrina attraverso la pastorale: "Il cap. 3 della Genesi mostra come questa verità sulla persona umana quale immagine di Dio sia stata oscurata dal peccato originale. Ne segue inevitabilmente una perdita della consapevolezza del carattere di alleanza, proprio dell'unione che le persone umane avevano con Dio e fra di loro. Benché il corpo umano conservi ancora il suo « significato sponsale », ora questo è oscurato dal peccato. Così il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma (cf. Gen 19, 1-11). Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali. In Levitico 18, 22 e 20, 13, quando vengono indicate le condizioni necessarie per appartenere al popolo eletto, l'Autore esclude dal popolo di Dio coloro che hanno un comportamento omosessuale. Sullo sfondo di questa legislazione teocratica, San Paolo sviluppa una prospettiva escatologica, all'interno della quale egli ripropone la stessa dottrina, elencando tra coloro che non entreranno nel regno di Dio anche chi agisce da omosessuale (cf. 1 Cor 6, 9)"
INSEGNARE AD ESSERE FEDELI A QUALCOSA CHE PORTA ALLA DANNAZIONE
Dunque un sacerdote della Chiesa cattolica non può fare, in un convento, a nome dell'autorità di cui è rappresentante, un corso per insegnare a essere fedeli a qualcosa che non permette di entrare nel regno dei cieli secondo la stessa Chiesa che gli dà l'autorità di parlare.
Se invece diciamo che ci può essere una gradualità nell'avvicinarsi al compimento del disegno di Dio su di noi, questo è sicuramente vero, e lo è per tutti noi che combattiamo contro peccati sicuramente gravi, alcuni più, alcuni meno di quelli, ma non importa. [...]
Quello che è drammatico è invece il fatto che sia proprio la Diocesi stessa a proporre un cammino, in modo ufficiale. Nella migliore e più benevola delle ipotesi si tratta di un grave errore pastorale che produce confusione. Nella peggiore invece si tratta di un tentativo di cambiare la dottrina, svuotandola dal di dentro, proponendo quella omosessuale come una delle varianti della sessualità umana, cosa che Sua Eccellenza Monsignor Cesare Nosiglia dovrebbe sconfessare pubblicamente.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "La diocesi benedice i Cattogay: purché siate fedeli" spiega come la spinta omoeretica che lavora nelle diocesi, dopo il tentativo stoppato l'anno scorso, stavolta sia riuscita ad organizzare, prima nel nascondimento poi pubblicizzandolo a cose fatte, il ritiro pasquale per riflettere con i gay cattolici sulla fedeltà. Addio castità: basta avere un solo partner. Della serie: fatelo come volete, ma non traditevi.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 30 aprile 2019:
Il titolo dice già tutto: "Gay in convento a studiare la fedeltà". Alla fine ce l'hanno fatta. Complice lo stile "carbonaro" scelto: un incontro di nascosto, senza clamori e senza gli annunci trionfali sui giornali. L'anno scorso, di questi tempi era stato proprio l'emergere di questo ritiro spirituale per la fedeltà delle persone omosessuali a scatenare un putiferio e a costringere il vescovo di Torino ad annullarlo. Il promotore, don Gianluca Carrega, delegato per la pastorale della cultura e - tra le varie deleghe - responsabile della pastorale per gli omosessuali, dovette incassare lo stop.
Eppure quell'incontro nasceva dalla necessità - si diceva allora - di colmare una lacuna della legge Cirinnà sulle Unioni civili: il riconoscimento della fedeltà dei due contraenti. Come se adesso la dottrina cattolica debba rincorrere le istanze delle leggi civili. E pazienza se è proprio la fedeltà ad essere assente nel rapporto tra persone attratte dall'altro sesso. Ma la sfida era di quelle potenzialmente dirompenti: la Chiesa proibisce gli atti omosessuali? Ma se fossero fatti fedelmente? Con questo stratagemma don Carrega ci ha riprovato l'anno successivo. Riuscendoci.
Dal resoconto che ne ha fatto il quotidiano di Torino La Stampa a "giochi fatti" sembra proprio che stavolta abbiano trovato una chiave per far digerire il tutto. Anzitutto muovendosi di nascosto e poi perché è noto che gli arieti, dopo il secondo tentativo incontrano un ostacolo sicuramente più fiacco.
Ecco il punto di rottura con l'omoeresia di fondo che si cela dietro questo ennesimo tentativo di picconare la dottrina morale della Chiesa. Secondo l'articolo che ha citato frasi di un attivista gay, Massimo Battaglio e di Padre Piva dalle colonne di Avvenire "l'esperienza dell'amore fedele di Dio è un modo per mettere ordine nelle relazioni disordinate omosessuali o eterosessuali che siano". Come a dire: non è l'omosessualità ad essere disordinata, ma l'assenza di fedeltà nelle relazioni. E riguarda anche le cosiddette famiglie normali. Basta mettere la fedeltà e otterrai l'ordine. Lo suggeriva lo stesso quotidiano dei vescovi un anno fa a conclusione della vicenda. È uno scimmiottare l'amore cristiano, che non può non essere che perverso.
Eppure, stavolta l'iniziativa ha avuto il via libera del vescovo Nosiglia, del quale non si sa se abbia benedetto la cosa, ma è evidente che se don Carrega è ancora al suo posto, vorrà dire che andrà bene nel suo incarico e nel modo in cui propone la pastorale per le persone con attrazione per persone dello stesso sesso: dunque, niente castità, niente amicizia disinteressata. La parola d'ordine adesso è fedeltà: fedeltà a Dio e fedeltà tra i partner. Della serie: "Fatelo, ma non traditevi".
A supporto di questa omoeresia istituzionalizzata dalla Chiesa sotto la Mole, c'è il solito sistema dell'appropriarsi della Bibbia facendo dire alla Bibbia ciò che non ha mai detto. L'archetipo a cui ci si aggrappa è l'amicizia tra Davide e Gionata. Ma era un'amicizia e basta, dato che nel racconto biblico non si mette in discussione la legge naturale universale.
Ovviamente nessuno si è chiesto come sia possibile che la Chiesa possa insegnare e caldeggiare la fedeltà a quello che il Catechismo chiama ancora un disordine morale oggettivo, l'omosessualità, e la sua pratica erotica, una perversione della natura e un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio.
Di questo passo - ha commentato qualche arguto opinionista spiegheremo "agli adulteri come cornificare le mogli o i mariti secondo il Vangelo?" E faremo "esercizi Spirituali per insegnare ai ladri a rubare con pietà cristiana?".
La domanda è di quelle provocatorie, ma, razionalmente parlando, non fa una piega. [...]
La sconfortante immagine che ci lascia la Chiesa di Torino è quella di una madre che, mentre vede il figlio farsi del male, lo aiuta a restare in quel dolore con la falsa consolazione di una vicinanza che asseconda quell'errore.
Di questo passo è legittimo per ogni genitore chiedersi se affiderebbe a sacerdoti che calpestano la morale in questo modo l'educazione dei propri figli. E anche domandarsi per quale motivo i vescovi, quasi fossero ricattati per il loro passato, cedano così insistentemente alle pressioni di una lobby gay che ha mostrato molto bene di quali e quante armi può disporre. A cominciare dalla dissimulazione e dall'inganno.
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