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Gentile redazione di BastaBugie,
vi seguo da tempo e stimo molto la vostra aderenza alla dottrina e al magistero cattolico. In questi giorni sono rimasta scandalizzata per quanto ho letto sul blog di Costanza Miriano, che fino a ora mi piaceva leggere per l'acutezza e l'originalità del suo pensiero.
La Miriano ha pubblicato il 5 agosto, in difesa dei docenti epurati dall'Istituto Giovanni Paolo II, un articolo in cui distingue tra dottrina e pastorale. Nel tentativo di difendere la dottrina (e i professori ingiustamente epurati) dagli attacchi in corso, finisce a mio avviso con infliggerle un colpo mortale, quando dice che è attraverso la pastorale che un vescovo può concedere la comunione a una persona divorziata e risposata. Secondo tale ragionamento, si tratterebbe di aperture concesse e anzi doverose da parte della pastorale, che lascerebbero intatta la dottrina. Insomma un po' la filosofia sottesa alla Amoris Laetitia che pure la Miriano dice di voler interpretare alla luce del magistero precedente.
Riguardo al suddetto articolo dal titolo "L'eredità di Giovanni Paolo II" ecco i brani più significativi: "Vorrei fare una piccola riflessione che penso possa servire a me e a qualche piccolo nella fede, che è rimasto scandalizzato dalla ricostruzione dei fatti uscita su Avvenire, che ha svelato la vera posta in gioco, cioè Amoris Laetitia, e i professori allontanati perché non ne hanno sottolineato abbastanza la rottura col Magistero della Chiesa, e hanno invece cercato di sottolineare gli elementi di continuità. [...] La Chiesa non potrà mai cambiare idea su cosa è il vero bene dell'uomo, perché fondata sulla Parola di Dio e sul Magistero. La pastorale invece non solo può cambiare, ma anzi deve necessariamente cambiare, tante volte quante sono le anime che cercano Dio, cambiare nel tempo, nei modi, cambiare con pazienza, studiare nuove strade. Essere elastica, morbida, creativa. [...] Conosco un vescovo rigorosissimo che già prima di Amoris Laetitia ammetteva alla comunione una persona divorziata e risposata, che aveva una storia molto particolare".
Quando ho letto queste parole scritte da Costanza Miriano ho sobbalzato sulla sedia e con me, evidentemente, devono averlo fatto in molti visto che nell'articolo successivo la Miriano stessa ammette: "Siccome alcune persone si sono scandalizzate di quello che ho scritto ieri, in merito a un vescovo che ha autorizzato una persona con una storia molto particolare a fare la comunione, pur essendo divorziata e risposata, vorrei tornarci sopra".
All'inizio pensavo volesse precisare che nell'articolo precedente non voleva in alcun modo abbracciare il principio dell'Amoris laetitia che "caso per caso" si può valutare di poter dare la comunione anche ai divorziati risposati (che poi è solo la crepa nella diga per poi farla crollare e consentire poi a tutti di comportarsi come gli va). Magari poteva spiegare che in quel caso quella coppia si era pentita ma, non potendo lasciarsi per il bene dei figli nati nel frattempo, aveva promesso di vivere senza rapporti sessuali fra loro e per non dare scandalo la comunione l'avrebbero ricevuta in altra parrocchia dove non erano conosciuti. Questo caso particolare era peraltro già previsto sotto il pontificato di san Giovanni Paolo II.
Invece con mia somma sorpresa avviene esattamente il contrario: non solo la Miriano non arretra di un millimetro, ma anzi rilancia ripubblicando un articolo che conferma in pieno la "letizia dell'amore" pur andando contro i principi della morale cattolica, ribaditi da quel san Giovanni Paolo II nell'enciclica Veritatis Splendor del 1993 dove si ribadisce che esistono dei "mali intrinseci" che per nessun motivo e in nessun caso possono essere leciti. Tra questi l'aborto, la contraccezione e la mutilazione volontaria (ad esempio la legatura delle tube e la vasectomia).
Costanza Miriano nell'articolo che avrebbe dovuto, a mio parere, correggere il tiro rispetto al vescovo (da lei definito "rigorosissimo") che dava la comunione ai divorziati risposati, rilancia scrivendo esattamente così: "vorrei tornarci sopra, ripubblicando un meraviglioso intervento che scrisse per noi Flora Gualdani, in risposta a delle sconcertanti affermazioni del professor Chiodi sulla contraccezione. Se non sapete chi sia Flora cercate notizie su di lei, per me è una vera santa, ha più santità lei in un'unghia di quella che riuscirei a raggiungere io in una vita. È una donna rigorosa e dolcissima, semplice e intelligentissima, intraprendente ma totalmente consegnata al Signore".
Certamente da una "vera santa" come la definisce la Miriano ci si aspetterebbe l'adesione alla morale cristiana di sempre, quella immutabile secondo la Legge Naturale stabilita eternamente dal Creatore... e invece nulla di tutto questo, ma il sovvertimento della legge morale ribadita autorevolmente, tra gli altri, da san Giovanni Paolo II e da san Paolo VI.
