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La pena di morte continua ad essere applicata nel paese del Sol Levante. In Giappone due uomini sono stati giustiziati, nelle cosiddette "camere segrete della morte" nei giorni scorsi.
Koichi Shoji, di 64 anni, e Yasunori Suzuki, di 50 anni, sono stati impiccati in due centri di detenzione separati a Tokyo e Fukuoka. Entrambi erano stati condannati per vari reati, particolarmente gravi.
Queste due esecuzioni sono le prime nel paese asiatico in questo 2019. Il totale dei giustiziati sotto l'amministrazione del primo ministro Shinzo Abe, dal 2012 ad oggi, sale così a 38 criminali. Altre 110 persone rimangono nel braccio della morte.
LE ESECUZIONI IN GIAPPONE SONO PROTETTE DAL SEGRETO
Generalmente i prigionieri ricevono un preavviso di poche ore, mentre ad alcuni non viene dato nemmeno un avvertimento. Le famiglie dei condannati sono di solito informate dell'esecuzione solo dopo che è avvenuta.
Come informa il Japan Times, Shoji è stato condannato per aver violentato e ucciso la cinquantaquattrenne Hiroko Hayashi, e ucciso la quarantaduenne Fumiko Osawa, quando l'uomo, nel 2001, viveva nella prefettura di Kanagawa. Suzuki è stato dichiarato colpevole per dei gravi reati avvenuti tra il dicembre del 2004 e il mese di gennaio del 2005. Si tratta dello stupro e dell'omicidio della diciottenne Nana Kubota, dell'uccisione di Toshiko Onaka (62 anni) e del tentativo di stupro ed omicidio della ventitreenne Keiko Fukushima.
"L'aggressione sessuale, incluso lo stupro, è di per sé un crimine imperdonabile", ha detto il ministro della giustizia Takashi Yamashita, durante una conferenza stampa dopo le esecuzioni. "Questi casi sono stati particolarmente strazianti, poiché oltre agli stupri hanno preso la vita delle vittime quando non avevano fatto nulla, per meri motivi egoistici". La decisione, ha confermato il ministro, è stata presa "a seguito di un'accurata deliberazione che ha valutato anche eventuali motivi per sospendere l'esecuzione".
L'anno scorso il Giappone ha giustiziato tutti i 13 membri del gruppo esoterico che aveva effettuato un attacco di gas sarin alla metropolitana di Tokyo nel 1995, sotto la guida di Shoko Asahara, leader della setta religiosa Aum Shinrikyo.
LA MAGGIORANZA DEI GIAPPONESI È FAVOREVOLE ALLA PENA DI MORTE
"Queste esecuzioni dimostrano lo scioccante disprezzo del governo giapponese per la vita umana", ha affermato Roseann Rife, direttore della ricerca in Asia orientale presso Amnesty International. Mentre il Giappone si prepara ad ospitare, il prossimo aprile, il 14° congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione della criminalità e la giustizia penale, che dovrebbe affrontare il ricorso alla pena di morte a livello globale, secondo la Rife "è giunto il momento che il sistema di giustizia penale giapponese venga rivisto per conformarsi pienamente al diritto e agli standard internazionali sui diritti umani, stabilendo una moratoria immediata su tutte le esecuzioni previste".
L'Ordine degli Avvocati giapponese ha da tempo chiesto di abolire la pena di morte ed ha fissato una scadenza per il 2020. Nel dicembre dello scorso anno, i gruppi parlamentari hanno discusso del futuro della pena di morte nel paese, proponendo di sostituirlo con l'ergastolo. Tuttavia nel paese del Sol Levante, la pena di morte sembra sia sostenuta dalla maggior parte dei giapponesi.
Un sondaggio condotto dal governo nel 2014 ha rilevato che l'80% degli 1.826 intervistati riteneva che vi fossero ragioni convincenti per mantenere la pena di morte, mentre il 10% riteneva che la pena di morte dovesse essere abolita. Alla domanda se la pena di morte debba continuare anche se il Giappone dovesse introdurre l'ergastolo nel sistema giudiziario penale, il 38 percento aveva risposto che la pena capitale dovrebbe essere abolita e il 52 percento aveva affermato che dovrebbe continuare.
DOSSIER "PENA DI MORTE"
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