Ecco come inizia l'articolo di Flora Gualdani: "Sul campo della procreazione responsabile penso di aver qualcosa da dire alla mia amata Chiesa cattolica, poiché è uno degli argomenti su cui ho consumato tutta la mia vita. Intervengo come persona preparata ma pure come battezzata. L'ambulatorio ostetrico è una specie di confessionale più frequentato di quello dei sacerdoti".
La "vera santa" (secondo la Miriano) evidentemente non accetta pareri da sacerdoti o vescovi perché lei si ritiene al di sopra grazie al suo mestiere di ostetrica tanto da poter insegnare alla Chiesa, facendola retrocedere a semplice scolaretta, anziché "Madre e Maestra" quale è.
L'articolo della Gualdani procede così: "In cinquant'anni di esperienza, di fronte alle migliaia di donne che ho seguito, si contano nelle dita di una sola mano i casi in cui sono giunta a consigliare un male minore. In quei 4-5 casi c'è la donna partoriente che entrò in sala operatoria e poco dopo scoprimmo che il suo utero era come il velo di una cipolla. Già era un mezzo miracolo che fosse arrivata viva fino a quel punto. Conoscevo la sua storia e mi presi la responsabilità di dire ai medici di chiuderle le tube. Farla uscire dalla sala operatoria con le tube pervie sarebbe stato un comportamento irresponsabile. Nella Bibbia c'è scritto che l'uomo non deve sfidare Dio".
La teoria del "male minore" è stata riprovata anche da san Paolo VI quando affermava che "non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene". Chiudere le tube è intrinsecamente un male e quindi non è mai lecito farlo, nemmeno per "ragioni gravissime". Mi chiedo con che autorità la Gualdani dica "mi presi la responsabilità di dire ai medici di chiuderle le tube". Si prende la responsabilità di fronte a chi? Alla Chiesa? A Dio? E perché si ritiene superiore alla Chiesa e in definitiva a Dio? La legatura delle tube è una mutilazione volontaria e come tale non è mai lecita secondo la morale cattolica (e naturale) ribadita esplicitamente anche dalla Veritatis Splendor di san Giovanni Paolo II.
La ciliegina sulla torta è la citazione della Bibbia. Come tutti gli eretici a partire da Lutero per arrivare fino a Pannella, la Bibbia viene citata a sproposito per giustificare il proprio comportamento contro la Tradizione della Chiesa che evidentemente si vuole contestare.
Ma andiamo avanti. La Gualdani continua scrivendo: "Oppure il caso di una gravissima malattia in cui gli interventi chirurgici e la pesante terapia oncologica cui era sottoposta la sposa non avrebbero consentito a quella coppia di usare in tranquillità i metodi naturali. L'alternativa (angelica) era la completa astinenza, contraria alla natura del matrimonio perché avrebbe amputato ai coniugi la dimensione unitiva del loro amore incarnato, caricandoli nel loro calvario di un'ennesima croce, disumana".
Innanzitutto per salvare la dimensione unitiva si priva volontariamente la dimensione procreativa (nemmeno citata nell'articolo in questione) come se il fine giustificasse i mezzi. Inoltre si irride come "angelica", cioè disincarnata, la soluzione della completa astinenza per gravi motivi di salute. L'astinenza in questi casi è la soluzione più sicura, ma la Gualdani invece va oltre affermando che la completa astinenza è, secondo lei, "contraria alla natura del matrimonio". Contraria alla natura del matrimonio? Qui si arriva perfino a offendere la Santa Famiglia e tutti gli altri matrimoni giuseppini, che sebbene come eccezione, non sono certo "contrari alla natura del matrimonio". O forse vogliamo insegnare a Giuseppe e Maria cos'è un matrimonio? L'indicazione dell'astinenza in casi eccezionali, vuol dire caricare di una "croce disumana" i poveretti che già sono provati dalla sofferenza? Non è invece l'astinenza in questi casi l'unica risposta veramente umana per evitare ulteriori sofferenze a una coppia già provata?
L'articolo della Gualdani si conclude poi nel peggiore dei modi: "nel discernimento di quella drammatica situazione, consigliai loro l'uso del condom per avere rapporti sessuali senza paura, ma con l'invito a mantenere la disciplina della continenza (cioè della castità), suggerendogli di viverla comunque mensilmente in alcuni giorni".
A parte la contraddizione di arrivare a suggerire l'astinenza (secondo la ricetta della dottoressa e cioè "mensilmente in alcuni giorni") dopo averla denigrata poco prima, appare in tutta la sua anti-scientificità la falsa teoria che "l'uso del preservativo" sia da consigliare per "avere rapporti sessuali senza paura". È evidente che il profilattico, anche solo scientificamente parlando, non dà nessuna sicurezza, ma anzi è assolutamente fallibile (oltre che condannato dalla Humanae Vitae di san Paolo VI).
Personalmente non leggerò più il blog di Costanza Miriano perché potevo tollerare il primo articolo pensando che fosse stato un errore di distrazione, ma il perseverare nell'errore, nonostante in molti glielo avessero fatto notare, indica come minimo la mala fede.
Spero che non pubblicherete più articoli della Mirano sul vostro sito. E tantomeno quelli della "vera santa" e "totalmente consegnata al Signore" (secondo la Miriano) Flora Gualdani.
Denise
Cara Denise,
grazie per l'affetto con cui ci segui.
Comprendiamo il tuo stato d'animo per le cose che hai così dettagliatamente riportato. In effetti pare strano che tali articoli siano comparsi su un sito che finora non aveva mai mostrato cedimenti dottrinali, ma anzi portava avanti la sana battaglia in difesa della fede grazie al successo editoriale di "Sposati e sii sottomessa" e seguenti, che in maniera simpatica e linguaggio moderno riproponeva riguardo al matrimonio la dottrina di sempre della Chiesa.
Conosciamo Costanza Miriano e la stimiamo come persona corretta, generosa e sincera. Non conosciamo invece l'ostetrica Flora Gualdani e sinceramente non ci sentiamo di sottoscrivere nulla del suo articolo.
Il processo logico di passare dalla prassi per giustificare con il nome di pastorale un comportamento contrario alla dottrina non ci pare un percorso corretto.
Non è illuminante l'esempio di un vescovo che fa accedere all'eucarestia una persona divorziata e risposata non pentita del proprio peccato e che continua a vivere in tale stato. Non si tratta di comprendere una storia personale complicata (quale non lo è?), ma è la Parola del Signore che ci dà la regola: "Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor 11,27-29).
E' alla luce del Magistero millenario della Chiesa che la Congregazione per la Dottrina della Fede del Card. Ratzinger nel 1994 scriveva la "Lettera circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati". In questa lettera al n° 4 si affermava chiaramente: "Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1650; cf. anche n. 1640 e Concilio Tridentino, sess. XXIV). Questa norma non ha affatto un carattere punitivo o comunque discriminatorio verso i divorziati risposati, ma esprime piuttosto una situazione oggettiva che rende di per sé impossibile l'accesso alla Comunione eucaristica: «Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dalI'Eucaristia» (Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84)".
La giustificazione per mostrare la misericordia già in atto nell'applicazione del magistero dovrebbe essere l'operato di una ostetrica santificata sul campo dal racconto di Costanza?
Lungi da noi il voler mettere in dubbio la santità di una persona che non conosciamo e che con tanta veemenza viene garantita fino alle unghie... Ma non ci pare che il racconto che ella fa dei casi in cui ha concesso deroghe all'applicazione del magistero siano in linea con l'insegnamento della Chiesa.
Innanzitutto, non è la somiglianza del suo ambulatorio ostetrico con il confessionale (che lei afferma) che rende la signora un sacerdote. Meglio sarebbe stato se certi delicati aspetti spirituali fossero stati trattati da chi il Signore ha preposto a questo. Non sono cinquant'anni di esperienza che autorizzano qualcuno a dare sentenze morali contro il magistero della Chiesa.
In secondo luogo nei casi raccontati non si può parlare di "male minore" accettabile. Secondo la Veritatis Splendor e l'Humanae vitae la mutilazione (ad esempio la legatura delle tube) e la contraccezione sono mali intrinseci, mai giustificati o giustificabili neanche in vista di un bene maggiore. Ecco appunto cosa dice la Veritatis Splendor di san Giovanni Paolo II al numero 80: "Ora la ragione attesta che si danno degli oggetti dell'atto umano che si configurano come «non-ordinabili» a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine. Sono gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati denominati «intrinsecamente cattivi» (intrinsece malum): lo sono sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. Per questo, senza minimamente negare l'influsso che sulla moralità hanno le circostanze e soprattutto le intenzioni, la Chiesa insegna che «esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto». Lo stesso Concilio Vaticano II, nel contesto del dovuto rispetto della persona umana, offre un'ampia esemplificazione di tali atti: «Tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l'intimo dello spirito; [...]». Sugli atti intrinsecamente cattivi, e in riferimento alle pratiche contraccettive mediante le quali l'atto coniugale è reso intenzionalmente infecondo, Paolo VI insegna: «In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (cf Rm 3,8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell'intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (Lett. enc. Humanae Vitae (25 luglio 1968), 14)".
Ci rammarica dover rimproverare questa leggerezza a un'autrice, Costanza Miriano, che è tra le nostre preferite per aver portato in giro per l'Italia temi matrimoniali che erano ormai diventati scomodi. Lo facciamo nella speranza che sia per lei occasione di rileggere proprio la Veritatis Splendor che dice di voler difendere.
Comunque non possiamo accogliere l'invito a non pubblicare in futuro gli articoli di Costanza. Del resto pubblichiamo da anni tutti gli autori che riteniamo opportuni quando scrivono cose in linea con la dottrina cattolica, mentre non pubblichiamo i loro articoli quando non ci sentiamo di condividerli. Insomma, almeno per quanto riguarda la scelta degli articoli da pubblicare nel nostro sito, applichiamo il principio del "caso per caso" non facendo di tutta l'erba un fascio.
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